giovedì 15 ottobre 2009

Pallade da Hubble

Due immagini reali di Pallade (a destra) ed il modello digitale corrispondente. Il cerchio fa notare il grande cratere, che si nota bene in vista frontale in alto a destra e si individua appena lungo il bordo ( indicato dalla freccia in basso a destra). Da questo cratere si sono probabilmente formati i frammenti che hanno dato origine alla piccola famiglia del grande asteroide.
(15 ottobre 2009)
Gli asteroidi hanno avuto una vita davvero complicata e violenta. Mentre stavano tranquillamente seguendo le regole del Sistema Solare per formare un pianeta di grandi dimensioni, più o meno come la nostra Terra, furono fermati e stravolti dalle perturbazioni dinamiche dei giganteschi planetesimi che stavano unendosi per formare il gigante assoluto: Giove. I proto-asteroidi videro le loro orbite allungarsi e inclinarsi fino a raggiungere velocità di collisione dell’ordine di qualche chilometro al secondo. 

Ricordiamo che per formare un pianeta queste velocità devono essere molto più basse, in modo che gli scontri tra i vari planetesimi costruiscano sempre qualcosa di via via più grande e non distruggano completamente i corpi che si urtano. Nella fascia degli asteroidi si assistette ad un vero “massacro” ed a una fuga disperata. Le collisioni divennero distruttive, disintegrando ciò che si era lentamente costruito. La maggior parte dei frammenti furono immessi su orbite tali da farli finire sul Sole o abbandonare il Sistema Solare. Quel poco che rimase era un insieme di rovine. Pezzi di roccia, a volte mista a ghiaccio, che vagavano disperati tra Marte e Giove. Qualcuno riuscì a rimettere insieme alcuni frammenti ed assunse forme di equilibrio abbastanza regolari; frammenti di media grandezza mantennero su orbite molto simili alla loro numerosi pezzi più piccoli formatisi nella loro distruzione (le famiglie dinamiche); pochissimi rimasero intatti, al più con qualche segno di collisioni non veramente catastrofiche. Ovviamente per resistere agli urti, dovevano essere abbastanza grandi.
Ed allora ecco che il numero uno, Cerere, con i suoi quasi 1000 km di diametro e Vesta (circa 500) ci sono pervenuti quasi intatti, mostrandoci come dovevano essere i proto pianeti miliardi di anni fa, prima che la rivoluzione collisionale fermasse l’evoluzione verso un vero pianeta. Vesta ha sì un enorme cratere che gli ha portato via un bel numero di piccoli frammenti, che oggi formano la sua famiglia e che di tanto in tanto arrivano anche sulla Terra sottoforma di meteoriti, con il nome di Eucriti. Ma l’aspetto generale è quasi lo stesso di quello originario. Ancor più intatto è Cerere. 

Oggi possiamo aggiungere anche Pallade al piccolo gruppo dei sopravvissuti. Le prove di ciò ci sono giunte tutte attraverso le immagini ad alta risoluzione dello Space Telescope, che ci ha mostrato forme molto regolari e tipiche dei planetesimi originari. Qui di seguito riporto le immagini riprese dal telescopio e un modello generale dell’asteroide Pallade. 
Asteroide tra i più luminosi, scoperto nel 1802, ha un periodo di rotazione di 10,1 ore, un diametro di 600 km, dista dal Sole 2,77 unità astronomiche e ha un periodo di rivoluzione di 4,61 anni. 

Anche Pallade ha forse una piccola famiglia ed il cratere che si vede nelle immagini può esserne la causa. Non voglio nemmeno riferirmi alla nomenclatura di “pianeta nano”, che in fondo serve solo a schematizzare in modo freddo e poco scientifico ciò che in realtà rappresentano gli oggetti planetari. Cerere, Vesta, ed ora Pallade, rappresentano dei fossili quasi perfetti e quindi la loro importanza è eccezionale qualunque sia il nome che si voglia dare.

Fonte: http://www.astronomia.com/2009/10/15/pallade-un-altro-perfetto-proto-pianeta/

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