domenica 31 gennaio 2010

Le stelle super pesanti si formano come quelle leggere

Recenti osservazioni stanno fornendo una nuova evidenza che le stelle super pesanti potrebbero essere nate alla stessa maniera di quelle leggere.
(Provided by Gemini Observatory, Hilo, Hawaii)

28 Gennaio 2010
La dspiegazione di come sono nate le stelle massicce, nelle culle lontane del profondo spazio, è uno dei misteri irrisolti della moderna astronomia.

Le nuove osservazioni effettuate al Gemini Observatory delle Hawaii hanno fornito nuove evidenze che queste stelle potrebbero essere nate allo stesso modo di quelle più leggere.
Ben Davies dell'University of Leeds of the United Kingdom e del Rochester Institute of Technology di New York, ha affermato: "Il problema è che quando stelle molto massicce si formano, accade molto rapidamente come anche per le stelle come il nostro Sole, dopo che irrompono liberamente dalle nubi interstellari di gas. Se vogliamo scoprire come si formano le stelle, dobbiamo infatti guardare all'interno delle nubi oscure dove ciò accade.

Davies guida un team internazionale di ricercatori che stanno cercando di risolvere il problema utilizzando strumenti ottici sensibili agli infrarossi con risoluzioni estreme.
Questo ha permesso al team di penetrare tra gli oscuri gas delle nebulosa oscura in W33A per osservare la massiccia protostella.
Melvin Hoare della University of Leeds, ci dice che quello che hanno visto è molto familiare, come una graziosa "coppa di thé".

Il team di Davies ha calcolato che la stella nascente è almeno 10 volte più massiccia del Sole, e si sta rapidamente espandendo.
E' la prima volta che gli scienziati sono stati in grado di osservare le profonde dinamiche della nascita delle stelle super massicce a tali risoluzioni.
"Abbiamo catturato la stella nell'atto di nascere col suo disco di accrescimento senza i getti di gas e i detriti. Abbiamo anche visto materiale gettato lontano dai poli alla velocità di 300 km al secondo. Questi processi sono comuni anche in molte stelle piccole" dice Davis.

La formazione di stelle massicce dentro a W33A è completamente oscurata alla luce visibile otticamente dall'uomo. Mentre la luce ottica è attenuana di circa 10000 volte, molti della luce infrarossa può passare attraverso la nube oscura. Questo tipo di osservazione ci ha permesso di sapere quello che sta succedendo all'interno della nube natale WW33A.

Molte teorie contraddittorie cercano di spiegare come si formano le stelle massicce, le quali affermano che è la stessa situazione ingrandida che per le stelle di bassa massa oppure coinvolge fenomeni fisici completamente differenti.
Adesso le osservazioni con le ottiche adattate allo spettroscopio ad infrarossi stanno catturando le stelle massicce nell'atto della formazione.

Il team di Davies ha utilizzato le potenti ottiche adattive del Near-Infrared Integral Field Spectrograph (NIFS) Frederick C. Gillett Gemini del North telescope dell'Hawaii's Mauna Kea, per rimuovere le sfocature atmosferiche che bloccano la luce.
NIFS ha creato quello che è talvolta chiamato un'immagine spettrale di 2,000 spettri individuali in un quadrato che arriva a coprire il cuore di W33A. Questi dati sono stati assemblati in un "datacube" che permette agli scienziati di guardare ogni singolo spettro di ogni punto e assemblare un'immagine multidimensionale attorno alla stella nascente.
Davis ha detto inoltre che: "Noi non siamo solo in grado di risolvere l'interno della nebulosa o di piccole scale spaziali, ma anche provare le sue dinamiche, misurando l'effetto Doppler della luce dall'ammasso di gas, per determinare la sua velocità e come esso si espande attorno alla stella in formazione. "Questo è un entusiasmante strumento per comprendere dall'interno come le stelle si stanno attualmente formando."

Conosciuto come un Massive Young Stellar Object (MYSO), W33A è localizzato a circa 12,000 anni luce dalla Terra di fronte alla costellazione del Sagittario.
Precedenti studi di questo oggetto avevano spiegato la sua natura dinamica ma fino ad ora non era stato studiato a questo livello di dettaglio, usando le ottiche adattive agli infrarossi del team di Davies.

"I risultati ci forniscono come le prove di come sia simile la nascita delle stelle massicce e di quelle giovani e ci dimostrano la potenza osservativa del del Near-Infrared Integral Field Spectrograph (NIFS)", conclude said Colin Aspin dell'Institute of Astronomy della University of Hawaii.

A cura di Arthur McPaul


English version:
Recent observations provide convincing new evidence that stellar heavyweights may be born in much the same manner as lightweights.
Provided by Gemini Observatory, Hilo, Hawaii


January 28, 2010
Explaining how the most massive stars are born, deep within their stellar nurseries, is one of the most persistent mysteries in modern astronomy. Now, observations at the Gemini Observatory in Hawaii provide convincing new evidence that these stellar heavyweights may be born in much the same manner as lightweights like our Sun.

"The problem is that when the most massive stars form, it happens very quickly compared to stars like our Sun, and, by the time they break free of their natal clouds, they are already the finished article," said Ben Davies of the University of Leeds in the United Kingdom and the Rochester Institute of Technology in New York. "If you want to see a massive star in the process of forming, you need to be able to see through the obscuring clouds to where the action is."

Davies led an international team of researchers who brought infrared sensitivity and the extreme resolution of adaptive optics to bear on the problem. This allowed the team to penetrate the obscuring gas and dust clouds surrounding the massive protostar W33A. What they found was "reassuringly familiar, like a nice cup of tea," said team member Melvin Hoare, also of the University of Leeds.

Davies' team calculates that the prenatal star is at least 10 times more massive than our Sun, and it is still rapidly growing. This is the first time scientists have been able to unravel the dynamics deep inside a heavyweight stellar nursery at this level of detail. "We've caught a massive star in the act of formation and found signatures of an accretion disk embedded within a torus of gas and dust," said Davies. "We also see material being blasted away from the poles at speeds of up to 300 kilometers (86 miles) per second. These features are all common to the formation process found in much smaller stars."

The massive star forming inside W33A is completely obscured in optical light (as seen by the human eye). "While the optical light is attenuated by about a factor of 10,000, much of the infrared light can pass through the intervening material," said Davies. "This affords us a glimpse of what is happening deep inside W33A's natal cloud."

Several conflicting theories strive to explain how massive stars are born, whether it is a scaled-up version of low-mass star formation or whether a completely different physical process is involved. Now, observations with adaptive optics and infrared spectroscopy are catching massive stars in the act of forming.

Davies' team utilized the power of adaptive optics to remove atmospheric blurring and then dissected the light using the Near-Infrared Integral Field Spectrograph (NIFS) on the Frederick C. Gillett Gemini North telescope on Hawaii's Mauna Kea. NIFS creates what is sometimes called a spectral image consisting of about 2,000 individual spectra in a square array that covered the heart of W33A. These data are assembled into a "datacube" that allows the scientists to look at individual features of the spectra at each point and assemble a multidimensional image of the environment around the birthing star. "We were not only able to resolve the inner nebula on small spatial scales, but also probe its dynamics by measuring the Doppler shift of light from the glowing gas to determine its velocity and how it flows around the forming star," said Davies. "This is an amazingly powerful tool for understanding the inner workings of how stars actually form."

Known as a Massive Young Stellar Object (MYSO), W33A is located about 12,000 light-years away toward the constellation Sagittarius. Previous studies of this object only hinted at its dynamic nature, but until now no MYSOs have been studied at this level of detail using the combination of adaptive optics and integral field spectroscopy utilized by the Davies team.

"This result provides us with one of the first clues that high-mass stars form in similar ways to their low-mass counterparts and shows the power of integral-field near-infrared spectroscopy as a way of probing the youngest phases of stellar evolution," said Colin Aspin of the Institute of Astronomy at the University of Hawaii.

Link:
http://www.astronomy.com/asy/default.aspx?c=a&id=9015

sabato 30 gennaio 2010

Cassini incontra Prometeo [ita-eng]



La spettacolare missione della sonda Cassini continua a svelare i misteri di Saturno e delle sue lune. Nel suo occhio lungimirante, questa volta è finito Prometeo ...

La piccola luna, che misura circa 85,6 km di diametro fu scoperta nel 1980 dalle foto riprese dalla sonda Voyager 1 e fu chiamato provvisoriamente 1980 S 27. La sua forma estremamente allungata presenta diverse creste, valli e crateri da impatto di circa 20 km.
La sua densità è molto bassa, indice di grosse presenze di ghiaccio e materiali porosi.

Prometeo è posto lungo il bordo interno dell'Anello F di Saturno, in un'orbita di circa 140.000 km.
La sua stessa orbita non è regolare, con modificazioni sostanziali registrate dalla sonda Cassini, ogni 6 anni circa. Il suo moto discontinuo lo porta a perturbare l'anello F e le orbite di altre due lune: Pandora e il piccolo Atlante. Il suo aspetto, la sua struttura e l'orbita non stabile, indicano inoltre che possa trattarsi di un grosso asteroide catturato da Saturno di recente, non più di qualche milione di anni fa.


Il 27 gennaio 2010, la sonda Cassini, nell'ambito del programma osservativo soprannominato "The Cassini Equinox Mission", ha fotografato il piccolo satellite da una distanza di circa 36.000 km, regalandoci come sempre spettacolari immagini che ci permettono di accertarne la sua natura e di scoprire nuivi particolari della sua superfice.

A cura di Arthur McPaul



English version:
Prometheus: Over Easy superfice.
Looking for all intents and purposes like a celestial egg after a session in Saturn’s skillet, Prometheus displayed its pockmarked, irregular surface for NASA’s Cassini spacecraft on Jan. 27, 2010.

Prometheus is one of Saturn’s innermost moons. It orbits the gas-giant at a distance of 139,353 kilometers (85,590 miles) and is 86 kilometers (53 miles) across at its widest point. The porous, icy-bodied world was originally discovered by images taken by Voyager 1 back in 1980. You could say this latest “egg-cellent” view has the Cassini science team licking their chops at the thought of future Prometheus images.

This raw, unprocessed image of Prometheus [pro-MEE-thee-us] , taken in visible light, was obtained by Cassini’s narrow-angle camera at a distance of approximately 36,000 kilometers (23,000 miles).

The Cassini Equinox Mission is a joint United States and European endeavor. The Jet Propulsion Laboratory, a division of the California Institute of Technology in Pasadena, manages the mission for NASA's Science Mission Directorate, Washington, D.C. The Cassini orbiter was designed, developed and assembled at JPL.

For more information about the Cassini Equinox Mission visit: http://www.nasa.gov/cassini and http://saturn.jpl.nasa.gov/.

Link:
http://www.nasa.gov/cassini
http://saturn.jpl.nasa.gov

venerdì 29 gennaio 2010

Nane brune dallo spettro insolito a 15 anni luce dal Sole [ita-eng]

L'oggetto, noto come SDSS 1416 13 B, è una nana bruna, con i colori particolari.


Un team internazionale, guidato dagli astronomi presso l'Università di Hertfordshire nel Regno Unito, ha scoperto quella che potrebbe essere la più bella sub stella mai trovata al di fuori del nostro Sistema Solare. Utilizzando lo United Kingdom Infrared Telescope (UKIRT) nelle Hawaii, l'oggetto in questione è una nana bruna.

Quello che ha entusiasmato gli astronomi sono stati i suoi colori molto particolari che in realtà fanno la fanno apparire o molto blu o rosso molto, a seconda di quale parte dello spettro la si guarda.

L'oggetto è noto come SDSS 1416 13 B, ed è in orbita attorno a una nana un pò più luminosa e più calda , SDSS 1416 13 A. La Sloan Digital Sky Survey rilevato il membro più brillante della coppia in luce visibile. Al contrario, SDSS 1416 13 B è visto solo in luce infrarossa. La coppia si trova tra i 15 ei 50 anni luce dal Sistema Solare, che è abbastanza vicino in termini astronomici.

"Questa sembra essere la quarta volta in 3 anni che la UKIRT ha  scoperto una delle più interessanti nane brune, con una temperatura stimata non molto al di sopra di 200 ° Celsius" ha affermato Philip Lucas presso l'Università di Hertfordshire's School of Physics. "Dobbiamo essere un po 'attenti a questo, perché i suoi colori sono così diversi da qualsiasi cosa vista prima, che in realtà non lo capisco ancora. Anche se si scopre che la bassa temperatura non è un record, i colori sono così estremi che questo oggetto non mancherà di tenere un sacco di fisici impegnati a cercare di spiegarlo."

SDSS 1416 13 B fu notato da Ben Burningham della University of Hertfordshire come parte di una ricerca dedicata alle nane brune fredde in infrarosso con lo UKIRT Deep Sky Survey (UKIDSS). L'oggetto è apparso molto più blu vicino a lunghezze d'onda infrarosse di qualsiasi nana bruna mai vista prima. Uno spettro del vicino infrarosso effettuato con il giapponese Subaru Telescope alle Hawaii ha dimostrato che è un tipo di nana bruna chiamata T dwarf, ha un sacco di metano nella sua atmosfera, ma con particolari funzioni, tra cui un grande divario a determinate lunghezze d'onda.

Burningham ha presto notato che la stella brillante  SDSS 1416 13 A in precedenza osservata, che appare simile a quella  scoperta con il UKIDSS era anche una nana bruna. Il membro del team Sandy Leggett, dell'Osservatorio Gemini, ha poi utilizzato lo Spitzer Space Telescope per indagare su SDSS 1416 13 B a lunghezze d'onda più lunghe. Ha misurato il suo colore a metà lunghezze d'onda infrarosse, che si ritiene essere l'indicatore più affidabile della temperatura e ha scoperto che è la più rossa nota nana bruna a queste lunghezze d'onda. Il confronto con modelli teorici con l'atmosfere della nana bruna ha quindi fornito una stima della temperatura che è di circa 441 ° Fahrenheit (227 ° Celsius).

"Il fatto che si tratta di una compagna binaria di una nana bruna più calda che ha anche uno spettro insolito ci sta aiutando a colmare alcune lacune nella nostra comprensione", ha detto Burningham. "Sembra probabile che entrambe le nane brune siano un po 'povere di elementi pesanti. Ciò può essere spiegato se sono molto vecchie, che combacia anche con la temperatura molto bassa della debole compagna."

Troppo piccole per essere stelle, le nane brune sono masse di stelle più piccole ma più grandi pianeti gassosi giganti, come Giove. A causa della loro bassa temperatura, questi oggetti sono molto deboli nella luce visibile, e sono individuate in base alla luce a lunghezze d'onda infrarosse. Furono originariamente chiamate "nane brune", molto prima che siano state effettivamente scoperte, per descrivere l'idea dei corpi che sono stati più freddi, più deboli e più rosse delle stelle nane rosse, con il colore marrone che rappresenta la combinazione di rosso e nero.

Traduzione di Arthur McPaul

Vuoi approfondire le conoscenze sulle nane brune? leggi qui



English version
Astronomers discover cool stars in nearby space
The object, known as SDSS 1416+13B, is a brown dwarf with peculiar colors.
Provided by Royal Astronomical Society, U.K.
This artist's concept shows a pair of cool brown dwarfs NASA/JPL-Caltech 
January 29, 2010
An international team, led by astronomers at the University of Hertfordshire in the United Kingdom, has discovered what may be the coolest sub-stellar body ever found outside our own solar system. Using the United Kingdom Infrared Telescope (UKIRT) in Hawaii, a discovery has been made of an object that is known as a brown dwarf.

What has excited astronomers are its very peculiar colors that actually make it appear either very blue or very red, depending on which part of the spectrum is used to look at it.

The object is known as SDSS 1416+13B, and it is in a wide orbit around a somewhat brighter and warmer brown dwarf, SDSS 1416+13A. The Sloan Digital Sky Survey detected the brighter member of the pair in visible light. By contrast, SDSS 1416+13B is only seen in infrared light. The pair is located between 15 and 50 light-years from the solar system, which is quite close in astronomical terms.

"This looks like being the fourth time in 3 years that the UKIRT has made a record breaking discovery of the coolest known brown dwarf, with an estimated temperature not far above 200° Celsius," said Philip Lucas at the University of Hertfordshire's School of Physics, Astronomy and Mathematics. "We have to be a bit careful about this one because its colors are so different than anything seen before that we don't really understand it yet. Even if it turns out that the low temperature is not quite record breaking, the colors are so extreme that this object will keep a lot of physicists busy trying to explain it."

SDSS 1416+13B was first noticed by Ben Burningham of the University of Hertfordshire as part of a dedicated search for cool brown dwarfs in the UKIRT Infrared Deep Sky Survey (UKIDSS). The object appeared far bluer at near infrared wavelengths than any brown dwarf seen before. A near infrared spectrum taken with the Japanese Subaru Telescope in Hawaii showed that it is a type of brown dwarf called a T dwarf, which has a lot of methane in its atmosphere, but with peculiar features including a big gap at certain wavelengths.

Burningham soon noticed that a previously observed brighter star (SDSS 1416+13A) that appears close by in the UKIDSS discovery image was also a brown dwarf. Team member Sandy Leggett, of the Gemini Observatory, then used the orbiting Spitzer Space Telescope to investigate SDSS 1416+13B at longer wavelengths. She measured its color at mid-infrared wavelengths, which are thought to be the most reliable indicator of temperature, and found that it is the reddest known brown dwarf at these wavelengths by some margin. Comparison with theoretical models of the brown dwarf atmospheres then provided a temperature estimate of about 441° Fahrenheit (227° Celsius).

"The fact that it is a binary companion to a warmer brown dwarf that also has an unusual spectrum is helping us to fill in some gaps in our understanding," said Burningham. "It seems likely that both brown dwarfs are somewhat poor in heavy elements. This can be explained if they are very old, which also fits with the very low temperature of the faint companion."

Too small to be stars, brown dwarfs have masses smaller than stars but larger than gas giant planets like Jupiter. Due to their low temperature, these objects are very faint in visible light, and they are detected by their glow at infrared wavelengths. They were originally dubbed "brown dwarfs" long before any were actually discovered to describe the idea of bodies that were cooler, fainter, and redder than red dwarf stars, with the color brown representing the mix of red and black.

fonte: http://www.astronomy.com/asy/default.aspx?c=a&id=9064

Buchi neri neonati potrebbero dare energia a stelle che stanno per esplodere

 E' stato scoperto che le supernovae emettono getti di particelle che viaggerebbero a più della metà della velocità della luce.

Provided by NASA headquarters, Washington, DC
January 28, 2010 

Nel Marzo del 2009, lo Swift della NASA, osservò la supernova SN 2009bb nella galassia a spirale soprannominata NGC 3278.
L'esplosione è visibile nella luce ordinaria ma non negli ultravioletti e nei raggi X e i satelliti non hanno registrato emissioni di raggi gamma.
Inoltre, alcuni getti che hanno accompagnato le esplosioni hanno raggiunto l'85% della velocità della
luce.
Precedentemente, l'unico catastrofico evento conosciuto capace di produrre qualche getto ad alta velocità, sono state le fiammate di raggi gamma (GRBs) delle esplosioni molto luminose dell'universo.
Nelle Supernove, molte tipologie comuni di GRBs si verificano quando stelle massiccie iniziano a bruciare il nucleo e collassano.
Una stella di neutroni o un buco nero formatisi dal nucleo di una stella, creano una massiccia esplosione distruggendo il resto della stella.

"Le dinamiche dell'esplosione nelle tipiche supernovae limitano la velocità dell'espansione della materia a circa il 3% della velocità della luce.
secondo Chryssa Kouveliotou, astrofisico al NASA's Marshall Space Flight Center in Huntsville, Alabama.
"Ma, in questi nuovi oggetti, stiamo tracciando il movimento del gas, circa venti volte più velocemente."

Gli astronomi hanno scoperto le emissioni ultra-veloci studiando due supernovae nelle onde radio con l'utilizzo di numerosi strumenti, incluso il National Science Foundation's Very Large Array nel Socorro in New Mexico e il Robert C. Byrd Green Bank Telescope nel West Virginia.
La squadra ha usato l'operazione in tempo reale dell'European Very Long Baseline Interferometry Network, una collaborazione in tempo reale di radio telescopi per una rapida analisi dei dati.

"Questi oggetti come i GRBs, eccedono perchè non producono raggi gamma", ci dice
Alicia Soderberg dell'Harvard-Smithsonian Center per Astrofisici in Cambridge, Massachusetts.
Soderberg guida un team che ha studiato SN 2009bb, una supernova scoperta nel marzo del 2009.
Essa è esplosa nella galassia a spirale NGC 3278 che è localizzata a circa 130 milioni di anni luce di distanza.

L'altro oggetto è SN 2007gr, che è stato scoperto nell'agosto del 2007 nella galassia NGC 1058, a circa 35 milioni di anni luce dalla Terra. Zsolt Paragi guida alla Netherlands Joint Institute un team di studio che include Kouveliotou e Alexander van der Horst, uno scienziato della NASA in Huntsville, per il Very Long Baseline Interferometry in Europa.
I ricercatori cercavano i segnali dei gamma ray associati con le supernovae usando registrazioni di archivio nel Gamma-Ray Burst Coordination Network localizzato al NASA's Goddard Space Flight Center a Greenbelt, nel Maryland.
Il progetto distribuisce e archivia le osservazioni del GRBs dello Swift, del Fermi Gamma-ray Space Telescope, e molti altri.
Comunque nessuna esplosione coincideva con la supernova.

Cosi come il collassamento delle supernovae, le stelle che producono i GRBs possiedono quello che gli astronomi chiamano "motore centrale", come un buco nero nascente, che guida i getti di particelle a circa il 99% della velocità della luce.
Dal contrasto, le forti espulsioni da SN 2009bb hanno raggiunto l'85% della velocità della luce e alcuni da SN 2007gr hanno raggiunto più del 60% della velocità della luce.

"Queste osservazioni sono le prime che mostrano delle supernovae potenziate da un "motore centrale" ha detto Soderberg said.
"Queste nuove tecniche radio ci danno un modo per cercare esplosioni che assomigliano a esplosioni di raggi gamma senza relazioni di ricezione dai satelliti.
Pertanto una delle 10,000 supernovae produce raggi gamma rilevate come GRB. In alcuni casi, i getti delle stelle possono non essere angolate in un modo da produrre esplosioni rilevabili. In altri, l'energia dei getti può non essere sufficiente per consentire loro di superare la maggior parte sovrastante della stella.
"Ora abbiamo trovato la prova per quel gruppo di supernovae - con getti relativamente scarsi e leggermente relativistici che possono essere rilevati solo nelle vicinanze e rappresentano probabilmente la maggior parte della popolazione " ha detto Kouveliotou.

Traduzione a cura di Arthur McPaul


Approfondimenti: Le supernovae



English version:
Newborn black holes may add power to many exploding stars
Supernovae were found to emit jets of particles traveling at more than half the speed of light.

Provided by NASA headquarters, Washington, DC

January 28, 2010
Astronomers studying two exploding stars, or supernovae, have found evidence that the blasts received an extra boost from newborn black holes. The supernovae were found to emit jets of particles traveling at more than half the speed of light.

Previously, the only catastrophic events known to produce such high-speed jets were gamma-ray bursts (GRBs), the universe's most luminous explosions. Supernovae and the most common type of GRBs occur when massive stars run out of nuclear fuel and collapse. A neutron star or black hole forms at the star's core, triggering a massive explosion that destroys the rest of the star.

"The explosion dynamics in typical supernovae limit the speed of the expanding matter to about 3 percent the speed of light," said Chryssa Kouveliotou, an astrophysicst at NASA's Marshall Space Flight Center in Huntsville, Alabama. "Yet, in these new objects, we're tracking gas moving some 20 times faster than this."

The astronomers discovered the ultra-fast debris by studying two supernovae at radio wavelengths using numerous facilities, including the National Science Foundation's Very Large Array in Socorro, New Mexico, and the Robert C. Byrd Green Bank Telescope in West Virginia. One team used the real-time operating mode of the European Very Long Baseline Interferometry Network, an international collaboration of radio telescopes, to rapidly analyze data.

"In every respect, these objects look like GRBs — except that they produced no gamma rays," said Alicia Soderberg at the Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics in Cambridge, Massachusetts.

Soderberg led a team that studied SN 2009bb, a supernova discovered March 2009. It exploded in the spiral galaxy NGC 3278 that is located about 130 million light-years away.

The other object is SN 2007gr, which was first detected in August 2007 in the spiral galaxy NGC 1058, some 35 million light-years away. Zsolt Paragi at the Netherlands-based Joint Institute led the study team, which included Kouveliotou and Alexander van der Horst, a NASA scientist in Huntsville, for Very Long Baseline Interferometry in Europe.

The researchers searched for gamma-ray signals associated with the supernovae using archived records in the Gamma-Ray Burst Coordination Network located at NASA's Goddard Space Flight Center in Greenbelt, Maryland. The project distributes and archives observations of GRBs by NASA's Swift spacecraft, the Fermi Gamma-ray Space Telescope, and many others. However, no bursts coincided with the supernovae.

Unlike typical core-collapse supernovae, the stars that produce GRBs possess what astronomers call a "central engine" — likely a nascent black hole — that drives particle jets clocked at more than 99 percent the speed of light.

By contrast, the fastest outflows detected from SN 2009bb reached 85 percent the speed of light and those from SN 2007gr reached more than 60 percent of light speed.

"These observations are the first to show some supernovae are powered by a central engine," Soderberg said. "These new radio techniques now give us a way to find explosions that resemble gamma-ray bursts without relying on detections from gamma-ray satellites."

Perhaps as few as one out of every 10,000 supernovae produce gamma rays that we detect as a GRB. In some cases, the star's jets may not be angled in a way to produce a detectable burst. In others, the energy of the jets may not be enough to allow them to overcome the overlying bulk of the star.

"We've now found evidence for the unsung crowd of supernovae — those with relatively dim and mildly relativistic jets that only can be detected nearby," Kouveliotou said. "These likely represent most of the population."


Fonte: http://www.astronomy.com/asy/default.aspx?c=a&id=9018

L'eruzione di U Scorpii è iniziata [ita-eng]

Gli osservatori astronomici di tutto il pianeta osserveranno questo importante sistema per i prossimi mesi.


Provided by AAVSO, Cambridge, Massachusetts
Artists rendition of the recurrent nova RS Oph. David Hardy/PPARC

Due astrofili dalla Florida, hanno rilevato una rara esplosione di una famosa nova, la U Scorpii, che è sotto l'occhio dell'Hubble Space Telescope, Swift e dello Spitzer Space Telescope. L'ultima esplosione era avvenuta nel febbraio 1999.
Gli osservatori di tutto il pianeta osserveranno intensamente questo importante sistema per i prossimi mesi cercando di scoprire i misteri dell'accrescimento di queste nane bianche, progenitori delle super nove.
Una delle cose importanti di questa esplosione è che era stata preannunciata in anticipo da 
Bradley Schaefer, della "Louisiana State University" e dagli osservatori so dell'American Association of Variable Star Observers (AAVSO), i quali avevano attentamente monitorato la stella fin dal febbraio dello scorso anno, attendendo i primi segni dell'eruzione.
Gli osservatori dell'AAVSO, Barbara Harris e Shawn Dvorak, notando i segni delle imminenti eruzioni hanno invitato tutti gli altri astronomi tramite i satelliti e gli osservatori di terra a non perderse questa grande opportunità.

Il tempo è un elemento critico, perchè U Scorpii sta raggiungendo la massima luminosità e potrebbe dissolversi in un giorno.
Sono conosciute solo 10 novae ricorrenti. Questo, associato al fatto che tale eruzione può avvenire solo ogni 10 o 100 anni, fa di questo raro fenomeno un'occasione molto importate per gli astronomi. 
Le novae ricorrenti sono stelle binarie molto strette in cui la materia è unita dalle stella secondaria sulla superfice della nana bianca primaria.
A volte, questo materiale che si è accumulato innesca un'esplosione termonucleare che provoca l'eruzione della nova. Le classiche novae sono sistemi dove una eruzione è stata storicamente registrata.
Possono essere esplosioni ricorrenti ma alcune possono avvenire anche ogni migliaia o milioni di anni. Nelle RNe accade dai 10 ai 100 anni.

La diferenza deriva dalla massa della nana bianca. La massa deve essere dentro il limite di Chandrasekhar, circa 1.4 volte la massa del Sole.
Questa elevata massa crea, per una superfice con alta gravità che permette ad una piccola quantità di materia di innescare la reazione termonucleare.

Le nane bianche nelle RNe sono approssimativamente 1.2 volte la massa solare o più.
La percentuale di massa che è accresciuta sulla nana bianca deve essere relativamente alta, comunque.
Questo è l'unico modo per dare ancora materiale accumulato sulla nana bianca in breve tempo, come per le nove classiche. Le novae ricorrenti sono di particolare interesse perchè possono rappresentare uno stadio in cui l'evoluzione di sistemi di binarie strette diventano supernovae. Così la massa si accresce sulla nana bianca, e possono raggiungere il limite di Chandrasekhar. Quando la nana bianca raggiunge questa massa, collassa e diventa una supernova.
Il problema in questa teoria è che la massa è esplulsa fuori dalla nana bianca in una eruzione.
Se la massa in eccesso è espulsa durante un'eruzione che si è accumulata durante il precedente intervallo tra le eruzioni, la nana bianca non guadagnerà massa e non collasserà in una supernova.

In ogni caso, gli scienziati sono pronti ad ottenere tutti i dati necessari su questa eruzione per determinare cosa succede alla nana bianca quando la massa sarà eplulsa e la sua relativa percentuale di accrescimento.
L'AAVSO sta richiedendo che il fenomeno venga osservato anche dagli astrofili, in quanto i dati osservativi saranno combinati con quelli dei grandi osservatori e con quelli dei telescopi spaziali per svelare i segreti di questi rari sistemi.

Traduzione a cura di Arthur McPaul



English version:
Long-anticipated eruption of U Scorpii has begun
Observers around the planet will be observing this remarkable system intensely for the next few months.
Provided by AAVSO, Cambridge, Massachusetts

Artists rendition of the recurrent nova RS Oph. David Hardy/PPARC [View Larger Image]
Today, two amateur astronomers from Florida detected a rare outburst of the recurrent nova U Scorpii, which set in motion satellite observations by the Hubble Space Telescope, Swift, and Spitzer. The last outburst of U Scorpii occurred February 1999. Observers around the planet will be observing this remarkable system intensely for the next few months trying to unlock the mysteries of white dwarfs, interacting binaries, accretion, and the progenitors of type Ia supernovae.

One of the remarkable things about this outburst is it was predicted in advance by Bradley Schaefer, of Louisiana State University, so observers of the American Association of Variable Star Observers (AAVSO) have been closely monitoring the star since last February, waiting to detect the first signs of an eruption. This morning, AAVSO observers Barbara Harris and Shawn Dvorak sent in notification of the outburst, sending astronomers scrambling to get "target of opportunity observations" from satellites and continuous coverage from ground-based observatories. Time is a critical element because U Scorpii is known to reach maximum light and start to fade again in one day.

There are only 10 known recurrent novae (RNe). This, coupled with the fact that eruptions may occur only once every 10 to 100 years, makes observations of this rare phenomenon extremely interesting to astronomers. Recurrent novae are close binary stars where matter is accreting from the secondary star onto the surface of a white dwarf primary. Eventually, this material accumulates enough to ignite a thermonuclear explosion that makes the nova eruption. Classical novae are systems where only one such eruption has occurred in recorded history. They may have recurrent eruptions, but these may occur thousands or millions of years apart. RNe have recurrence times of 10 to 100 years.

The difference is thought to be the mass of the white dwarf. The white dwarf must be close to the Chandrasekhar limit, 1.4 times the mass of the Sun. This higher mass makes for a higher surface gravity that allows a relatively small amount of matter to reach the ignition point for a thermonuclear runaway. White dwarfs in RNe are thought to be roughly 1.2 times solar or greater. The rate at which mass is accreted onto the white dwarf must be relatively high also. This is the only way to get enough material accumulated onto the white dwarf in such a short time, as compared to classical novae.

Recurrent novae are of particular interest to scientists because they may represent a stage in the evolution of close binary systems on their way to becoming type Ia supernovae. As mass builds up on the white dwarf, they may eventually reach the tipping point, the Chandrasekhar limit. Once a white dwarf exceeds this mass, it will collapse into a type Ia supernova.

A problem with this theory is the mass that is blown off the white dwarf in the eruption. If more mass is ejected during an eruption than has accreted during the previous interval between eruptions, the white dwarf will not be gaining mass and will not collapse into a type Ia supernova. Therefore, scientists are eager to obtain all the data they can on these eruptions to determine what is happening with the white dwarf, the mass that is ejected, and the rate of accretion.

The AAVSO is requesting observations from amateur astronomers. Data from backyard telescopes will be combined with data from mountaintop observatories and space telescopes to help unravel the secrets of these rare systems.

giovedì 28 gennaio 2010

NEMESIS PROJECT RESEARCH SU NEAPOLIS del 28 gennaio 2010

NEMESIS PROJECT RESEARCH 
SU NEAPOLIS RAI 3





QUI IL LINK DELLA PUNTATA COMPLETA:
http://www.youtube.com/watch?v=MnJOiBNK1qM


Il 28 gennaio 2010, è stato un grande giorno per questo blog. Nemesis Project Research è stato recensito sul noto programma di tecnologia e internet, NEAPOLIS, su RAI 3.
Il servizio riguardante il blog è stato inserito nella parte finale, con una strepitosa presentazione video e con citazioni precise degli argomenti trattati e i ringraziamenti che il blog ha ricevuto dal noto astrofisico John J. Matese e dal chimico inglese A. Lloyd, entrambi impegnati su vie diverse per lo studio e la ricerca di Nemesis.
  Un saluto caloroso benvenuto a tutti i nuovi lettori del blog! 

Un grande giorno per la ricerca indipendente e per coloro che si occupano di astronomia e di scienza, ma un grande giorno anche per tutti i siti amici di Nemesis Project Research, come Nibiru2012.it, New Ice Age e Ex Pianeta di Dio.

Arthur McPaul

mercoledì 27 gennaio 2010

Nessun Ufo sul Sole, possiamo stare tranquilli

Dopo il gran polverone degli oggetti non identificati apparsi nei pressi del Sole, ecco l'analisi fotovisuale delle immagini per ribadire che in realtà, non è c'è nessuna anomalia!

Padova, 27 gennaio 2010 (Italy)
In questi giorni stanno facendo il giro del web, in tutto il mondo, delle immagini che rappresenterebbero dei dischi in transito o nelle zone limitrofe al Sole.
I dati scientifici su cui si basano queste segnalazioni provengono dai dati della sonda STEREO, che è un laboratorio spaziale di analisi sull'attività solare.
Le immagini ritenute anomale, riportate su centinaia di siti in tutto il mondo, sono state raccolte in un video pubblicato su YouTube, rivediamolo:


Da questo video sono state principalmente estrapolate le immagini per l'analisi fotovisuale dal quale si è giunti frettolosamente a concludere che si tratti di UFO.



Il sito di ricercatori indipendenti, lo Starviewer Team, ha analizzato nello specifico queste immagini e  il risultato è stato che si tratterebbe di sfere che avrebbero il diametro di ben 12000 km, come quanto riportato in questo passo dell'articolo:

"Un “pixel” señalado en la foto, equivale a 1.200 km. El contorno del esferoide está en blanco y la parte central, representa una línea ecuatorial que sobresale 1/2 pixel del esferoide (una cordillera de 600 km de altura), en cada lado del ecuador. Y éste a su vez, presenta un diámetro ecuatorial de 10 pixels (12.000 km), y un diámetro entre sus polos de 8 pixels (9.200 km). Un objeto, de tamaño similar a la Tierra" 

basandosi principalmente su questo ingrandimento:


Andiamo adesso ad analizzare i vari aspetti del fenomeno.

Le sonde STEREO A e B
Parliamo brevemente dallo strumento che ha effettuato la ripresa delle foto: le sonde STEREO.
STEREO (Solar TErrestrial RElations Observatory) è una missione scientifica della NASA (USA) che ha il compito di ottenere delle immagini stereoscopiche della nostra stella e dei suoi fenomeni, come le espulsioni di massa dalla corona.
La caratteristica di questa missione è che consta di due sonde gemelle (sonda STEREO A e sonda STEREO B) che hanno assunto un'orbita geocentrica altamente ellittica per stabilizzarsi attorno alla Terra.


In seguito alle manovre di stabilizzazione orbitale, la sonda A viaggia ad una velocità superiore a quella di B, esse si stanno allontanando l'una dall'altra.

Di conseguenza risulterà entro breve tempo impossibile per l'occhio umano riuscire a fondere le immagini stereoscopiche. Al termine del mese di marzo 2007 la parallasse stereoscopica era di 1/50, ma già a giugno dello stesso anno era scesa a 1/25. La parallasse stereoscopica "ideale" equivale a 1/30, mentre già al di sotto di 1/10 la fusione delle immagini risulta difficoltosa anche per gli esperti.Poiché le immagini provenienti dalla sonda A sono più grandi rispetto a quelle ottenute dalla sonda B (che si trova più lontana dal Sole rispetto alla gemella), è necessario correggere tale ingrandimento prima di poter fondere stereoscopicamente le immagini ottenute dalle due sonde. Anche se la visione tridimensionale della stella è divenuta sempre più difficile, la missione continua a rivelarsi estremamente utile per via della mole di dati fisici che giunge sulla stella.

Gli strumenti coinvolti nella ripresa delle immagini discusse, sono state riprese dallo strumento SECCHI (Sun Earth Connection Coronal and Heliospheric Investigation), che comprende i seguenti sensori:
una nell'ultravioletto lontano e due coronografi in luce bianca (noti collettivamente come Sun Centered Instrument Package o SCIP), creati per rappresentare il disco solare e la corona, più due camere ideate per lo studio dell'eliosfera (dette HI), che riprendono lo spazio che intercorre tra la Terra e il Sole. L'obiettivo del SECCHI è quello di studiare l'evoluzione tridimensionale delle espulsioni di massa dalla corona durante il loro moto dalla superficie del sole attraverso la corona ed il mezzo interplanetario sino al loro impatto con la magnetosfera terrestre.
In particolare le immagini sono state riprese dal sensore Extreme UV Imaging Telescope (EIT) studia la bassa corona, la sua struttura e la sua attività Esso è in grado di riprendere immagini dettagliate dell'intera superficie solare in luce ultravioletta; in questo modo, è facile individuare protuberanze e brillamenti, fenomeni altamente energetici che influenzano l'intera atmosfera solare.

Entrando nella pagina della missione STERO, si legge in alto questo spoiler:

"Shown here are the latest SECCHI beacon images. The STEREO space weather beacon telemetry mode is a very low rate, highly compressed data stream broadcast by the spacecraft 24 hours per day. These data are used for space weather forecasting. Because of the large compression factors used, these beacon images are of much lower quality than the actual science data."

...a causa della grande compressione dei larghi fattori di compressione utilizzati, queste immagini faro sono di bassa qualità rispetto agli attuali dati scientifici.

Le immagini pubblicate, a causa dei problemi di bassa qualità vengono rielaborate successivamente in post-processing con una risoluzione più alta, come si è verificato nel caso delle nostre anomalie.

Ecco la prima delle immagini "incriminate" in cui è stata evidenziata l'anomalia:




ed ecco la stessa immagine dopo il post-processing effettuato a terra:
 



Le vistose anomalie sono del tutto sparite. Si trattava di una cattiva visualizzazione di una stella di fondo o di rumore di fondo, altrimenti l'oggetto sarebbe stato evidenziato anche dopo il post-processing. Ma continuiamo con l'analisi delle foto:


Anche questa immagine mostra numerose anomalie visuali, come segnalate sempre dallo Starviewer Team. Le frecce stanno ad indicare le testimonianze visuali, secondo il loro rapporto, di oggetti di natura non naturale, che orbitano nelle strette vicinanze del Sole ed una apparirebbe addirittura in transito su di esso. Ecco l'immagine correttamente processata:

Anche in questo caso le anomalie sono state rimosse, in particolare è completamente sparita la "bad pixel area" in basso a sinistra che lasciava erroneamente intendere la presenza di un "disco" sferoidale.

In questo terzo fotogramma, sono riportate delle aree zoomate delle anomalie, che sempre  secondo la medesima interpretazione rappresenterebbero dei dischi orbitanti attorno al Sole.

Ma come si vede nell'elaborazione finale, non appaiono assolutamente dischi o sfere tridimensionali che possano indurre a credere che si tratti di astronavi:


Analizziamo infine l'ultima immagine STEREO, quella in cui appare la zoomata del presunto disco "extraterrestre". Anche in questo caso si tratta di una cattiva interpretazione, in realtà l'oggetto non è nient'latro che un'area in bassa risoluzione.


Nel documento originale segnalato dal sito spagnolo, non appare la nomenclatura dell'immagine, ma dal video sono risalito al fotogramma, che risale al 18 gennaio 2010.
Ecco in basso il fotogramma rielaborato in alta risoluzione e presente sul sito ufficiale della STEREO:


Anche in questo caso l'anomalia è completamente sparita e al suo posto appare una piccola stellina di fondo, che con un pò di pazienza e un simulatore celeste sarebbe facilmente identificabile.
Sarebbe in teoria  inutile andare oltre con l'analisi.
Da molte parti è stato posto un dubbio riguardo ai grossi blocchi di pixel neri, che secondo i complottisti, sarebbero stati posti per censurare dei particolari che rivelerebbero la presenza della vita extraterrestre.
Le immagini sono state rilasciate dalla sonda SOHO, che anch'essa studia ed analizza il Sole.
La camera chiamata in causa è la EIT 304, l'Extreme ultraviolet Imaging Telescope, che riprendere immagini dettagliate dell'intera superficie solare in luce ultravioletta; per individuare protuberanze e brillamenti, fenomeni altamente energetici che influenzano l'intera atmosfera solare.
Lo strumento, però, è stato danneggiato nel febbraio del 1998, probabilmente da una micrometeorite, che ha creato un forellino da cui entra luce indesiderata. Proprio per questo, da allora EIT indossa permanentemente "occhiali da sole", per evitare danni al sensore.
Rivediamo dunque le immagini che sarebbero frutto di una cospirazione di censura da parte della NASA:


In realtà, il sensore, a causa del guasto subito, necessita spesso di manutenzione e spesso invia a terra immagini "rovinate" ricche cioè di "bad pixel" o aree in cui mancano totalmente paccheti dati.
Ricordiamo che inoltre, nel 2003, un danneggiamento al motore che comanda l'antenna di guadagno ha costretto all'utilizzo di una antenna secondaria, E' facile, a causa dei danni subiti dalla sonda, in tanti anni di permanenza, che i dati subiscano spesso anomalie. Tali anomalie non pregiudicano il ruolo che la sonda ha, cioè osservare i fenomeni solari, come i brillamenti, le protuberanze e tutti glia altri fenomeni energetici annessi.
Per esempio. qualche giorno fa, altre immagini sono giunte a terra gravemente danneggiate:


Allora, stando alle accuse dei complottisti, in questa immagine saremmo stati di fronte ad una vera invasione aliena??? No, si tratta semplicemente di errori di invio dati.
In questa immagine, sventurata, è giunto per esempio ben poco:


E vista la sua inutilità scientifica. è possibile che venga presto rimossa dal sito dedicato alla raccolta di tutte le immagini (http://sohodata.nascom.nasa.gov/cgi-bin/soho_movie_theater).

Alcuni complottisti, hanno alluso alla possibilità che si tratti di astronavi madri, che annuncerebbero l'avvento di Nibiru. Estrapolando per comodità, le informazioni da Wikipedia, che raccoglie più semplicemente fior di trattati scientifici al riguardo, vorrei ricordare che la temperatura della corona solare, la zona dove sarebbero stati avvistati questi oggetti, oscilla tra valori di temperatura compresi tra gli 1,3 milioni e i 10 milioni di gradi Kelvin. Ad una temperatura simile, la materia semplicemente si ionizza, si dissolve, vengono emessi atomi di elio nel vento solare e fotoni. Abbiamo in quelle aree interessanti, il nulla, la disintegrazione stessa di ogni elemento o quasi. Nessun oggetto, potrebbere resistere a tali temperature infernali. Nemmeno nella più ardita fantascienza.


Per spiegare la questione più approfonditamente, bisognerebbe analizzare la questione in termini fotometrici, visto che i sensori delle sonde STERO e SOHO, sono sensori CCD:
Per semplificare osserviamo un esempio di come il rumore di fondo disturbi le immagini e quale sia poi l'effetto finale, dopo che viene tolto via software:

Questo è quello che spesso accade alle sonde spaziali. Siccome le immagini vengono spesso pubblicate in modo praticamente diretto, può risultare che in molte di esse compaiano anomalie.
Con questo spero di aver definitivamente chiarito la questione nei termini più semplici possibili.

Conclusioni:
Spesso, il desiderio insito nell'uomo, misto alla non conoscenza degli ingegni tecnici e della fisica di base, portano a interpretare male alcuni fenomeni naturali.
Da questa analisi, tra l'altro molto semplice e comparativa, si evince che lo studio dell'uomo di fronte ai misteri della scienza, sta operando sfruttando tutte le possibilità tecniche.
Non voglio ostinatamente difendere la NASA, perchè nessuno è santo, ma in questo caso, un pochino di conoscenza in più avrebbe evitato il diffondersi della ennesima "bufala" (come diciamo in Italia) o falsa notizia, che poi porta a fenomeni raccapriccianti, come l'isteria di massa o la mistificazione di cose che non esistono.
Stiamo tranquilli, lassù, tra le fiamme ardenti del Sole, per il momento nessun UFO!

articolo a cura di Arthur McPaul

L'articolo è stato pubblicato in contemporanea sul sito di informazione scientifica New Ice Age
Un caloroso saluto alla redazione per la pubblicazione


Fonti:
http://starviewer.wordpress.com/






Nuova classe stellare: Le elettrodeboli [ita-eng]

Un nuovo modello di stelle potrebbe presto aggiungersi a quelli già esistenti.
In quella fase finale, che porta alla fine stessa della stella e al suo collassamento in probabile buco nero, un nuovo studio prevede la possibilità che esistano le "stelle elettrodeboli".

Leggiamo l'articolo nella traduzione in italiano da space.com:

Gli scienziati hanno proposto una nuova classe di stelle, con un motore esotico che emetterebbe neutrini, difficili da rivelare, anzichè fotoni di luce come le stelle regolari.
Questi oggetti, soprannominati "stelle elettrodeboli," potrebbero realmente esistere grazie al Modello Standard della fisica, anche se nessuna è stata ancora scoperta, in quanto non avrebbero molto brillantemento nella luce visibile. Un team di fisici guidato da Glenn Starkman dell'Ohio Case Western Reserve University, descrivere la struttura di tali stelle in un documento presentato di recente alla rivista Physical Review Letters. I ricercatori hanno teorizzato che una stella elettrodebole, potrebbe esistere verso la fine della vita di una stella massiccia, dopo che è terminata la fusione nucleare nel suo nucleo, ma prima che la stella collassi in un buco nero.

A questo punto, la temperatura e la densità all'interno di una stella può essere così in alta, che le particelle subatomiche chiamate quark (che sono i mattoni di protoni e neutroni), potrebbero essere convertite in particelle più leggere chiamate leptoni, che comprendono gli elettroni e neutrini. "In questo processo, che noi chiamiamo "la masterizzazione elettrodebole", può essere liberata una enorme quantità di energia", hanno scritto i ricercatori nel documento scientifico.

Purtroppo per gli osservatori, gran parte di questa energia sarebbe sotto forma di neutrini, che sono particelle neutre molto leggere e che possono passare attraverso la materia ordinaria, senza interagire, rendendoli molto difficili da individuare. Una piccola frazione di una stella elettrodebole sarebbe in forma di luce cioè dove gli astronomi potrebbero concentrare i loro sforzi per osservarle.

Ma, "per capire qual è la piccola frazione, dobbiamo capire meglio come essa è fatta", ha detto Starkman. Se le stelle elettrodeboli esistono, potrebbe vivere almeno 10 milioni di anni, secondo i fisici.
"Questo è il tempo necessario a rappresentare una nuova fase dell'evoluzione di una stella" hanno scritto i ricercatori.

Tuttavia, tale periodo di tempo, è soltanto un batter d'occhio per la gran parte delle stelle, che vivono per miliardi di anni. "Le stelle elettrodeboli sarebbero un importante arricchimento per l'astrofisica", hanno scritto gli scienziati.
"Tuttavia, il lavoro considerevole resta ancora da fare prima che possiamo affermare con fiducia che tali oggetti si formino nel naturale processo di evoluzione stellare, o che possano effettivamente bruciare costantemente per un periodo prolungato".

Traduzione a cura di Arthur McPaul


English version:

Scientists have proposed a new class of star, one that has an exotic stellar engine that would emit mostly hard-to-detect neutrinos instead of photons of light like regular stars.

These objects, dubbed "electroweak stars," are plausible because of the Standard Model of physics – though none have been detected yet – partly because they wouldn't shine very brightly in visible light.

A team of physicists led by Glenn Starkman of Ohio's Case Western Reserve University describe the structure of such stars in a paper recently submitted to the journal Physical Review Letters.

An electroweak star could come into being toward the end of a massive star's life, after nuclear fusion has stopped in its core, but before the star collapses into a black hole, the researchers found.

At this point, the temperature and density inside a star could be so high, subatomic particles called quarks (which are the building blocks of protons and neutrons) could be converted into lighter particles called leptons, which include electrons and neutrinos.

"In this process, which we call electroweak burning, huge amounts of energy can be released," the researchers wrote in the scientific paper.

Unfortunately for observers, much of that energy would be in the form of neutrinos, which are very light neutral particles that can pass through ordinary matter without interacting, making them very difficult to detect.

A small fraction of an electroweak star's output would be in the form of light, though, which is where astronomers could concentrate their efforts to observe them. But, "to understand that small fraction, we have to understand the star better than we do," Starkman said.

If electroweak stars do exist, they could last at least 10 million years, the physicists found.

"This is long enough to represent a new stage in the evolution of a star if stellar evolution can take it there," the researchers wrote.

Nonetheless, such a period of time is still merely a blink of an eye for most stars, which live for billions of years.

"Electroweak stars would be an exciting addition to the diverse menagerie of astrophysical bodies that the universe provides," the scientists wrote. "Nevertheless, considerable work remains to be done before we can claim with confidence that such objects will form in the natural process of stellar evolution, or that they will indeed burn steadily for an extended period."

link:
http://www.space.com/scienceastronomy/exotic-star-type-proposed-100122.html

martedì 26 gennaio 2010

Callisto e Ganimede: scoperta la loro differenza


E' recentissima la notizia che le differenze geologiche tra i due satelliti di Giove è giunta ad una spiegazione scientifica concreta. 

A pubblicare lo studio è stato il Southwest Research Institute con un articolo apparso apparso sul "Nature Geoscience"

Le due lune di Giove sono simili nelle dimensioni e sono costituiti da una miscela di ghiaccio e roccia, ma i dati delle sonde Galileo e Voyager mostrano che essi sono differenti sia per l'aspetto della superficie sia per la struttura degli strati geologici interni; finora, tuttavia, nessuno è riuscito a fornire una spiegazione esaustiva della circostanza.
I ricercatori Amy C. Barr e Robin M. Canup del Planetary Science Directorate dell'SwRI hanno realizzato un modello dei processi di fusione da impatto e di formazione delle rocce del nucleo per mostrare il processo evolutivo dei due satelliti, che ha cominciato a divergere circa 3,8 miliardi di anni fa, durante il cosiddetto Tardo bombardamento pesante, la fase della storia lunare dominata da grandi eventi di impatto.

"Gli impatti di questo periodo hanno determinato processi di fusione su Ganimede così diffusi e profondi che il calore non poteva essere dissipato velocemente: ciò ha fatto sì che tutta la roccia di Ganimede sia affondata verso il centro", ha commentato Barr. "Callisto ha subito meno impatti e a velocità inferiori, e ha così evitato la fusione completa."

Nel modello di Barr e Canup, l'enorme gravità di Giove ha concentrato gli impatti cometari su Ganimede e Callisto. Ciascun impatto sulla superficie di ghiaccio e roccia dei due satelliti ha creato masse di acqua liquida, permettendo l'affondamento degli oggetti più pesanti.




Ganimede è più vicino a Giove e perciò è stato colpito da un numero di oggetti all'incirca doppio rispetto a Callisto, e con una velocità media più alta. Queste differenti condizioni hanno determinato un continuo afflusso di energia che si è autosostenuto su Ganimede ma non su Callisto.
Lo studio ha così gettato una luce nuova sulla cosiddetta "Dicotomia Ganimede-Callisto", un problema classico nella planetologia comparativa, un ambito di studi che cerca di spiegare perché alcuni oggetti del sistema solare abbiano la stessa costituzione ma un aspetto radicalmente differente.
In particolare, lo studio collega l'evoluzione dei satelliti di Giove alla migrazione orbitale dei pianeti esterni e alla storia dei bombardamenti della Luna terrestre.

"Così come la Terra e Venere, Ganimede e Callisto sono gemelli e comprendere come siano nati insieme e si siano evoluti in modo così differente è di estemo interesse per la planetologia", ha spiegato Barr. "Il nostro studio mostra che Ganimede e Callisto hanno registrato le impronte delle prime fasi evolutive del sistema solare, che sono veramente eccitanti e non tutte attese.

Callisto è uno dei quattro satelliti maggiori di Giove scoperti da Galileo Galieo nel 1610. La sua etá stimata si aggira intorno ai 4 miliardi di anni.
Inoltre per le sue dimensioni è terzo satellite dell'intero Sistema Solare raggiungendo quelle di Mercurio.
Se callisto orbitasse in una sua orbita, sarebbe un pianeta capace pribabilmente capace di ripulire la sua orbita da corpi minori e sarebbe considerato un vero e proprio pianeta.
La sua orbita è posta all'esterno della cintura di radiazioni di Giove, condizione che ha permesso di mantenere una tenue atmosfera composta da anidride carbonica, rilevata attraverso lo spettrometro della sonda Galileo. Secondo le stime della pressione atmosferica di 7,5×10-12 bar ed una densità di 4×108 cm−3. Callisto dovrebbe perderla teoricamente entro 4 giorni, ma ciò non accade in quanto qualche processo sconosciuto la reintegra costantemente. L'ipotesi più verosimile è che la sublimazione del ghiaccio di anidride carbonica presente sulla superficie ghiacciata la reintegri continuamente.

Inoltre gli elevati valori valori della inosfera ( 7–17×104 cm−3) suggeriscono avviene la fotoionizzazione dell'anidride carbonica in ossigeno molecolare, non ancora rilevato da Hubble che non ha gli strumenti adeguati.
Sempre l'Hubble però, ha individuato ossigeno condensato ed intrappolato sulla superficie.
La sua superfice, attentamente studiata dal Voyager 2, è la più fortemente craterizzata del Sistema Solare con regioni crateriche di 1600 km (bacino Asgard), 600 km (bacino Valhalla) e anelli concentrici che raggiungono i 3000 chilometri di diametro;

Un'altra caratteristica interessante è la Gipul Catena, una lunga serie di crateri da impatto posti su una linea retta lungo la superficie di Callisto, probabilmente i resti dell'impatto di una cometa frammentatasi prima a causa della forte mare di Giove (un pò come la Cometa Shoemaker-Levy 9).

La struttura interna di Callisto.
La superficie butterata di Callisto si estende al di sopra di uno strato ghiacciato spesso circa 200 chilometri. Sotto la crosta si trova probabilmente un oceano salato, spesso 10 chilometri.

L'oceano fu scoperto indirettamente attraverso studi del campo magnetico attorno a Giove e ai suoi satelliti più interni; fu trovato che il campo magnetico di Callisto è variabile in direzione, in risposta alle diverse configurazioni orbitali del satellite rispetto al campo magnetico di Giove. Questo suggerisce che all'interno di Callisto si trovi uno strato di fluido molto conduttivo.

Un altro indizio è che l'emisfero del satellite direttamente opposto al bacino Valhalla non mostra alcuna frattura, a differenza di quanto succede agli antipodi di crateri di simili dimensioni sulla Luna o su Mercurio; uno strato liquido sarebbe probabilmente in grado di assorbire le onde sismiche prima che esse possano rifocalizzarsi sul punto opposto della crosta planetaria.

Sotto l'oceano, Callisto sembra presentare un nucleo particolare, non interamente uniforme, ma tuttavia stabile. I dati della sonda Galileo suggeriscono che questo nucleo sia composto da roccia e ghiaccio compressi, con una percentuale di roccia crescente all'aumentare della profondità.

Video:


link:
http://www.swri.org/9what/releases/2010/BarrCanup.htm

traduzione: 
http://lescienze.espresso.repubblica.it/

UFO sul Sole?




Stanno facendo il giro del mondo le foto che ritraggono le anomalie delle sonde STEREO e SOHO, che ricordiamo essere i principali satelliti geostazionari che osservano appunto la nostra stella.

Non è la prima volta che la sonda SOHO ha trasmesso immagini particolari a terra, spesso però si trattava di difetti di ricezione e decodifica del dati.
Non ci dimentichiamo infatti che gli strumenti di questi osservatori spaziali sono composti da sensori CCD molto sensibili, che hanno spesso bisogno di manutezione informatica per poter continuare a funzionare.
Nonostante questo sia noto, sono inziate a girare in rete queste foto, su alcuni siti come segnalidalcielo prese appunto tra quelle che vengono quotidianamente pubblicate sui siti della NASA dedicati a STEREO e SOHO.
Ma ad occuparsi della faccenda, a sorpresa, oltre al New Ice Age, ci sono stai anche gli spagnoli dello Starviewer Team, che in particolare hanno approfondito l'analisi pubblicando le interessanti foto che possiamo guardare in basso.
Osserviamole:

(immagine 1)

(immagine 2)

(immagine 3)

(immagine 4 - 2010/01/18/behind/euvi/195/1024/2010-01-18_ore 05:36:02)

(immagine 5)

(immagine 6)

E osserviamo il video relativo che sta girando sul tube, che rivelerebbe la presenza di UFO sul Sole:


Infine, le conclusioni cui è giunto il noto sito di studiosi spagnoli:

"Nassim Haramein coincide con la nostra analisi ed ha rilevato che le anomalie riscontrate in questi satelliti artificiali sono oggetto sferoidale delle dimensioni della Terra. Inoltre, ha aggiunto apertamente, con il sole di entrare e / o lasciare il sistema solare.

Come prova, caratterizzato da una video che in maniera chiara e tale circostanza a loro conferenze nel Rogue Valley Metaphysical Library nel 2003.

Ti ringraziamo per il sostegno ricevuto da parte del team tecnico e la collaborazione Harmein di astrofisici indipendenti ci hanno aiutato a preparare questa relazione e se corrisponde con i dati dei rapporti di artificialità in satelliti ed elaborati durante i mesi di agosto e settembre 2009.

Analogamente a collaboratori e membri della Starview di rete che hanno contribuito a snellire il gruppo di lavoro del satellite di osservazione speciale del sole, sotto la supervisione di ESAM, e con l'aiuto prezioso di Ademuz che ha svolto un ottimo lavoro in fotografia di STEREO può essere letta qui: http://ademuzexperience.wordpress.com/

Per quanto riguarda la conferenza Haramein nel 2003, possono essere trovate per intero: e sul web http://www.theresonanceproject.org/

Concludo rilevando che questa analisi è stato un importante esempio di lavoro di squadra, e che questa volta, ha ricevuto la verifica dei vari esperti del Team Internazionale.

Nessuna domanda. Abbiamo una prova inconfutabile empirica per vita intelligente extraterrestre nel nostro sistema solare."


http://starviewer.wordpress.com/2010/01/25/nassim-haramein-coincide-con-nuestro-analisis-y-anade-que-se-trata-de-esferoides-del-tamano-de-la-tierra-que-utilizan-el-sol-como-agujero-de-gusano/

Secondo lo Starviewr Team, dunque si tratta della "prova inconfutabile" della presenza di "vita intelligente" nel Sistema Solare.
Questa conclusione è giunta dalle analisi delle immagini e in particolare dallo zoom di uno dei particolari:

(zoom del misterioso oggetto)

In tantissimi forum questa ipotesi è stranamente condivisa, si parla di UFO intelligenti, che sorvolano il Sole e si accusa la NASA di voler celare la verità. Viene persino citata la Bibbia:

Luca Capitolo 21 vs 5:
"E vi saranno dei segni nel Sole, nella Luna e nelle stelle; e sulla Terra, angoscia delle nazioni, sbigottite dal rimbombo del mare e dalle onde."


Per esperienza personale, ritengo che i fotogrammi siano spesso eliminati dopo una prima pubblicazione in quanto sono difettati, si vedono male e comunque sono ininfluenti per le analisi spettroscopiche per il quale sono nate ed utilizzate le sonde STEREO e SOHO.
In ogni caso, i dubbi sono tanti.
Se si trattasse davvero di un mezzo alieno, come farebbe a resistere ad una temperatura media di 2.5 milioni di gradi kelvin???
A quale fine, delle astronavi aliene dovrebbero recarsi così vicino alla corona solare?
L'ipotesi che si tratti di mezzi alieni è del tutto da escludere, anche nell'ipotesi più apertamente fantasiosa.

Di cosa può trattarsi allora?
Senza escludere fenomeni legati al plasma solare, come ad esempio emissione gigantesche di bolle plasmatiche espulse dall'attività normale del Sole, l'ipotesi più plausibile è che si tratti di semplici difetti di trasmissione.
Molto significatica è un'immagine pubblicata sempre sul sito SOHO, in cui è ripreso un flare di classe M come appare sul sensore EIT 195:


Notate come il flare di classe M, venga ripreso in modo anomalo, differentemente da come appare nella luce visibile.
Con immagini di questo tipo è facile, che i non esperti in materia, vedano "colombe", segni dell'apocalisse, UFO, pianeti vaganti, astronavi...

Riguardo alle cause naturali, molto ci sarebbe da dire, il Sole non è ancora stato pienamente studiato, ed alcuni fenomeni meritano di essere approfonditi.
Lo stesso ciclo undecennale non è stato pienamente spiegato, pensiamo poi ai Superminimi, che in passato sono durati decine di anni, senza una logica concomitanza di eventi.
Tutti questi fattori dovrebbero indurre prudenza sull'agomento, evitando di giungere facilmente a conclusioni affrettate.

Sarei curioso di leggere i vostri pareri in merito e a breve un dossiet completo sulle analisi delle foto!

Arthur McPaul