Secondo alcuni ricercatori statunitensi, rilevare ossigeno nell'atmosfera di un pianeta orbitante attorno a una nana bianca sarebbe più facile che nel caso di una stella simile al Sole. In futuro gli astronomi esploreranno circa 500 nane bianche alla ricerca di nuovi pianeti, utilizzando il James Webb Space Telescope, il cui lancio è previsto nel 2018.
Il posto migliore dove cercare pianeti abitabili potrebbe essere attorno alle stelle morenti, le nane bianche. Lo sostengono alcuni ricercatori guidati da Avi Loeb, del Centro di Astrofisica alla Harvard-Smithsonian, che hanno presentato un modello teorico sui pianeti rocciosi simili alla Terra orbitanti, appunto, attorno a delle nane bianche.
Secondo il modello, sarebbe molto più facile localizzare ossigeno attorno a questo tipo di pianeti, piuttosto che nell’atmosfera di quelli che orbitano attorno a stelle simili al Sole.
Quando le stelle di tipo solare (quelle che presentano caratteristiche simili alla nostra stella madre) concludono il loro ciclo di vita, si liberano letteralmente degli strati esterni, lasciando scoperto un nucleo caldo conosciuto, appunto, come “nana bianca”. È la fase terminale di una stella: questa si raffredda e piano piano si spegne, ma potrebbe trattenere ancora calore sufficiente a riscaldare pianeti per miliardi di anni.
Ma prima una stella deve passare per la fase “gigante rossa”, quando distrugge o ingloba tutto ciò che incontra, compresi pianeti limitrofi. Per questo motivo un pianeta in orbita attorno a una nana bianca dovrebbe esserci arrivato una volta conclusa la fase della gigante rossa. Ma questo è possibile, spiegano i ricercatori: potrebbe formarsi dai detriti e gas rimasti dopo l’esplosione (sarebbe quindi un “pianeta di seconda generazione”) o migrare verso la nana bianca da un altro sistema. Dovrebbe orbitare a una distanza molto ravvicinata alla stella, proprio perché le nane bianche sono molto più piccole e deboli del Sole. Un pianeta papabile alla vita dovrebbe concludere la sua orbita ogni 10 ore a una distanza di circa 1,6 mila chilometri.
I ricercatori setacceranno circa 500 nane bianche e sperano di trovare almeno qualche pianeta roccioso. Da lì cominceranno gli studi. Adotteranno il metodo del transito, vale a dire approfittare del passaggio di un pianeta di fronte alla stella madre per rilevare la diminuzione di luminosità della curva di luce di una stella. Non è un aspetto da sottovalutare, perché la luce con cui la stella avvolge il pianeta, lascia nell’atmosfera dei segni (come delle impronte), che evidenziano la presenza di vapore acqueo od ossigeno, che è notoriamente segno della possibilità di vita su un pianeta. Viste le piccole dimensioni delle nane bianche, un pianeta che passasse davanti a una di esse bloccherebbe una grande parte della sua luce, e sarebbe quindi particolarmente facile da studiare.
Entro la fine di questo decennio (nel 2018) dovrebbe andare in orbita il telescopio spaziale James Webb (JWST) di NASA/ESA/CSA, probabile successore di Hubble nel campo dell’osservazione infrarossa. «JWST offrirà gli strumenti per trovare e studiare questi pianeti nel futuro» hanno detto Loeb e Dan Maoz (Tel Aviv University).
Questo telescopio potrebbe, infatti, trovare pianeti anche attorno a delle nane rosse, stelle ancora più piccole e fredde del Sole, ma di gran lunga più luminose: proprio questo grande bagliore potrebbe rendere il lavoro di JWST più difficile.
Lo studio verrà pubblicato su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society.
A cura di Eleonora Ferroni
Fonte:
http://www.media.inaf.it/2013/02/26/stella-morta-pianeta-vivo/
Il posto migliore dove cercare pianeti abitabili potrebbe essere attorno alle stelle morenti, le nane bianche. Lo sostengono alcuni ricercatori guidati da Avi Loeb, del Centro di Astrofisica alla Harvard-Smithsonian, che hanno presentato un modello teorico sui pianeti rocciosi simili alla Terra orbitanti, appunto, attorno a delle nane bianche.
Secondo il modello, sarebbe molto più facile localizzare ossigeno attorno a questo tipo di pianeti, piuttosto che nell’atmosfera di quelli che orbitano attorno a stelle simili al Sole.
Quando le stelle di tipo solare (quelle che presentano caratteristiche simili alla nostra stella madre) concludono il loro ciclo di vita, si liberano letteralmente degli strati esterni, lasciando scoperto un nucleo caldo conosciuto, appunto, come “nana bianca”. È la fase terminale di una stella: questa si raffredda e piano piano si spegne, ma potrebbe trattenere ancora calore sufficiente a riscaldare pianeti per miliardi di anni.
Ma prima una stella deve passare per la fase “gigante rossa”, quando distrugge o ingloba tutto ciò che incontra, compresi pianeti limitrofi. Per questo motivo un pianeta in orbita attorno a una nana bianca dovrebbe esserci arrivato una volta conclusa la fase della gigante rossa. Ma questo è possibile, spiegano i ricercatori: potrebbe formarsi dai detriti e gas rimasti dopo l’esplosione (sarebbe quindi un “pianeta di seconda generazione”) o migrare verso la nana bianca da un altro sistema. Dovrebbe orbitare a una distanza molto ravvicinata alla stella, proprio perché le nane bianche sono molto più piccole e deboli del Sole. Un pianeta papabile alla vita dovrebbe concludere la sua orbita ogni 10 ore a una distanza di circa 1,6 mila chilometri.
I ricercatori setacceranno circa 500 nane bianche e sperano di trovare almeno qualche pianeta roccioso. Da lì cominceranno gli studi. Adotteranno il metodo del transito, vale a dire approfittare del passaggio di un pianeta di fronte alla stella madre per rilevare la diminuzione di luminosità della curva di luce di una stella. Non è un aspetto da sottovalutare, perché la luce con cui la stella avvolge il pianeta, lascia nell’atmosfera dei segni (come delle impronte), che evidenziano la presenza di vapore acqueo od ossigeno, che è notoriamente segno della possibilità di vita su un pianeta. Viste le piccole dimensioni delle nane bianche, un pianeta che passasse davanti a una di esse bloccherebbe una grande parte della sua luce, e sarebbe quindi particolarmente facile da studiare.
Entro la fine di questo decennio (nel 2018) dovrebbe andare in orbita il telescopio spaziale James Webb (JWST) di NASA/ESA/CSA, probabile successore di Hubble nel campo dell’osservazione infrarossa. «JWST offrirà gli strumenti per trovare e studiare questi pianeti nel futuro» hanno detto Loeb e Dan Maoz (Tel Aviv University).
Questo telescopio potrebbe, infatti, trovare pianeti anche attorno a delle nane rosse, stelle ancora più piccole e fredde del Sole, ma di gran lunga più luminose: proprio questo grande bagliore potrebbe rendere il lavoro di JWST più difficile.
Lo studio verrà pubblicato su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society.
A cura di Eleonora Ferroni
Fonte:
http://www.media.inaf.it/2013/02/26/stella-morta-pianeta-vivo/
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