Secondo un'indagine guidata da scienziati del Max Planck Institute for Solar System Research, sarebbero stati gli impatti con piccoli asteroidi ricchi di carbonio a creare le zone di materiale scuro sulla superficie dell'asteroide Vesta individuati dalla sonda DAWN.
La presenza di materiale scuro su alcune zone della superficie dell’asteroide Vesta, scoperta grazie alla sonda DAWN della NASA nel 2011, ha da subito catturato l’attenzione degli scienziati, che hanno sollevato varie ipotesi sulla sua natura. Una delle più accreditate è quella di detriti di impatti con piccoli asteroidi caduti nel passato sul corpo celeste. Un nuovo studio pubblicato sulla rivista Icarus indica la possibilità che si sia verificato questo scenario. Andreas Nathues del Max Planck Institute for Solar System Research e i colleghi del suo team sembrerebbero aver individuato, tra gli elementi che compongono questa sostanza scura, anche il serpentino. Questo minerale si decompone a temperature superiori a 400 gradi celsius e quindi la sua presenza sulla superficie di Vesta, secondo i ricercatori, non potrebbe essere attribuibile a fenomeni vulcanici nel passato geologico dell’asteroide. L’alternativa proposta è che il serpentino sia stato rilasciato a seguito di impatti con asteroidi più piccoli e ricchi di carbonio. Ma i ricercatori sottolineano anche che questi impatti devono essere avvenuti con velocità relativamente basse, altrimenti l’energia rilasciata negli scontri avrebbe prodotto temperature sufficientemente elevate da trasformare il serpentino presente nei meteoriti caduti su Vesta.
“Si tratta senza dubbio di un lavoro interessante, di cui si dovrà tenere conto negli studi a venire sui materiali scuri di Vesta” commenta Andrea Longobardo, dell’INAF-IAPS di Roma. “I risultati delle analisi morfologiche e spettrali del gruppo di Nathues tendono a favore dell’ipotesi che il materiale scuro è sostanzialmente esogeno e portato su Vesta attraverso impatti con meteoriti composte da condriti carbonacee di tipo CM, simili a quella del famoso meteorite Murchison caduto in Australia nel 1969. Questo conferma le deduzioni emerse dai diversi lavori del nostro gruppo, basati su simulazioni e confronti con spettri di laboratorio.
La rivelazione della banda del serpentino, silicato presente nelle CM, sarebbe il colpo di grazia finale per le altre ipotesi. E’ tuttavia lecito attendersi ulteriori conferme della presenza di questo silicato, magari basate su analisi ad una risoluzione spettrale migliore di quella permessa dalla Framing Camera”. E’ cauta anche Maria Cristina De Sanctis, team leader dello spettrometro VIR a bordo di DAWN: “quella proposta dai ricercatori è una possibile interpretazione, ma non l’unica né quella definitiva. C’è ancora da indagare per scoprire con certezza la natura e l’origine di questo materiale scuro”.
di Marco Galliani
Nessun commento:
Posta un commento