Un modello climatico con lo scopo di determinare quali pianeti fuori dal nostro sistema solare potrebbero avere caratteristiche di abitabilità analoghe a quelle terrestri, ovvero acqua allo stato liquido. E' l'obiettivo di uno studio realizzato da ricercatori dell'Inaf-Osservatorio di Trieste e dell'ISAC - CNR, i cui risultati sono pubblicati su Astrophysical Journal. A colloquio con uno degli autori, Giuseppe Murante.
Un gruppo composto da ricercatori dell’INAF – Osservatorio Astronomico di Trieste e dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche (Isac-Cnr) di Torino ha sviluppato un modello climatico a bilancio di energia (Ebm), con lo scopo di determinare quali pianeti fuori dal nostro sistema solare potrebbero avere caratteristiche di abitabilità analoghe a quelle terrestri, ovvero acqua allo stato liquido, in funzione della pressione atmosferica, concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera, caratteristiche dell’orbita (eccentricità, inclinazione dell’asse di rotazione) e del periodo di rotazione. I risultati di questo primo studio sono pubblicati su Astrophysical Journal.
“Sostanzialmente la ricerca della vita – dice Giuseppe Murante, dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Trieste – deve riguardare luoghi dove la vita possa esserci, possa svilupparsi, che siano abitabili e cioe’, per tutta una serie di ragioni chimico-fisiche e biofisiche, dove sia presente acqua liquida. Quello che abbiamo fatto noi è stato di realizzare modelli di atmosfera che siano applicabili a pianeti extrasolari così da vedere se la presenza di un’atmosfera, la presenza di un clima, possa variare la zona abitabile circumstellare, come viene definito quell’intervallo di distanze per cui sulla superficie di un pianeta con pressione più o meno uguale a quella terrestre esista l’acqua liquida”.
Per intenderci, si fa il raffronto con i pianeti del nostro sistema per poter avere un modello che precisi la fascia di abitabilità di altre stelle?
Non è esattamente questo. Su un pianeta che conosciamo bene, come il nostro, vi è una scienza come la climatologia che usa tecniche numeriche per studiarne il clima. Quindi sappiamo che l’atmosfera influisce sulla temperatura superficiale. Se la Terra fosse priva di atmosfera la temperatura superficiale media sarebbe sotto lo zero, mentre è di circa 15 gradi grazie proprio al fatto che esiste un’atmosfera, che esiste un effetto serra. Quello che abbiamo fatto noi è stato di usare modelli climatici molto semplici, privi dei dettagli che si applicano alla Terra, come la geografia, visto che non possiamo conoscere quella dei pianeti extrasolari, per vedere in quali condizioni, dato un pianeta di un certo tipo, con una certa velocità di rotazione, una certa distanza da un certo tipo di stella, in presenza di vari tipi di atmosfera se possa esserci presenza di acqua liquida sulla superficie. Cioè quale sia la temperatura superficiale del pianeta. In particolare abbiamo studiato l’effetto della pressione atmosferica, e mostrato che la zona abitabile circumstellare si allarga con l’aumentare della pressione e, inoltre, a pressioni elevate la temperatura superficiale del pianeta tende a diventare uniforme, livellando differenze stagionali e latitudinali.
Questo modello è in fase di applicazione nello studio dei pianeti extrasolari?
Quello che stiamo facendo in questo momento è d applicarlo ad alcuni pianeti extrasolari che sono tecnicamente chiamate super-terre, che sono o dentro o vicino alle zone abitabili delle rispettive stelle. Non esiste, ovviamente, un’immediata ricaduta “osservativa” di questo lavoro di tipo teorico, piuttosto che quello che il lavoro può fare è di suggerire a che distanza da una stella di un certo tipo si possa sperare di avere un pianeta con dell’acqua liquida, quindi possibilmente della vita. Bisogna anche dire che al momento non abbiamo ancora le capacità tecnologiche per lo studio di atmosfere di pianeti extrasolari delle dimensioni delle super-terre anche se e’ alla studio più di uno strumento per poterlo fare. È indubbio però che questo modello può permettere di meglio scegliere tra i pianeti extrasolari quello che vale più la pena di osservare perché ha più prerogative proprie dell’abitabilità.
A cura di Francesco Rea
Fonte:
http://www.media.inaf.it/2013/04/10/pioggia-dagli-anelli/
Foto in alto
Una rappresentazione artistica dello scambio di particelle d'acqua sugli anelli di Saturno. Credit: (NASA/JPL/Space Science Institute)
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“Sostanzialmente la ricerca della vita – dice Giuseppe Murante, dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Trieste – deve riguardare luoghi dove la vita possa esserci, possa svilupparsi, che siano abitabili e cioe’, per tutta una serie di ragioni chimico-fisiche e biofisiche, dove sia presente acqua liquida. Quello che abbiamo fatto noi è stato di realizzare modelli di atmosfera che siano applicabili a pianeti extrasolari così da vedere se la presenza di un’atmosfera, la presenza di un clima, possa variare la zona abitabile circumstellare, come viene definito quell’intervallo di distanze per cui sulla superficie di un pianeta con pressione più o meno uguale a quella terrestre esista l’acqua liquida”.
Per intenderci, si fa il raffronto con i pianeti del nostro sistema per poter avere un modello che precisi la fascia di abitabilità di altre stelle?
Non è esattamente questo. Su un pianeta che conosciamo bene, come il nostro, vi è una scienza come la climatologia che usa tecniche numeriche per studiarne il clima. Quindi sappiamo che l’atmosfera influisce sulla temperatura superficiale. Se la Terra fosse priva di atmosfera la temperatura superficiale media sarebbe sotto lo zero, mentre è di circa 15 gradi grazie proprio al fatto che esiste un’atmosfera, che esiste un effetto serra. Quello che abbiamo fatto noi è stato di usare modelli climatici molto semplici, privi dei dettagli che si applicano alla Terra, come la geografia, visto che non possiamo conoscere quella dei pianeti extrasolari, per vedere in quali condizioni, dato un pianeta di un certo tipo, con una certa velocità di rotazione, una certa distanza da un certo tipo di stella, in presenza di vari tipi di atmosfera se possa esserci presenza di acqua liquida sulla superficie. Cioè quale sia la temperatura superficiale del pianeta. In particolare abbiamo studiato l’effetto della pressione atmosferica, e mostrato che la zona abitabile circumstellare si allarga con l’aumentare della pressione e, inoltre, a pressioni elevate la temperatura superficiale del pianeta tende a diventare uniforme, livellando differenze stagionali e latitudinali.
Questo modello è in fase di applicazione nello studio dei pianeti extrasolari?
Quello che stiamo facendo in questo momento è d applicarlo ad alcuni pianeti extrasolari che sono tecnicamente chiamate super-terre, che sono o dentro o vicino alle zone abitabili delle rispettive stelle. Non esiste, ovviamente, un’immediata ricaduta “osservativa” di questo lavoro di tipo teorico, piuttosto che quello che il lavoro può fare è di suggerire a che distanza da una stella di un certo tipo si possa sperare di avere un pianeta con dell’acqua liquida, quindi possibilmente della vita. Bisogna anche dire che al momento non abbiamo ancora le capacità tecnologiche per lo studio di atmosfere di pianeti extrasolari delle dimensioni delle super-terre anche se e’ alla studio più di uno strumento per poterlo fare. È indubbio però che questo modello può permettere di meglio scegliere tra i pianeti extrasolari quello che vale più la pena di osservare perché ha più prerogative proprie dell’abitabilità.
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LC7609-4.
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