lunedì 26 novembre 2012

Curiosity Ha Scoperto Qualcosa Di Straordinario


Mentre il rover Curiosity continua a muoversi sulla superficie di Marte, all'interno del Gale Crater in una pianura chiamata Aeolis Palus, il Mars Science Laboratory (MSL) porta avanti le analisi dei campioni di roccia e detriti.

< B>John Grotzinger, responsabile della missione ha annunciato che il rover ha fatto una scoperta epocale, che quando verrà annunciata, sarà scritta nei libri di storia.
Di cosa si tratta? E' stata scoperta forse la prova della vita aliena?

Curiosity, come poc'anzi detto sta raccogliendo campioni da una cresta di sabbia in una zona geologicamente interessante chiamata "Rocknest". Gli strumenti di laboratorio SAM Chemin stanno rivelando i segreti della superficie marziana.

Recentemente, la NASA ha annunciato alcuni risultati di SAM dopo aver analizzato dei campioni di atmosfera con una scarsa presenza di metano, elemento fondamentale in ambienti dove esistono forme di vita.
SAM, tuttavia avrebbe fatto un'ulteriore scoperta, ma gli scienziati della missione stanno mantenendo il tutto "Top Secret".

Uno degli obiettivi principali della missione è per Curiosity capire se Marte possa ospitare o abbia mai ospitato forme di vita, scoprendo tracce di sostanze organiche.
Se Curiosity rilevasse queste sostanze, la missione confermerebbe la presenza degli elementi costitutivi della vita ma non della vita stessa.

Grotzinger avrebbe scoperto qualcosa di sensazionale grazie a SAM che ha come scopo principale esaminare la "chimica del carbonio attraverso la ricerca di composti organici, lo stato chimico degli elementi leggeri diversi dal carbonio e tracciare gli isotopi del cambiamento planetario.

Forse questi dati hanno rilevato elementi di chimica organica?

Sebbene l'attenzione sembra essere rivolta sulla presenza di elementi organici, nulla è certo per ora e non ci resta che aspettare !

Immagine: Curiosity nel sol 102 accampato a Rocknest. Credit: NASA / JPL-Caltech

A cura di Arthur McPaul

Fonte:
http://news.discovery.com/space/mars-mystery-what-has-curiosity-discovered-121120.html

domenica 25 novembre 2012

Wasp-12b Continua Ad Evaporare Nascondendo La Sua Stella


Un pianeta di circa 1,4 volte le dimensioni di Giove, viene consumato dalla sua stella e nascosto dietro un velo di magnesio che assorbe tutte le lunghezze d'onda della luce, in base a quanto é emerso dalle nuove osservazioni da parte del Telescopio Spaziale Hubble (HST).

WASP-12 b, individuato nel 2008, è un pianeta gigante gassoso che orbita molto vicino alla sua stella madre. La distanza tra la stella e il pianeta è così piccola che il pianeta completa un'orbita della sua stella in poco più di un giorno terrestre. Questa vicinanza fa "evaporare" una nube di gas circa tre volte il raggio di Giove che alimenta la stella. Tuttavia, questo gas si sta muovendo verso lo spazio interstellare, creando una nube intorno alla stella.
Il gas è molto sottile e risulta essere quasi impercettibile nella luce ottica, ma le nuove osservazioni effettuate con l'HST negli UV lo hanno rilevato molto bene.

Il team ha scoperto che uno degli elementi che compone la nube è il magnesio, che è estremamente efficiente nell'assorbimento della luce UV. Queste lunghezze d'onda sono estremamente sensibili alla presenza di gas tenue e in esso la stella può apparire completamente invisibile.

Lo studio è stato fatto dai ricercatori del consorzio Wide Angle Planets Research del Regno Unito (WASP), che individuó originariamente il pianeta nel 2008, con lo Spettrografy Cosmic Origins a bordo del HST e dall'assorbimento interstellare del Center for Astrophysics and Space Astronomy presso l'Università del Colorado.

Il senior Lecturer in Astronomia presso la Open University, il dr. Carole Haswell, che ha condotto lo studio, ha detto che una struttura come questa non era mai stata osservata intorno ad una stella, aggiungendo: "È come se un velo fosse stato steso facendo scomparire il pianeta".

Immagine in Alto
WASP-12b. (Credit: NASA/STScI/Ann R. Feild)

Fonte:
http://www.sciencedaily.com/releases/2012/11/121119213147.htm

mercoledì 21 novembre 2012

Il Pianeta Nano Makemake Non ha Atmosfera Significativ


Il pianeta nano Makemake [1] è circa due terzi delle dimensioni di Plutone e viaggia intorno al Sole in un percorso lontano che si trova al di là di quella di Plutone, ma più vicino al Sole di Eris, il più massiccio pianeta nano conosciuto del Sistema Solare. Precedenti osservazioni del freddo Makemake hanno spinto alcuni astronomi a teorizzare una sua atmosfera simile a quella di Plutone. Tuttavia, il nuovo studio mostra che Makemake non sarebbe circondato da un'atmosfera significativa.

Il team, guidato da José Luis Ortiz (Instituto de Astrofisica de Andalucia, CSIC, Spagna), combinando più osservazioni con tre telescopi dell'ESO a La Silla e Paranal in Cile, (il Very Large Telescope (VLT), il New Technology Telescope ( NTT) e TEPPIST, con i dati di altri piccoli telescopi in Sud America [2], hanno osservato Makemake mentre passava davanti a una stella lontana [3].
"Mentre Makemake passò davanti alla stella scomparve e riapparve molto bruscamente, invece di svanire a poco a poco e illuminarsi. Ciò significa che il pianeta nano non ha un'atmosfera significativa", ha detto José Luis Ortiz.

Makemake non ha lune e la sua grande distanza da noi rendono difficile lo studio [4] e quel poco che si sa su di esso sono nozioni solo approssimative. Nuove osservazioni del team aggiungono molti dettagli per determinare le sue dimensioni e stimare la densità del pianeta nano. Essi hanno anche stimato la quantità luce del Sole che riflette la sua superficie ovvero l'albedo [5]. L'albedo di Makemake, di circa 0,77, ed è paragonabile a quello della neve sporca, superiore a quello di Plutone, ma inferiore a quello di Eris.

Le occultazioni sono particolarmente rare nel caso di Makemake, perché si muove in una zona del cielo con stelle relativamente scarse. Prevedere con precisione questi rari eventi è estremamente difficile e necessiterebbe dell'osservazione da parte di vari team coordinati sparsi in molti siti in tutto il Sud America.
"Plutone, Eris e Makemake sono tra gli esempi più grandi dei numerosi corpi ghiacciati orbitanti lontano dal nostro Sole", dice José Luis Ortiz. "Le nostre nuove osservazioni hanno notevolmente migliorato la nostra conoscenza di Makemake e presto saremo in grado di utilizzare queste informazioni per esplorare gli oggetti più intriganti in questa remota regione dello spazio".

Note
[1] Makemake era inizialmente conosciuto come 2005 FY9. E' stato scoperto un paio di giorni dopo la Pasqua nel marzo 2005, guadagnandosi il soprannome di Easterbunny. Nel luglio del 2008 gli è stato dato il nome ufficiale di Makemake, il creatore dell'umanità e dio della fertilità nei miti dei popoli indigeni dell'isola di Pasqua.
Makemake è uno dei cinque pianeti nani finora riconosciuti dall'Unione Astronomica Internazionale. Gli altri sono Cerere, Plutone, Haumea ed Eris. Ulteriori informazioni su pianeti nani e pianeti è disponibile presso l'Unione Astronomica Internazionale.

[2] Un altro dei telescopi usati in questa campagna era un telescopio da 0,84 metri installato sul Catolica della Norte Università del Cile. Questo telescopio è situata sul Cerro Armazones, la futura sede della European Extremely Large Telescope (E-ELT).

[3] Makemake passò davanti alla debole stella 1181-0235723 il 23 aprile 2011. Il team ha osservato questo evento utilizzando sette diversi telescopi da tutto il Brasile e dal Cile. L'evento duró circa un minuto, per cui gli astronomi hanno potuto approfittare di una speciale telecamera ad alta velocità conosciuta come UltraCam denominata ISAAC imager ad infrarossi.

[4] Nel caso di oggetti in orbita come una o più lune, esse potrebbero essere utilizzate per ricavare la massa dell'oggetto. Ciò non era possibile nel caso di Makemake.

[5] Per il pianeta nano è stata calcolato un albedo geometrico di 0,77 ± 0,03, maggiore di Plutone, ma inferiore a quella di Eris. L'albedo di 1 rappresenta un corpo perfettamente riflettente e 0 una superficie nera che non rispecchia affatto. Le osservazioni, insieme con i risultati precedenti indicano che Makemake ha una densità di 1,7 ± 0,3 grammi per centimetro cubo, che a sua volta ha permesso al team di dedurre la forma e l'aspetto di uno sferoide schiacciato, una sfera appiattita leggermente su entrambi i poli, con assi di 1430 ± 9 chilometri e 1502 ± 45 chilometri. Makemake mostra l'atmosfera ad un livello di un millesimo di quella di Plutone. Tuttavia, esso potrebbe avere un'atmosfera locale, che è possibile in teoria e non è esclusa dalle osservazioni.

Traduzione A Cura Arthur McPaul

Fonte:
http://www.sciencedaily.com/releases/2012/11/121121145516.htm

Eccezionale Foto Di Un Pianeta Extrasolare


A sinistra (a): in falso colore, nel vicino infrarosso (1,2-2,4 micron) Kappa e. L'elaborazione delle immagini ha rimosso la luce della stella, che si trova dietro la maschera (un disco scuro generato dal software), al centro della foto. Le chiazze colorate rappresentano la luce delle stelle che rimane dopo la rimozione della luce della stella ospite. Separata da circa 55 unità astronomiche dalla sua stella ospite, il pianeta super-Giove, Kappa e B (in alto a sinistra), risiede ad una distanza di circa 1,8 volte quella di Nettuno dal Sole. (Credit: NAOJ)
Destra (b): Il "segnale-rumore" generato dall'immagine, a sinistra. Le chiazze colorate rappresentano la luce residua che rimane dopo la sottrazione della luce della stella ospite. La funzione in bianco verso l'alto a sinistra, rappresenta un elevato rapporto segnale-rumore, che indica il rilevamento del super-Giove con elevata sicurezza. (Credit: NAOJ)


Un team internazionale di astronomi, guidato da Joseph Carson (College of Charleston e Max-Planck-Institut per l'astronomia), ha scoperto un pianeta "super-gioviano" in orbita alla stella massiccia Kappa Andromedae. Utilizzando lo strumento High Contrast con il Subaru Adaptive Optics (HiCIAO) e la Infrared And Spectrograph Camera (IRCS) montata sul telescopio Subaru, il team è stato in grado di vedere direttamente l'immagine del nuovo esopianeta, un gigante gassoso con una massa di circa 13 volte quella di Giove con un'orbita un pó più grande di quella di Nettuno.
La stella ospite ha una massa 2,5 volte quella del Sole.

L'imaging diretta di un pianeta extrasolare è assai difficile, perché la luminosità della stella centrale oscura la luce più debole emessa da un pianeta in orbita intorno ad esso. Uno degli obiettivi principali del progetto SEEDS (Nota), di cui il team di scienziati fa parte, è quello di esplorare centinaia di stelle vicine, nel tentativo di ottenere immagini dirette dei pianeti extrasolari e dei dischi e detriti protoplanetari. Il team ha utilizzato il Subaru Telescope con lo strumento ad alto contrasto di imaging, HiCIAO, con il sistema AO 188 di ottica adattiva per la caccia di pianeti extrasolari.

Kappa Andromedae situata a 170 anni luce dal nostro Sistema Solare, è un membro del gruppo stellare Columba, con un'età stimata di 30 milioni di anni. Sistemi stellari giovani sono bersagli appetibili per la cattura di immagini dirette dei pianeti perché i pianeti giovani trattengono il calore dalla loro formazione, migliorando così la loro luminosità a lunghezze d'onda infrarosse.
< B>Kappa e B, è un cosiddetto "super-Giove" (un gigante gassoso molto più grande di Giove), rilevato in osservazioni indipendenti nel mese di gennaio e luglio del 2012 a quattro lunghezze d'onda differenti.

Il confronto delle sue posizioni relative tra i due periodi di tempo ha rivelato che Kappa e B presenta "un movimento comune proprio" con la stella ospite, a dimostrazione che i due oggetti sono legati gravitazionalmente. Un confronto di luminosità di Kappa e b tra le quattro diverse lunghezze d'onda ha rivelato colori infrarossi simili a quelli di una manciata di altri pianeti gassosi giganti impressi con successo intorno alle stelle.

La ripresa diretta di un pianeta extrasolare è eccezionalmente rara, in particolare per gli oggetti con separazioni orbitali identiche a quelle dei pianeti del nostro Sistema Solare. In una singola istantanea a raggi infrarossi, il bagliore della stella ospite travolge completamente il piccolo punto di luce prodotto da Kappa e b. La sua luce è stata distinta solo dopo aver utilizzato una tecnica nota come imaging differenziale angolare, che combina un tempo di-serie di singole immagini in un modo che consente di rimuovere il bagliore altrimenti schiacciante della stella ospitante.

La grande massa della stella ospite e del suo pianeta gigante contrastano fortemente rispetto aagli oggetti del nostro Sistema Solare. Negli ultimi anni alcuni osservatori e teorici hanno sostenuto che le stelle di grandi dimensioni come Kappa Andromedae possono avere pianeti di grandi dimensioni, forse conforme a una semplice scala del nostro Sistema Solare. Altri esperti suggeriscono che ci sono dei limiti da estrapolare dal nostro Sistema Solare, se una stella è troppo grande, la sua potente radiazione può interrompere la normale formazione del pianeta che altrimenti si verifica nel disco che circonda la stella.
La scoperta del super-Giove intorno a Kappa Andromedae dimostra che le stelle grandi da 2,5 masse solari sono ancora pienamente in grado di produrre pianeti nel loro dischi circumstellari.

La ricerca del team di SEEDS sta continuando a studiare la luce emessa da Kappa e B in un'ampia lunghezza d'onda, al fine di comprendere meglio la chimica atmosferica del gigante gassoso e definire le sue caratteristiche orbitali. La squadra continua a esplorare il sistema per eventuali pianeti secondari, che possono aver influenzato la formazione di Kappa e B e la sua evoluzione orbitale. Questi studi di follow-up daranno ulteriori indizi non solo sulla formazione del Super-Giove, ma anche dei principi di formazione dei pianeti intorno a stelle massicce.

Riferimenti:
Il documento che descrive la ricerca che ha portato a questa scoperta è stato accettato per la pubblicazione sulla rivista Astrophysical Journal Letters.

Membri principali del gruppo di ricerca sono:
J. Carson, College of Charleston, Stati Uniti d'America e Max-Planck-Institut per l'astronomia, la Germania
C. Thalmann, Università di Amsterdam, Paesi Bassi e Max-Planck-Institut per l'astronomia, la Germania
M. Janson, Princeton University, USA
T. Kozakis, College of Charleston, Stati Uniti d'America
M. Bonnefoy, Max-Planck-Institut per l'astronomia, la Germania
B. Biller, Max-Planck-Institut per l'astronomia, la Germania
J. Schlieder, Max-Planck-Institut per l'astronomia, la Germania
T. Currie, Università di Toronto, Canada
M. McElwain, Goddard Space Flight Center, USA
M. Goto, Ludwig Maximilians-Universität, Germania
T. Henning, Max-Planck-Institut per l'astronomia, la Germania
W. Brandner, Max-Planck-Institut per l'astronomia, la Germania
M. Feldt, Max-Planck-Institut per l'astronomia, la Germania
R. Kandori, National Astronomical Observatory of Japan, Giappone
M. Kuzuhara, Osservatorio Astronomico Nazionale del Giappone e l'Università di Tokyo, Giappone
H. Tamura, National Astronomical Observatory of Japan, Giappone

Ringraziamenti:
Questa ricerca è stata resa possibile in parte dal sostegno della National Science Foundation statunitense.

Nota:
Il progetto SEEDS è iniziato nel 2009 per un periodo di cinque anni con 120 notti di osservazione al telescopio Subaru, che si trova in cima del Mauna Kea sull'isola di Hawaii. Motohide Tamura (National Astronomical Observatory of Japan) conduce l'indagine di SEEDS.

Traduzione A Cura Arthur McPaul

Fonte:
http://www.naoj.org/Pressrelease/2012/11/19/index.html

lunedì 19 novembre 2012

Scoperto Sistema Planetario Multiplo


Jun Hashimoto (National Astronomical Observatory of Japan) e Ruobing Dong (Princeton University) ha utilizzato lo strumento High Contrast con il Subaru Generation Adaptive Optics (HiCIAO) per osservare ed esaminare PDS 70 (Nota 1), una giovane stella di circa 10 milioni di anni con una massa simile a quella del Sole. Le immagini acquisite dalle osservazioni mostrano chiaramente un divario enorme all'interno del disco protoplanetario, il più grande mai trovato tra le stelle di massa inferiore simili al Sole.

Un disco protoplanetario è dove in genere si formano i pianeti e la forza gravitazionale dei pianeti neonati può spiegare l'enorme divario tra il bordo interno del disco e la stella centrale.
Non puó un singolo pianeta, indipendentemente da quanto sia massiccio, creare un gap gigante. I ricercatori pensano che il divario nel disco protoplanetario di PDS 70 sia imputabile alla nascita di diversi pianeti. Le immagini ad alto contrasto delle osservazioni hanno permesso ai ricercatori di studiare i dettagli del disco, che poi hanno a loro volta permesso di rivelare direttamente il sito di formazione di uno o forse più pianeti.
Il team di ricerca sta ora cercando di individuare quei pianeti.

I dischi protoplanetari si verificano intorno a molte stelle simili al Sole, ma sono composti da gas e polveri che circondano le stelle e forniscono i materiali di cui necessitano i pianeti come la Terra. I ricercatori conducono osservazioni sui dischi protoplanetari per comprendere la loro evoluzione e la formazione dei pianeti al loro interno. I dischi attorno a stelle massicce tendono ad essere più estesi e luminosi, quindi più facili da studiare in dettaglio; le stelle meno massicce pongono una sfida più ardua alla ricerca.
L'obiettivo dell'esplorazione strategica dei pianeti extrasolari e dei dischi con Subaru (SEMI, Nota 2), iniziato nel 2009, è quello di studiare i dischi attorno a stelle meno massicce come il Sole.

Come parte del progetto SEEDS, il team ha scelto di analizzare PDS 70, che si trova nella costellazione del Centauro, a circa 460 anni luce dalla Terra e avente una massa pari al 90% del Sole. La sua età, stimata in circa 10 milioni di anni, la rende una stella molto giovane.
Precedenti osservazioni della distribuzione spettrale dell'energia e con imaging diretta da parte del Very Large Telescope in Cile, hanno suggerito la presenza di un disco, ma i dati non erano in grado di mostrare i dettagli della sua struttura.

Le osservazioni con lo HiCIAO montato sul telescopio Subaru, invece mostrano chiaramente una bassa densità tra PDS 70 ed il bordo interno del disco che lo circonda, con un grande raggio di 70 unità astronomiche (UA, la distanza tra Terra e Sole). La figura in alto mostra una zona più scura in prossimità della stella, il che significa che c'è meno materiale nella zona. Le immagini ad alto contrasto da HiCIAO hanno permesso questa scoperta.

Le enormi dimensioni del gap nel disco attorno a PDS 70 hanno condotto il team a chiedersi come si possa essere formato tale divario. Studiando i dettagli della distribuzione spettrale di energia (riportando la luminosità della luce rispetto lunghezza d'onda) della stessa stella e del disco, hanno trovato un altro disco ad una distanza di solo 1 AU. La figura 2 illustra la struttura a doppio disco. L'interno, molto più piccolo del disco è molto vicino alla stella, ma l'osservazione attuale non mostra chiaramente che una parte di esso, perché è dietro la maschera con cui HiCIAO blocca la luce dalla stella centrale.

Le forze gravitazionali del pianeta (s) incorporati nel disco potrebbero spiegare questo tipo di gap nel disco, perché potrebbero tirare via il materiale da esso. Sarebbe molto difficile per un singolo pianeta creare il divario gigante nel disco intorno PDS 70. Il team di ricerca ritiene che più di un pianeta possa essere responsabile della creazione del vuoto. Tuttavia, individuare questi pianeti è difficile, perché la luce diffusa dal disco può oscurare la luce molto debole emessa dai pianeti.



Figura 2: resa artistica di PDS 70 e dei suoi due dischi protoplanetari, che mostrano il grande divario tra di loro. La forza gravitazionale di diversi pianeti neonati è probabilmente responsabile per lo sviluppo di un enorme divario tra i due dischi. (Credit: NAOJ)


Le immagini ad alto contrasto, rese possibili dalle osservazioni con l'HiCIAO hanno rivelato i sorprendenti dettagli del disco protoplanetario di PDS 70. Il Team leader Hashimoto (NAOJ) ha commentato:

"Grazie alla potente combinazione del telescopio Subaru e HiCIAO, siamo in grado di sondare i dischi intorno a stelle simili al Sole. PDS 70 mostra come potrebbe esser stato il nostro Sistema Solare nella sua infanzia. Vogliamo continuare questo tipo di ricerca per comprendere la storia della formazione planetaria", ha detto il team leader Ruobing Dong (Princeton University) ha poi aggiunto: "L'immagine diretta di pianeti nel processo di formazione di dischi protoplanetari sarebbe l'ideale in modo che ci potrebbe permettere di imparare quando, dove e come i pianeti formano".

Gli scienziati sono consapevoli della sfida posta dal contrasto tra i pianeti molto deboli e le loro stelle. Inoltre, l'elevata attività e variabilità della luce di stelle giovani rende le osservazioni ancora più difficili. Il rilevamento di pianeti giganti è più facile, perché causano più perturbazioni gravitazionale nei dischi. Poiché grandi pianeti creano più ampie lacune nei dischi sono più facili da osservare. "Il nostro studio con SEEDS di sistemi come PDS 70, che ha un divario enorme che potrebbe essere stato scavato da più pianeti giganti, apre un percorso promettente per studiare direttamente la formazione dei pianeti nei dischi" conclude Ruobing.

< B>Riferimenti:
Hashimoto et al. "Polarimetric Imaging - PDS 70: Osservazioni del disco" è stato pubblicato in Lettere APJ il 10 ottobre 2012 (ApJ 758, L19).
Dong et al 2012 "La struttura - PDS 70 Sistema" è in corso di stampa in ApJ.

Ringraziamenti:
Questa ricerca è stata in parte sostenuta da:
Grant-in-Aid per la ricerca scientifica in un settore prioritario del Ministero giapponese della Pubblica Istruzione, Cultura, Sport, Scienza e Tecnologia (MEXT), Giappone
La Fondazione Mitsubishi, Giappone
National Science Foundation premi (n. 1.009.203 e n 1009314), Stati Uniti d'America

Membri del gruppo di ricerca di questo sono:
Giugno Hashimoto (National Astronomical Observatory of Japan)
Ruobing Dong (Princeton University)
Tomoyuki Kudo (Subaru Telescope, NAOJ)
Roman Rafikov (Princeton University)
Mitsuhiko Honda (Kanagawa University)
Zhaohuan Zhu (Princeton University)
Takayuki Muto (Kogakuin University)
Barbara Whitney (Wisconsin University)
Timothy Brandt (Princeton University)
Melissa McClure (Università del Michigan)
John Wisniewski (University of Oklahoma)

Note:
PDS è l'abbreviazione di "Pico dos Dias Survey", un nome di catalogo sulla base della grande indagine del 1990 nell 'Osservatorio di Pico dos Dias in Brasile. Circa un centinaio di oggetti sono stati elencati nel catalogo. L'oggetto numero 70 della lista è stato l'obiettivo di questa ricerca. Pertanto, è indicato come PDS 70.
L'esplorazione strategica di pianeti extrasolari e di dischi con il telescopio Subaru (SEMI), ha richiesto lo strumento HiCIAO, montato sul telescopio Subaru per condurre le proprie ricerche. Il progetto SEMI iniziata nel 2009 per un periodo di cinque anni con 120 notti di osservazione al telescopio Subaru. Il Project leader Motohide Tamura è il direttore di Extra-Solar Progetto Localizzazione Planet al Astronomico Nazionale del Giappone (NAOJ).

Foto Di Apertura
Figura 1: HiCIAO montato sul telescopio Subaru ha catturato questa immagine nel vicino infrarosso del disco protoplanetario intorno a PDS 70. Una maschera ha bloccato la luce nelle immediate vicinanze della stella centrale. I colori dell'immagine indicano la luminosità della luce infrarossa, l'area bianca ha una forte radiazione infrarossa mentre quella della zona più blu è più debole. La zona nera vicino a PDS 70, fuori della maschera, è il gap scoperto. (Credit: NAOJ)

Traduzione A Cura Arthur McPaul

Fonte:
http://www.naoj.org/Pressrelease/2012/11/08/index.html

sabato 17 novembre 2012

Candidato Galassia Record Ai Primordi Dell'Universo


Combinando la potenza del telescopio spaziale Hubble della NASA e di Spitzer assieme alle lenti gravitazionali, gli astronomi hanno scoperto un nuovo candidato record per la galassia più distante ma vista nell'Universo.

La più lontana galassia appare come una piccola bolla che è solo una piccola frazione delle dimensioni della nostra galassia, la Via Lattea. Ma offre uno sguardo indietro in un tempo in cui l'Universo era solo il 3% della sua età attuale di 13,7 miliardi di anni.
La galassia di recente scoperta, denominata MACS0647-JD, è stato osservata a soli 420 milioni anni dopo dall'inizio dell'Universo. La sua luce ha viaggiato 13.300 milioni anni per raggiungere la Terra.
Questa scoperta è l'ultima di un programma che utilizza come obiettivi gli zoom naturali per rivelare le galassie distanti nell'Universo primordiale.
L'indagine del Cluster Lensing And Supernova con Hubble (CLASH), un gruppo internazionale guidato da Marc Postman dello Space Telescope Science Institute di Baltimora, Maryland, sta usando ammassi di galassie massicce, come telescopi cosmici per ingrandire delle galassie lontane dietro di loro.
Questo effetto è chiamato lente gravitazionale.

Lungo la strada, a 8 miliardi di anni nel suo viaggio, luce da MACS0647-JD ha preso una deviazione lungo percorsi multipli intorno ai massicci cluster delle galassie MACS J0647 7015. Senza il potere di ingrandimento del cluster, gli astronomi non avrebbero visto questa galassia remota. A causa della lente gravitazionale, il team di ricerca CLASH ha potuto osservare tre immagini ingrandite di MACS0647-JD con il telescopio Hubble. La gravità del cluster ha aumentato la luce della galassia lontana, rendendo le immagini otto, sette e due volte più luminose di quanto gli astronomi abilitati per rilevare la galassia più efficiente e con maggiore fiducia avrebbero potuto fare.
"Questo gruppo fa quello che nessun telescopio artificiale può fare", ha detto Marc Postman. "Senza l'ingrandimento, sarebbe necessario uno sforzo erculeo per osservare questa galassia".

MACS0647-JD è così piccolo che può essere nelle prime fasi di formazione di una galassia più grande. L'analisi mostra che la galassia si trova a meno di 600 anni luce di larghezza. Sulla base di osservazioni di galassie un pó più piccole, gli astronomi stimano che una galassia tipica di un'età simile dovrebbe essere a circa 2.000 anni luce di larghezza.
Per confronto, la Grande Nube di Magellano, una galassia nana compagna alla Via Lattea, è di 14.000 anni luce di larghezza. La nostra Via Lattea è di 150.000 anni luce.
"Questo oggetto può essere uno dei tanti elementi costitutivi di una galassia", ha detto l'autore principale dello studio, Dan Coe dello Space Telescope Science Institute.
"Nel corso dei prossimi 13 miliardi di anni, si possono avere decine, centinaia, o addirittura migliaia di eventi di fusione con altre galassie e frammenti di galassia".
La galassia è stata osservata con 17 filtri, che vanno dal vicino ultravioletto al vicino infrarosso, usando la Wild Field Camera 3 di Hubble (WFC3) e l'Advanced Camera for Surveys (ACS).

Coe, un membro del team CLASH, ha scoperto la galassia nel mese di febbraio, mentre stava guardando un catalogo di migliaia di oggetti gravitazionalmente ingranditi con lenti che si trovano in osservazioni di Hubble di 17 cluster nel sondaggio di CLASH. Ma la galassia appare solo nei due filtri più rosse.

"Quindi, o MACS0647-JD è un oggetto molto rosso, brillante solo a lunghezze d'onda rosse, o è molto distante e la sua luce è stata 'spostata verso il rosso' a queste lunghezze d'onda, o una combinazione dei due", ha detto Coe. "Abbiamo preso in considerazione una vasta gamma di possibilità".

Il team ha identificato con CLASH immagini multiple di otto galassie con lenti dal cluster galassia. Le loro posizioni hanno permesso al team di produrre una mappa della massa del cluster, che è principalmente formata da materia oscura. La materia oscura è una forma invisibile di materia che costituisce la maggior parte della massa dell'Universo.
"E' come un grande puzzle", ha detto Coe. "Dobbiamo organizzare la massa del cluster in modo che devi la luce di ogni galassia alle posizioni osservate".
Le analisi del team hanno rivelato che la distribuzione di massa del cluster ha prodotto tre immagini con le lenti di MACS0647-JD e le posizioni e la luminosità relativa osservate nell'immagine Hubble.
Coe e i suoi collaboratori hanno trascorso dei mesi per escludere sistematicamente queste spiegazioni alternative per trovare l'identità dell'oggetto, tra cui le stelle rosse, le nane brune e le rosse (vecchie e polverose) galassie a distanze intermedie dalla Terra.
Essi hanno concluso che una galassia molto distante è stata la spiegazione corretta.

Il documento apparirà nel numero del 20 dicembre della rivista The Astrophysical Journal.

Il Redshift è una conseguenza dell'espansione dello spazio nel tempo cosmico. Gli astronomi studiano l'Universo lontano nel vicino infrarosso per l'espansione dello spazio cui si estende la luce ultravioletta e visibile dalle galassie in lunghezze d'onda infrarosse.
Coe stima che MACS0647-JD ha un redshift di 11, il più alto ancora osservato.

Le immagini della galassia a lunghezze d'onda ottenute con il telescopio spaziale Spitzer hanno svolto un ruolo chiave per l'analisi. Se l'oggetto fosse intrinsecamente rosso, sembrerebbe luminoso nelle immagini Spitzer. Al contrario, la galassia appena è stato rilevata, ha indicato la sua grande distanza.

Il team di ricerca prevede di utilizzare lo Spitzer per ottenere più profonde osservazioni della galassia, che dovrebbero dare fiducia e rilevamenti per le stime dell'età dell'oggetto e sul contenuto della polvere presente.
La galassia MACS0647-JD, tuttavia, può essere troppo lontana per qualsiasi altro telescopio corrente per confermare la distanza basata sulla spettroscopia, che diffonde la luce di un oggetto in migliaia di colori.

Tuttavia, Coe è fiducioso: "Tutte e tre le immagini di galassie con le lenti corrispondono abbastanza bene e sono in una posizione che ci si aspetta per una galassia a quella remota distanza quando si guardano le previsioni dei modelli di migliori lenti per questo gruppo", ha detto Coe.

L'oggetto record è la seconda galassia scoperta nell'indagine di CLASH, un censimento a multi-lunghezza d'onda di 25 ammassi di galassie pesanti con l 'ACS di Hubble e la WFC3.

All'inizio di quest'anno, il team di CLASH aveva annunciato la scoperta di una galassia che esisteva quando l'Universo aveva solo circa 490 milioni di anni, 70 milioni di anni dopo il nuovo record. Finora, l'indagine ha completato le osservazioni per 20 dei 25 cluster.
Il team spera di utilizzare per la ricerca di Hubble per le galassie nane a queste epoche iniziali.
Se queste giovani galassie sono molteplici, allora avrebbero potuto fornire l'energia per bruciare la nebbia di idrogeno che ricopriva l'Universo, un processo chiamato re-ionizzazione. La re-ionizzazione infine ha fatto l'Universo trasparente alla luce.

Foto In Alto
Credit: NASA, ESA, M. Postman and D. Coe (STScI), and the CLASH Team)

A Cura Di Arthur McPaul

Fonte:
http://www.sciencedaily.com/releases/2012/11/121115141456.htm

Stella Rinata Svela Il Futuro Del Sistema Solare


Gli astronomi hanno scoperte nuove prove sulla morte di una stella simile al Sole, che è brevemente tornata alla vita dopo la fusione i suoi gusci gassosi nello spazio, rappresentando il destino possibile del nostro Sistema Solare tra qualche miliardo di anni.

Le immagini della nebulosa planetaria Abell 30, (aka A30), mostrano una delle più chiare vedute mai ottenute di una fase particolare dell'evoluzione di questi oggetti. L'immagine nel riquadro a destra è una vista ravvicinata di A30 mostrata a raggi X dal NASA Chandra X-ray Observatory in viola e dall 'Hubble Space Telescope (HST), nell'emissione ottica da ioni di ossigeno in arancione.
A sinistra c'è una vista più grande che mostra i dati ottici e i raggi X dal Kitt Peak National Observatory e dell'ESA XMM-Newton.
In questa immagine i dati ottici mostrano le emissioni di ossigeno (arancione) e di idrogeno (verde e blu) con le emissioni dei raggi X di colore porpora.

Una nebulosa planetaria (così chiamata perché sembra un pianeta se vista con un piccolo telescopio) si è formata nella fase finale dell'evoluzione di una stella simile al Sole. Dopo aver costantemente prodotto energia per diversi miliardi di anni attraverso la fusione nucleare dall'idrogeno in elio nella sua regione centrale, o nucleo, la stella subisce una serie di crisi energetiche legate al depauperamento dell'idrogeno con la successiva contrazione del nucleo. Queste crisi culminano nella stella in una espansione di un centinaio di volte per diventare una gigante rossa.

Alla fine, la busta esterna della gigante rossa viene espulsa e si allontana dalla stella ad una velocità relativamente tranquilla di meno di 100.000 miglia all'ora. La stella nel frattempo si trasforma da gigante fredda in una calda stella compatta che produce intensi raggi ultravioletti (UV) e un vento veloce di particelle che si muove a circa 6 milioni di miglia all'ora.

L'interazione della radiazione UV e il veloce vento assieme alla busta espulsa dalla gigante rossa crea la nebulosa planetaria, dimostrata dalla grande conchiglia sferica presente nell'immagine.
In rari casi, le reazioni di fusione nucleare nella regione circostante calore nucleo della stella la busta esterna della stella, tanto che diventa temporaneamente una gigante rossa di nuovo.

La sequenza di eventi (espulsione della busta seguita da un veloce vento stellare) si ripete su una scala molto più veloce rispetto a prima e una piccola nebulosa planetaria viene creata all'interno dell'originale. In un certo senso, la nebulosa planetaria è rinata.

La grande nebulosa vista nell'immagine più grande ha un'età di circa 12.500 anni e fu formata dall'interazione iniziale dei venti veloci e lenti. Il modello a nodi di quadrifoglio visti in entrambe le immagini, corrisponde al materiale recentemente espulso.
Questi nodi sono stati prodotti più di recente, in quanto hanno un età di circa 850 anni, sulla base di osservazioni della loro espansione con l'HST.

La diffusa emissione di raggi X vista nell'ingrandimento nella regione intorno alla sorgente centrale nell'inserto è causata da interazioni tra vento e dai nodi dalla stella del materiale espulso. I nodi sono riscaldati ed erosi da questa interazione, producendo emissione di raggi X. La causa delle emissioni puntiformi di raggi X dalla stella centrale è sconosciuta.

Gli studi di A30 e di altre nebulose planetarie contribuiscono a migliorare la nostra comprensione dell'evoluzione di stelle simili al Sole man mano che si avviano verso la fine della loro vita. L'emissione di raggi X rivela come il materiale perso dalle stelle in diverse fasi evolutive interagisce uno con l'altro. Queste osservazioni di A30, situato a circa 5500 anni luce di distanza, forniscono un quadro del difficile ambiente in cui il Sistema Solare si evolverà tra diversi miliardi di anni, quando il forte vento stellare del Sole e la radiazione energetica faranno saltare quei pianeti che sono sopravvissuti alla precedente fase di gigante rossa di evoluzione stellare.

Le strutture viste in A30 hanno originariamente ispirato l'idea della rinascita delle nebulose planetarie e solo tre altri esempi di questo fenomeno sono note. Un nuovo studio di A30, con gli osservatori di cui sopra, è stata riportato da un team internazionale di astronomi, il 20 Agosto 2012 sul The Astrophysical Journal.

Foto In Alto
Abell 30: nebulosa planetaria rinata. (Credit: Immagine del Chandra X-ray Observatory)

A Cura Di Arthur McPaul

Fonte:
http://www.sciencedaily.com/releases/2012/11/121114083411.htm

venerdì 16 novembre 2012

Candidato Pianeta Fluttuante A 100 Anni Luce


Gli astronomi del Very Large Telescope e del Canada-France-Hawaii Telescopie hanno individuato un corpo che è molto probabilmente un pianeta vagante nello spazio senza una stella madre.

Questo è il più eccitante candidato pianeta solitario vicino al Sistema Solare mai scoperto, ad una distanza di soli circa 100 anni luce. La sua vicinanza comparativa e l'assenza di una stella luminosa molto vicina ad esso, ha permesso al team di studiare la sua atmosfera in grande dettaglio. Questo oggetto fornisce anche un'anteprima di come verranno visti i pianeti extrasolari dagli strumenti futuri, che orbitano attorno ad altre stelle.

I pianeti solitari sono oggetti di massa planetaria che vagano nello spazio senza alcun legame con una stella. Possibili esempi di tali oggetti sono stati già scoperti in precedenza [1], ma senza sapere la loro età, non è stato possibile per gli astronomi confermare se erano davvero pianeti o nane brune.
Questo oggetto, chiamato CFBDSIR2149 [2], sembra essere parte di un vicino sciame di stelle giovani note come Gruppo AB Doradus. I ricercatori lo hanno scoperto grazie al Canada-France-Hawaii Telescope e hanno sfruttato tutta la potenza del Very Large Telescope per esaminarne le proprietà [3].

Il Gruppo AB Doradus Moving è il più vicino di questi gruppi rispetto al Sistema Solare.
La stelle vagano assieme alla deriva nello spazio e si ritiene che si siano formate contemporaneamente. Se l'oggetto fosse associato a questo gruppo in movimento sarebbe quindi un oggetto giovane, ma sarebbe possibile dedurre molto di più, compresa la sua temperatura, la sua massa e la sua atmosfera è in [4]. Rimane una piccola probabilità che l'associazione con il gruppo in movimento sia un caso.

Il legame tra il nuovo oggetto e il gruppo in movimento è la chiave fondamentale che permetterà agli astronomi di scoprire la sua età [5].

Questo è il primo oggetto isolato di massa planetaria mai identificato in un gruppo in movimento e l'associazione con lo stesso lo rende il più interessante candidato pianeta fluttuante individuato finora.

Oggetti come CFBDSIR2149 si ritiene che si siano formati sia come pianeti normali nei classici sistemi planetari, sia come oggetti solitari come le stelle più piccole o le nane brune. In entrambi i casi questi oggetti sono interessanti.

"Questi oggetti sono importanti, in quanto possono aiutarci a capire di più su come i pianeti potrebbero essere stati espulsi dai sistemi planetari, o come oggetti leggeri possano andare alla deriva dal processo di formazione stellare", spiega Philippe Delorme.
"Se questo piccolo oggetto è un pianeta che è stato espulso dal suo sistema nativo, evocando l'immagine suggestiva di mondi isolati, alla deriva nel vuoto dello spazio, potrebbe essere un oggetto comune, numeroso come le stelle normali [6].

Se CFBDSIR2149 non fosse associato al gruppo AB Doradus Moving, sarebbe complicato essere sicuri della sua natura e delle sue proprietà e potrebbe essere anche una piccola nana bruna. Entrambi gli scenari risponderebbero ad importanti domande su come i pianeti e le stelle formano e si comportano.

"I lavori dovrebbero confermare che CFBDSIR2149 è un pianeta liberamente fluttuante", conclude Philippe Delorme. "Questo oggetto può essere utilizzato come parametro di riferimento per la comprensione della fisica di qualsiasi esopianeta simile che venisse scoperto da futuri sistemi di imaging ad alto contrasto, incluso lo strumento SPHERE che verrà installato sul VLT".

Note
[1] Numerosi candidati per questo tipo di pianeti sono stati trovati in precedenza (con comunicati stampa e documenti relativi, ad esempio su Science, Nature, Royal Astronomical Society). Questi oggetti sono stati scoperti a partire dal 1990, quando gli astronomi hanno scoperto che il punto in cui una nana bruna attraversa il range di massa planetaria è difficile da determinare. Studi più recenti hanno suggerito che ci possono essere un gran numero di questi piccoli corpi nella nostra galassia, una popolazione che potrebbe raggiungere quasi il doppio delle stelle della sequenza principale note.

[2] L'oggetto è stato identificato come parte di una estensione ad infrarossi del Canada-France Survey Brown Dwarf (CFBDS), un progetto per la caccia delle nane brune. È indicato anche come CFBDSIR J214947.2-040.308,9.

[3] Il team ha osservato CFBDSIR2149 sia con la fotocamera WIRCam montata sull'Hawaii Telescope nelle Hawaii che con la fotocamera SOFI sul Technology Telescope dell'ESO in Cile. Le immagini sono state scattate in tempi diversi e hanno permesso di individuare il moto proprio dell'oggetto attraverso il cielo per essere misurato e confrontato con i membri del gruppo AB Doradus in movimento. Lo studio dettagliato dell'atmosfera dell'oggetto è stata effettuata in base allo spettrografo X-shooter del Very Large Telescope dell'ESO sito all'Osservatorio di Paranal.

[4] L'associazione con il Gruppo AB Doradus ha permesso di stimare la massa del pianeta che è di circa 4-7 volte la massa di Giove, con una temperatura effettiva di circa 430 gradi Celsius. L'età del pianeta sarebbe la stessa del gruppo di stelle stesso, dai 50 ai 120 milioni anni.

[5] L'analisi statistica del team sul moto proprio dell'oggetto (il suo cambiamento in posizione angolare nel cielo ogni anno) si presenta con un 87% di probabilità che sia associato con il Gruppo AB Doradus e più del 95% di probabilità che è abbastanza giovane per essere di massa planetaria, il che rende molto più probabile che sia un pianeta canaglia piuttosto che una stella "fallita". I candidati fluttuanti più distanti sono stati trovati in ammassi di stelle molto giovani, ma non potevano essere studiato in dettaglio.

[6] Questi pianeti liberamente fluttuanti possono anche rivelare la loro presenza quando passano davanti ad una stella. L'effetto della lente gravitazionale avviene quando i campi gravitazionali di un pianeta e della sua stella cooperano per focalizzare la luce di una stella lontana. Affinché riesca l'effetto, occorre che l'osservatore, la stella, il pianeta e la stella lontana si trovino per caso esattamente sulla stessa linea di vista. Poiché un allineamento così perfetto capita molto di rado (e l'effetto è molto piccolo, da cui il nome micro) occorre tenere sotto sorveglianza un grande numero di stelle. Questo metodo funziona al meglio per le stelle che si trovano tra noi e il nucleo galattico, perché esso mette a disposizione un gran numero di stelle sullo sfondo. Le indagini di Microlensing della Via Lattea, come OGLE, possono rilevale i pianeti liberamente fluttuanti come avvenuto in un esperimento pubblicato su Nature nel 2011.

Maggiori informazioni
Questa ricerca è presentata in un articolo, "CFBDSIR2149-0403: un pianeta di 4-7 masse gioviane liberamente fluttuante dal gruppo di giovani stelle AB Doradus" in Astronomy & Astrophysics, del 14 novembre 2012.

Il team è composto da P. Delorme (Institut de planétologie et d'Astrophysique de Grenoble, CNRS / Université Joseph Fourier, Francia [IPAG]), J. Gagné (Université de Montréal, Canada), L. Malo (Université de Montréal, Canada), C. Reyle (Institut UTINAM, CNRS / OSU THETA Franche-Comté-Bourgogne/Université de Franche Comté, Francia), E. Artigau (Université de Montréal, Canada), L. Albert (Université de Montréal, Canada), T. Forveille (Institut de planétologie et d'Astrophysique de Grenoble, CNRS / Université Joseph Fourier, Francia [IPAG]), X. Delfosse (Institut de planétologie et d'Astrophysique de Grenoble, CNRS / Université Joseph Fourier, Francia [IPAG] ), F. Allard (Université Claude Bernard Lyon 1, Francia), D. Homeier (Université Claude Bernard Lyon 1, Francia).

Foto
Rappresentazione artistica del candidato pianeta fluttuante CFBDSIR2149 (Credit: ESO/L. Calçada/P. Delorme/Nick Risinger (skysurvey.org)/R. Saito/VVV Consortium)

A Cura Di Arthur McPaul

Fonte:
http://www.sciencedaily.com/releases/2012/11/121114083411.htm

lunedì 12 novembre 2012

Scoperto Nuovo Dinosauro In Canada


Un team di scienziati canadesi hanno scoperto una nuova specie di dinosauro cornuto (ceratopsian) ad Alberta in Canada.

Lo Xenoceratops foremostensis è stato identificato dai fossili raccolti nel 1958. Oltre 6 metri di lunghezza e dal peso superiore a 2 tonnellate, rappresenta il più antico e grande dinosauro cornuto conosciuto del Canada.

La ricerca è stata pubblicata nel numero di ottobre del 2012 sul Canadian Journal of Earth Sciences.
"A partire da 80 milioni anni fa, i dinosauri cornuti di corporatura grossa in Nord America hanno subito un esplosione evolutiva", ha detto l'autore Dott. Michael Ryan, curatore di paleontologia dei vertebrati presso il Cleveland Museum of Natural History. "Lo Xenoceratops ci mostra che anche i ceratopsids geologicamente più antichi hanno avuto picchi enormi sui loro scudi della testa e che la loro ornamentazione cranica sarebbe diventata più elaborata mentre le nuove specie si evolvevano".

Lo Xenoceratops (Xeno + ceratops) significa "strano dalla faccia cornuta", riferendosi al modello strano di corna sulla testa e dalla scarsità di fossili pervenuta.
E' chiamato anche così in onore del Villaggio di Primo, che si trova vicino a dove il dinosauro è stato scoperto.

Lo Xenoceratops aveva un becco a pappagallo con due corna sulla lunga fronte posta sopra gli occhi. Un grande collare sporgeva dalla parte posteriore del suo cranio con due enormi picchi.
"Lo Xenoceratops fornisce nuove informazioni sulla prima evoluzione dei ceratopsids, il gruppo di dinosauri cornuti di corporatura grossa che includeva anche il celebre Triceratops", ha detto il co-autore Dr. David Evans, del Royal Ontario Museum e dell'Università di Toronto. "La documentazione fossile di ceratopsids rimane scarsa e questa scoperta fornisce ulteriore materiale per conoscere l'origine di questo gruppo eterogeneo."

Il nuovo dinosauro è descritto da frammenti di cranio di almeno tre individui raccolti dal Dr. Langston Wann Jr. nel 1950, ed è attualmente ospitato nel Canadian Museum of Nature di Ottawa, Canada. Ryan e Evans si sono imbattuti nel materiale senza nomenclatura più di un decennio fa e riconobbero le ossa come un nuovo tipo di dinosauro cornuto.

Evans ha poi scoperto un intonaco vecchio di oltre 50 anni nel Canadian Museum of Nature contenente le ossa del cranio, dalla stessa località di fossili e li aveva preparati nel suo laboratorio presso il Royal Ontario Museum.
Questo dinosauro è solo l'ultimo di una serie di nuove scoperte in corso da parte di Ryan e Evans come parte del loro progetto Dinosaur sud Alberta, che è stato progettato per colmare le lacune nella nostra conoscenza del tardo Cretaceo dei dinosauri e per studiarne la loro evoluzione.

Questo progetto si concentra sulla paleontologia di alcuni dei più antichi dinosauri di Alberta, che sono stati meno intensamente studiati di quelli dei celebri calanchi del Dinosaur Provincial Park e Drumheller.

"La scoperta di una specie precedentemente sconosciuta ci spinge ad avere accesso alle collezioni scientifiche," dice il co-autore Kieran Pastore, curatore di Paleobiologia per il Canadian Museum of Nature, che contiene il campione.
"Le collezioni sono una fonte non sfruttata di nuovo materiale di studio capaci di offrire la possibilità di molte nuove scoperte."

Lo Xenoceratops è stato identificato da un team composto dai paleontologi Dr. Michael J. Ryan, curatore di paleontologia dei vertebrati presso il Cleveland Museum of Natural History, e dal il dott. David Evans, curatore, di paleontologia dei vertebrati del Dipartimento di Storia Naturale presso il Royal Ontario Museum, come così come Kieran Pastore, curatore di Paleobiologia per il Canadian Museum of Nature.

A Cura Di Arthur McPaul

Fonte:
http://www.sciencedaily.com/releases/2012/11/121108074008.htm

domenica 11 novembre 2012

Nuove Terre Abitabili


Una nuova super-Terra con un possibile clima adatto a sostenere la vita, è stato scoperta intorno ad una stella vicina, da un team internazionale di astronomi, guidato da Mikko Tuomi dell' Università di Hertfordshire e da Guillem Anglada-Escude dell'Università di Goettingen.

Precedentemente si riteneva che il pianeta possedesse tre pianeti in orbita troppo vicina alla stella per sostenere l'acqua liquida. Evitando falsi segnali causati dall'attività stellare, i ricercatori hanno individuato altre tre nuove super-Terre.
Secondo Mikko Tuomi: "Siamo stati pionieri di nuove tecniche di analisi dei dati, tra cui l'utilizzo della lunghezza d'onda e un filtro per ridurre l'influenza di attività sul segnale proveniente da questa stella. Questo ha aumentato significativamente la nostra sensibilità e ci ha permesso di rivelare tre nuove super-Terre attorno alla stella nota come HD 40307, portando il sistema ad avere sei pianeti.

Dei nuovi pianeti, di maggiore interesse è quello con l'orbita più esterna della stella e con una massa di almeno sette volte quella della Terra. La sua orbita si trova ad una distanza simile a quella dell'orbita terrestre intorno al nostro Sole, aumentandone la probabilità che esso sia abitabile. Questo avviene dove vi sono presenza di acqua allo stato liquido e atmosfere stabili.
Il pianeta potrebbe anche essere in rotazione non sincrona attorno al proprio asse mentre orbita intorno alla stella creando un effetto diurno e notturno che sarebbe idoneo a creare un ambiente simile alla Terra.
Guillem Angla-Escude ha detto: "La stella HD 40307, ​​è una stella nana tranquilla, quindi non c'è alcun motivo per cui il pianeta non possa sostenere un clima simile alla Terra".

Hugh Jones, dell'Università di Hertfordshire, ha aggiunto: "L'orbita lunga del nuovo pianeta significa che il clima e l'atmosfera possono essere giusti per sostenere la vita".

All'inizio di quest'anno, la sonda Keplero ha trovato un pianeta con un'orbita simile. Tuttavia, Keplero 22d si trova a 600 anni luce dalla Terra, mentre questa nuova super-Terra chiamata HD 40307g è molto più vicina essendo situata a 42 anni luce dalla Terra.

Mikko Tuomi ha svolto questo lavoro come membro della RoPACS, un'iniziativa con un focus di ricerca sulla ricerca di pianeti intorno a stelle fredde. Il progetto paneuropeo RoPACS è condotto presso l'Università di Hertfordshire da David Pinfield, che ha commentato: "Scoperte come queste sono davvero entusiasmanti e tali sistemi saranno bersagli naturali per la prossima generazione di grandi telescopi, sia a terra che nello spazio".

A Cura Di Arthur McPaul

Fonte:
http://www.sciencedaily.com/releases/2012/11/121108073927.htm

domenica 4 novembre 2012

Curiosity Individa I Cambiamenti Dell'Atmosfera Marziana


Dalle nuove analisi effettuate dal rover Curiosity al suolo marziano è risultato essere simile a quello dei terreni basaltici di origine vulcanica delle Hawaii e viene confermata per l'ennesima volta l'antica presenza di acqua liquida.


I minerali sono stati identificati nel primo campione di suolo marziano preso recentemente dal rover grazie alle analisi dello strumento Chemin.

David Blake della NASA ha detto: "I nostri risultati quantitativi hanno raffinato le nostre conoscenze sul suolo marziano e in alcuni casi nuove danno le identificazioni dei minerali presenti".

L'identificazione dei minerali nelle rocce e nel suolo è un obiettivo fondamentale della missione, per valutare le condizioni ambientali del passato. Ogni minerale registra le condizioni in cui si è formato. La composizione chimica di una roccia fornisce solo informazioni mineralogiche ambigue, come nell'esempio del diamante e della grafite, che hanno la stessa composizione chimica, ma strutture e proprietà differenti.

Chemin utilizza la diffrazione dei raggi X, la prassi usata dai geologi sulla Terra con strumenti di laboratorio molto più grandi. Questo metodo fornisce identificazioni dei minerali più accurate rispetto a qualsiasi altro metodo utilizzato in precedenza su Marte.

La diffrazione di raggi X legge la struttura interna minerali, dalla registrazione di come i loro cristalli tipicamente interagiscono con i raggi-X. Le innovazioni di Ames hanno portato alla creazione di un apparecchio a raggi X a diffrazione abbastanza compatto da adattarsi all'interno del rover.

Questi progressi tecnologici della NASA hanno portato ad altre applicazioni sulla Terra, tra cui strumentazioni piccole e portatili, con una diffeazione a a raggi X per il petrolio e il gas, l'analisi di oggetti archeologici e lo screening di farmaci contraffatti, tra gli altri usi.
"Il nostro team è entusiasta di questi primi risultati del nostro strumento", ha detto Blake. "Hanno aumentato la nostra attesa per le analisi future che Chemin effettuerà nei mesi a venire".

Il campione specifico per la prima analisi di Chemin è stato una macchia di polvere e sabbia denominata "Rocknest". Il campione è stato elaborato attraverso un setaccio di per escludere le particelle maggiori di 0,006 pollici (150 micrometri), circa la larghezza di un capello umano. Il campione ha almeno due componenti: polvere distribuite a livello globale da tempeste di polvere e sabbia fine originari a livello locale. A differenza dei conglomerati di rocce studiate un paio di settimane fa, indicano che hanno miliardi di anni e indicano la presenza di acqua che scorrevaz Gran parte del suolo di Marte è coperto di polvere e abbiamo avuto una comprensione incompleta della sua mineralogia", ha detto David Bish, co-ricercatore dell'Indiana University di Bloomington.

"Ora sappiamo che è mineralogicamente simile al materiale basaltico, con una notevole quantità di feldspato, pirosseno e olivina, che non erano del tutto inaspettate. Circa la metà del terreno non è materiale cristallino, come il vetro vulcanico o prodotti dagli agenti atmosferici del vetro".
Ha detto in merito Bish: "Fino ad ora, Curiosity ha analizzato i materiali in linea con le nostre idee iniziali sui depositi nel Gale Crater, registrando un passaggio nel tempo da un ambiente umido a secco. Le rocce antiche, come i conglomerati, suggeriscono che l'acqua scorreva ma che i minerali presenti nel suolo più giovani sono in linea con un'interazione limitata con l'acqua".

Durante i due anni di missione primaria del Mars Science Laboratory del progetto, i ricercatori useranno i 10 strumenti di Curiosity per verificare se le zone di Gale Crater abbiano mai offerto condizioni ambientali favorevoli per la vita microbica.

Traduzione A Cura Di Arthur McPaul

Foto:
Questa inmagine mostra una dimostrazione di laboratorio di una camera di misurazione dentro un Tunable Laser Spectrometer, uno strumento che è parte del Sample Analysis at Mars Investigation sul rover Curiosity della on NASA. (Credit: NASA/JPL-Caltech)

Fonte:
http://www.sciencedaily.com/releases/2012/11/121102151611.htm