Qualche tempo fa, l'astronomo Eric Agol dell'Università di Washington, ha pubblicato una ricerca sull’Astrophysical Journal Letters sulla possibilità che le nane bianche, piccole stelle e poco luminose giunte alla fine della loro vita possano essere la culla di nuove Terre. La notizia non è recentissima e l'avevo messa in scadenza per farci un articolo, ma quando ho letto la "versione" scritta da Vincenzo Zappalà sul sito dell'Astronomia.com ho pensato di proporvi integralmente il suo articolo in quanto spiegato come sempre in modo magistrale e con parole fruibili anche ai meno esperti, un bellissimo articolo che merita di essere letto tutto d'un fiato:
Si dice sempre che tra circa cinque miliardi di anni il Sole morirà esplodendo, dopo essere diventato una gigante rossa, e si trasformerà in una nana bianca. Sicuramente la Terra verrà investita dall’esplosione solare e la vita con lei. Poco ci importerà a quel punto del destino di ciò che resta del nostro vecchio Sole, quella stellina fredda e super densa circondata da una magnifica nebulosa planetaria. Tuttavia, la storia della nana bianca non è solo una storia di “morte”, ma potrebbe essere qualcosa di ben diverso. Valutiamola con attenzione.
L’esplosione di una stella simile al Sole provoca una bellissima nebulosa planetaria, mentre il nucleo centrale si comprime diventando una nana bianca, con dimensioni dell’ordine di quelle della Terra.
Essa possiede ancora il 60% della massa del Sole anche se le sue dimensioni sono simili a quelle della Terra. E’ molto fredda ed emette una piccola frazione dell’antica energia. Tuttavia, è ancora in grado di regalarla a qualcosa che le stia veramente vicino. Facendo un po’ di conti, si vede che ad una certa distanza, la temperatura di un ipotetico pianeta sarebbe sufficiente per mantenere acqua allo stato liquido. Queste condizioni potrebbero durare anche a lungo.
Il nucleo della nana bianca avrebbe una temperatura di circa 5000 °C ed essa scenderebbe molto lentamente come quella della brace preparata per un bella grigliata. Prima di spegnersi darebbe calore per almeno tre miliardi di anni: un periodo non trascurabile. Voi potreste dirmi: “Sì, tutto bello, ma i pianeti “abitabili” sono stati bruciati o disintegrati dall’esplosione e si trovano a distanze tali che non potrebbero certo sfruttare quel confortevole tepore”. Avreste ragione, ma che dire di quelli più lontani? Essi sarebbero sopravvissuti e potrebbero iniziare a migrare verso la stella, seguendo le regole della nuova dinamica del sistema planetario. Non solo. I frammenti di quelli investiti dall’esplosione potrebbero velocemente agglomerarsi in nuovi pianeti, come è successo sicuramente alla Luna e a molti satelliti di Saturno.
In entrambi i casi, un pianeta potrebbe portarsi molto vicino alla nana bianca fino a diventare “abitabile”. Diciamo che basterebbe una distanza tra gli 800000 e i 3 milioni di chilometri, meno della distanza di Mercurio dal Sole. Le dimensioni apparenti della nuova “mamma” sarebbero superiori a quelle attuali del Sole e il suo colore più arancione. Il panorama, però, non sarebbe molto diverso da adesso.
Nascerebbe sicuramente qualche problema, come quello della sincronizzazione del periodo orbitale con quello di rotazione. In altre parole, il pianeta mostrerebbe sempre la stessa faccia alla nana bianca. Luce tutto il giorno in un emisfero e buio nell’altro. Brutta situazione per viverci, ma non così drammatica lungo il “terminatore”, ossia la fascia tra luce e oscurità.
In conclusione, perché non provare a cercare pianeti “abitabili” attorno alle Nane Bianche? Il grande vantaggio sarebbe che un telescopio da un metro sarebbe sufficiente a rivelare un pianeta in transito davanti (e dietro) alla stella. Data la vicinanza e la fioca luce della nana bianca, le eclissi mutue sarebbero quasi assicurate e le variazioni di magnitudine ben osservabili.
Agol ha proposto un’intensa campagna osservativa sulle 20000 Nane Bianche più vicine, utilizzando telescopi dell’ordine del metro. Basterebbero 32 ore di osservazione continua di ogni singola stella, dato che un pianeta abitabile deve avere sicuramente un transito in tale periodo.
Trovare una nuova “Terra” attorno a una nana bianca sarebbe importantissimo per la ricerca della vita nel Cosmo, ma potrebbe essere anche molto utile per la futura razza umana se fosse costretta a lasciare un giorno il nostro pianeta. La nana bianca più vicina a noi è Sirio B, a solo 8,5 anni luce. Essa era in origine cinque volte più massiccia del Sole, mentre oggi ha la massa della nostra stella con dimensioni poco più grandi di quelle della Terra. Che ne direste di usare un suo possibile pianeta come scialuppa di salvataggio… un giorno?
Il nucleo della nana bianca avrebbe una temperatura di circa 5000 °C ed essa scenderebbe molto lentamente come quella della brace preparata per un bella grigliata. Prima di spegnersi darebbe calore per almeno tre miliardi di anni: un periodo non trascurabile. Voi potreste dirmi: “Sì, tutto bello, ma i pianeti “abitabili” sono stati bruciati o disintegrati dall’esplosione e si trovano a distanze tali che non potrebbero certo sfruttare quel confortevole tepore”. Avreste ragione, ma che dire di quelli più lontani? Essi sarebbero sopravvissuti e potrebbero iniziare a migrare verso la stella, seguendo le regole della nuova dinamica del sistema planetario. Non solo. I frammenti di quelli investiti dall’esplosione potrebbero velocemente agglomerarsi in nuovi pianeti, come è successo sicuramente alla Luna e a molti satelliti di Saturno.
In entrambi i casi, un pianeta potrebbe portarsi molto vicino alla nana bianca fino a diventare “abitabile”. Diciamo che basterebbe una distanza tra gli 800000 e i 3 milioni di chilometri, meno della distanza di Mercurio dal Sole. Le dimensioni apparenti della nuova “mamma” sarebbero superiori a quelle attuali del Sole e il suo colore più arancione. Il panorama, però, non sarebbe molto diverso da adesso.
Nascerebbe sicuramente qualche problema, come quello della sincronizzazione del periodo orbitale con quello di rotazione. In altre parole, il pianeta mostrerebbe sempre la stessa faccia alla nana bianca. Luce tutto il giorno in un emisfero e buio nell’altro. Brutta situazione per viverci, ma non così drammatica lungo il “terminatore”, ossia la fascia tra luce e oscurità.
In conclusione, perché non provare a cercare pianeti “abitabili” attorno alle Nane Bianche? Il grande vantaggio sarebbe che un telescopio da un metro sarebbe sufficiente a rivelare un pianeta in transito davanti (e dietro) alla stella. Data la vicinanza e la fioca luce della nana bianca, le eclissi mutue sarebbero quasi assicurate e le variazioni di magnitudine ben osservabili.
Agol ha proposto un’intensa campagna osservativa sulle 20000 Nane Bianche più vicine, utilizzando telescopi dell’ordine del metro. Basterebbero 32 ore di osservazione continua di ogni singola stella, dato che un pianeta abitabile deve avere sicuramente un transito in tale periodo.
Trovare una nuova “Terra” attorno a una nana bianca sarebbe importantissimo per la ricerca della vita nel Cosmo, ma potrebbe essere anche molto utile per la futura razza umana se fosse costretta a lasciare un giorno il nostro pianeta. La nana bianca più vicina a noi è Sirio B, a solo 8,5 anni luce. Essa era in origine cinque volte più massiccia del Sole, mentre oggi ha la massa della nostra stella con dimensioni poco più grandi di quelle della Terra. Che ne direste di usare un suo possibile pianeta come scialuppa di salvataggio… un giorno?
La freccia indica Sirio B, la nana bianca più vicina a noi.
Fonte
Ulteriori spunti (in lingua inglese)
a cura del Centro Ufologico ionico
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