mercoledì 30 novembre 2011

Osservata Supernova Quasi in Diretta in M51




Lo scorso giugno, gli astronomi di più paesi europei, hanno ottenuto una fotografia ricca di particolari mai ottenuta prima, della più giovane supernova mai osservata, situata nella Galassia Vortice (M51), con dovizia di particolari (l'equivalente di vedere una pallina da golf sulla superficie della luna).
I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Astronomy & Astrophysics.


Posta a circa 23 milioni di anni luce dalla Terra, nella costellazione dei Cani da Caccia, la Galassia Vortice è stato teatro di uno dei fenomeni più violenti dell'Universo, nonostante la sua bella apparenza: la morte di una stella con un'esplosione di una supernova .

Diversi telescopi combinati in Spagna, Svezia, Germania e Finlandia e l'elaborazione dei dati per mezzo di un supercomputer in Olanda, hanno permesso di avere la capacità di un telescopio che misura migliaia di chilometri.
Così, è stata ottenuta un'immagine davvero chiara con un dettaglio di un centinaio di volte superiore a quella del telescopio spaziale Hubble.

Questa tecnica, conosciuta come interferometria radio, ha permesso ad Iván Martí e la sua squadra di riprendere una fotografia della supernova SN2011 ad appena pichi giorni dopo l'esplosione.

"Questo esperimento sta battendo un record: è la prima immagine ad alta risoluzione di una supernova. Da questa fotografia, possiamo definire la velocità di espansione dell'onda d'urto creata in una esplosione" ha detto Iván Martí dal Max Planck Institut di Radio Astronomy di Bonn (Germania). Il professore ordinario di Astronomia e Astrofisica presso l'Università di Valencia, Jon Marcaid, sostiene che con questa precisione, possiamo cercare la stella sulle fotografie precedenti della galassia, per valutare meglio le nostre osservazioni futuro.

Le supernove sono uno dei fenomeni più spettacolari dell'Universo. Antxon Alberdi, dell'Istituto di Astrofisica di Andalusia ha affermato: "se siamo fortunati, come lo siamo stati questa occasione, potremo ottenere immagini a risoluzione veramente chiara ed elevata di altre supernove in futuro, grazie alla tecnica VLBI (Very Long Baseline Interferometry).

Il team internazionale che ha raggiunto questa fotografia sta già lavorando su nuove osservazioni. La European VLBI Network è una collaborazione di radio astronomia di vari istituti in Europa, Cina e Sud Africa, ed è sponsorizzato dai rispettivi organismi di ricerca nazionali.

Fonte:
http://www.sciencedaily.com/releases/2011/11/111124150353.htm

venerdì 25 novembre 2011

Missione Phobos-Grunt: Fallimento Con Suspence



La sonda russa Phobos-Grunt, decollata con successo dal cosmodromo di Baikonur l'8 novembre, non è riuscita a lasciare l'orbita terrestre come previsto, perdendo il contatto con la Terra.


Dopo giorni di silenzio, il contatto con la sonda è avvenuto Martedì 22 novembre alle 20:25 GMT da parte dell'Agenzia spaziale Europea nella sede di Perth in Australia.
Gli ingegneri erano stati incaricati di monitorare il veicolo spaziale in difficoltà per accendere il suo trasmettitore.

Poco dopo, i funzionari dell'ESA hanno riferito che avevano ricevuto i dati della telemetria e che era stato condiviso con i loro colleghi russi.
Gli ingegneri hanno poi combattuto disperatamente per salvare la navicella.
"Il team dell'ESA sta lavorando a stretto contatto con gli ingegneri russi per determinare il modo migliore di mantenere la comunicazione con la navicella spaziale", ha detto.

Un portavoce dell'European Space Operations Centre (ESOC) di Darmstadt, in Germania, ha dichiarato all'Afp: "Abbiamo inviato un ordine per accendere il suo trasmettitore e la sonda ci ha inviato i dati di telemetria.
"Tuttavia, non abbiamo tutti i dettagli e non siamo molto sicuri di quello che abbiamo ricevuto. E' tuttavia un primo segno di vita", ha detto.

La sonda è in un'orbita molto sfavorevole difficile da identificare con precisione", ha aggiunto il portavoce.
"Il compito è stato complicato per le scarse finestre per la comunicazione, tra i cinque ei 10 minuti," ha spiegato.
I cinque miliardi di rubli ($ 165 milioni), spesi la missione è uno dei più ambiziosi nella storia delle esplorazioni marziane.

Era stata progettata per andare sulla luna Phobos, raccogliere un campione di terreno e riportarlo a Terra entro il 2014.
Martedì scorso, l'agenzia spaziale russa ha detto che erano rimaste "poche possibilità" di salvare i 13,5 tonnellate nave.

A Mosca, l'agenzia spaziale russa Roskosmos ha confermato il rapporto dell'ESA, affermando che la stazione di Perth aveva ricevuto un segnale radio dalla Phobos-Grunt durante un periodo di monitoraggio di linea e gli europei e i russi "stanno la situazione".


Il motore non è riuscito nelle manovre per Marte, e sta ancora utilizzando il carburante che sarebbero stati utilizzati in questa manovra.
"Ma prima di perdere il controllo della sonda, i russi avevano inviato istruzioni per per distribuire i suoi pannelli solari" ha detto un funzionario dell'ESA. "Inizialmente, si pensava che la navicella spaziale sarebbe morta dopo tre giorni esaurendo la batteria.


"Ma i pannelli solari hanno giocato un ruolo cruciale, consentendo alla stazione di terra a Perth di entrare in contatto con essa", ha detto la fonte."Perth è inoltre l'unica stazione che incaricata di ascoltare e comunicare con Phobos-Grunt", ha spiegato. L'esposizione alla luce solare fornisce elettricità alla sonda, che le permette di conunicare brevemente al suolo. Ma perde potere quando si muove in alcune parti del globo che non sono illuminate.

La sonda Phobos-Grunt trasporta anche un satellite cinese, Yinghuo-1, che doveva entrare in orbita attorno a Marte per una cooperazione spaziale fra Mosca e Pechino.
La luna Phobos orbita attorno a Marte a poco meno di 10.000 chilometri (6.000 miglia) di altitudine, ed è la il più vicina luna del Sistema Solare. Da tempo incuriosisce gli scienziati, che credono possa nascondere il segreto sulle origini dei pianeti.

A cura di Arthur McPaul

Fonte:


mercoledì 23 novembre 2011

Da Piccole Fiamme Esplodono Le Supernovae


A partire dal comportamento di piccole fiamme in laboratorio, un team di ricercatori ha compreso meglio le forze titaniche che guidano le esplosioni di una supernova di tipo Ia. Queste esplosioni stellari sono strumenti importanti per studiare l'evoluzione dell'Universo e avere una migliore comprensione di come si comportano aiuterebbe a rispondere meglio ad alcune delle questioni fondamentali nel campo dell'astrofisica.

La stella supergigante rossa
Supernovae di tipo Ia si forma quando una stella nana bianca (il residuo di una stella come il nostro Sole) accumula massa da una stella compagna finché riaccende la sua fornace ed esplode, facendo eclissare tutte le altre stelle vicine della galassia.

Poiché queste esplosioni stellari hanno una luminosità caratteristica, gli astronomi le utilizzano per calcolare le distanze cosmiche. (Le supernovae di tipo Ia sono state studiate da due gruppi di ricerca indipendenti che hanno determinato che l'espansione dell'Universo è in accelerazione, guadagnando lil Premio Nobel 2011 per la Fisica).

Per comprendere meglio le complesse condizioni di guida questo tipo di supernova, i ricercatori hanno eseguito nuovi calcoli in 3-D della turbolenza che si ritiene le spinge fino ad una lenta combustione oltre i suoi limiti, provocando una rapida esplosione, la cosiddetta deflagrazione e detonazione di transizione (DDT).

Il perché in cui questo fenomeno avviene è oggetto di accesi dibattiti e questi calcoli forniscono informazioni su ciò che sta accadendo nel momento in cui la stella nana bianca rende questo passaggio spettacolare esplodendo come supernova.

"Le proprietà dedotte da queste simulazioni permetteranno di comprendere meglio il processo delle DDT, se dovessero verificarsi", ha detto Aaron Jackson, attualmente al Research Associate NRC presso il Laboratorio di Fisica Computazionale e Fluid Dynamics presso del Naval Research Laboratory di Washington.

Il meccanismo di transizione deflagrazione-detonazione non è ancora ben compreso, ma l'ipotesi prevalente nella comunità astrofisica è che se la turbolenza è abbastanza intensa, le DDT si verificheranno. L'estrema intensità della turbolenza dedotta nella nana bianca dalle simulazioni dei ricercatori suggeriscono che le DDT sono probabili, ma la mancanza di conoscenza del processo consente una vasta gamma di
risultati possibili dell'esplosione.

La corrispondenza delle simulazioni per le supernove osservate sono in grado di identificare le condizioni probabili per le DDT.
"Ci sono alcune opzioni per come simulare il modo in cui per le supernove potrebbero funzionare, ognuna delle quali presenta vantaggi e svantaggi diversi", ha detto Townsley. "Il nostro obiettivo è di fornire una simulazione più realistica di come uno scenario di supernova si esibirà, ma questo è un obiettivo a lungo termine e coinvolge molti miglioramenti differenti che sono ancora in corso".

I ricercatori ipotizzano che questa migliore comprensione dei fondamenti fisici del meccanismo di esplosione, ci darà una maggiore sicurezza nell'uso delle supernovae di tipo Ia, come candele standard, e può produrre stime più precise sulla distanza cosmica.

Traduzione a cura di Arthur McPaul

Foto in alto:
La figura in alto mostra quattro scatti di come le fiamme si propagano nel tempo inizialmente come subsoniche fino a raggiungere una specifica densità (in verde) al punto che avviene la detonazione
A colori viene invece mostrata il progresso variabiale della reazione dal quasi equilibrio nucleare (NSQE) al all'equilibrio statistico nucleare (NSE).
Il contorno blu marca la separazione tra il precedente nucleo convettivo e il successivo strato esterno isotermico.
La scala della figura a destra è più ampia rispetto alle altre tre. (Credit: Aaron Jackson)

Fonte:
http://www.sciencedaily.com/releases/2011/11/111122113214.htm

martedì 22 novembre 2011

ET: Rottami Di Astronavi Aliene Nel Sistema Solare?


Mentre i potenti telescopi spaziali cercano i pianeti simili alla Terra e I radiotelescopi del SETI le trasmissioni radio aliene, le prove fisiche per la presenza extraterrestri intelligenti potrebbero essere proprio nel nostro vicinato.

Non stiamo parlando di dischi volanti o manufatti antichi attribuiti a visite da parte dei cosiddetti "dei dello spazio", ma di qualcosa di banale come i rottami di sonde interstellari che potrebbero aver visitato il nostro Sistema Solare in numerose occasioni nel corso del tempo geologico.

Se la tecnologica delle civiltà extraterrestri fosse comune nella nostra galassia, allora anch'esse dovrebbero avere i mezzi e la curiosità di inviare sonde robotiche in altri sistemi stellari. Al momento esistono già cinque navicelle destinate a vagare per sempre nella galassia: le due sonde Pioneer, la coppia Voyager1 e 2, la sonda New Horizons che si sta dirigendo verso Plutone.

Le motivazioni degli alieni potrebbero essere identiche alla nostra e se scoprissimo un mondo simile alla Terra nelle vicinanze, ci sarebbe un inevitabile desiderio di inviare una sonda senza equipaggio per vedere le creature che vi abitano.

Un recente studio scientifico di Jacob-Haqq Misra e Ravi Kumar Kopparapu della Pennsylvania State University, ripropone una nuova analisi del paradosso di Fermi: "Se esistono, dove sono?", ponendo particolare attenzione alla ricerca di manufatti tecnologici alieni nel Sistema Solare.

Gli autori propongono che una sonda aliena potrebbe essere piccola come una macchina, ma non più grande di una piccola casa, a causa delle esigenze di carico utile per la propulsione di lancio.
Scoprire un'astronave aliena tra i corpi del Sistema Solare "sarebbe come trovare un ago in un campo da calcio coperto da tre piedi di fieno", dicono gli autori.

I ricercatori in merito hanno sviluppato un'equazione che peró potrebbe essere applicata ad una porzione del volume del Sistema Solare per determinare se le ricerche fatte dalle varie sonde sono sufficienti ad escludere la presenza di qualsiasi rottame extraterrestre.

Essi concludono: "gli artefatti extraterrestri potrebbero esistere nel Sistema Solare a nostra insaputa, ma non lo sappiamo semplicemente perché non le abbiamo ancora cercate sufficientemente.
La vastità dello spazio implica che ci vorrà del tempo prima che ogni oggetto celeste vicino possa essere considerato privo di sonde spaziali aliene".

La sonda più promettente per questo scopo è il Lunar Reconnaissance Orbiter (LRO), che ha effettuato una foto-mappatura della Luna fino a una risoluzione di soli 20 pollici. La Luna avrebbe offerto una piattaforma utile per un visitatore alieno per accamparsi vicino alla Terra.


Potrebbe essere difficile distinguere tra una sonda spaziale e una roccia. L'immagine di LRO mostra il Surveyor Lunar Lander di 14x 6m ma la sua ombra semplicemente sembra che sia un masso lanciato dall'alto.

Se una sonda aliena fosse ancora attiva potrebbe essere rilevata ad esempio perchè emetterebbe ancora calore. Oppure, potrebbe avere una composizione insolita che spiccherebbe nella mappatura multispettrale mineralogica. Il monolito alieno nel film di fantascienza "2001: Odissea nello spazio" aveva un campo magnetico anomalo. (Come così appaiono realmente alcuni luoghi sulla Luna).

Ma quale sarebbe la reazione di un team scientifico se qualcosa fosse palesemente artificiale e saltasse fuori in un sondaggio di routine della Luna, su Marte o su un asteroide? Sarebbe tenuto segreto oppure ci sarebbe una nuova corsa tra i paesi per andare a recuperare il manufatto e riportarlo sulla Terra? Di certo sarebbe certamente un buon motivo per finanziare l'esplorazione del sistema solare.

Foto di apertura
Non si tratta di un'astronave aliena ma del NASA Mars Phoenix Lander come visto dall'orbita (NASA).

Traduzione a cura di Arthur McPaul

Fonte:

Europa: La NASA Conferma Presenza Di Acqua Liquida




L'elaborazione dei dati proveniente dalla missione Galileo della NASA ha dimostrato la presenza di acqua liquida sulla luna Europa, per un volume pari a quella presente nei Grandi Laghi del Nord America.

I dati suggeriscono suggeriscono l'esistenza di un notevole scambio tra il guscio di ghiaccio di Europa e l'oceano sottostante. Questo sistema potrebbe rappresentare un habitat potenziale per vita. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Nature.

"I dati aprono alcune possibilità interessanti", ha detto Mary Voytek, direttore del Programma di Astrobiologia della NASA. "Tuttavia, gli scienziati di tutto il mondo vorranno dare un'occhiata da vicino a questa rianalisi dei dati prima di poter apprezzare appieno le implicazioni di questi risultati".

La sonda Galileo della NASA, fu lanciata dalla navetta spaziale Atlantis verso Giove nel 1989 e durante la sua attività ha prodotto numerose scoperte fornendo dati che impegneranno per decenni gli scienziati. Galileo ha studiato anche alcune delle sue molte lune di Giove.

Una delle scoperte più significative è stata la conferma della presenza di un oceano di acqua salata globale sotto la superficie di Europa. Questo mare è profondo abbastanza da coprire tutta la superficie di Europa e contiene più acqua più liquida di tutti gli oceani della Terra messi insieme. Tuttavia, essendo lontano dal Sole, la superficie dell'oceano è completamente ghiacciata. Molti scienziati pensano questa crosta di ghiaccio è di decine di chilometri di spessore.

"Un quesito della comunità scientifica era capire se lo spesso guscio di ghiaccio presente è un male per l'ipotetico sviluppo della vita. Questo potrebbe significare che la superficie non comunica con l'oceano sottostante", ha detto Britney Schmidt, autore principale dello studio. "Noi ora abbiamo la prova che si tratta di un guscio di ghiaccio di spessore che puó mescolarsi vigorosamente come per i laghi poco profondi. Questo potrebbe far di Europa e il suo mare più vivibile".

Schmidt e il suo team si sono concentrati sulle immagini di Galileo della superficie di Europa chiamata terreno caotico. Sulla base di processi simili visti sulla Terra (in piattaforme di ghiaccio e sotto i ghiacciai sovrastanti i vulcani) si è sviluppato in un modello diviso in quattro fasi per spiegarne la sua formazione. Il modello risolve diverse osservazioni contrastanti. Alcune sembravano suggerire che il guscio di ghiaccio fosse assai spesso mentre altre che fosse sottile.

Questa recente analisi mostra che le caratteristiche caotiche della superficie di Europa possono essere costituite da meccanismi che coinvolgono un notevole scambio tra il guscio di ghiaccio e il lago sottostante. Questo fornisce un meccanismo o modello per il trasferimento di nutrienti e di energia tra la superficie e il vasto oceano globale già dedotto di esistere al di sotto del guscio di ghiaccio. Ció aumenta le possibilità per la vita sulla luna.

Gli autori dello studio hanno buone ragioni per credere che il loro modello sia corretto, sulla base di osservazioni di Europa da parte della sonda Galileo e dalla Terra. I laghi sarebbero a parecchi chilometri sotto la superficie, ma l'unica vera conferma della loro presenza potrebbe giungere soltanto da una missione con dei veicoli spaziali progettati per sondare il guscio di ghiaccio. Tale missione è stata classificata come la seconda missione a più alta priorità di punta dal Consiglio Nazionale delle Ricerche del Planetary Science Decadal Survey ed è allo studio da parte della NASA.

"Questa nuova comprensione dei processi su Europa non sarebbe stata possibile senza gli ultimi 20 anni di osservazioni sulle lastre di ghiaccio della Terra e delle piattaforme di ghiaccio galleggianti", ha detto Don Blankenship, un co-autore e ricercatore presso l'Istituto di Geofisica, dove conduce studi radar sulle lastre di ghiaccio del pianeta.

Galileo fu la prima sonda a misurare direttamente l'atmosfera di Giove con una sonda e a condurre osservazioni a lungo termine del sistema gioviano. La sonda è stata la prima a volare verso un asteroide e a scoprire la luna di un asteroide. La NASA ha esteso la missione tre volte per sfruttare le funzionalità di Galileo e il veicolo spaziale è stato messo in rotta di collisione nell'atmosfera di Giove nel settembre del 2003, cessando di fatto la sua esistenza.

Foto in alto
Rappresentazione artistica di un lago sotterraneo su Europa. Credito: Britney Schmidt/Dead Pixel VFX/Univ. of Texas at Austin.

Traduzione a cura di Arthur McPaul

Fonte:
http://www.jpl.nasa.gov/news/news.cfm?release=2011-355

lunedì 21 novembre 2011

Lutetia Corpo Primordiale Del Sistema Solare




Nuove osservazioni indicano che l'asteroide Lutetia è un frammento residuo dello stesso materiale originale che ha formato la Terra, Venere e Mercurio. Gli astronomi hanno combinato i dati della sonda Rosetta dell'ESA, del New Technology Telescope dell'ESO e di alcuni telescopi della Nasa. Essi hanno scoperto che le proprietà dell'asteroide corrispondono a quelle di un raro tipo di meteoriti trovate sulla Terra che si ritiene abbiamo costituito nelle parti interne del Sistema Solare. Lutetia deve essersi ad un certo punto spostato nella sua posizione attuale nella fascia principale degli asteroidi tra Marte e Giove.

Un team di astronomi francesi e di varie università americane hanno studiato l'insolito asteroide Lutetia nel dettaglio in una vasta gamma di lunghezze d'onda [1] per dedurne la sua composizione. I dati dalla fotocamera OSIRIS montata su Rosetta [2], del New Technology Telescope dell'ESO (NTT) a La Silla in Cile, e dell'Infrared Telescope Facility della NASA nelle Hawaii e infine lo Spitzer Space Telescope sono stati combinati per creare la gamma più completa di un asteroide mai riunita [3].

Lo spettro di Lutetia è stato poi confrontato con quello delle meteoriti trovate sulla Terra che sono state ampiamente studiate in laboratorio. Solo un tipo di meteorite (le condriti enstatite) hanno dimostrato di avere proprietà che corrispondono a quelle di Lutetia su tutta la gamma dei colori.
Le condriti enstatiti sono note per essere materiali che risalgono ai primordi del Sistema Solare. Si ritiene che si siano formate vicino al giovane Sole e che rappresentano un grande edificio isolato nella formazione dei pianeti rocciosi [4], in particolare della Terra, Venere e Mercurio [5]. Lutetia sembra non avere origine nella fascia principale degli asteroidi, dove è ora, ma molto più vicino al Sole.

"Come ha fatto Lutetia a fuggire dal Sistema Solare interno e a raggiungere la fascia principale degli asteroidi?" chiede Pierre Vernazza (ESO), l'autore principale dello studio.
Gli astronomi hanno calcolato che meno del 2% degli organismi situati nella regione in cui la Terra si era formata, finì nella fascia principale degli asteroidi. La maggior parte dei corpi del Sistema Solare interno scomparvero dopo pochi milioni di anni incorporati dai giovani pianeti che si stavano formando. Tuttavia, alcuni dei più grandi, con diametro di circa 100 chilometri o più, sono stati espulsi in orbite più sicure e lontane dal Sole.

Lutetia, che è di circa 100 chilometri, potrebbe essere stato buttato fuori dalle parti interne del Sistema Solare giovane dopo il passaggio ravvicinato ad uno dei pianeti rocciosi e quindi ebbe una drammatica alterazione della sua orbita 6]. Un evento del genere potrebbe essere anche spiegato con un incontro ravvicinato con il giovane Giove durante la sua migrazione verso la sua orbita attuale[7].

"Riteniamo che sia molto verosimile una tale espulsione per l'asteroide Lutetia finendo come un intruso nella fascia principale degli asteroidi per rimanerci per quattro miliardi di anni", continua Pierre Vernazza.
Studi precedenti del suo colore e delle proprietà di superficie hanno dimostrato che Lutetia è un membro molto insolito e un pó misterioso della fascia principale degli asteroidi.
Inoltre gli asteroidi simili sono molto rari e rappresentano meno dell'1% della popolazione asteroidale della fascia principale.

Le nuove scoperte spiegherebbero il perché Lutetia è diverso (è un sopravvissuto molto raro del materiale originale che ha formato i pianeti rocciosi).
"Lutetia sembra essere il più grande e uno dei pochissimi resti di tale materiale nella fascia principale degli asteroidi. Per questo motivo, gli asteroidi tipo Lutetia costituiscono un obiettivo ideale per le future missioni di ritorno di un campione di superficie. Potremmo quindi studiare in dettaglio l'origine dei pianeti rocciosi, tra cui la nostra Terr ", conclude Pierre Vernazza.

Note:
[1] Lo spettro elettromagnetico rappresenta l'intera gamma di lunghezze d'onda coperte dai diversi tipi di radiazioni elettromagnetiche. La luce visibile è la forma più familiare, ma ne esistono molti altri. Molti di questi tipi di radiazioni sono usati nella vita quotidiana, come le onde radio, i microonde, i raggi infrarossi, gli ultravioletti e i raggi-X.

[2] La sonda Rosetta, in viaggio verso la cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko, ha volato vicino Lutetia il 10 luglio 2010.

[3] La fotocamera OSIRIS sulla sonda Rosetta ha fornito i dati nell'ultravioletto, il NTT dell'ESO ha fornito dati inella luce visibile, mentre l'Infrared Telescope Facility della NASA nelle Hawaii e il telescopio spaziale Spitzer hanno rispettivamente fornito i dati nel vicino infrarosso e medio infrarosso.

[4] Le condriti enstatiti (condriti E) sono una classe unica di meteoriti che rappresentano solo circa il 2% dei meteoriti recuperati dagli impatti. La mineralogia e la chimica insolita di condriti è coerente con la formazione relativamente vicina al Sole. Ciò è ulteriormente supportato da misurazioni degli isotopi (verificato per l'ossigeno, l'azoto, il rutenio, il cromo e il titanio): le condriti E sono gli unici gruppi di condriti, che hanno la stessa composizione isotopica come la Terra e la Luna. Questo suggerisce fortemente che la Terra si sia formata da enstatite condrite materiali del tipo E, e che inoltre, le condriti E si sono formate più o meno alla stessa distanza dal Sole della Terra.
Inoltre è stato recentemente dimostrato che la formazione di enstatiti condriti sono in grado di spiegare la composizione insolita precedentemente inspiegabile di Mercurio. Questo suggerisce che Mercurio (come la Terra) sia in gran parte maturato da materiali simili alleenstatite condrite.

[5] Anche se sono tutti formati da materiali simili, rimane un mistero perché i tre pianeti interni sono così diversi.

[6] Questo processo è molto simile ai metodi gravitazionali utilizzati per cambiare la direzione e la velocità delle sonde spaziali facendo in modo possano volare vicino a un pianeta.

[7] Alcuni astronomi pensano che il gigante gassoso possa essere stato più vicino al Sole nei primi tempi del Sistema Solare, prima di muoversi verso l'esterno alla sua posizione attuale. Questo avrebbe provocato il caos nelle orbite di altri oggetti del Sistema Solare interno a causa della sua enorme trazione gravitazionale.

Traduzione a cura di Arthur McPaul

Fonte:
http://www.sciencedaily.com/releases/2011/11/111111095110.htm

domenica 20 novembre 2011

Mercurio: Estesa La Missione MESSENGER




La Nasa ha annunciato che estenderà la missione MESSENGER per un ulteriore anno di attività orbitale intorno a Mercurio oltre la fine prevista che era fissata per il 17 marzo 2012. La sonda MESSENGER è diventato il primo velivolo spaziale ad orbitare intorno al pianeta più interno da quando ha raggiunto la sua orbita il 18 marzo 2011.

"Stiamo ancora recuperando i fondi del finanziamento, ma siamo lieti di essere in grado di supportare la continua esplorazione di Mercurio", ha detto il responsabile Ed Grayzeck, il 9 novembre alla 24a riunione dello Science Team MESSENGER ad Annapolis, nel Maryland.
Una campagna senza precedenti della sonda che sta fornendo il primo incontro ravvicinato con Mercurio e ha rivoluzionato la percezione scientifica di quel pianeta.
La proroga della missione permetterà agli scienziati di approfondire gli aspetti del pianeta più vicino al Sole, dice il MESSENGER Principal Investigator Sean Solomon, del Carnegie Institution di Washington.
"Durante la missione estesa passeremo più tempo vicino al pianeta, rispetto alla missione principale in corso e avremo una più ampia gamma di obiettivi scientifici e saremo in grado di fare molte osservazioni mirate con il nostro sistema di imaging e altri strumenti", dice Solomon.

"MESSENGER sarà anche in grado di visualizzare il pianeta più interno mentre l'attività solare va verso il prossimo massimo del ciclo. Mercurio darà nuove risposte ai cambiamenti nel suo ambiente e ci regalerà anche nuove sorprese".

La proroga della missione è stata progettata per rispondere a sei domande scientifiche, ognuna delle quali è sorta solo recentemente a seguito di alcune scoperte fatte da orbita:

1) Quali sono le fonti delle sostanze volatili sulla superficie di Mercurio?
2) Fino a quando nella storia di Mercurio è esisto il vulcanismo?
3) Come ha fatto Mercury lunghezza d'onda cambia topografia con il tempo?
4) Qual è l'origine delle regioni localizzate con una maggiore densità esosferica?
5) Come funziona il ciclo solare per l'influenza esosfera di Mercurio e il trasporto di sostanze volatili?
6) Qual è l'origine degli elettroni energetici di Mercurio?

"I progressi della scienza hanno a cuore la valutazione delle ipotesi e alla luce di nuove conoscenze, a volte causano lievi cambiamenti in corso, mentre altre volte cambiamenti di paradigmi, aprendo prospettive totalmente nuove di pensiero e di percezione", dice Ralph McNutt, della Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory a Laurel, Maryland. "Con le prime osservazioni orbitali di Mercurio stiamo già vedendo l'inizio di tali innovazioni. L'estesione della missione, ci farà vedere Mercurio in una nuova luce e ci permetterà di svelare altri suoi segreti".

Per ulteriori informazioni sulla missione MESSENGER, visitare il sito:
http://www.nasa.gov/mission_pages/messenger/main/index.html

Foto:Uno degli obiettivi della missione MESSENGER estesa sarà quello di determinare il contesto morfologico e compositivo delle "cavità" e il loro rapporto con il brillante piano dei crateri di depositi piroclastici e prese d'aria. Il cratere al centro di questa immagine e uno dei punti di superficie di Mercurio, che appaiono qui ad alta riflettanza vicino al picco centrale intorno alla suo parete/pavimento di confine. Data di acquisizione: 21 ottobre 2011. (Credit: NASA / Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory / Carnegie Institution di Washington).

Traduzione a cura di Arthur McPaul

Fonte:
http://www.sciencedaily.com/releases/2011/11/111116180536.htm

venerdì 18 novembre 2011

2012, Un Mega Flare Distruggerà La Terra?




Data una legittima esigenza di proteggere la Terra dalle forme più intense di meteorologia spaziale (grandi esplosioni di energia elettromagnetica e particelle che a volte possono fluttuare dal Sole) alcune persone temono che un gigantesco "killer flare solare" possa scagliare sufficente energia per distruggere la Terra. Visto l'approssimarsi dell'intensa attività solare del ciclo undecennale, molti catastrofisti credono che nel 2012, come avrebbero predetto anche i Maya, un gigantesco flare brucerà la Terra!

Ma questo stesso ciclo solare è avvenuto nel corso dei millenni. Ogni persona con più di 11 anni ha già vissuto tale massimo solare senza alcun danno. Inoltre, il prossimo massimo solare si prevede che si verifichi nel 2013 o all'inizio del 2014 e non nel 2012.

Cosa più importante, però, è che semplicemente non c'è abbastanza energia nel Sole per inviare una palla di fuoco assassina a 93.000 mila miglia tale da distruggere la Terra.

Questo non vuol dire che il tempo e lo spazio non possono influenzare il nostro pianeta. Il calore esplosivo di un brillamento solare non può fare tutta la strada fino al nostro pianeta, ma le radiazioni elettromagnetiche e le particelle energetiche certamente possono. I brillamenti solari possono temporaneamente alterare l'atmosfera superiore creando interruzioni con la trasmissione del segnale di un satellite GPS sulla Terra, causando malfunzionamenti e disagi nelle telecomunicazioni. Un altro fenomeno prodotto dal Sole potrebbe essere ancora più dirompente. Conosciuto come Espulsione di Massa Coronale (CME), queste esplosioni solari spingono scoppi di particelle e variazioni elettromagnetiche nell'atmosfera terrestre. Le fluttuazioni potrebbero indurre fluttuazioni elettriche al livello del suolo che potrebbero far bruciare i trasformatori delle reti elettriche. Le particelle delle CME potrebbero anche collidere con l'elettronica a bordo di un satellite e distruggerne i suoi sistemi.

In un mondo sempre più tecnologico, dove quasi tutto si basa sui telefoni cellulari e sulla rete GPS che controlla il nostro sistema di navigazione, gli aerei e gli orologi di navigazione che regolano le transazioni finanziarie, è importantissima la meteorologia spaziale, che puó aiutare a prevenire i disastri a tali apparati.

Gli scienziati della NASA e del NOAA danno avvertimenti alle compagnie elettriche, agli operatori spaziali, e ai piloti di linea prima che un CME arrivi sulla Terra, permettendo di porre in essere le dovute precauzioni.

Migliorare queste capacità previsionali negli ultimi decenni è una delle ragioni prioritarie della NASA per studiare il Sole e la meteorologia spaziale. Non possiamo ignorare la meteorologia spaziale, ma siamo in grado di adottare misure adeguate per proteggere noi stessi.

Foto in alto:9 Novembre 2000. Un flare di classe M7.4 seguito da una CME di classe G3 ha impattato sulla Terra 31 ore dopo, causando una violenta tempesta geomagnetica. Ripreso in EUV dal TRACE orbital observatory.

Traduzione a cura di Arthur McPaul

Fonte:
http://www.sciencedaily.com/releases/2011/11/111111095550.htm

Voyager 2: Successo Nel Backup Dei Propulsori


La lungimirante sonda della NASA, Voyager 2, ha effettuato con successo il backup di propulsori che controlla il rollio della nave spaziale. Il personale dello Space Network ha inviato comandi al veicolo spaziale per apportare la modifica il 4 novembre e il 14 novembre ha ricevuto la conferma che la manovra è stata eseguita con successo.

Come spesso accade ultimamente, si ritorna a parlare della sonda automatica Voyager 2, la terza più distante (dopo Voyager 1 e Pioneer 10) mai inviata nello spazio dall'uomo nello spazio profondo.

Voyager 1 e la gemella Voyager 2 sono dotate di sei serie, o coppie, di propulsori per il controllo del beccheggio, del rollio e dell'imbardata della navicella.
Queste includono tre coppie di propulsori primari e tre di backup, o coppie ridondanti. Entrambe le astronavi ora stanno usando tutti e tre i set dei loro propulsori di backup.

Il Voyager 2 è attualmente situato a circa 9 miliardi miglia (14 miliardi di chilometri) dalla Terra, nella heliosheath (lo strato più esterno della eliosfera, dove il vento solare è rallentato dalla pressione del gas interstellare.

Il loro viaggio infinito continuerà senza sosta e nel 2052 giungeranno nello spazio aperto dopo aver superato il muro di idrogeno, ultimo baluardo prima di allontanarsi dalla diretta gravità del Sole.

E' possibile tuttavia che non riceveremo i preziosi dati scientifici perchè le ultime riserve energetiche delle batterie RTG delle sonde termineranno nel 2025, anche se le comunicazioni potranno interromperai già nel 2015, quando il giroscopio di Voyager 2 cesserà di operare.

Le sonde Voyager sono state costruite dal Propulsion Laboratory della NASA Jet a Pasadena, in California, che continua ad assisterle nel volo.

Voyager 2 fu llanciata il 20 agosto 1977 dalla NASA da Cape Canaveral, a bordo di un razzo Titan-Centaur, poco prima della sua sonda sorella, la Voyager 1, in un'orbita che l'avrebbe portata più tardi a visitare i pianeti. Le due sonde Voyager sono tecnicamente ed esteticamente identiche.

Per ulteriori informazioni sulla sonda Voyager, visitate il sito: http://www.nasa.gov/voyager.

Traduzione a cura di Arthur McPaul

Fonte:
http://www.sciencedaily.com/releases/2011/11/111114151131.htm

La Missione Simulata Mars500 Termina Con Successo




Mars500, la prima simulazione di una missione umana su Marte, iniziata 520 giorni fa, il 3 giugno 2010, presso l'Institute of Biomedical Problems di Mosca, si è finalmente felicemente conclusa.

L'equipaggio internazionale è stato isolato nella navicella interplanetaria, seguendo fedelmente le fasi di una vera e propria missione: un lungo volo verso Marte con l'inserimento in orbita attorno al pianeta, l'atterraggio, l'esplorazione di superficie e il ritorno in orbita per l'arrivo verso la Terra.

Durante il 'volo', l'equipaggio ha eseguito più di 100 esperimenti, tutti legati ai problemi delle missioni di lunga durata nello spazio profondo.
Da aggiungere al loro isolamento, le comunicazioni con il controllo missione sono state artificialmente ritardate per imitare i ritardi naturali del vero e proprio volo verso Marte.

L'equipaggio composto da tre russi, un cinese e due europei ha collaborato eccezionalmente bene. Sono stati uniti e hanno dimostrato che la motivazione e lo spirito del team possono tenere gli esseri umani attivi in condizioni molto difficili. Gli scienziati sono contenti della loro eccezionale disciplina.

"La ringrazio molto per il vostro sforzo eccezionale", ha detto l'Agenzia Spaziale Europea con il direttore generale Jean-Jacques Dordain nel suo saluto da Parigi dopo che l'equipaggio è sceso dal modulo.
"Accolgo con favore il coraggio, la determinazione e la generosità di questi giovani che hanno dedicato quasi due anni della loro vita a questo progetto per il progresso dell'esplorazione spaziale umana".

Il portello è stato aperto alle 14:00 ora locale (11:00 CET, 10:00 GMT) e gli astronauti usciti dai loro moduli e hanno salutato i direttori missione.
Dopo il loro primo assaggio di libertà, sono stati condotti per incontrare i medici, ale loro famiglie e gli amici intimi.
"E' bello vedere nuovamente tutti voi", ha detto Diego Urbina, membro dell'equipaggio italiano dell'ESA.
"Nella missione Mars 500, abbiamo realizzato la simulazione del viaggio che permetterà un giorno all'umanità di vedere una nuova alba e una nuova luna su un pianeta lontano ma raggiungibile.
E, come un membro dell'equipaggio dell'Agenzia Spaziale Europea, sono onorato di aver fatto parte di questa sfida straordinaria insieme ai cinque uomini più professionali, cordiali e resistenti che abbia mai lavorato.
Sarò sempre grato a coloro che, anche a distanza, saranno sempre in piedi vicino a me durante questa odissea nello spazio".

Romain Charles, membro dell'equipaggio francese dell'ESA, ha osservato:. "Un anno e mezzo fa, sono stato selezionato dall'Agenzia Spaziale Europea per far parte dell'equipaggio Mars500 Oggi, dopo un viaggio immobile di 520 giorni, sono orgoglioso di dimostrare, con i miei compagni internazionali, che un cammino umano verso il pianeta rosso è fattibile. Abbiamo acquisito tutti una preziona esperienza, che ci aiuterà a progettare e pianificare le future missioni su Marte. Siamo pronti ad imbarcarci sulla vera nave e metterci in viaggio!".

Durante i loro primi giorni di libertà, i membri dell'equipaggio sono stati sottoposti a controlli medici per un'ampia valutazione psicologica. Essi potranno anche godersi un pó di tempo privato e di relax prima di parlare con i media l'8 novembre a Mosca.
La loro missione continuerà nei primi di dicembre, mentre si muovono attraverso una serie esaustiva di debriefing, test e valutazioni per raccogliere i dati finali della missione.

Traduzione a cura di Arthur McPaul

Fonte:
http://www.sciencedaily.com/releases/2011/11/111106142036.htm

lunedì 14 novembre 2011

Il Sistema Solare Aveva Un Altro Gigante Gassoso?




Proprio come un esperto giocatore di scacchi sacrifica un pezzo per proteggere la regina, il Sistema Solare può aver espulso un pianeta gigante per risparmiare la Terra, secondo un articolo recentemente pubblicato sul "The Astrophysical Journal Letters".

"Abbiamo tutta una serie di indizi circa la prima evoluzione del Ssistema Solare", dice l'autore, il Dott. David Nesvorny del Southwest Research Institute. "Vengono dalle analisi della popolazione di piccoli corpi trans-nettuniani noti come "Fascia di Kuiper" e dalla craterizzazione lunare".

Questi indizi suggeriscono che le orbite dei pianeti giganti furono colpite da una instabilità dinamica quando il Sistema Solare aveva solo di circa 600 milioni di anni. Come risultato, i pianeti giganti e i piccoli corpi vennero sparsi lontano gli uni dagli altri.
Alcuni piccoli corpi si spostarono nella fascia di Kuiper e altri viaggiarono verso l'interno, producendo impatti sui pianeti terrestri e sulla Luna. I pianeti giganti come Giove, spostarono i corpi più piccoli verso l'esterno e verso l'interno.

Questo scenario presenta un problema, comunque. I lenti cambiamenti dell'orbita di Giove, come quelli previsti dall'interazione con i piccoli corpi, avrebbero convogliato per slancio troppo le orbite dei pianeti terrestri del Sistema Solare interno, causando la collisione della Terra con Marte o Venere.
"I colleghi hanno suggerito un modo intelligente per risolvere questo problema", dice Nesvorny. "Hanno proposto che l'orbita di Giove rapidamente cambió quando esso disperse al largo di Urano o Nettuno durante l'instabilità dinamica del Sistema Solare esterno." La teoria "del trampolino di Giove", così come è nota, è meno dannosa per il Sistema Solare interno, perché l'aggancio orbitale tra i pianeti terrestri e Giove è debole se questo fu lanciato oltre.

Nesvorny ha condotto migliaia di simulazioni al computer del Sistema Solare primordiale per testare questa teoria dell'esplulsione di Giove e della dispersione di Urano o Nettuno. Quando fu espulso però, Urano o Nettuno furono messo fuori del Sistema Solare. "Qualcosa era chiaramente sbagliato nelle simulazioni", dice.

Motivati ​​da questi risultati, Nesvorny si sono chiesti se il Sistema Solare potrebbe aver avuto cinque pianeti giganti anziché quattro. Eseguendo le simulazioni con un pianeta gigante supplementare con massa simile a quella di Urano e Nettuno, le cose improvvisamente andarono al loro posto. Un pianeta fu espulso dal Sistema Solare da Giove, lasciandosi alle spalle quattro dei pianeti giganti, lasciando indisturbati i pianeti terrestri.

"La possibilità che il Sistema Solare abbia avuto inizialmente più di quattro pianeti giganti, sembra essere concepibile in vista della recente scoperta di un gran numero di pianeti liberamente fluttuanti nello spazio interstellare, che indicherebbe che il processo di espulsione del pianeta potrebbe essere un evento comune", dice Nesvorny.

Questa ricerca è stata finanziata dalla Nazionale Lunar Science Institute e la National Science Foundation.

Questo studio pone dunque una forte base scientifica alla possibile presenza nei remoti confini del Sistema Solare di un quinto pianeta gigante, che potrebbe essere il tanto cercato Planet X, o Tyche, come soprannominato dai recenti studi del prof. Matese e dal collega Whitmire.

Se dunque l'ipotesi del quinto pianeta gigante è supportata dalle simulazioni, c'è da chiedersi dove ora esso sia stato collocato.
Le ipotesi sono sostanzialmente le seguenti:

1) Esso è stato completamente espulso ed è ora fluttuante nello spazio interstellare o è stato catturato da una stella vicina al Sole;

2) Il pianeta ha raggiunto gli estremi confini gravitazionali del Sistema Solare ponendosi in un'orbita molto ampia attorno al Sole;

3) Il quinto pianeta gigante semplicemente non è mai esistito e il modello di David Nesvorny è sbagliato.

Se la seconda ipotesi risultasse essere quella più accreditata c'è da chiedersi come mai questo corpo non si stato ancora individuato. Ma se esso esiste, sarà rivelato con la pubblicazione dei dati di WISE entro il 2012/2013.
Il telescopio WISE, che ha scandagliato due volte il cielo, nel corso del 2010 nella luce infrarossa, di certo mostrerà la presenza di Planet X se esso esiste, confermando o meno la teoria di David Nesvorny e colleghi.

A breve sapremo dunque la verità su Planet X.

Traduzione e adattamento e commenti a cura di Arthur McPaul

Fonte:
http://www.sciencedaily.com/releases/2011/11/111110142102.htm

sabato 12 novembre 2011

La Luna Avrebbe Avuto Una Antica Dinamo Del Nucleo




La presenza di rocce magnetizzate sulla superficie della Luna, che non ha un campo magnetico globale, è stata un mistero fin dai tempi del programma Apollo. Ora un team di scienziati ha proposto un nuovo meccanismo che avrebbe potuto generare un campo magnetico agli inizi della sua storia.

La "geodinamo" che genera il campo magnetico terrestre è alimentata dal calore del nucleo interno, che spinge a muoversi i fluidi complessi di ferro fuso del nucleo esterno. Ma la Luna è troppo piccola per supportare questo tipo di dinamo, secondo Christina Dwyer, uno studente laureato in Scienze della Terra e planetarie presso la University of California, Santa Cruz.

Nel numero del 10 novembre di Nature, Dwyer e i suoi co-autori (scienziati planetari) Francis Nimmo alla UC Santa Cruz e David Stevenson, del California Institute of Technology, descrivono come un'antica dinamo lunare sarebbe stata originata dal mescolamento del nucleo liquido della guidato dal movimento del mantello solido sopra di esso.

"Questo è un modo molto diverso di alimentare una dinamo che coinvolge il mescolamento fisico, come una ciotola mescolata da un cucchiaio gigante", sostiene Dwyer.
Dwyer e i suoi coautori hanno calcolato gli effetti dei movimenti differenziali tra il nucleo e il mantello lunare. All'inizio della sua storia, l'orbita della luna attorno alla Terra era ad una distanza molto più vicina di quanto non lo sia oggi e continua ad allontanarsi progressivamente dalla Terra.
A distanza ravvicinata, le interazioni di marea tra la Terra e la Luna hanno permesso al manto lunare di ruotare in modo leggermente diverso rispetto al nucleo.

Questo movimento differenziale del mantello rispetto al nucleo ha agitato il nucleo liquido, creando dei moti nei fluidi che, in teoria, potrebbero dar luogo ad una dinamo magnetica.
"La Luna oscilla un pó mentre ruoto gira, un moto che si chiama precessione, ma il nucleo è liquido e non fa esattamente la stessa precessione.
Così il mantello si muove avanti e indietro attraverso il nucleo e solleva il nucleo", ha spiegato Nimmo, professore di scienze della terra e planetarie presso UCSC.

I ricercatori hanno scoperto che una dinamo lunare avrebbe potuto funzionare in questo modo per almeno un miliardo di anni. Alla fine, comunque, avrebbe smesso di funzionare quando la Luna si allontanó ulteriormente dalla Terra. "Più lontana essa fu dalla Terra, più lenta fu l'agitazione e ad un certo punto la dinamo lunare si spense", ha detto Dwyer.

Le rocce possono essere state magnetizzate dallo shock di un impatto, un meccanismo che alcuni scienziati hanno proposto per spiegare la magnetizzazione dei campioni lunari.
Ma recenti analisi paleomagnetiche sulle rocce lunari, così come le misure orbitali della magnetizzazione della crosta lunare, suggeriscono che c'è stata una forte e lunga durata del campo magnetico agli inizi della sua storia.

"Una delle cose belle del nostro modello è che spiega come una dinamo lunare avrebbe potuto durare per un miliardo di anni", ha detto Nimmo. "Permette anche di fare previsioni su come la forza del campo dovrebbe essere cambiata nel corso degli anni, ed è potenzialmente verificabile con numerose osservazioni paleomagnetiche".

E' necessaria un'analisi più dettagliata, tuttavia, per dimostrare che il mescolamento del nucleo dal mantello creerebbe il giusto tipo di movimenti di fluidi per generare un campo magnetico. "Solo alcuni tipi di movimenti di fluidi possono dar luogo ad una dinamo magnetica", ha detto Dwyer. "Abbiamo calcolato la potenza che è disponibile per guidare la dinamo e le intensità di campo magnetico che potrebbe essere generate. Ma abbiamo davvero bisogno di esperti di dinamo per portare questo modello al prossimo livello di dettaglio e vedere se funziona".

Un modello di lavoro di una dinamo lunare, combinato con un'analisi paleomagnetiche più dettagliata delle rocce lunari, potrebbe dare agli scienziati un potente strumento per indagare sulla storia della luna, ha detto Dwyer. Inoltre, lo studio presenta un nuovo meccanismo per la generazione di un campo magnetico non solo sulla Luna, ma anche su altri piccoli corpi, tra cui gli asteroidi di grandi dimensioni.

Traduzione a cura di Arthur McPaul

Fonte:
http://www.sciencedaily.com/releases/2011/11/111109131821.htm

mercoledì 9 novembre 2011

Marte: Nel Sottosuolo Potrebbe Esistere La Vita




Un nuovo studio della NASA suggerisce che se è esistita la vita su Marte, avrebbe avuto maggiore durata sotto la superficie umida del pianeta.

Una nuova interpretazione dei dati sulla mappatura dei minerali, effettuata in oltre 350 siti dalle sonde dell'ESA della NASA, suggerisce che l'ambiente marziano con abbondante acqua allo stato liquido si è verificato sulla superficie solo durante brevi periodi.

Questi episodi si sarebbero verificati verso la fine di un periodo durato centinaia di milioni di anni in cui l'acqua calda del sottosuolo ha interagito con le rocce.
Questo avrebbe avuto delle implicazioni sulla vita esistita su Marte e su come l'atmosfera marziana sarebbe poi cambiata.

"I tipi di minerali argillosi che si sono formati su Marte sono presenti tutti nel sottosuolo", ha dichiarato John Mustard, professore alla Brown University di Providence, RI Senape è un co-autore dello studio sulla rivista Nature. "Quelli sulla superficie si trovano in luoghi molto limitati e sono piuttosto rari".

La scoperta di minerali argillosi su Marte nel 2005 ha indicato che una volta il pianeta ha ospitato un ambiente caldo e umido. Se tali condizioni sono esistite in superficie per un periodo lungo, doveva esserci un ambiente molto più spesso di quanto non lo sia ora al fine di evitare l'evaporazione o il congelamento dell'acqua. I ricercatori hanno cercato le prove dei processi che potrebbero aver causato la perdita della spessa atmosfera nel corso del tempo.

Questo nuovo studio sostiene un'ipotesi alternativa in cui l'acqua calda sarebbe stata confinata persistentemente nel sottosuolo grazie all'erosione durante i brevi periodi in cui vi era liquida in superficie.

"Anche se gli habitat superficiali sono stati di breve termine, questo non ha limitato le prospettive di insorgenza per la vita", ha detto l'autore principale del rapporto, Betania Ehlmann , assistente professore al California Institute of Technology, Pasadena, e scienziato in laboratorio al Jet Propulsion della Nasa.

"L'habitat più stabile nel tempo marziano sembra essere stato nel sottosuolo. Sulla Terra, gli ambienti sotterranei geotermici sono ecosistemi attivi".
La scoperta dei minerali argillosi dallo spettrometro OMEGA di Mars Express dell'ESA ha aggiunto nuove prove alle precedenti per la presenza di acqua marziana.

L 'argilla si forma dall'interazione di acqua con la roccia. Diversi tipi di minerali argillosi sono il risultato di diversi tipi di condizioni di bagnato.
Nel corso degli ultimi cinque anni, i ricercatori di OMEGA e del Compact Reconnaissance Imaging Spectrometer, o CRISM, installato sul Mars Reconnaissance Orbiter della NASA hanno identificato minerali argillosi in migliaia di luoghi su Marte.
I tipi di minerali argillosi si formano dove il rapporto di acqua che interagisce con roccia è dello stesso genere e questi elementi si trovano in genere in rocce vulcaniche in seguito ad una alterazione da parte dell'acqua.

Lo studio interpreta questo fattore come la causa per l'origine a maggior parte dei terreni con argille di ferro e magnesio presenti su Marte.
Al contrario, ambienti di superficie con più rapporti di acqua rispetto alla roccia sono Impossibilitati a modificarle ulteriormente. Elementi solubili sono portati via dall'acqua, con diversi tipi di alluminio ricchi di argille.

Un altro indizio è il rilevamento di un minerale chiamato Prehnite. Esso si forma a temperature superiori a circa 400 gradi Fahrenheit (circa 200 gradi Celsius). Queste temperature sono tipiche degli ambienti idrotermali sotterranei piuttosto che per le acque di superficie.
"La nostra interpretazione è che un ambiente caldo e umido è perdutato più che sulla superficie nel sottosuolo, con limitate eccezioni", ha dichiarato Scott Murchie della Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory a Laurel, Maryland, co-autore del rapporto e ricercatore principale per CRISM.

Una delle eccezioni possono essere il Gale Crater, il sito di destinazione della missione NASA Mars Science Laboratory di quest'anno, della missione-rover Curiosity che atterrerà e indagherà gli strati contengono l'argilla e i minerali di solfato.

Atmosfera Marte della NASA e la missione Volatile Evolution, o Maven, in sviluppo per il lancio di un 2013, potrà fornire la prova a favore o contro questa nuova interpretazione della storia ambientale del Pianeta Rosso.

Traduzione e adattamento a cura di Arthur McPaul

Fonte:
http://www.sciencedaily.com/releases/2011/11/111102145736.htm

venerdì 4 novembre 2011

I Nuovi Telescopi Dovrebbero Cercare Le Città Extraterrestri Sui Mondi Alieni




Se si guardasse la Terra dallo spazio, sarebbe abbastanza chiaro che c'è vita intelligente; a tal proposito basterebbe vedere le città illuminate sul lato notturno.
Abraham Loeb, della Harvard University e Edwin Turner, presso la Princeton University, hanno affermato in un loro studio che dovremmo trovare altre civiltà su mondi alieni osservando la luce artificiale prodotta dalle loro città


Eventuali civiltà extraterrestri avrebbero difficoltà ad ascoltare i segnali radio, in quanto, contrariamente alla credenza popolare, le trasmissioni radio e TV non viaggiano così lontano (sarebbe in realtà quasi impossibile raccogliere i segnali da più di pochi anni luce di distanza).

La nostra civiltà inoltre sta producendo sempre meno residui radio man mano che sta passando alla fibra ottica e altre civiltà potrebbero aver fatto lo stesso, rimanendo così mute ai nostri radiotelescopi.

La soluzione al problema sarebbe quella di cercare un certo tipo di luce che sia diversa da quella naturale delle stelle. I due spettri noti dei LED e dei lampioni sono diversi da quelli del Sole. Un ET, guardando la Terra con un telescopio sufficientemente sensibile, potrebbe notare queste nostre emissioni.
Lo stesso vale al contrario. Le luci artificiali variano in modo diverso dalla luce riflessa su una superficie planetaria.

Ma possiamo vedere questa luce artificiale anche sulla superficie degli esopianeti noti?
Gli attuali telescopi non sono abbastanza sensibili. Per vedere una città su un altro pianeta, questa dovrebbe essere quasi brillante come la parte illuminata a giorno, ma anche in questo caso i nostri attuali telescopi non sarebbero in grado di poterlo fare.

Ma la prossima generazione di telescopi, come il telescopio James Webb Space, o l'European Extremely Large Telescope a terra, potranno essere in grado di farlo.

Loeb e Turner hanno calcolato che i telescopi esistenti attualmente potrebbero vedere al massimo una città delle dimensioni di Tokyo, se si trovasse su un asteroide o una cometa morta a circa 50 unità astronomiche da qui, nella fascia di Kuiper. Ma quale civiltà aliena costruirebbe una città su un asteroide?

Considerazioni
E' dunque evidente che al momento, la ricerca diretta di prove per la vita intelligente non puó sfruttare l'analisi dello spettro luminoso con i telescopi terrestri o spaziali a disposizione.

Nonostante i nuovi telescopi saranno in grado di risolvere il disco di un cospicuo numero di esopianeti vicini, bisognerà sempre affidarsi ad analisi indirette basate sullo spettro luminoso per conoscere le loro atmosfere e quindi ottenere dei dati più precisi sul tipo di ambiente presente.

Le foto della superficie di un esopianeta, non sarà possile almeno per il prossimo decennio,
tuttavia, nonostante questa sia una missione impossibile anche per i nuovi telescopi, scorgere luci artificiali prodotte a decine di anni luce potrà essere alla portata delle nuove tecnologie in campo ottico digitale e strumenti che adesso sono impensabili per rispondere a questa sfida.

Traduzione e adattamento e commenti a cura di Arthur McPaul

Fonte:
http://news.discovery.com/space/if-you-look-at-the-earth-from-space-its-pretty-clear-that-theres-intelligent-life-here-because-you-can-pick-out-cities.html

martedì 1 novembre 2011

Pianeti Ridotti In Polvere Dai Buchi Neri




La ciambella di polvere che oscura circa la metà dei buchi neri supermassicci potrebbe essere il risultato di incidenti ad alta velocità con pianeti e asteroidi, secondo quanto sostiene una nuova teoria di un team internazionale di astronomi.

I buchi neri supermassicci risiedono nelle zone centrali della maggior parte delle galassie. Le osservazioni indicano che circa il 50% di essi sono nascosti alla vista da nubi di polvere misteriosa, la cui origine non è completamente nota. La nuova teoria si ispira al nostro Sistema Solare, dove è nota la cosiddetta polvere zodiacale provenire da collisioni tra corpi solidi, come asteroidi e comete. Gli scienziati propongono che le regioni centrali delle galassie contengono non solo i buchi neri e le stelle, ma anche i pianeti e gli asteroidi.

Le collisioni tra questi oggetti rocciosi si sarebbero verificate con velocità fino a 1000 km al secondo, generando una continua frantumazione e frammentazione degli oggetti, che sarebbero poi finiti per diventare polvere microscopica.

Il Dr. Nayakshin sottolinea che questo duro ambiente (collisioni frequenti e radiazioni, renderebbe i pianeti in orbita attorno ai buchi neri supermassicci, sterili per la vita, ancora prima di essere distrutti. "Peccato per la vita su questi pianeti" dice, "ma d'altra parte la polvere creata in questo modo blocca gran parte delle radiazioni nocive che possano raggiungere il resto della galassia ospite. Questo, a sua volta può rendere più facile alla vita prosperare altrove nel resto della regione centrale della galassia".

Egli ritiene inoltre che la comprensione dell'origine della polvere nei pressi dei buchi neri è importante per i nostri modelli per conprendere come questi mostri crescono e come esattamente influenzano le loro galassie ospiti.
"Abbiamo il sospetto che il buco nero nella nostra Galassia, la Via Lattea, ha espulso la maggior parte del gas che altrimenti si sarebbe trasformano in altre stelle e pianeti", prosegue, "Comprendere l'origine delle polveri nelle regioni interne delle galassie sarebbe portarci un passo più vicini a risolvere il mistero dei buchi neri supermassicci".

Traduzione a cura di Arthur McPaul

Fonte:
http://www.sciencedaily.com/releases/2011/10/111028082003.htm