sabato 27 agosto 2016

SCOPERTA GALASSIA INTERAMENTE COMPOSTA DA ANTI MATERIA





Sfruttando uno dei più potenti telescopi, un team internazionale di astronomi ha scoperto una galassia composta interamente da anti materia

La galassia, soprannominata Dragonfly 44 è posizionata nella costellazione del Coma, scoperta recentemente, è stata indagata dal team dell'astronomo Pieter van Dokkum utilizzando il WM Keck Observatory ed il telescopio Gemini Nord entrambi alle Hawaii, analizzando la velocità del movimento stellare per sei notti.
La galassia "Libellula 44" è stata giudicata pesante 1 miliardo di volte la massa del Sole ma soltanto lo 0,% è costituto da materia ordinaria, mentre il restante 99,9% da materia oscura che potrebbe costituire oltre il 90% di tutto l'Universo.

La scoperta di per se non è la prima, ma fino ad ora erano state scoperte soltanto galassie nane con una massa ben oltre 10,000 volte inferiore a quella di Dragonfly 44.
"Non abbiamo idea di come si sia formata Libellula 44", ha detto Abraham. "I dati rilevati dal telescopio Gemini dimostrano che una frazione relativamente grande delle stelle è associata in grappoli molto compatti cosa che rappresenta probabilmente un indizio importante. Ma al momento stiamo soltanto speculando".

Adesso si apre un nuovo campo di ricerca volto ad invidiare galassie ancora più grandi di materia oscura e relativamente più vicine.

Articolo a cura di Vito Di Paola

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mercoledì 24 agosto 2016

PROXIMA CENTAURI OSPITA UNA POSSIBILE SECONDA TERRA





E' da oltre vent'anni che l'uomo sta ostinatamente cercando un pianeta gemello della Terra e nonostante sia stato individuato qualche esopianeta che potrebbe avere le stesse caratteristiche, sono tutti a distanze siderali per essere osservabili e tantomeno raggiungibili.
Dopo numerose indiscrezioni trapelate dalla stampa, finalmente è arrivata la tanto attesa notizia che la Terra bis esiste davvero e, come nelle più rosee speranze, è posta a soli 4,25 anni luce, in orbita alla più vicina stella del Sole: Proxima Centauri.

Ad indagare è stato il team di astronomi di Guillem Anglada-Escudé con il telescopio da 3,6 metri dell'osservatorio presso di La Silla in Cile ed altri telescopi che ha utilizzato il metodo della velocità radiale che ha individuato Proxima Centauri b, delle stesse dimensioni della Terra nella zona abitabile, quella fascia di spazio in cui è possibile che possa sussistere acqua liquida.

Al momento il nomignolo dato al pianeta è Piccolo Punto Rosso (Pale Red Dot) in omaggio allo scienziato Carl Sagan che definì la Terra come un piccolo puntino azzurro (Pale Blue Dot).

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A cura di Vito Di Paola

lunedì 22 agosto 2016

QUANDO L'OSSIGENO NON INDICA LA VITA





L'astronoma Laura Schaefer dell'Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics e colleghi, hanno speculato su ciò che sarebbe accaduto all'esopianta GJ 1132b se avesse avuto l'atmosfera ricca di acqua.

Esso orbita così vicino alla sua stella, (1,4 milioni miglia) tanto da essere invaso dalla luce ultravioletta (raggi UV) che rompe le molecole d'acqua in idrogeno e ossigeno, che sono stati dispersi nello spazio. Tuttavia, poiché l'idrogeno è più leggero sfugge più facilmente, mentre l'ossigeno rimane più a lungo.

"Sui pianeti più freddi, l'ossigeno potrebbe essere un segno di vita aliena e di abitabilità, ma su un pianeta caldo come GJ 1132b, è un segno dell'esatto contrario: un pianeta che viene cotto e sterilizzato dalla sua stella", ha detto Schaefer.

Dal momento che il vapore acqueo è un gas serra, il pianeta avrebbe un forte effetto serra, amplificando il calore già intenso della stella. Come risultato, la superficie potrebbe rimanere fusa per milioni di anni.

Un mare di magma potrebbe interagire con l'atmosfera, assorbendo parte dell'ossigeno, ma quanto?

Solo circa un decimo, secondo il modello creato da Schaefer e dai suoi colleghi. La maggior parte del restante 90% di ossigeno residuo fluttuerebbe nello spazio.

"Su questo pianeta potrebbe essere la prima volta che si rileva l'ossigeno su un pianeta roccioso al di fuori del Sistema Solare", ha detto il co-autore Robin Wordsworth (Harvard Paulson, Facoltà di Ingegneria e Scienze Applicate).

I telescopi di nuova generazione come il Giant Magellan Telescope e James Webb Space Telescope potranno essere in grado di rilevare e analizzare l'ossigeno presente.

Il modello di oceano-atmosfera di magma potrebbe aiutare gli scienziati a risolvere il mistero di come Venere si sia evoluto nel corso del tempo. Venere probabilmente in origine possedeva grandi quantità di acqua come sulla Terra, che sarebbero stati scomposti in ossigeno ed idrogeno dalla luce solare. Tuttavia il pianeta mostra pochi segni del persistere dell'ossigeno, cosa che continua a confondere gli scienziati.

Schaefer prevede che il loro modello fornirà anche intuizioni per altri esopianeti simili. Ad esempio, il sistema TRAPPIST-1 contiene tre pianeti che potrebbero trovarsi nella zona abitabile. Dal momento che sono più freschi di GJ 1132b, hanno una migliore possibilità di trattenere un'atmosfera e magari la vita.


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Traduzione e adattamento a cura di Vito Di Paola

domenica 21 agosto 2016

ISON: LA COMETA SCOMPARSA







Il giorno del Ringraziamento del 2013, scienziati, astronomi e osservatori dilettanti puntarono i loro strumenti verso il Sole attendendo il passaggio ravvicinato della cometa Ison per riprendere quello che si presagiva essere un grande spettacolo celeste. Invece ISON si spense misteriosamente.

"Riteniamo che ISON si sciolse prima di avvivinarsi al Sole", ha detto Bryans un ricercatore presso l'Osservatorio d'Alta quota del NCAR.

Gli scienziati solari, come Bryans, sono interessati a comete come ISON, perché possono contribuire a velare i misteri della corona e del campo magnetico solare. I passaggi di tali comete non sono così inusuali, ma in genere non sopravvivono a causa delle loro ridotte dimensioni. Qualcuno però come la cometa Lovejoy, riuscì a sopravvivere durante il suo incontro nel dicembre 2011. In genere esse durante questa fase della loro orbita perdono molta massa lasciando una scia abbagliante di emissioni ultraviolette estreme nella loro scia.

La cometa ISON, avvistata un anno prima che raggiungesse il Sole, fu ritenuta abbastanza grande abbastanza per sopravvivere al viaggio, essendo molto luminosa.
In uno studio pubblicato nel 2014, i ricercatori hanno ipotizzato che la cometa ISON non abbia emesso radiazione ultravioletta estrema come la cometa Lovejoy perché passó più lontano dal Sole.
Ma nel nuovo studio, pubblicato sul The Astrophysical Journal, Bryans e Pesnell hanno posto in dubbio tali conclusioni. Utilizzando i dati raccolti dal Solar Dynamics Observatory, hanno effettuato una valutazione sistematica tra le due comete, come ad esempio la densità dell'atmosfera solare, il campo magnetico del Sole, la dimensione delle comete e come tali differenze possano aver interessato le emissioni di radiazione ultravioletta estrema.

È emerso che ISON non fosse tanto più lontano dal Sole rispetto Lovejoy per spiegare il motivo della sua scomparsa nel nulla. Ma piuttosto il raggio di IOSN era almeno quattro volte più piccolo rispetto a Lovejoy nonostante la sua intensa luminosità.
Per spiegarne la causa, gli scienziati hanno ipotizzato che ISON stesse compiendo il suo primo viaggio intorno al Sole, il che significa che fosse ancora ricca di materia altamente volatile rendendola più luminosa rispetto sue dimensioni ridotte.
Inoltre essi hanno supposto che la cometa si sia rotta in numerosi frammenti prima di entrare a contatto con la corona del Sole dissolvendosi del tutto.

Traduzione e adattamento a cura di Vito Di Paola

Foto in alto:
Un'immagine migliorata della cometa ISON ripresa dal Telescopio Spaziale Hubble maggio 2013.
Credit: NASA

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