Il risveglio del potente vulcano islandese, sotto il ghiacciaio  Eyjafjallajokull, pone grandi interrogativi sul rischio di effettive  influenze sul clima, principalmente legato all'eventuale lunga durata di  un'attività eruttiva così forte, su cui non è il momento di creare  eccessivi allarmismi.
La nube di ceneri vulcaniche, giunta su parte del Nord Europa grazie  alla disposizione dei venti in quota, ha creato una vera e propria  paralisi dei trasporti aerei, dato il blocco degli scali aeroportuali  britannici, ma anche di Danimarca, Olanda e Belgio. Ricordiamo che le  particelle vulcaniche sono in grado di bloccare i motori degli aerei, ma  esse in grande quantità possono avere delle conseguenze significative  anche in ambito prettamente climatico. L'immagine da satellite, nella  giornata di ieri, mostrava molto chiaramente l'espansione della scia  marroncina verso il Vecchio Continente, poco sopra il Regno Unito e  diretta sulla Penisola Scandinava e sulla Danimarca.
[Foto dal Satellite dei fumi vulcanici, visibile ieri lungo la traccia marroncina passante poco sopra le Isole Britanniche. Photo: NEODAAS/University of Dundee.]
Le polveri vulcaniche possono infatti arrivare ad avere un ruolo  importante nello schermare la radiazione solare diretta sul nostro  Pianeta, determinando alla lunga dei raffreddamenti climatici. Solamente  nel caso in cui la quantità di massa espulsa dal vulcano diventi  notevolmente consistente e duratura da estendersi con incisività nella  stratosfera, gli effetti arriverebbero ad estendersi all'intero globo.  Le particelle di zolfo rilasciate nell'alta atmosferica contribuiscono  peraltro a danneggiare lo strato d'ozono. L'ultima volta che un'eruzione  vulcanica ha avuto effetti importanti sul clima fu nel 1991, quando il  vulcano indonesiano Pinatubo provocò un piccolo raffreddamento globale  che fu in grado di frenare, in quel frangente, per almeno un anno, il  galoppante "global warming".
Sostanzialmente, se l'eruzione resta a questi livelli l'influenza  sul clima sarebbe del tutto scarsa o limitata, se non del tutto assente.  Difficile poter dire fin d'ora quanto l'attività vulcanica possa durare  a livelli così elevati, ma solo se dovesse intensificarsi o prolungarsi  oltre misura si avrebbero conseguenze climatiche degne di nota. Nessuna  preoccupazione quindi, se non per il fatto che le eruzioni di questo  vulcano sono di solito accompagnate dall'eruzione di un altro vulcano  situato nei pressi, il Katla, che si trova sotto il Myrdalsjokull  (ghiacciaio appena a est del Eyiafjallajokull come possiamo vedere nella  mappa sotto).
[Nella mappa è evidenziata l'attività delle scosse telluriche collegate al vulcano Eyiafjallajokull e vicino poco ad est il vasto ghiacciaio Myrdalsjokull, dove si trova il Katla. Fonte http://en.vedur.is]
Le eruzioni di questo secondo vulcano sono di solito molto più potenti  ed il ghiacciaio annesso al Katla è molto più grande, col rischio di  portare quindi a un evento alluvionale del Markarsfljot, il fiume che  raccoglie le acque scaturite da entrambi i ghiacciai, ancora più potente  di quella in atto di cui possiamo vedere un particolare in questa foto  in basso. 
[Un particolare del fiume Markarsfljot, evidentemente in piena e  straripato con le conseguenti alluvioni nei pressi del vulcano. Fonte http://inapcache.boston.com, credit HALLDOR  KOLBEINS/AFP]
[L'eruzione vulcanica vista da vicino, l'immagine si riferisce al 14  Aprile. Fonte http://inapcache.boston.com,  credit HALLDOR KOLBEINS/AFP]
Nei prossimi giorni le correnti continueranno a soffiare in alta  quota con prevalente componente nord-occidentale sull'Europa e di  conseguenza le nuvole di cenere, all'inizio della prossima settimana,  potrebbero essere ancora convogliate verso gran parte dell'Europa  centrale sino a giungere sulle zone alpine. Ora non resta che attendere  di vedere come evolverà l'eruzione nelle prossime settimane, per  valutare più approfonditamente l'eventualità concreta di una possibile  influenza a livello generale del clima delle zone almeno vicine. Si  parla da tempo della possibilità di un'estate 2010 più fresca della  norma in Europa e non solo per via di vari fattori fra i quali la  bassissima attività solare che ci trasciniamo avanti nell'ultimo  periodo. In realtà, gli ultimi dati termici di Marzo smentiscono  qualunque frenata del riscaldamento globale e il periodo di El Niño, che  solo adesso ci stiamo per lasciare alle spalle, di solito ha sempre  favorito estati in genere relativamente calde sul Vecchio Continente e  sul Mediterraneo. Di certo, in conclusione, se davvero ci dovessimo  trovare dinanzi ad un'eruzione vulcanica particolarmente significativa e  duratura, allora tutti questi discorsi andrebbero ampiamente  rivalutati.
Nell'atmosfera italiana presenze di particolato. La nube è arrivata 
Ieri, 19 Aprile, la nube del vulcano “E” (Eyjafjallajokull) è stata avvistata per la prima volta sull’Italia da alcuni dei gruppi della rete Aeroclouds, un progetto di ricerca italiano coordinato dall’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del Cnr (Isac-Cnr). La nube è stata rilevata in mattinata su Firenze e a Monte Cimone (Appennino Modenese) e nel pomeriggio su Roma. Il fenomeno prosegue tuttora (20 APRILE ore 12) con caratteristiche non dissimili da quelle di ieri. Finora la concentrazione del particolato nella nube è nettamente più bassa di quella generalmente mostrata, ad esempio, dai trasporti di sabbie sahariane che interessano la nostra regione il 25% dei giorni dell’anno.
Il radar-laser (Lidar) dell’Istituto di Fisica Applicata “Nello Carrara” del Cnr di Firenze ha rilevato la presenza della nube tra i 2000 e i 3000 m di altezza il 19 aprile. Simulazioni modellistiche delle traiettorie a queste quote confermano la provenienza di quest’aria dall’Islanda. Cattive condizioni meteo hanno ridotto l’operatività del Lidar nel pomeriggio e nella mattinata del 20 aprile.
Le osservazioni condotte dall’Isac-Cnr presso la Stazione “O. Vittori” di Monte Cimone (Mo) hanno evidenziato, a partire dalle ore 11:00 del 19 Aprile, un aumento della concentrazione del particolato atmosferico, sia nella frazione fine che grossolana. Il fenomeno si è intensificato a partire dalle ore 22:00 dello stesso giorno, con punte massime di PM10 pari a circa 30 μg/m3 nel corso della mattinata del 20 Aprile. Tali valori non sono tuttavia più elevati di quelli che si registrano a Monte Cimone in concomitanza dei fenomeni di trasporto di sabbia sahariana che regolarmente interessano il Sud Europa.
I radar-laser (Lidar) dell’Isac-Cnr di Roma hanno rivelato la presenza della nube tra i 2000 e i 4000 m di altezza nel pomeriggio del 19-4 e nella notte 19-20 aprile. La concentrazione stimata delle polveri era dell’ordine dei 15 μg/m3. Alle 12 del 20 aprile la posizione della nube è sostanzialmente invariata e leggermente diminuita in concentrazione.
In realtà la nube non è una sola, più strati viaggiano a quote diverse a seconda di quando e a quale quota il vulcano li ha immessi in atmosfera. Ad esempio, un aumento del segnale lidar registrato il 19-4 a Roma tra 8 e 14 km di quota è anch’esso compatibile con masse d’aria provenienti dall’Islanda.
Il monitoraggio della rete CNR Aeroclouds prosegue.[ecoblog]





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