La NASA lancia un nuovo mezzo spaziale coperto dalla segretezza assoluta sulla missione da svolgere.
Come si addice ad un progetto segreto ha per nome una sigla, X-37B e poco aggiunge la descrizione generica di Orbital Test Vehicle, veicolo di prova orbitale. L’X, comunque, sta per «sperimentale». Così, avvolto dal mistero, è partito giovedì notte dall’area militare di Cape Canaveral un nuovo mini-shuttle americano, completamente automatico, senza astronauti a bordo. Dunque mentre lo shuttle civile della Nasa si avvia al museo una volta completate, entro l’anno, le tre missioni rimaste che chiudono 19 anni di attività, l’Usaf, l’aviazione militare americana, raccoglie il testimone e rilancia con un successore ancora più ambizioso, un avveniristico concentrato di nuovissime supertecnologie aerospaziali.
Facile immaginare le capacità che dimostrerà questo robot alato volando intorno alla Terra soddisfacendo innanzitutto le necessità della Difesa spaziale ma anche terrestre. E la spedizione, iniziata salendo in orbita chiuso nell’ogiva di un razzo Atlas V, ha questo obiettivo: per nove mesi collauderà sia le nuove tecnologie utilizzate sia gli impieghi possibili. Lunga dieci metri, la struttura è completamente diversa dal vecchio shuttle e per proteggersi non ha più le tradizionali e delicatissime piastrelle di carbonio che furono anche la causa del secondo disastro nel 2003 ma materiali compositi di nuova natura. Giunto in orbita, il mini- shuttle ha aperto i portelloni ed esposto un pannello fotovoltaico con celle all’arseniuro di gallio dal quale ricavare energia. Le celle a combustibile del suo predecessore non sono utilizzabili per un periodo tanto lungo perché richiederebbero serbatoi di idrogeno e ossigeno di dimensioni esagerate. A quel punto, ha liberato un satellite portato nella stiva la cui natura è ufficialmente segreta ma del quale sono trapelate le funzioni. I due veicoli hanno infatti cominciato un balletto cosmico cercandosi e inseguendosi a vicenda, collaudando sensori e sistemi di guida e comando che per l’attuale shuttle erano un sogno.
A che cosa servirà?
Ad attaccare o difendere un veicolo in orbita. Il tema della protezione dei satelliti sia civili che militari è sempre più presente alle autorità americane perché alle «infrastrutture spaziali» è ormai legata buona parte dell’economia e della vita nazionale coinvolgendo dai satelliti per le telecomunicazioni, alla meteorologia, alla navigazione col Gps. La necessità della difesa, poi, è diventata ancora più pressante dopo la dimostrazione data dai cinesi nel gennaio 2007 di saper distruggere un satellite: nel caso specifico era il loro vecchio e ormai fuori uso satellite Fengyun-1. «Fondamentalmente — dice Gary Payton dell’Usaf e leader dei programmi spaziali militari — il nostro veicolo è una versione aggiornata dello shuttle. L’aviazione ha una serie di missioni militari nello spazio e l’X-35B ci aiuterà ad assolverle al meglio». Il progetto era nato nel 1999 per iniziativa della Nasa e dell’Usaf quando l’ente spaziale cercava di costruire un successore al vecchio shuttle. Se ne occupavano soprattutto i «Phantom Works» della Boeing, i laboratori dove erano nati gli aerei spia più celebri del dopoguerra. Ma nel 2004 la Nasa si ritirava lasciando l’impresa alla Darpa, l’agenzia di ricerca del Pentagono e all’aviazione che effettuarono anche alcuni test nell’atmosfera con un modello analogo, più piccolo (X-40A).
Il progetto, avvolto subito dal segreto, riprendeva un vecchio sogno dell’Usaf e apre la strada verso un obiettivo già da qualche anno indicato dal Pentagono: disporre di un mezzo che in meno di due ore possa raggiungere qualsiasi punto del pianeta. Il sogno, invece, risale ancora agli anni Sessanta quando l’Usaf stava già costruendo un suo mini-shuttle alato (Progetto Dyna Soar) con due piloti. Doveva essere lanciato con un razzo Titan (come adesso si impiega il razzo Atlas V) che fece un volo di prova, e già era stato selezionato il primo gruppo di astronauti militari che dovevano salire a bordo. Tra questi c’era il giovane Neil Armstrong che poi passerà alla Nasa e diventerà il primo uomo a sbarcare sulla Luna. Ma quando la Casa Bianca si orientò verso la costruzione dello shuttle della Nasa abbandonò il piano del concorrente grigioverde. Che ora rinasce in una versione molto più sofisticata perché non ha nemmeno più bisogno dei piloti. E quando avrà concluso il suo primo debutto spaziale l’X-35B, il cui costo ovviamente è segreto, il suo cervello- computer lo farà atterrerà, sulle sue ruote, sulla pista della base spaziale militare di Vandenberg, in California. Inizierà così una nuova era. E per cercare di carpire qualche segreto gli amatori che inseguono i satelliti dai continenti punteranno antenne e telescopi scambiandosi informazioni sul sito http://satobs.org.
Facile immaginare le capacità che dimostrerà questo robot alato volando intorno alla Terra soddisfacendo innanzitutto le necessità della Difesa spaziale ma anche terrestre. E la spedizione, iniziata salendo in orbita chiuso nell’ogiva di un razzo Atlas V, ha questo obiettivo: per nove mesi collauderà sia le nuove tecnologie utilizzate sia gli impieghi possibili. Lunga dieci metri, la struttura è completamente diversa dal vecchio shuttle e per proteggersi non ha più le tradizionali e delicatissime piastrelle di carbonio che furono anche la causa del secondo disastro nel 2003 ma materiali compositi di nuova natura. Giunto in orbita, il mini- shuttle ha aperto i portelloni ed esposto un pannello fotovoltaico con celle all’arseniuro di gallio dal quale ricavare energia. Le celle a combustibile del suo predecessore non sono utilizzabili per un periodo tanto lungo perché richiederebbero serbatoi di idrogeno e ossigeno di dimensioni esagerate. A quel punto, ha liberato un satellite portato nella stiva la cui natura è ufficialmente segreta ma del quale sono trapelate le funzioni. I due veicoli hanno infatti cominciato un balletto cosmico cercandosi e inseguendosi a vicenda, collaudando sensori e sistemi di guida e comando che per l’attuale shuttle erano un sogno.
A che cosa servirà?
Ad attaccare o difendere un veicolo in orbita. Il tema della protezione dei satelliti sia civili che militari è sempre più presente alle autorità americane perché alle «infrastrutture spaziali» è ormai legata buona parte dell’economia e della vita nazionale coinvolgendo dai satelliti per le telecomunicazioni, alla meteorologia, alla navigazione col Gps. La necessità della difesa, poi, è diventata ancora più pressante dopo la dimostrazione data dai cinesi nel gennaio 2007 di saper distruggere un satellite: nel caso specifico era il loro vecchio e ormai fuori uso satellite Fengyun-1. «Fondamentalmente — dice Gary Payton dell’Usaf e leader dei programmi spaziali militari — il nostro veicolo è una versione aggiornata dello shuttle. L’aviazione ha una serie di missioni militari nello spazio e l’X-35B ci aiuterà ad assolverle al meglio». Il progetto era nato nel 1999 per iniziativa della Nasa e dell’Usaf quando l’ente spaziale cercava di costruire un successore al vecchio shuttle. Se ne occupavano soprattutto i «Phantom Works» della Boeing, i laboratori dove erano nati gli aerei spia più celebri del dopoguerra. Ma nel 2004 la Nasa si ritirava lasciando l’impresa alla Darpa, l’agenzia di ricerca del Pentagono e all’aviazione che effettuarono anche alcuni test nell’atmosfera con un modello analogo, più piccolo (X-40A).
Il progetto, avvolto subito dal segreto, riprendeva un vecchio sogno dell’Usaf e apre la strada verso un obiettivo già da qualche anno indicato dal Pentagono: disporre di un mezzo che in meno di due ore possa raggiungere qualsiasi punto del pianeta. Il sogno, invece, risale ancora agli anni Sessanta quando l’Usaf stava già costruendo un suo mini-shuttle alato (Progetto Dyna Soar) con due piloti. Doveva essere lanciato con un razzo Titan (come adesso si impiega il razzo Atlas V) che fece un volo di prova, e già era stato selezionato il primo gruppo di astronauti militari che dovevano salire a bordo. Tra questi c’era il giovane Neil Armstrong che poi passerà alla Nasa e diventerà il primo uomo a sbarcare sulla Luna. Ma quando la Casa Bianca si orientò verso la costruzione dello shuttle della Nasa abbandonò il piano del concorrente grigioverde. Che ora rinasce in una versione molto più sofisticata perché non ha nemmeno più bisogno dei piloti. E quando avrà concluso il suo primo debutto spaziale l’X-35B, il cui costo ovviamente è segreto, il suo cervello- computer lo farà atterrerà, sulle sue ruote, sulla pista della base spaziale militare di Vandenberg, in California. Inizierà così una nuova era. E per cercare di carpire qualche segreto gli amatori che inseguono i satelliti dai continenti punteranno antenne e telescopi scambiandosi informazioni sul sito http://satobs.org.
Fonte: http://centroufologicotaranto.wordpress.com/2010/04/28/la-missione-segreta-senza-astronauti-del-nuovo-mini-shuttle/
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