mercoledì 10 marzo 2021

LA FINE DELLO STATO DI DIRITTO

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Un grande terribile smarrimento, il non saper più cosa fare di speciale il fine settimana, il non poter più progettare una vacanza in estate o un viaggio da amici e parenti quando lo si vuole. 
Molti tra noi, ormai, si sono abbandonati ad una vita senza senso, senza uno scopo, senza una missione. 
La prolungata situazione di pandemia simulata che stiamo vivendo, in cui non si vedono morti per strada, ma si sentono numeri in TV, non ci sono (tranne che per rarissimi casi) amici o parenti sani stroncati dal terribile virus ma echi lontani e spesso non veritieri, una situazione politica instabile in cui le regole cambiano inspiegabilmente da una settimana all’altra, il vedere le strade piene di auto e di passanti di giorno e il dover restare a casa la sera o durante i fine settimana per non si sa quale motivo reale, ecc. stanno creando un disagio immenso - che è anche psicologico - rispetto ad una vera pandemia di peste bubbonica, all’ebola.

Dentro la psiche delle persone brucia un fuoco di dissenso, regna lo scetticismo, il dubbio. Le contraddizioni sono fortissime e vengono represse a fatica, sempre più a fatica. È palese ormai, come anche i più anziani e conservatori concittadini abbiamo percepito che esista un qualcosa di anomalo in quello che stiamo vivendo. 
La Seconda guerra mondiale, i bombardamenti nazisti, il disastro di Chernobyl o di Fukushima, per chi li ha sfortunatamente vissuti, non hanno creato una situazione così strana ed anomala. Quando c’è un pericolo palpabile, concreto, che uccide, scatta una certa determinazione in risposta ad un altissimo livello di paura. Quando tutto sembra costruito, irreale, fantascientifico come nei film, come era ad esempio con la minaccia dell’ISIS, ci si crede tanto per crederci, ma quella voglia di ribellione viene meno, la percezione è distante e dentro cova un qualcosa che cresce giorno dopo giorno e potrebbe esplodere al primo accenno di conferma, ma non arriva mai e tutto si sopisce, la rabbia si spegne e ci si accontenta di bollire lentamente dimenticandosi di essere ormai quasi cotti. 

La popolazione italiana è guardinga, crede perché sa che bisogna farlo, un po’ come in Dio. Il virus assume le vesti di un prodotto di consumo, lo si usa perché è entrato nel costume e nelle abitudini, un po’ come lo zucchero nel caffè. 
Per molti, purtroppo, c’è l’abisso, uno scivolare lentamente verso il baratro, cosa che aumenterà sempre più, aumentando le restrizioni e i Lockdown. 

Molto presto, le persone, avendo perso ogni obiettivo personale inizieranno a vivere le giornate come se fossero le ultime e in quel preciso momento potrebbe scoppiare il caos, l’anarchia, la fine dello stato di diritto. 
È già successo un anno fa, proprio al principio, quando alle due di notte Conte proclamò la prima zona rossa d’Italia in Lombardi. Migliaia di cittadini vennero presi dal panico e si riversarono nelle stazioni milanesi per prendere il primo treno verso il Sud, per fuggire da un pericolo percepito pericolosissimo e reale. Lo fecero come se fosse stato il loro ultimo giorno di vita, l’ultima speranza, l’ultima occasione per fuggire dalla Zona Rossa, un carcere che sarebbe durato per sempre, in cui sarebbero morti comunque, o a causa del virus o dai militari, come nei film di fantascienza. 
È successo contemporaneamente nelle carceri, in centinaia hanno tentato la fuga, terrorizzati e galvanizzati dalla sensazione che fossero alla fine dello Stato di diritto e in nove hanno perso la vita scontrandosi con le forze dell’ordine. 
Queste è quello che succederà ancora non appena i cittadini capiranno che non c’è via di fuga da un mondo che non cambierà più, che ti stermina mentalmente, economicamente, fisicamente. 
La situazione surreale che stiamo vivendo non durerà ancora molto. 
Basterà un cenno di ribellione, uno soltanto e le pagine dei telegiornali smetteranno di parlare del virus e dovranno raccontare la cronaca delle sommosse che spontaneamente incendieranno le città italiane e mondiali. 
Forse è questo a cui vogliono arrivare i Governi, testare quale sia il limite massimo di sopportazione di una nazione di fronte ad una continua e perdurante situazione di limitazione delle libertà personali. 

Presto lo capiranno e in quel dato momento, i primi fuochi di protesta spingeranno i governi a dover scegliere se fare una brusca retromarcia, o contrastare la violenza con altra violenza. A quel punto sarà l’anarchia, la guerra civile, la guerriglia cittadina.

1 commento:

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