(Credit: Avishay Gal-Yam; Weizmann Institute of Science)
In quanti modi può esplodere una stella arrivata al capolinea? Finora, essenzialmente in due modi: per collasso gravitazionale, nel caso di una stella massiccia, o per esplosione termonucleare, nel caso di una nana bianca. Giusto? Non più. Un paio di articoli su Nature cambiano le carte in tavola. Due gruppi internazionali di ricercatori, entrambi con partecipazione italiana dell’INAF – Paolo Mazzali dell’INAF Osservatorio astronomico di Padova, distaccato presso la Scuola Normale Superiore di Pisa e attualmente ospite al Max Planck Institute for Astrophysics di Monaco nel primo studio ed Elena Pian dell’INAF Osservatorio astronomico di Trieste, distaccata presso la Scuola Normale Superiore di Pisa – annunciano di aver scoperto una nuova classe di supernovae, debolmente luminose, che sfuggono alle categorie standard delle supernovae di Tipo Ia e di tipo Ib/c o II.
Che cosa hanno di così strano queste supernovae? La prima, in sigla SN 2005E, non ha praticamente nulla di “normale”. Osservata la prima volta cinque anni fa, non è stata più persa di vista dagli astronomi, decisi a svelare i misteri delle sue bizzarre caratteristiche. Come spiega Paolo Mazzali, co-autore del paper firmato da Hagai Perets, del Weizmann Institute of Science in Israele e attualmente all’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics “le stranezze sono molte”.
“Si trova in una regione periferica di una galassia ellittica, luogo dove non sono mai state osservate esplosioni di supernovae che risultino dal collasso di un nucleo stellare. Abbiamo escluso l’ipotesi che la stella d’origine sia nata altrove, nel centro della galassia, e successivamente migrata in periferia. Inoltre, cosa ancora più sorprendente, è ricca di elio, come è tipico delle supernovae Ib provenienti da stelle massicce. Tuttavia, la debole luminosità indica che è stata ‘partorita’ da una stella di piccole dimensioni, meno di una massa solare”.
Come spiegare questi dati apparentemente contraddittori?
“L’ipotesi più convincente è che sia stata prodotta in un sistema binario, composto da una nana bianca e una compagna ricca di elio. La nana bianca, di mezza massa solare, avrebbe accresciuto elio, gas instabile che ad alte densità e temperature avrebbe innescato una reazione di fusione nucleare, producendo la detonazione della supernova che abbiamo osservato”.
Il secondo tipo di supernova descritto su Nature, in sigla SN 2005cz, avrebbe come progenitore una stella di massa pari a 10-12 masse solari. Come nel primo caso, l’aspetto più bizzarro è la scarsa luminosità e la posizione.
Ma i ricercatori, guidati da Koji Kawabata dell’Università di Tokyo, sono giunti a una spiegazione più tradizionale: si tratterebbe di una rara esplosione di tipo Ib.
“Questo risultato indica che nella galassia ospite della supernova, dove pensavamo non si formassero più stelle, esiste invece una piccola fucina di stelle massicce che ci obbliga a riconsiderare le attuali teorie sulla loro nascita e la loro morte”, commenta l’astronoma Elena Pian, che ha partecipato al secondo studio.
Siamo di fronte a mosche bianche, oppure si tratta di una nuova tipologia di esplosioni di cui finora ignoravamo l’esistenza?
“Probabilmente ne scopriremo ancora”, risponde Mazzali.
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