C’è un enorme filamento di materia che unisce, come un invisibile ponte, i due ammassi di galassie denominati Abell 222 e Abell 223.
Invisibile perché la stragrande maggioranza della sua massa non è composta da materia ordinaria (barionica), ma bensì dalla elusiva materia oscura. A scoprirlo è stato un team di ricercatori guidato da Jörg Dietrich della University of Michigan, il cui lavoro viene pubblicato nell’ultimo numero della rivista Nature.
Ma come è stato possibile scovare questa distesa di materia oscura se, per sua natura, non emette alcun tipo di segnale elettromagnetico che può essere captato dai nostri strumenti? Osservando gli effetti che la sua enorme massa produce nell’ambiente ad essa circostante, luce inclusa. Secondo quanto previsto dalla teoria della Relatività Generale infatti, la traiettoria dei fotoni che passano in prossimità di una massa viene curvata. In questo caso si parla di deflessione gravitazionale della luce. La deflessione è tanto maggiore quanto più grande è la massa della “lente gravitazionale”. Se la luce emessa da galassie lontane presenti dietro a un filamento di materia oscura vi passa attraverso, potremmo essere in grado di misurare questo effetto, a patto che nel filamento vi sia abbastanza massa. Da un punto di vista pratico, questo fenomeno si manifesta attraverso delle deboli distorsioni della forma delle galassie osservate. Queste piccole distorsioni possono essere utilizzate per ottenere una “mappatura” della distribuzione di materia responsabile delle distorsioni stesse. E questa è proprio la tecnica che hanno utilizzato gli scienziati, analizzando le riprese del sistema di ammassi di galassie Abell 222 e 223 ottenute dal telescopio Subaru sulle isole Hawaii.
Nel loro studio gli scienziati hanno anche verificato che lungo il filamento rilevato c’è una grande quantità di materia ordinaria, rilevata nei raggi X dall’osservatorio spaziale XMM-Newton. Si tratta di galassie e gas che fanno parte del sistema costituito dai due ammassi e dal filamento che li collega. La sola massa ordinaria non sarebbe però sufficiente a produrre l’effetto di lensing misurato. Gli autori stimano infatti che la frazione di massa in gas, capace di emettere nei raggi X sia inferiore al 9% del totale.
“Il modello cosmologico supportato da praticamente tutte le osservazioni dell’universo su grande scala fatte nell’ultimo decennio (quello che viene chiamato “concordance model”) prevede la materia nell’universo sia dominata da una componente di materia oscura “fredda” – commenta Massimo Meneghetti, dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Bologna. “In questo scenario, ci aspettiamo che le strutture cosmiche si formino in modo “gerarchico”: per effetto della gravità, partendo da fluttuazioni primordiali di densità, prima si formano le strutture più piccole (come le galassie), che poi si aggregano formando strutture più grandi, come gli ammassi di galassie. Ci aspettiamo che la materia condensi in una rete di filamenti (il “cosmic web”) e che gli ammassi di galassie si formino alle loro intersezioni. Osservare questi filamenti di materia oscura attorno agli ammassi può rappresentare un’ulteriore prova del fatto che abbiamo ben compreso come si formano le strutture cosmiche”.
A cura Di Marco Galliani
Fonte:
http://www.media.inaf.it/2012/07/04/quel-ponte-di-materia-oscura/
Invisibile perché la stragrande maggioranza della sua massa non è composta da materia ordinaria (barionica), ma bensì dalla elusiva materia oscura. A scoprirlo è stato un team di ricercatori guidato da Jörg Dietrich della University of Michigan, il cui lavoro viene pubblicato nell’ultimo numero della rivista Nature.
Ma come è stato possibile scovare questa distesa di materia oscura se, per sua natura, non emette alcun tipo di segnale elettromagnetico che può essere captato dai nostri strumenti? Osservando gli effetti che la sua enorme massa produce nell’ambiente ad essa circostante, luce inclusa. Secondo quanto previsto dalla teoria della Relatività Generale infatti, la traiettoria dei fotoni che passano in prossimità di una massa viene curvata. In questo caso si parla di deflessione gravitazionale della luce. La deflessione è tanto maggiore quanto più grande è la massa della “lente gravitazionale”. Se la luce emessa da galassie lontane presenti dietro a un filamento di materia oscura vi passa attraverso, potremmo essere in grado di misurare questo effetto, a patto che nel filamento vi sia abbastanza massa. Da un punto di vista pratico, questo fenomeno si manifesta attraverso delle deboli distorsioni della forma delle galassie osservate. Queste piccole distorsioni possono essere utilizzate per ottenere una “mappatura” della distribuzione di materia responsabile delle distorsioni stesse. E questa è proprio la tecnica che hanno utilizzato gli scienziati, analizzando le riprese del sistema di ammassi di galassie Abell 222 e 223 ottenute dal telescopio Subaru sulle isole Hawaii.
Nel loro studio gli scienziati hanno anche verificato che lungo il filamento rilevato c’è una grande quantità di materia ordinaria, rilevata nei raggi X dall’osservatorio spaziale XMM-Newton. Si tratta di galassie e gas che fanno parte del sistema costituito dai due ammassi e dal filamento che li collega. La sola massa ordinaria non sarebbe però sufficiente a produrre l’effetto di lensing misurato. Gli autori stimano infatti che la frazione di massa in gas, capace di emettere nei raggi X sia inferiore al 9% del totale.
“Il modello cosmologico supportato da praticamente tutte le osservazioni dell’universo su grande scala fatte nell’ultimo decennio (quello che viene chiamato “concordance model”) prevede la materia nell’universo sia dominata da una componente di materia oscura “fredda” – commenta Massimo Meneghetti, dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Bologna. “In questo scenario, ci aspettiamo che le strutture cosmiche si formino in modo “gerarchico”: per effetto della gravità, partendo da fluttuazioni primordiali di densità, prima si formano le strutture più piccole (come le galassie), che poi si aggregano formando strutture più grandi, come gli ammassi di galassie. Ci aspettiamo che la materia condensi in una rete di filamenti (il “cosmic web”) e che gli ammassi di galassie si formino alle loro intersezioni. Osservare questi filamenti di materia oscura attorno agli ammassi può rappresentare un’ulteriore prova del fatto che abbiamo ben compreso come si formano le strutture cosmiche”.
A cura Di Marco Galliani
Fonte:
http://www.media.inaf.it/2012/07/04/quel-ponte-di-materia-oscura/
Nessun commento:
Posta un commento