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lunedì 15 aprile 2013

Europa: Aree con materiale interno per la ricerca di vita extraterrestre


La superficie della piccola luna di Giove, Europa, espone materiale espulso dall'interno, per cui un'analisi delle zone dove esso di accumula dopo essere ricaduto, potrà fornire interessanti indizi sulla possibile presenza di vita extraterrestre.

Una nuova analisi delle osservazioni fatte dalla sonda Galileo della NASA, aiuterà gli scienziati ad identificare questi luoghi.
"Abbiamo trovato le regioni in cui gli elettroni carichi e gli ioni che colpiscono la superficie potrebbero aver trasformato la chimica dei materiali esplulsi dal mare interno", ha detto Brad J. Dalton del NASA Jet Propulsion Laboratory, autore principale del rapporto pubblicato di recente nella rivista Planetary and Space Science.
Europa è delle dimensioni all'incirca della Luna della Terra e anch'essa mostra sempre lo stesso lato a Giove ed è pienamente coinvolto con le emissioni del suo campo magnetico.
Oltre agli elettroni, queste particelle comprendono gli ioni di zolfo e l'ossigeno provenienti dalle eruzioni vulcaniche di Io, l'altra luna vicina.

Il campo magnetico di Giove che ruota in circa 10 ore contro i circa 3,6 giorni dell'orbita di Europa è raccolto dalla piccola luna, producendo ad esempio più acido solforico, risultato dalla chimica degli ioni zolfo che bombardano la superficie ghiacciata.

Dalton ei suoi co-autori del JPL e della Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory, Laurel, hanno esaminato i dati delle osservazioni da parte dello spettrometro a infrarossi sulla sonda Galileo.
Gli spettri di luce riflessa dal materiale congelato sulla superficie hanno permesso di distinguere l'acqua relativamente intatta e gli idrati di solfato.
Questi includevano il magnesio e il sale di solfato di sodio idrato, l'acido solforico e idratato.
Hanno confrontato le distribuzioni di queste sostanze con i modelli dei flussi di elettroni energetici e degli ioni di ossigeno e zolfo che sono distribuiti attorno alla superficie di Europa.

La concentrazione di acido solforico congelato sulla superficie varia notevolmente. Si va da livelli non rilevabili vicino al centro dell'emisfero frontare, per più della metà dei materiali di superficie vicino al centro dell'emisfero bombardato. La concentrazione è strettamente correlata alla quantità di elettroni e di ioni zolfo che colpiscono la superficie.
"La stretta correlazione tra elettroni e flussi ionici con le concentrazioni di acido solforico idrato indica che la chimica di superficie è influenzata da queste particelle cariche", dice Dalton. "Se siete interessati alla composizione e all'abitabilità del mare interno, i posti migliori per studiare sarebbero le parti dell'emisfero frontale che abbiamo identificato come quello che ha ricevuto il minor numero di elettroni e che presentano le più basse concentrazioni di acido solforico".

I depositi superficiali in queste aree hanno con più probabilità conservato gli originali composti chimici espulsi dall'interno. Dalton suggerisce che le missioni spaziali future di Europa dovranno avere come obiettivo questi depositi per lo studio sia dall'orbita che come area di atterraggio.
"Il materiale più scuro, sull'emisfero nascoato, è probabilmente il risultato di un processo chimico esterno, con materiale originale oceanico intatto, idoneo a capire se esso possa sostenere la vita.

Questi tipi di luoghi potrebbero essere le finestre che ci permetteranno di scoprire quello che contiene l'oceano", ha detto Dyson.

Traduzione a cura di Arthur McPaul

Foto in alto:
Questo grafico della luna di Giove, Europa mostra una relazione tra la quantità di energia depositata sulla sua superficie dalle particelle cariche che la bombardano e il contenuto chimico dei depositi di ghiaccio sulla superficie in cinque aree della luna (etichettate da A a E). (Credit:... NASA / JPL-Caltech / University of Ariz / JHUAPL / University of Colorado)

Fonte:
http://www.sciencedaily.com/releases/2013/04/130415123450.htm

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giovedì 11 aprile 2013

Gli Imprevedibili Vulcani di Io


Gli effetti del vulcanesimo su questa luna di Giove nel filmato della sonda New Horizons. Un fenomeno al centro di molti studi e future missioni, sia europee che americane.


Una eruzione di queste dimensioni, sulla Terra ricoprirebbe l’intera America in tempi brevissimi. L’eruzione vulcanica del filmato in alto, datata del 2007 e ripresa dalla sonda NASA New Horizons [Crediti: NASA/Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory/Southwest Research Institute] è solo un esempio di quanto può avvenire su Io, la luna di Giove, il corpo vulcanicamente più attivo di tutto il sistema solare. Una luna che continua a porre agli scienziati numerosi interrogativi.

L’animazione è composta da 5 immagini realizzate dallo strumento Long Range Reconnaissance Imager (LORRI) della missione New Horizons, quando la sonda passava accanto alla luna di Giove, ad appena 4 milioni di chilometri. Le 5 immagini sono state realizzate il 1 Marzo del 2007, coprendo un tempo di appena 8 minuti. L’incredibile eurzione si estende per 330 Km sopra la superficie e solo una parte della nuvola di fumo e detriti generata, è visibile nell’animazione. In realtà Tvashtar, il vulcano responsabile, è situato nella parte nascosta della luna, a 130 Km al di sotto del bordo del disco. Altri due vulcani in fase di attività sono identificabili nell’immagine: Masubi a ore 7 sul disco di Io, e Zal a ore 10. Un terzo vulcano attualmente non attivo ma ben riconoscibile sulla superficie è la struttura scura a forma di zoccolo di cavallo del vulcano Loki, probabilmente un enorme oceano di lava solidificata. Infine si intravede Boosaule Mons sul bordo destro del disco, con i suoi 18 Km di altezza: la montagna più alta della luna di Giove, nonché una delle più alte dell’intero sistema solare.

A prima vista, i motivi fisici della incredibile attività vulcanica di questa luna sono facilmente intuibili. A causa della sua posizione, Io è sconquassata da forze che la tirano in direzioni opposte: il campo gravitazionale del vicino pianeta gigante Giove e l’attrazione delle due lune Europa e Ganimede, che le passano accanto con periodi cadenzati (cioè con orbite in risonanza). A detta degli esperti, l’effetto di queste forze mareali opposte distorce l’orbita e la forma di Io, scaldando il suo interno e estremizzando il suo vulcanismo.
Ma se questi meccanismi sono noti da anni, rimangono sulla questione numerosi interrogativi. Una ricerca pubblicata in questi giorni da un gruppo di ricercatori NASA ed ESA che utilizza dati storici dalle missioni Voyager e Galileo, mostra come la localizzazione dei vulcani osservati negli ultimi decenni su Io, sorprendentemente non coincida con le mappe derivanti dai modelli teorici predetti dal meccanismo ipotizzato (vedi immagine qui sotto).

Per spiegare questa discrepanza sarà necessario studiare sperimentalmente la struttura interna di Io e delle altre lune di Giove, uno degli obiettivi principali della prossima generazione di missioni interplanetarie, che includerà sonde come l’europea Juice o la recente proposta americana per l’esplorazione di Europa. Una storia, questa, ancora tutta da scrivere.



Qui in alto due mappe di distribuzione del calore sulla superficie di Io ottenute con due diversi modelli teorici di riscaldamento per forze mareali (rosso zone calde, blu zone più fredde). Crediti: NASA/Christopher Hamilton.

A cura di Livia Giacomini

Fonte:
http://www.media.inaf.it/2013/04/08/gli-imprevedibili-vulcani-di-io/

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