Continuiamo questa serie di palesi attacchi alle ciatronerie climatiche con un bell'articolo nostrano che offre una spiegazione alternativa ai due ultimi inverni anomali nell'emisfero settentrionale:
Il 2010 si è chiuso nelle prime tre posizioni tra gli anni più caldi di sempre, confermando quella che sarà ricordato come una decade di “fuoco” 2001-2010 a livello di temperature globali. Ma c’è qualcosa che non torna. Perché l’inverno 2009-2010 e quello che stiamo vivendo ora sono risultati così estremi in termini di freddo e neve su molte zone dell’emisfero settentrionale? Temperature sotto media, decine di morti per il freddo, blizzard di neve che costringono alla chiusura di aeroporti negli USA ed in mezza Europa…come si concilia tutto questo?
Sarebbe troppo semplicistico cadere nella tentazione di dire che le previsioni climatiche sono sbagliate o che non esiste nessun riscaldamento globale, tra l’altro innegabile di fronte a qualsiasi fonte di dati si guardi, satelliti o misure strumentali. E’ evidente che, se il totale deve dare un riscaldamento, per bilanciare gli ultimi inverni rigidi su alcune regioni dell’emisfero boreale, da qualche altra parte deve aver fatto molto caldo. Ce ne accorgiamo dal continuo arretramento dei ghiacci perenni, dai frequenti record di caldo delle zone tropicali, o dallo scioglimento delle calotte polari. In un certo senso potrebbe essere lecito affermare, anche se i rapporti causa effetto non sono ancora così chiari, che gli inverni più freddi sono una conseguenza del Global Warming (come più volte sottolineato in altri articoli), per via di una ridistribuzione dei flussi di calore nella circolazione atmosferica.
Ma c’è di più. Anche un autorevole esperto come Judah Choen, direttore di Atmosheric and Enviromental Research (AER), ha promosso una sua personale teoria, che prescinde dai cicli dell ENSO, dalla variabilità solare o dalle correnti oceaniche, che a suo parere non sono in grado di spiegare questa recente sterzata verso il freddo dell’inverno boreale. Secondo Choen il motivo è nell’incremento della copertura nevosa della Siberia, una superficie immensa, reso disponibile dalla maggior presenza di umidità nell’aria proprio in seguito allo scioglimento delle calotte polari e all’aumento termico. Ciò ha quindi favorito nevicate più frequenti anche nel cuore del continente asiatico.
Di conseguenza l’effetto albedo avrebbe favorito il ristagno di aria più fredda in prossimità delle montagne più alte del pianeta (Himalaya). Le correnti a getto, che scorrono in alta troposfera, subirebbero quindi una sorta di amplificazione dall’aria più fredda, che modificherebbe la loro stazionarietà, come una roccia affiorante modifica la corrente di un fiume. In questo modo si avrebbe un incremento dell’energia a disposizione che permetterebbe oscillazioni del getto più marcate da Nord a Sud. E queste sono alla base di risalite di aria calda dalle zone subtropicali verso il Polo e discese fredde dall’Artico verso le medie latitudini con i conseguenti inverni più rigidi.
Ma c’è di più. Anche un autorevole esperto come Judah Choen, direttore di Atmosheric and Enviromental Research (AER), ha promosso una sua personale teoria, che prescinde dai cicli dell ENSO, dalla variabilità solare o dalle correnti oceaniche, che a suo parere non sono in grado di spiegare questa recente sterzata verso il freddo dell’inverno boreale. Secondo Choen il motivo è nell’incremento della copertura nevosa della Siberia, una superficie immensa, reso disponibile dalla maggior presenza di umidità nell’aria proprio in seguito allo scioglimento delle calotte polari e all’aumento termico. Ciò ha quindi favorito nevicate più frequenti anche nel cuore del continente asiatico.
Di conseguenza l’effetto albedo avrebbe favorito il ristagno di aria più fredda in prossimità delle montagne più alte del pianeta (Himalaya). Le correnti a getto, che scorrono in alta troposfera, subirebbero quindi una sorta di amplificazione dall’aria più fredda, che modificherebbe la loro stazionarietà, come una roccia affiorante modifica la corrente di un fiume. In questo modo si avrebbe un incremento dell’energia a disposizione che permetterebbe oscillazioni del getto più marcate da Nord a Sud. E queste sono alla base di risalite di aria calda dalle zone subtropicali verso il Polo e discese fredde dall’Artico verso le medie latitudini con i conseguenti inverni più rigidi.
Previsione per le temperature anomale in Europa del trimestre Gen-Feb-Mar 2010, elaborata a Dicembre 2009 (fonte:Judah Cohen, AER, Inc)
Anomalie osservate del trimestre Gen-Feb-Mar 2010
Una spiegazione affascinante che trova i primi riscontri nel modello climatico elaborato da AER. Nelle immagini in allegato vediamo una dimostrazione del nuovo modello climatico proposto da Cohen, che incorpora tra le altre cose l’estensione della copertura nevosa e la propagazione dell’energia associata alle onde di Rossby. Nella prima figura è riportata la previsione delle anomalie di temperatura per il trimestre Gennaio-febbario-Marzo 2010 in Europa, e nella seconda le anomalie realmente osservate, di cui notiamo una notevole corrispondenza nella loro distribuzione, seppur siano risultate anche superiori in valore assoluto.
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