Di pianeti al di fuori del nostro Sistema Solare che orbitano intorno ad una stella ne sono ormai stati scoperti a centinaia. Più modesto è il numero di quelli individuati a un sistema di due stelle. Pianeti che sono stati scoperti orbitare in un sistema di tre astri sono però una vera rarità: solo otto finora. E l’ultimo in ordine di tempo è stato scovato da un team di ricercatori guidati da astronomi dell’INAF, grazie ai dati raccolti dallo spettrografo SARG installato al Telescopio Nazionale Galileo (TNG) sulle Isole Canarie. Non è stato facile: il pianeta in sé non è infatti visibile direttamente al telescopio. Era quindi necessario individuare la sua presenza in modo indiretto. In questo caso la tecnica utilizzata è stata quella di misurare le variazioni della velocità radiale, ossia della componente lungo la nostra linea di vista, della stella ‘sospettata’ di ospitare il pianeta.
Queste variazioni sono la prova delle oscillazioni dell’astro rispetto al centro di massa del sistema. Oscillazioni indotte dalle forze di attrazione gravitazionale esercitate da altri corpi celesti vicini, siano essi pianeti o stelle.
L’analisi di queste misure hanno quindi permesso di creare l’identikit del pianeta, che ha una massa pari a una volta e mezza quella di Giove, cioè oltre 450 volte quella della Terra e si trova a una distanza da HD132563B, la sua stella madre, di circa 2,6 unità astronomiche (cioè altrettante volte la distanza Terra-Sole) impiegando poco più di 4 anni per completare un’orbita intorno ad essa. La massa, la temperatura superficiale e lo stadio evolutivo di HD 132563B sono molto simili a quelle del nostro Sole, caratteristiche che rendono il sistema planetario particolarmente interessante da studiare.
E altrettanto peculiare è il fatto che il pianeta sia in orbita intorno ad una stella che, a sua volta, è legata gravitazionalmente ad altri due astri.
“I pianeti in sistemi multipli sono particolarmente interessanti nella ricerca astronomica, in quanto ci consentono di studiare l’effetto delle interazioni gravitazionali dovute ai compagni sulla formazione ed evoluzione dei pianeti” dice Silvano Desidera, dell’INAf-Osservatorio Astronomico di Padova, primo autore dell’articolo riguardante la scoperta in via di pubblicazione sulla rivista Astronomy&Astrophysics e anticipato domani sul sito arxiv.org. “Inoltre, quando sono presenti due componenti simili tra loro è possibile fare un confronto dettagliato tra la composizione chimica dei due astri. Nel caso di HD132563, le due stelle simili al Sole non mostrano differenze apprezzabili e questo di consente di escludere che l’evoluzione del sistema planetario attorno a HD132563B abbia causato la caduta di materiale roccioso (come pianeti e asteroidi) sulla superficie della stella in quantità superiori a quanto avvenuto nel Sistema solare”.
Questa scoperta arriva in un momento di particolare importanza per la ricerca di pianeti in Italia e in particolare al TNG. Infatti, nei prossimi mesi entrerà in funzione al TNG lo spettrografo HARPS-N.
Questo strumento dovrebbe essere per qualche anno il migliore al mondo per la ricerca di pianeti con la tecnica delle velocità radiali. HARPS-N si occuperà principalmente della conferma dei candidati pianeti identificati dalla missione spaziale della NASA Kepler, con lo scopo di scoprire pianeti simili alla Terra. Inoltre la comunità italiana potrà sfruttare le grandi potenzialità di HARPS-N per ulteriori progetti.
“Questo risultato positivo non fa che confermare che la via scelta dal TNG e dall’INAF per la costruzione di Harps-N e la sua collocazione al Telescopio Galileo sia una strada con possibilità di grandi successi” sottolinea Emilio Molinari, direttore del TNG. “La qualità del telescopio e della sua ottica attiva, insieme con le impareggiabili performances del nuovo strumento, porranno davvero il TNG in grado di seguire le tracce di pianeti ‘piccoli come la nostra Terra’ e di verificare se essi siano posti nella zona di abitabilità, sempre tenendo in conto che per abitabile intendiamo ancora un concetto limitato alla vita come la conosciamo sul nostro pianeta. Le possibilità sono davvero imprevedibili.”
A cura di Marco Galliani
Queste variazioni sono la prova delle oscillazioni dell’astro rispetto al centro di massa del sistema. Oscillazioni indotte dalle forze di attrazione gravitazionale esercitate da altri corpi celesti vicini, siano essi pianeti o stelle.
L’analisi di queste misure hanno quindi permesso di creare l’identikit del pianeta, che ha una massa pari a una volta e mezza quella di Giove, cioè oltre 450 volte quella della Terra e si trova a una distanza da HD132563B, la sua stella madre, di circa 2,6 unità astronomiche (cioè altrettante volte la distanza Terra-Sole) impiegando poco più di 4 anni per completare un’orbita intorno ad essa. La massa, la temperatura superficiale e lo stadio evolutivo di HD 132563B sono molto simili a quelle del nostro Sole, caratteristiche che rendono il sistema planetario particolarmente interessante da studiare.
E altrettanto peculiare è il fatto che il pianeta sia in orbita intorno ad una stella che, a sua volta, è legata gravitazionalmente ad altri due astri.
“I pianeti in sistemi multipli sono particolarmente interessanti nella ricerca astronomica, in quanto ci consentono di studiare l’effetto delle interazioni gravitazionali dovute ai compagni sulla formazione ed evoluzione dei pianeti” dice Silvano Desidera, dell’INAf-Osservatorio Astronomico di Padova, primo autore dell’articolo riguardante la scoperta in via di pubblicazione sulla rivista Astronomy&Astrophysics e anticipato domani sul sito arxiv.org. “Inoltre, quando sono presenti due componenti simili tra loro è possibile fare un confronto dettagliato tra la composizione chimica dei due astri. Nel caso di HD132563, le due stelle simili al Sole non mostrano differenze apprezzabili e questo di consente di escludere che l’evoluzione del sistema planetario attorno a HD132563B abbia causato la caduta di materiale roccioso (come pianeti e asteroidi) sulla superficie della stella in quantità superiori a quanto avvenuto nel Sistema solare”.
Questa scoperta arriva in un momento di particolare importanza per la ricerca di pianeti in Italia e in particolare al TNG. Infatti, nei prossimi mesi entrerà in funzione al TNG lo spettrografo HARPS-N.
Questo strumento dovrebbe essere per qualche anno il migliore al mondo per la ricerca di pianeti con la tecnica delle velocità radiali. HARPS-N si occuperà principalmente della conferma dei candidati pianeti identificati dalla missione spaziale della NASA Kepler, con lo scopo di scoprire pianeti simili alla Terra. Inoltre la comunità italiana potrà sfruttare le grandi potenzialità di HARPS-N per ulteriori progetti.
“Questo risultato positivo non fa che confermare che la via scelta dal TNG e dall’INAF per la costruzione di Harps-N e la sua collocazione al Telescopio Galileo sia una strada con possibilità di grandi successi” sottolinea Emilio Molinari, direttore del TNG. “La qualità del telescopio e della sua ottica attiva, insieme con le impareggiabili performances del nuovo strumento, porranno davvero il TNG in grado di seguire le tracce di pianeti ‘piccoli come la nostra Terra’ e di verificare se essi siano posti nella zona di abitabilità, sempre tenendo in conto che per abitabile intendiamo ancora un concetto limitato alla vita come la conosciamo sul nostro pianeta. Le possibilità sono davvero imprevedibili.”
A cura di Marco Galliani
Fonte:
http://www.media.inaf.it/2011/07/05/tre-soli-per-un-pianeta/
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