C’è stata un’epoca, agli albori della storia del Sistema solare, nella quale non c’era certo il tempo d’annoiarsi, per chi si fosse trovato a vivere su uno dei pianeti interni. Con lo spazio ancora brulicante di quello space debris naturale che continuava ad accrescere la massa dei pianeti stessi, gli impatti erano un evento erano all’ordine del giorno. Con il progressivo esaurirsi del materiale disperso, la situazione divenne mano a mano più tranquilla. Questo fino a quattro miliardi di anni fa, quando le rocce vaganti di colpo ripresero a picchiare duro. Più duro di prima: la Luna si trovò infatti a essere bersagliata da un’improvvisa gragnuola di proiettili a velocità ben più elevata di quelli che l’avevano sfregiata in passato.
È quanto ha scoperto un team di scienziati guidati dall’italiano Simone Marchi, del Lunar Science Institute della NASA (team del quale fa parte anche un altro italiano, Alessandro Morbidelli, dell’Observatoire de la Côte d’Azur, in Francia), analizzando le mappe digitali della superficie lunare prodotte grazie al Lunar Orbiter Laser Altimeter, uno degli strumenti a bordo del Lunar Reconnaissance Orbiter (LRO) della NASA. Dal loro studio, pubblicato su Earth and Planetary Science Letters, emerge che i proiettili che hanno dato origine ai crateri formatisi nei pressi del bacino da impatto Nectaris – 860 km di diametro, situato vicino alla zona in cui atterrò l’Apollo 16 – dovevano viaggiare a velocità circa doppia rispetto a quelli responsabili dei crateri presenti in terreni più antichi. Anomalia evidenziata da una lieve differenza nelle dimensioni dei crateri più recenti, più grandi in media dal 30 al 40 percento.
Ma perché il debris, quattro miliardi d’anni fa, dovrebbe aver subito questa accelerazione? L’ipotesi dei ricercatori è che all’origine del cambiamento vi sia un riassetto avvenuto in quell’epoca nel Sistema solare. In particolare, il “cataclisma lunare” potrebbe essere stato provocato da un avvicinamento della fascia principale degli asteroidi, sfrattata da quella che era la sua posizione iniziale dalle perturbazioni gravitazionali seguite alla riorganizzazione delle orbite dei pianeti giganti.
A Cura Di Marco Malaspina
Fonte:
http://www.media.inaf.it/2012/02/28/cataclisma-nel-passato-della-luna/
È quanto ha scoperto un team di scienziati guidati dall’italiano Simone Marchi, del Lunar Science Institute della NASA (team del quale fa parte anche un altro italiano, Alessandro Morbidelli, dell’Observatoire de la Côte d’Azur, in Francia), analizzando le mappe digitali della superficie lunare prodotte grazie al Lunar Orbiter Laser Altimeter, uno degli strumenti a bordo del Lunar Reconnaissance Orbiter (LRO) della NASA. Dal loro studio, pubblicato su Earth and Planetary Science Letters, emerge che i proiettili che hanno dato origine ai crateri formatisi nei pressi del bacino da impatto Nectaris – 860 km di diametro, situato vicino alla zona in cui atterrò l’Apollo 16 – dovevano viaggiare a velocità circa doppia rispetto a quelli responsabili dei crateri presenti in terreni più antichi. Anomalia evidenziata da una lieve differenza nelle dimensioni dei crateri più recenti, più grandi in media dal 30 al 40 percento.
Ma perché il debris, quattro miliardi d’anni fa, dovrebbe aver subito questa accelerazione? L’ipotesi dei ricercatori è che all’origine del cambiamento vi sia un riassetto avvenuto in quell’epoca nel Sistema solare. In particolare, il “cataclisma lunare” potrebbe essere stato provocato da un avvicinamento della fascia principale degli asteroidi, sfrattata da quella che era la sua posizione iniziale dalle perturbazioni gravitazionali seguite alla riorganizzazione delle orbite dei pianeti giganti.
A Cura Di Marco Malaspina
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http://www.media.inaf.it/2012/02/28/cataclisma-nel-passato-della-luna/
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