“Nessuno ha mai ottenuto un’immagine di un buco nero. Noi stiamo per farlo”.
La promessa di Dimitrios Psaltis, professore associato di astrofisica alla University of Arizona, è di quelle che lasciano il segno. I buchi neri infatti non sono proprio il migliore soggetto astronomico da immortalare, anzi. Il loro campo di attrazione gravitazionale così intenso cattura tutto quello che si trova nelle loro vicinanze: polvere, gas, persino la luce. Dunque quella di fotografare un buco nero sembrerebbe un’impresa, o meglio una scommessa, persa in partenza. Ma Psaltis e altri ricercatori che insieme a lui fanno parte del progetto Event Horizon Telescope sono davvero convinti che riusciranno a raggiungere questo risultato. Così hanno organizzato una conferenza che si apre oggi a Tucson per presentare il loro piano d’azione alla comunità scientifica internazionale.
Primo obiettivo nella lista dei buchi neri da riprendere sarà quello, di massa almeno pari a quattro milioni di volte quella del Sole, che alberga nel cuore della Via Lattea, la nostra galassia, e del quale finora conosciamo la sua presenza solo da indizi indiretti.
Per riuscire nell’impresa, verranno combinate le osservazioni di una cinquantina di radiotelescopi sparsi sulla Terra, così da ottenere riprese equivalenti a quelle che si otterrebbero avendo a disposizione un unico grande strumento dal diametro pari a quello del nostro pianeta: oltre 12.000 chilometri. Tra questi strumenti ci saranno antenne collocate negli Stati Uniti, in Europa, in Giappone e a cui presto si aggiungerà ALMA, l’Atacama Large Millimeter Array dell’ESO che, sulle Ande cilene, sta per iniziare la sua piena fase operativa.
Secondo gli scienziati, questo complesso e articolato lavoro di squadra permetterà di ottenere delle riprese molto dettagliate del buco nero. Non riuscendo ovviamente a ‘vedere’ la sua regione centrale, ma spingendosi fino alla sua immediata periferia, a partire da quella zona di demarcazione nota come l’orizzonte degli eventi, all’interno della quale ogni cosa, materia o radiazione, non può più sfuggire al buco nero. Le riprese sarebbero sufficientemente dettagliate da mostrare il profilo del buco nero.
Certo non così spettacolari come quelle a cui ormai ci hanno abituato i più grandi telescopi sulla Terra e nello spazio – Hubble su tutti – ma attese con grande ansia dagli astrofisici, che grazie ad esse potrebbero compiere importanti passi avanti nella comprensione di questi oggetti celesti così estremi e addirittura testare alcune delle predizioni della Teoria della Relatività Generale di Einstein.
“L’idea su cui stanno lavorando gli astronomi è quella di osservare l’ombra del buco nero, il profilo che esso forma rispetto alla materia circostante prima che questa venga irrimediabilmente attratta dalla sua influenza” commenta Marcello Giroletti, dell’INAF-IRA di Bologna. “Nella rete di radiotelescopi ad alta frequenza che verranno utilizzati ci sarà ALMA, appena entrato in funzione nell’altopiano di Atacama in Cile, a cui partecipa anche INAF.
Proprio l’entrata in funzione di ALMA è fra gli eventi che hanno dato il via a questo progetto che permetterà di visualizzare la materia prima che scompaia, fagocitata per sempre dal buco nero. C’è grande interesse intorno alla conferenza di presentazione del progetto che ha inizio oggi, non solo dal punto di vista scientifico ma anche per la natura internazionale dello strumento che verrà utilizzato. Tra i partecipanti c’è anche il Prof. Gabriele Giovannini, associato INAF”.
A cura di Marco Galliani
Fonte:
http://www.media.inaf.it/2012/01/18/presto-le-prime-immagini-dei-buchi-neri/
La promessa di Dimitrios Psaltis, professore associato di astrofisica alla University of Arizona, è di quelle che lasciano il segno. I buchi neri infatti non sono proprio il migliore soggetto astronomico da immortalare, anzi. Il loro campo di attrazione gravitazionale così intenso cattura tutto quello che si trova nelle loro vicinanze: polvere, gas, persino la luce. Dunque quella di fotografare un buco nero sembrerebbe un’impresa, o meglio una scommessa, persa in partenza. Ma Psaltis e altri ricercatori che insieme a lui fanno parte del progetto Event Horizon Telescope sono davvero convinti che riusciranno a raggiungere questo risultato. Così hanno organizzato una conferenza che si apre oggi a Tucson per presentare il loro piano d’azione alla comunità scientifica internazionale.
Primo obiettivo nella lista dei buchi neri da riprendere sarà quello, di massa almeno pari a quattro milioni di volte quella del Sole, che alberga nel cuore della Via Lattea, la nostra galassia, e del quale finora conosciamo la sua presenza solo da indizi indiretti.
Per riuscire nell’impresa, verranno combinate le osservazioni di una cinquantina di radiotelescopi sparsi sulla Terra, così da ottenere riprese equivalenti a quelle che si otterrebbero avendo a disposizione un unico grande strumento dal diametro pari a quello del nostro pianeta: oltre 12.000 chilometri. Tra questi strumenti ci saranno antenne collocate negli Stati Uniti, in Europa, in Giappone e a cui presto si aggiungerà ALMA, l’Atacama Large Millimeter Array dell’ESO che, sulle Ande cilene, sta per iniziare la sua piena fase operativa.
Secondo gli scienziati, questo complesso e articolato lavoro di squadra permetterà di ottenere delle riprese molto dettagliate del buco nero. Non riuscendo ovviamente a ‘vedere’ la sua regione centrale, ma spingendosi fino alla sua immediata periferia, a partire da quella zona di demarcazione nota come l’orizzonte degli eventi, all’interno della quale ogni cosa, materia o radiazione, non può più sfuggire al buco nero. Le riprese sarebbero sufficientemente dettagliate da mostrare il profilo del buco nero.
Certo non così spettacolari come quelle a cui ormai ci hanno abituato i più grandi telescopi sulla Terra e nello spazio – Hubble su tutti – ma attese con grande ansia dagli astrofisici, che grazie ad esse potrebbero compiere importanti passi avanti nella comprensione di questi oggetti celesti così estremi e addirittura testare alcune delle predizioni della Teoria della Relatività Generale di Einstein.
“L’idea su cui stanno lavorando gli astronomi è quella di osservare l’ombra del buco nero, il profilo che esso forma rispetto alla materia circostante prima che questa venga irrimediabilmente attratta dalla sua influenza” commenta Marcello Giroletti, dell’INAF-IRA di Bologna. “Nella rete di radiotelescopi ad alta frequenza che verranno utilizzati ci sarà ALMA, appena entrato in funzione nell’altopiano di Atacama in Cile, a cui partecipa anche INAF.
Proprio l’entrata in funzione di ALMA è fra gli eventi che hanno dato il via a questo progetto che permetterà di visualizzare la materia prima che scompaia, fagocitata per sempre dal buco nero. C’è grande interesse intorno alla conferenza di presentazione del progetto che ha inizio oggi, non solo dal punto di vista scientifico ma anche per la natura internazionale dello strumento che verrà utilizzato. Tra i partecipanti c’è anche il Prof. Gabriele Giovannini, associato INAF”.
A cura di Marco Galliani
Fonte:
http://www.media.inaf.it/2012/01/18/presto-le-prime-immagini-dei-buchi-neri/
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