Un piccolo firmamento artificiale splende sopra il cielo di Cerro Pachón, sulle Ande cilene. Cinque puntini luminosi ottenuti eccitando con un laser multibeam lo strato di sodio mesosferico. Sono le nuove stelle-guida del sistema d’ottica adattiva multiconiugata del telescopio Gemini South.
Hanno visto la luce all’alba del 22 gennaio scorso. Cinque nuove stelline, una accanto all’altra, a formare un punto croce nella volta celeste. L’inedita costellazione è comparsa all’improvviso nei cieli di Cerro Pachón, in Cile, alle 4:38. A generarla, gli atomi di sodio della mesosfera – a circa 90 km d’altezza – eccitati da cinque raggi di luce laser ottenuti separando un unico fascio da 50 watt.
L’esperimento, compiuto presso il telescopio da 8 metri Gemini South, è il primo passo verso un sistema d’ottiche adattive di nuova generazione chiamato GeMS: Gemini Multi-Conjugate Adaptive Optics (MCAO) System. Un sistema che dovrebbe permettere a Gemini di riuscire a ottenere immagini a grande campo e ad altissima risoluzione su una porzione di cielo eccezionalmente ampia.
La fotografia della costellazione artificiale è stata scattata, con una macchina digitale e lenti da 500 mm, dal responsabile del Gemini Observatory’s Optical Systems Group, Maxime Boccas. «Un’immagine straordinaria per illustrare il risultato finale d’un programma di sviluppo sul laser che va avanti da circa dieci anni», ha commentato l’ingegnere dell’Osservatorio Gemini Céline d’Orgeville, reduce da quattro notti insonni trascorse con il gruppo di collaudo per controllare che il laser si propagasse correttamente. «Finalmente possiamo dire che Gemini è un osservatorio, due telescopi, e sei stelle-guida laser!» [Gemini South ha un telescopio gemello, Gemini North, nell’emifero nord, a Mauna Kea, nelle Hawaii, con una stella-guida laser singola].
Ma perché, con tutte le stelle che ci sono naturalmente in cielo, agli astronomi è venuto in mente di aggiungerne di artificiali? Lo abbiamo chiesto a Emiliano Diolaiti, ricercatore all’INAF-Osservatorio Astronomico di Bologna:
«Le stelle naturali generano spesso un segnale troppo debole per l’ottica adattiva. La misura del fronte d’onda degradato dalla turbolenza atmosferica risulterebbe così troppo rumorosa, e la correzione applicata dall’ottica adattiva non sarebbe accurata. Le stelle artificiali, al contrario, hanno il vantaggio di essere sufficientemente brillanti. Non solo: possono essere riposizionate in funzione del puntamento del telescopio. In altre parole, possiamo proiettare la costellazione di stelle artificiali proprio là dove stiamo effettuando l’osservazione».
E perché crearne cinque? Una non è sufficiente?
«Questo dipende dal fatto che le stelle artificiali vengono generate eccitando uno strato ad alta concentrazione di atomi di sodio nell’alta atmosfera terrestre, a circa 90-100 km di altezza. Può sembrare una distanza enorme, ma non la si può considerare infinita, come quella delle sorgenti astronomiche vere e proprie. Quel che ne risulta è il cosiddetto “effetto cono”. Mentre i raggi provenienti da una stella vera campionano un volume cilindrico dell’atmosfera, quelli della stella artificiale campionano un volume conico. Dunque, non c’è una perfetta sovrapposizione fra questi volumi. Ma proiettando una costellazione di cinque stelle laser, ad esempio, è possibile ottenere una copertura adeguata del volume di atmosfera».
A cura di Marco Malaspina (INAF)
L’esperimento, compiuto presso il telescopio da 8 metri Gemini South, è il primo passo verso un sistema d’ottiche adattive di nuova generazione chiamato GeMS: Gemini Multi-Conjugate Adaptive Optics (MCAO) System. Un sistema che dovrebbe permettere a Gemini di riuscire a ottenere immagini a grande campo e ad altissima risoluzione su una porzione di cielo eccezionalmente ampia.
La fotografia della costellazione artificiale è stata scattata, con una macchina digitale e lenti da 500 mm, dal responsabile del Gemini Observatory’s Optical Systems Group, Maxime Boccas. «Un’immagine straordinaria per illustrare il risultato finale d’un programma di sviluppo sul laser che va avanti da circa dieci anni», ha commentato l’ingegnere dell’Osservatorio Gemini Céline d’Orgeville, reduce da quattro notti insonni trascorse con il gruppo di collaudo per controllare che il laser si propagasse correttamente. «Finalmente possiamo dire che Gemini è un osservatorio, due telescopi, e sei stelle-guida laser!» [Gemini South ha un telescopio gemello, Gemini North, nell’emifero nord, a Mauna Kea, nelle Hawaii, con una stella-guida laser singola].
Ma perché, con tutte le stelle che ci sono naturalmente in cielo, agli astronomi è venuto in mente di aggiungerne di artificiali? Lo abbiamo chiesto a Emiliano Diolaiti, ricercatore all’INAF-Osservatorio Astronomico di Bologna:
«Le stelle naturali generano spesso un segnale troppo debole per l’ottica adattiva. La misura del fronte d’onda degradato dalla turbolenza atmosferica risulterebbe così troppo rumorosa, e la correzione applicata dall’ottica adattiva non sarebbe accurata. Le stelle artificiali, al contrario, hanno il vantaggio di essere sufficientemente brillanti. Non solo: possono essere riposizionate in funzione del puntamento del telescopio. In altre parole, possiamo proiettare la costellazione di stelle artificiali proprio là dove stiamo effettuando l’osservazione».
E perché crearne cinque? Una non è sufficiente?
«Questo dipende dal fatto che le stelle artificiali vengono generate eccitando uno strato ad alta concentrazione di atomi di sodio nell’alta atmosfera terrestre, a circa 90-100 km di altezza. Può sembrare una distanza enorme, ma non la si può considerare infinita, come quella delle sorgenti astronomiche vere e proprie. Quel che ne risulta è il cosiddetto “effetto cono”. Mentre i raggi provenienti da una stella vera campionano un volume cilindrico dell’atmosfera, quelli della stella artificiale campionano un volume conico. Dunque, non c’è una perfetta sovrapposizione fra questi volumi. Ma proiettando una costellazione di cinque stelle laser, ad esempio, è possibile ottenere una copertura adeguata del volume di atmosfera».
A cura di Marco Malaspina (INAF)
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