domenica 28 febbraio 2010

Su Marte in 39 giorni

Concept artistico di una nave a base VASIMR in viaggio per Marte

Uno dei grandi limiti ad un viaggio su Marte è da sempre stato il tempo richiesto per arrivarci, stimato intorno ai 3 anni complessivi, con una fermata obbligatoria sulla superficie marziana di circa 18 mesi, in attesa di un riavvicinamento delle orbite dei due pianeti,per permettere agli astronauti di tornare a casa. Ma adesso, da uno scienziato arriva un analisi interessante insieme ad una proposta che potrebbe tagliare drasticamente i tempi per arrivare su Marte, eliminando i carburanti fossili, e riducendo il tempo necessario per il viaggio a soli 39 giorni.

Franklin Chang-Diaz, un ex astronauta e fisico del Massachusetts Istitute of Technology(MIT), dice che arrivare al Pianeta Rosso, potrebbe essere un impresa di 39 giorni usando la nuova tecnologia del razzo VASIMR, che adesso è in fase di ultimazione e pronto per il lancio dopo decenni di sviluppo e progettazione.

VASIMR sta per Variable Specific Impluse Magnetoplasma Rocket, e sta diventando velocemente uno dei pezzi centrali nella strategia futura della NASA, mentre si guarda intorno per aiuti privati per alleviare i costi dell’esplorazione spaziale. La NASA, in fase di ripresa dopo la decisione politica di cancellare il programma Constellation, ha contattato diverse imprese private per lo sviluppo di nuove tecnologie di avanguardia per costruire nuovi rover e future missioni umane.

Tra queste c’è anche l’impresa di Chang-Diaz: Ad Astra Rocket Company. “Prima, il supporto della NASA a questi progetti era minimo, perché l’agenzia non enfatizzava le tecnologie di frontiera come fa adesso”spiega Chang-Diaz.L’obbiettivo della NASA nei suoi primi decenni, era arrivare alla serie Apollo, per portare l’uomo sulla Luna. “In quei anni alla NASA erano incantati dalle missioni e la tecnologia per Apollo, e sono rimasti cosi per oltre 40 anni, difficilmente puntando su tecnologie radicalmente nuove.”
E per radicalmente nuove, Chang-Diaz, intende un razzo che non sia a base chimica, che eventualmente potrebbe permettere un viaggio fino a Marte.


Il razzo che ha in mente lui, userebbe l’elettricità per trasformare un combustibile come, idrogeno, elio o deuterio, in gas di plasma riscaldato a 11 milioni di gradi Celsius. Il gas di plasma sarebbe poi incanalato in tubi speciali di scarico, usando campi magnetici per spingere la nave.
Questo sistema spingerebbe una nave verso la Luna, o Marte, sempre più velocemente fino ad una velocità estimata di 55 km al secondo, finché i motori non vengono invertiti.




Chang-Diaz, un veterano di 7 missioni spaziali, spiega che questa rapida accelerazione potrebbe permettere di raggiungere Marte in solo 39 giorni, invece delle attuali stime che prevedono la durata di una missione per Marte intorno ai 3 anni, incluso una fermata forzata su Marte di 18 mesi, mentre gli astronauti aspettano il momento giusto per ripartire per la Terra.

La distanza tra la Terra e Marte, varia tra i 55 milioni ed i 400 milioni di km, in base alle rispettive orbite.
L’uso di carburante ionizzato potrebbe avere il beneficio ulteriore di aiutare a creare un campo magnetico intorno alla nave, che la proteggerebbe dalle radiazioni.
Alcuni modelli in piccola scala di VASIMR sono già stati creati e testati nel vuoto, grazie ad un accordo con la NASA. Il prossimo grande passo, secondo Chang-Diaz, sarà lo sviluppo in orbita,entro la fine del 2013, di una nave che usi un motore VASIMR; un prototipo di 200 kw, chiamato VX-200.




Attualmente ci sono delle trattative in corso con SpaceX, e Orbital Science Corp. per mettere le basi per ulteriori sperimentazioni e fondi,trasformando cosi questo progetto in realtà.
Nonostante ci sono ancora tante difficoltà da affrontare, Chang-Diaz si dice estremamente ottimista riguardo al futuro di questa tecnologia, indicandola come ideale per il futuro dei satelliti, dei rover e delle missioni nello spazio sia a livello commerciale che di esplorazione scientifica.
Chissà, il suo razzo potrebbe addirittura essere la tecnologia che porterà i prossimi astronauti sulla Luna, e poi i primi su Marte.


Fonti:
http://news.discovery.com/space/mars-rocket-vasimr-nasa.html
http://www.parabolicarc.com/2009/10/02/ad-astra-reaches-milestone-vasimr-engine/
http://link2universe.wordpress.com

La fabbrica di stelle

Nascite stellari nella Piccola Nube di Magellano

L'European Southern Observatory ha appena rilasciato una nuova immagine di NGC 346, la luminosa regione di formazione stellare nella nostra vicina galassia, la Piccola Nube di Magellano, distante 210,000 anni verso la costellazione del Tucano (il Toucan). La luce, il vento e il calore emanato dalle stelle massicce hanno disperso il gas incandescente all'interno e intorno a questo ammasso stellare, formando una struttura esile che circonda la nebulosa assomigliando ad una ragnatela.

NGC 346, come altre belle zone astronomiche, è un continuo "lavoro in corso" di cambiamenti. Si continuano a formare stelle dalla materia dispersa nella zona, infiammandosi e disperdendo polveri e gas residui, che creano increspature e mutano pesantemente l'aspetto di questo oggetto brillante.

NGC 346 si estende su circa 200 anni luce, una regione di spazio di circa cinquanta volte la distanza tra il Sole e la sue vicine stelle. Gli astronomi classificano NGC 346 come un ammasso aperto di stelle, il che indica che questa regione è una fabbrica in cui nascono nuove stelle dalla stessa nube. La nebulosa associata alle stelle luminose è conosciuta come una nebulosa ad emissione, il che significa che il gas all'interno di esso è stato riscaldato dalle stelle fino a quando ha iniziato ad emettere luce propria, come il gas neon utilizzato nelle insegne elettriche dei negozi.

Molte stelle in NGC 346 sono relativamente giovani in termini cosmici e la loro nascita risale solo a pochi milioni di anni or sono. I potenti venti emessi dalla stella massiccia al di fuori di questo ciclo di nascite, sta comprimendo grandi quantità di materia, il primo passo critico per accendere nuove stelle. Questa nuvola di materiale poi crolla sotto la propria gravità, fino a quando alcune regioni diventato dense e abbastanza calde per innescare la fusione a propulsione nucleare in una nuova stella, illuminando i residui di gas e le polveri. In regioni come la NGC 346, con elevati livelli di nascite stellari, il risultato è una gloriosa vista incandescente da catturare per i nostri telescopi.

NGC 346 è nella Piccola Nube di Magellano, una vicina galassia nana a circa 210 000 anni luce dalla Terra e molto più grande della Via Lattea. Come la Grande Nube di Magellano, la Piccola Nube di Magellano è visibile ad occhio nudo dall'emisfero Australe della Terra ed è utilizzata dagli astronomi come un laboratorio extragalattico per studiare le dinamiche di formazione stellare.

L'immagine in alto è stata ottenuta utilizzando il Wide Field Imager (WFI), un telescopio di 2,2 metri a La Silla Observatory, in Cile. Immagini come questa, aiutano gli astronomi a scrivere le cronache della nascita e dell'evoluzione stellare.

Adattamento a cura di Arthur McPaul


English:
Brightest Star-Forming Region in Small Magellanic Cloud

ScienceDaily (Feb. 25, 2010)
The European Southern Observatory has just released a dramatic new image of NGC 346, the brightest star-forming region in our neighbouring galaxy, the Small Magellanic Cloud, 210,000 light-years away towards the constellation of Tucana (the Toucan). The light, wind and heat given off by massive stars have dispersed the glowing gas within and around this star cluster, forming a surrounding wispy nebular structure that looks like a cobweb.

NGC 346, like other beautiful astronomical scenes, is a work in progress, and changes as the aeons pass. As yet more stars form from loose matter in the area, they will ignite, scattering leftover dust and gas, carving out great ripples and altering the face of this lustrous object.

NGC 346 spans approximately 200 light-years, a region of space about fifty times the distance between the Sun and its nearest stellar neighbours. Astronomers classify NGC 346 as an open cluster of stars, indicating that this stellar brood all originated from the same collapsed cloud of matter. The associated nebula containing this clutch of bright stars is known as an emission nebula, meaning that gas within it has been heated up by stars until the gas emits its own light, just like the neon gas used in electric store signs.

Many stars in NGC 346 are relatively young in cosmic terms with their births dating back only a few million years or so. Powerful winds thrown off by a massive star set off this recent round of star birth by compressing large amounts of matter, the first critical step towards igniting new stars. This cloud of material then collapses under its own gravity, until some regions become dense and hot enough to roar forth as a brilliantly shining, nuclear fusion-powered furnace -- a star, illuminating the residual debris of gas and dust. In sufficiently congested regions like NGC 346, with high levels of recent star birth, the result is a glorious, glowing vista for our telescopes to capture.

NGC 346 is in the Small Magellanic Cloud, a dwarf galaxy some 210 000 light-years away from Earth and in close proximity to our home, the much larger Milky Way Galaxy. Like its sister the Large Magellanic Cloud, the Small Magellanic Cloud is visible with the unaided eye from the southern hemisphere and has served as an extragalactic laboratory for astronomers studying the dynamics of star formation.

This particular image was obtained using the Wide Field Imager (WFI) instrument at the MPG/ESO 2.2-metre telescope at the La Silla Observatory in Chile. Images like this help astronomers chronicle star birth and evolution, while offering glimpses of how stellar development influences the appearance of the cosmic environment over time.

Link: http://www.sciencedaily.com/releases/2010/02/100224102237.htm




sabato 27 febbraio 2010

Alla ricerca di acqua nei dischi protoplanetari [ita-eng]

La ricerca di acqua sui pianeti extrasolari sta facendo passi a gigante

La ricerca di acqua su altri corpi planetari ha compiuto un enorme balzo in avanti negli ultimi mesi. Nel mese di novembre, la NASA ha annunciato di aver trovato notevoli quantità di acqua sulla Luna. All'inizio di questo mese, la sonda Cassini ha ottenuto nuovi dati su una delle lune di Saturno, Encelado, confermando la presenza di acqua allo stato liquido sotto la superficie. Mentre queste missioni setacciano il nostro Sistema Solare, per le tracce di acqua (una condizione necessaria per la vita) un gruppo di scienziati sta guardando oltre, nei sistemi solari ad anni luce di distanza.

Un recente studio pubblicato sulla rivista Astrobiology, sta utilizzando la spettroscopia a infrarossi per cercare la presenza di minerali idrati (fillosilicati) nella polvere che circondano le giovani stelle extrasolari.
Uno degli esempi più semplici di fillosilicati è l'argilla. L'acqua è una parte importante della loro struttura chimica.

"Se si trovassero fillosilicati, si avrebbero più possibilità di trovare acqua allo stato liquido", dice l'autore Melissa Morris, visiting professor al Dipartimento di Fisica, Astronomia e Scienza dei Materiali presso Missouri State University e un affiliato della scuola Arizona State University. "L'obiettivo era quello di determinare se si potessero davvero rilevare tracce di questi meravigliosi minerali idrati quasi sempre prodotti dalla interazione di acqua allo stato liquido con la roccia."



(Getti di gas rossi emanati dalla stella in formazione HH-30 con disco protoplanetario)

Al fine di stabilire se la superficie di un pianeta extrasolare contenga acqua, gli scienziati possono guardare quello che viene chiamato il disco protoplanetario - un disco di gas e polveri che circonda una stella nelle sue prime fasi di sviluppo. Gli scienziati pensano che i pianeti siano nati da dischi protoplanetari attraverso le interazioni gravitazionali ed elettrostatiche tra le particelle. Quindi, se gli scienziati possono determinare la composizione elementare dei dischi polverosi dovrebbero essere in grado di prevedere quale tipo di pianeti alla fine si formeranno.

Una scuola di pensiero suggerisce che la Terra ha acquisito la sua acqua di superficie da asteroidi o dai corpi che erano presenti nel suo disco protoplanetario. Gli autori di questo studio hanno utilizzato la stessa ipotesi dellaTerra per i pianeti in altri sistemi solari. Pertanto, se i fillosilicati si trovassero nel disco protoplanetario di una stella giovane extrasolare, l'ipotesi è che l'acqua si troverebbe sulla superficie dei pianeti che sono poi nati all'interno del disco.

Gli scienziati sperano presto di utilizzare il telescopio spaziale Spitzer e l'Osservatorio Stratosferico per l'Astronomia Infrarossa (Sofia) per determinare la composizione della polvere dei dischi protoplanetari extrasolari. Prima che ciò accada, però, gli scienziati dovranno determinare se l'individuazione di minerali, soprattutto in questi sistemi lontani è di fatto possibile.



Disco protoplanetario in formazione nella Nebulosa di Orione (foto: Hubble Space Telescope/NASA)

La composizione della polvere è identificata studiando le sue caratteristiche di emissione. Una procedura comune è quella di utilizzare la spettroscopia a raggi infrarossi per individuare le emissioni o gli assorbimenti delle sostanze nelle lunghezze d'onda infrarosse. Questa procedura viene spesso utilizzata per rilevare l'acqua sui corpi planetari.

Morris ei suoi colleghi hanno cominciato modellare le caratteristiche di emissioni delle polveri a raggi infrarossi, che non contengono sostanze minerali idrate, o fillosilicati. Hanno poi cambiato la miscela di minerali con l'aggiunta di fillosilicati pari al tre per cento del totale della miscela.
Nell'articolo, Morris e il suo co-autore Steve Desch dell'Arizona State University sostengono che le caratteristiche peculiari dei fillosilicati a metà degli spettri infrarossi dovrebbero consentire di individuarli nei dischi protoplanetari.

Scott Sandford, un astrofisico presso il NASA Ames Research Center in California, che ha esperienza di conduzione di spettroscopia nelle meteoriti, non è d'accordo. Dice che dimostrare la presenza di fillosilicati in un disco protoplanetario è una sfida impossibile.
"E 'un po' difficile individuare i fillosilicati quando sono presenti in miscele perché sono relativamente piatti a differenza di altri minerali, che hanno un sacco di caratteristiche strutturali nel loro spettro", dice Sandford.

Morris ha detto che l'esito di questo studio dimostra solo che, sulla base dei modelli al computer, dovrebbe essere possibile individuare la presenza di fillosilicati in dischi protoplanetari. E 'solo il primo passo per l'individuazione dell'acqua in altri sistemi solari. "La mia ipotesi è in via di sviluppo per determinare se si potrà fare" dice Morris. "Quali sono gli strumenti a disposizione? Tra gli strumenti che abbiamo, quali hanno la risoluzione necessaria per questo scopo?"

Traduzione a cura di Arthur McPaul


English:
The search for water on other planetary bodies has taken a giant leap forward in recent months. In November, NASA announced that it had found substantial quantities of water on the Moon. Earlier this month, the Cassini spacecraft obtained data about one of Saturn's moons, Enceladus, that may confirm the presence of sub-surface liquid water.

While these missions scour our solar system for traces of water — a necessary condition for life — a group of scientists is looking beyond, at solar systems light years away. A recent study published in the journal Astrobiology described using infrared spectroscopy to model the dust surrounding young extrasolar stars to try to detect the presence of hydrous minerals called phyllosilicates.

One of the simplest examples of phyllosilicates is clay minerals. Water is an important part of their chemical structure.

"If you find phyllosilicates, you have most likely found liquid water," says lead author Melissa Morris, a visiting professor in the Department of Physics, Astronomy and Materials Science at Missouri State University and an affiliate of Arizona State University's School of Earth and Space Exploration. "The objective was to try to determine whether we could actually detect these wonderful signatures of hydrated minerals almost always produced by the interaction of liquid water with rock."

In order to determine whether the surface of an extrasolar planet would contain water, scientists can look at what is called the protoplanetary disk — a disk of gas and dust surrounding a star during its early stages of development. Scientists think planets are born from protoplanetary disks through gravitational and electrostatic interactions between particles. So if scientists can determine the elemental composition of the dusty disks that orbit young stars, they should be able to predict what sort of planets will eventually form.

One school of thought suggests that the Earth acquired its surface water from asteroids or asteroid-like bodies that were present in its protoplanetary disk. The authors of this study used the same assumption for potential Earth-like planets in other solar systems. Therefore, if phyllosilicates are found in the protoplanetary disk of a young extrasolar star, the assumption is that water would most likely be found on the surface of planets that are later born within the disk. (Of course, as Mercury, Venus and Mars illustrate, other conditions will affect whether a rocky planet ultimately has water.)

The scientists hope to someday use instruments such as the Spitzer Space Telescope and the Stratospheric Observatory for Infrared Astronomy (SOFIA) to determine the composition of exozodiacal dust in extrasolar protoplanetary disks. Before that can be done, however, scientists must first determine if detection of particular minerals in these distant systems is even possible. This study helps scientists determine what signatures to look for in disks.

The composition of the dust is identified by studying its emission features. A common procedure is to use infrared spectroscopy to identify substances by the infrared wavelengths they absorb or emit. This procedure is often used to detect water on planetary bodies.

Morris and her colleagues began by modeling the infrared emission features of dust that did not contain hydrated minerals, or phyllosilicates. They then changed the mineral mixture by adding phyllosilicates amounting to three percent of the total mixture.

In the paper, Morris and her co-author Steve Desch of Arizona State University claim that unique features indicative of phyllosilicates in the mid-infrared spectra should make it possible to detect those minerals in protoplanetary disks.

Scott Sandford, a research astrophysicist at the NASA Ames Research Center in California who has experience conducting spectroscopy in meteorites, disagrees. He says proving the presence of phyllosilicates in a protoplanetary disk is a challenge.

"It is somewhat difficult to identify phyllosilicates when they are present in mixtures because they are relatively featureless as opposed to other minerals, which have a lot of structural features in their spectrum," says Sandford.

Morris says the outcome of this study shows only that, based on the computer models, it should be possible to detect the presence of phyllosilicates in protoplanetary disks. It is only the first step in the detection of water in other solar systems.

"My part was developing the model to determine whether it could be done," says Morris. "What instruments are available? Of the instruments we have, do they have the resolution?"

The next step, which Morris has already begun, is to apply this technique to actual data. Morris is now comparing the models to data obtained from the Spitzer Space Telescope.

Sandford says that will be the real test.

"The basic idea they are espousing is a perfectly good one," says Sandford. "I'm personally kind of skeptical that you can locate the phyllosilicates in this disk to the level they suggest. How applicable are those models to the real world?"

Morris says this type of research is also important in understanding how planetary systems form in general.

"I'm a huge advocate for looking for water in our own solar system," says Morris, "but just to understand the process of planetary system formation, we need to go outside our solar system and look at other systems as well."


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"Alieni" nella Via Lattea

Nella Via Lattea scoperti ammassi stellari "alieni" "


26 febbraio 2010 - Fino a un quarto degli ammassi stellari nella nostra Via Lattea (molti più di quanti si pensasse in precedenza) sarebbero giunti, secondo un nuovo studio, da altre galassie. Il rapporto suggerisce inoltre vi possono essere fino a sei galassie nane ancora da scoprire all'interno della Via Lattea oltre alle due già confermate.

"Alcune delle stelle e ammassi stellari che si osservano nello spazio, proverrebbero da un'altra galassia, ma non si tratta degli alieni dalla pelle verde di Hollywood. Questi ammassi stellari alieni, si sono mossi nella nostra galassia negli ultimi miliardi di anni ", afferma Terry Ponti, astronomo della Queen's University di Kingston, in Canada.
Lo studio (co-scritto da Duncan Forbes di Swinburne University of Technology in Australia) è stato accettato per la pubblicazione nella Monthly Notices della Royal Astronomical Society.

In precedenza, gli astronomi avevano sospettato che alcuni ammassi stellari, che conterrebbero da 100.000 a un milione di stelle ciascuno, potevano essere estranei alla nostra galassia, ma era difficile individuare quali di essi. Utilizzando principalmente i dati di Hubble Space Telescope della NASA, Mr. Ponti e Mr. Forbes hanno esaminato alcuni ammassi stellari vecchi all'interno della Via Lattea e hanno compilato il più grande database esistente di elevata qualità con l'età e le proprietà chimiche di ciascuno di essi.

"Abbiamo esaminato tutti i dati che abbiamo trovato. I dati migliori vengono dal telescopio Hubble, perché ha l'immagine qualitativamente migliore", ha detto Bridges. "Abbiamo osservato l'età e la quantità di elementi pesanti in questi raggruppamenti, che possono essere misurati dalle loro stelle."

Il lavoro dei ricercatori, suggerisce anche che la Via Lattea potrebbe avere ingoiato le galassie nane più di quanto si pensasse. Essi hanno scoperto che molti dei gruppi alieni inizialmente esistevano all'interno di galassie nane, mini-galassie contenenti fino a 100 milioni di stelle. Lo studio suggerisce dunque, che sarebbero presenti galassie nane di origine aliena nella nostra Via Lattea, più di quanto si pensasse.

traduzione a cura di Arthur McPaul


English:

ScienceDaily (Feb. 26, 2010)
As many as one quarter of the star clusters in our Milky Way -- many more than previously thought -- are invaders from other galaxies, according to a new study. The report also suggests there may be as many as six dwarf galaxies yet to be discovered within the Milky Way rather than the two that were previously confirmed.

"Some of the stars and star clusters you see when you look into space at night are aliens from another galaxy, just not the green-skinned type you find in a Hollywood movie. These 'alien' star clusters that have made their way into our galaxy over the last few billion years," says Terry Bridges, an astronomer at Queen's University in Kingston, Canada.

The study (co-authored by Duncan Forbes of Swinburne University of Technology in Australia) has been accepted for publication in the Monthly Notices of the Royal Astronomical Society.
Previously, astronomers had suspected that some star clusters, which contain from 100,000 to a million stars each, were foreign to our galaxy, but it was difficult to identify which ones.

Using mostly Hubble Space Telescope data, Mr. Bridges and Mr. Forbes examined old star clusters within the Milky Way galaxy. From the research they compiled the largest ever high-quality database to record the age and chemical properties of each of these clusters.

"We looked at all the data we could find. The best data are from the Hubble Telescope because it has the best imaging," Bridges says. "We looked at the ages and the amounts of heavy elements in these clusters, which can be measured from their stars."

The researchers' work also suggests that the Milky Way may have swallowed-up more dwarf galaxies than was previously thought. They found that many of the foreign clusters originally existed within dwarf galaxies -- 'mini' galaxies of up to 100 million stars that sit within our larger Milky Way. The study suggests that there are more of these accreted dwarf galaxies in our Milky Way than was thought.


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Terremoto in Cile: oltre 700 morti

Cile, centinaia di scosse. Si cercano i dispersi 
Oltre 700 le vittime. Il ministro dell'Interno: il numero dei morti continuerà ad aumentare

Il numero dei morti causati in Cile dal sisma che ha colpito due giorni fa il Paese "continuerà ad aumentare", ha detto il ministro dell'Interno cileno Edmundo Perez Yoma. Lo riferisce il canale 'all news' della tv pubblica cilena, Tvn 24h, su Twitter.

"Ogni ora che passa abbiamo notizie peggiori di prima", aveva già dichiarato nel corso della notte il ministro, sottolineando che la situazione, nel porto di Constitucion investito dallo tsunami, "è tragica" e che l'onda anomala "ha colpito molte località della costa". Il bilancio ufficiale dei morti è salito a 711. Solo a Constitucion, come riferito dai soccorritori, i cadaveri finora recuperati sono circa 350. "Indeterminato" il numero di dispersi.

Il governo cileno ha deciso di inviare 10.000 soldati nelle zone maggiormente colpite dal sisma.
E intanto sono salite a 140 le scosse di assestamento rilevate dall'istituto geofisico statunitense (Usgs) in Cile dal sisma di 8.8 che ha colpito il Paese due giorni fa. L'ultima, registrata alle 07.16 ora italiana, ha avuto una magnitudo 5.1, l'epicentro è stato localizzato in mare aperto, a 155 km da Concepcion. Le 140 scosse hanno avuto tutte una magnitudo Richter superiore a 4.5, e si sono verificate in una fascia estesa su 500 km.
 
ONU, HA CHIESTO AIUTI INTERNAZIONALI - Il Cile ha chiesto ufficialmente aiuto alla comunita' internazionale per affrontare le conseguenze del forte sisma che ha provocato oltre 700 morti. Lo ha annunciato oggi l'Onu. ''Il governo ha chiesto l'assistenza internazionale'', ha detto la portavoce dell'Ufficio di coordinamento per gli affari umanitari dell'Onu (Ocha), Elisabeth Byrs, precisando che le autorita' cilene hanno ''fornito una lista che indica le priorita'''.

FRENETICA RICERCA DISPERSI
(dall'inviato Martino Rigacci).

SANTIAGO  - Case di legno che galleggiano nelle acque del Pacifico: non e' un'immagine surreale evocata da Garcia Marquez ma la realta' del Cile dopo il terremoto di sabato nel quale sono morte piu' di 700 persone e che, scossa dopo scossa, sta lasciando nel centro-sud del paese una lunga scia di paura e distruzione. Nelle aree centro-meridionali nel paese sudamericano - in regioni quali Santiago, Talca Concepcion, Talcahuano, Constitucion - ieri e' stata una domenica di dolore e di lutto, contrassegnata anche da veri e propri atti di eroismo dei soccorritori accorsi a dare aiuto ai sinistrati e da episodi banditismo di cui si sono resi protagonisti i saccheggiatori entrati in azione in varie localita'. Per far fronte agli atti di sciacallaggio, il governo ha deciso di imporre il coprifuoco nella regione di Maule e nella città di Concepcion, una delle piu' devastate dal sisma, dove, mentre i vigili del fuoco cercavano di estrarre dalle macerie decine di persone intrappolate polizia e esercito intervenivano per arrestare l'assalto a supermercati e negozi danneggiati. Si teme che il bilancio definitivo del sisma possa essere molto piu' pesante di quello finora annunciato.

A fornire gli ultimi dati e' stata la presidente Michelle Bachelet: ''I morti accertati sono 708'', ha detto ieri al termine di una riunione del comitato d'emergenza alla Moneda, aggiungendo che il numero delle persone disperse e' ''indeterminato''. Solo a Constitucion, secondo quanto detto in tv dai soccorritori, i cadaveri finora recuperati sono circa 350. Le notizie negative non finiscono qui. La protezione civile ha gia' detto che un terremoto violento come quello di sabato apre la strada ad una lunga coda di scosse di assestamento. Ed anche molto forti: come per esempio quella avvertita in piu' punti della gia' martoriata area ieri alle 08:26 (ora locale) di magnitudo 6,1 sulla scala Richter.

E quella di 6 gradi registrata alle 16:48 (le 20:48 in Italia). I racconti drammatici e le storie di dolore si sono moltiplicati: ''Era come un Titanic che affondava'', ha raccontato un abitante di Curico', una delle localita' balneari investita da quello che ufficialmente Santiago chiama 'maremoto' e che invece stampa e esperti definiscono ''tsunami''. Nelle ultime ore, a rubare la scena tra la gente e i media sono stati soprattutto i saccheggi. Il problema e' controverso e da piu' parti e' stata chiesta prudenza: proprio a Concepcion un alto ufficiale dei 'carabineros' ha chiesto di non utilizzare il termine 'sciacallo'. La citta' e' di fatto ancora isolata e molti entrano nei supermercati abbandonati a causa della disperazione e della fame. Il sindaco Jacqueline Van Rysselberghe, tuttavia, ha chiesto senza mezzi termini ''al governo centrale l'invio dei militari''. La questione e' stata poi tra i temi al centro della riunione presieduta dalla Balechet, incontro nel quale erano presenti i rappresentanti dei supermercati. Al termine della riunione, tra le varie dichiarazioni della presidente, anche l'annuncio che ai sinistrati saranno distribuiti gratuitamente cibo e acqua.

A circa 200 km da Concepcion c'e' Constitucion, un altro centro dove oggi son giunte notizie drammatiche: proprio in questa cittadina costiera sono morte 350 persone, vittime dello tsunami che ha trascinato barche e pescherecci sulla terraferma, facendole arenare fra auto rovesciate e detriti di ogni genere. Lo tsunami d'altro canto non ha provocato grandi danni nelle altre aree dell'Oceano Pacifico dove era stata lanciata l'allerta, revocata dovunque nel corso della giornata: le onde anomale sono arrivate ma la popolazione, avvertita in tempo, aveva potuto abbandonare le zone costiere a rischio. Santiago pare intanto lontana da tali devastazioni: ieri sono state a poco a poco riattivate diversi servizi - in primo luogo la fornitura della luce e la metropolitana. E nel pomeriggio all'aereoporto sono atterrati i primi aerei, anche se le autorita' sottolineano che la ripresa sara' graduale. Sulla fortissima scossa di magnitudo di 8,8 di sabato, i 'santiaguenos' sottolineano in queste ore in particolare due aspetti: ''E' stato molto piu' forte di quello di Haiti.

E' stato lunghissimo, non finiva mai''. Intensita' e durata, il mix che spiega la psicosi serpeggiante in citta', accompagnata pero' da nervi saldi, in un paese ad alta intensita' tellurica abituato a convivere con i sussulti della terra. Forse anche per questo, il ministro della difesa Francisco Vidal ha ammesso che il governo non ha previsto il rischio tsunami con sufficiente anticipo chiamando in causa la marina militare. ''E' stato commesso in errore'', ha detto

venerdì 26 febbraio 2010

Prime misurazioni dell'età del materiale di Wild 2

(Analisi al microscopio dei campioni di Wild 2, mostrano frammenti di minerali, circondato da aerogel compresso)

La missione Stardust della NASA, verso la cometa Wild 2, lanciata nel 1999, era stata progettata con il presupposto che le comete conservano resti incontaminati di materiali che hanno contribuito a formare il Sistema Solare. La sonda ha eseguito un incontro ravvicinato (fly-by) della cometa il 2 gennaio 2004 ed ha raccolto dei campioni del materiale emesso dalla chioma cometaria, che è stato riportato a Terra il 15 gennaio 2006 insieme alla polvere interstellare raccolta durante il viaggio.

(immagine della cometa Wild 2 scattata durante l'avvicinamento di Sturdust)

Nella polvere riportata a Terra dalla sonda sono stati individuati numerosi composti organici, due dei quali contenenti azoto utilizzabile biologicamente, ed idrocarburi alifatici in catene più lunghe rispetto a quelle normalmente osservate nel mezzo interstellare. Non sono stati osservati silicati idrati, né carbonati, e ciò suggerisce che la polvere della cometa Wild 2 non ha subito alterazione per mezzo di acqua liquida. Sono state trovate poche particelle di carbonio puro, mentre il quantitativo di silicati cristallini è sostanziale: olivina, anortite e diopside, tutti materiali che si formano ad alta temperatura. Questa misura è in accordo con precedenti osservazioni di silicati cristallini sia nella coda di alcune comete, sia nei dischi circumstellari, a grande distanza dalla stella. Le possibili spiegazioni del perché materiale che si forma solo ad alta temperatura si trovi ad una grande distanza dal Sole sono state raccolte prima della missione Stardust da van Boekel et al 

 Anche se la missione era prevista per fornire una visione unica nel Sistema Solare restituendo un mix di condensati, granelli amorfi dal mezzo interstellare e  vere polveri stellari (grani cristallini originari da stelle lontane), i risultati iniziali hanno dunque dipinto un quadro diverso. I materiali della cometa consistevano invece di materiali ad alta temperatura ricchi di calcio-alluminio  (CAIs), gli oggetti più antichi formati nella nebulosa solare. Questi oggetti si formano nelle regioni interne della nebulosa solare e sono comuni nelle meteoriti.

La presenza di CAIs nella cometa Wild 2 indicano che la formazione del Sistema Solare, include una miscelazione radiale su distanze molto maggiori di quanto non sia stato previsto dagli scienziati in passato.

"Il materiale interno del Sistema Solare in Wild 2 sottolinea l'importanza del trasporto radiale di materiale su lunghe distanze nella prima nebulosa solare", ha detto l'autore Jennifer Matzel dell'Istituto del Laboratorio di Geofisica e Scienze Planetarie e Glenn T. Seaborg Institute. "Questi risultati sollevano questioni chiave riguardanti i tempi della formazione delle comete e il rapporto tra Wild 2 e altri oggetti primitivi della nebulosa solare". Le analisi ha mostrato che i materiali del Sistema Solare interno si sono formati 1,7 milioni anni dopo l'inizio della formazione del CAI.

FONTE: http://www.sciencedaily.com/releases/2010/02/100225164851.htm

giovedì 25 febbraio 2010

Le sfere di Dyson e altre stranezze

Di recente, abbiamo affrontato alcune interessanti teorie del dot. Richard Carrigan del Fermi National Accelerator Laboratory di Batavia, alternative inconsuete al progetto SETI, che hanno chiamato in causa concetti poco conosciuti, come "sfera di Dyson" e "bolla di Fermi"


La ricerca per la vita extraterrestre, potrebbe presto spingersi molto lontano, oltre i conosciuti concetti fisici, se si ipotizzasse l'esistenza di altre civiltà molto più evolute della nostra.
Se davvero esistessero, questi esseri, potrebbero aver raggiunto un livello tecnologico inaudito, riuscendo a costruire strutture di tipo terrestre e spaziale di immane grandezza.
Ma questi concetti, di ingegneria e civilizzazione, che potrebbero sembrare astratti e inverosimili, trovano grande concretezza e coerenza storica se volgiamo lo sguardo indietro, nel nostro passato.
I sumeri, gli egiziani, l'impero cinese e romano, i Maya, i Nazca e gli Incas, solo per citare qualcuna delle antiche civiltà che, nel loro delirio di onnipotenza divina, hanno eretto strutture ciclopiche con tale precisione tecnica da far venire grossi grattacapi ai moderni ingegneri edili.
La nostra stessa generazione contemporanea, in soli duecento anni di industrializzazione, è riuscita a stravolgere il territorio modificando strutturalmente il paesaggio, ma anche a conquistare lo spazio, mandando l'uomo sulla Luna e in orbita migliaia di satelliti artificiali.

La nostra stessa Terra, di notte è completamente illuminata dall'energia elettrica ed è chiaramente visibile dallo spazio. La nostra atmosfera è stata in parte modificata da elementi pesanti, scarti delle industrie chimiche, che tecnologie aliene potrebbero rilevare con immensi telescopi agli infrarossi.

Immaginiamo cosa sarebbe capace di fare una civiltà extraterrestre che popola un grande pianeta, ricco di acqua e di risorse minerarie, capace di viaggiare nello spazio con la stessa facilità con cui noi oggi guidiamo un'autovettura.

E' lecito dunque, dare adito anche a teorie alternative, come quelle del dot. Richard Carrigan per trovare sugli esopianeti e nel cosmo, tracce differenti di civilizzazione con i segni indiretti di opere ciclopiche realizzate per un particolare scopo civile, industriale o esplorativo?

Sfera di Dyson vista dal simulatore Celestia"


LE SFERE DI DYSON
A teorizzare la possibile presenza nel cosmo delle sfere di Dyson, fu l'omonimo astronomo Freeman Dyson nel secolo scorso.
In teoria, sarebbero delle strutture di rivestimento che potrebbero essere applicate attorno ad un corpo stellare con lo scopo di catturarne l'energia.

Freeman Dyson pubblicò un articolo nel 1959 intitolato "Search for Artificial Stellar Sources of Infrared Radiation" (Ricerca di sorgenti stellari artificiali nella radiazione infrarossa) sulla celebre rivista Science, teorizzando che delle società tecnologicamente avanzate avrebbero potuto circondare completamente la propria stella per catturare l'energia emessa. Una volta rinchiusa, sarebbe possibile intercettare tutte le lunghezze d'onda del visibile per inviarle verso l'interno, mentre tutta la radiazione non utilizzata verrebbe mandata all'esterno sotto forma di radiazione infrarossa.

Da ciò consegue che un possibile metodo per cercare civiltà extraterrestri potrebbe essere proprio la ricerca di grandi fonti di emissione infrarossa nello spettro elettromagnetico.

La sfera sarebbe costituita di un guscio di collettori solari o di habitat posti attorno alla stella, in modo tale da essere in grado di raccogliere un'enorme quantità di energia e creare uno spazio vitale immenso.

Per fare un esempio pratico, una Sfera di Dyson posta nel sistema solare, con un raggio di 1 UA, cioè la distanza media fra Terra e Sole, pari a circa 149 600 000 km) avrebbe come minimo una superficie pari a 2,72 · 1017 km², all'incirca 600 milioni di volte l'area della superficie della Terra. Il Sole emette una potenza energetica dell'ordine di 4 · 1026 W, della quale la maggior parte potrebbe essere disponibile per una utilizzazione pratica.

In origine, l'idea di Dyson, non prevedeva la costruzione di una sfera rigida, ma collettori posizionati intorno a tutta la stella, con strutture orbitanti indipendenti, oltre 10.000 oggetti distribuiti lungo uno spessore radiale di un milione di chilometri.
Questa teoria, ha suscitato nel corso degli anni una valanga di critiche e numerose smentite. Da un punto di vista strettamente fisico, una struttura rigida e spessa non sarebbe realizzabile, perchè verrebbe immediatamente risucchiata dalla forza di gravità della stella. Migliaia di sfere in orbita attorno invece, potrebbero fungere, come i satelliti terrestri, ma si tratta pur sempre di ipotesi al limite dell'inverosimile, che se non fossero state postulate da un rispettabile astrofisico della Cambrige University e pubblicate su Science, nessuno avrebbe mai nemmeno preso in considerazione.


IL MATRIOSKA BRAIN
Il Matrioshka Brain (abbreviato MB) o Cervello Matrioska è un oggetto di dimensioni enormi che utilizza una stella come sorgente di energia e tutto il materiale disponibile come sorgente di computronium. Possiederebbe capacità enormi di acquisire ed elaborare dati.

Il termine deriva dalla celebre bambola russa in cui ogni pupazzo è racchiuso in uno più grande. Ad ipotizzarlo fu Robert Bradbury, che di fatto suppose che fossero dei gusci Queste sono simili a dei gusci concentrati uno dentro l'altro. La loro durata dovrebbe essere legata alla vita della stella.
Molto simili alle Sfere di Dyson contenute una dentro l'altra, dovrebbero avere orbite tanto ravvicinate quanto quella di Mercurio ad orbite tanto lontane quanto l'orbita di Nettuno e che potrebbero assorbire ed utilizzare essenzialmente tutta l'energia prodotta dalla stella, rendendo l'oggetto e la sua stella praticamente invisibili.

LE BOLLE DI FERMI
Le bolle di fermi, citate nel recente articolo di Richard Carrigan, sarebbero delle gigantesche bolle capaci di coprire non una stella, ma più stelle, secondo lo stesso princio delle sfere di Dyson.
A rendere stranamente viva questa ipotesi, sono dei vuoti concentrici riscontrati in alcune galassie, che però potrebbero essere spiegati come delle zone senza stelle o nubi di idrogeno assai dense che assorbono completamente la luce ricevute dalle vicine stelle.

CONCLUSIONI
Nonostante si parli più di fantascienza che di scienza e spesso gli scienziati si divertano a scrivere teorie poco verosimili, i limiti forse davvero non esistono.

Nessuno potrebbe contestare, l'eventuale presenza in remote zone abitate, per esempio, di piattaforme spaziali, con immensi pannelli solari, che distribuite a sfera un pò come quelle ipotizzate da Dyson, potrebbero fornire energia al pianeta e riflettere la sua stessa luce, tanto da diventare visibili agli sensori infrossi di un osservatore lontano.
Opere colossali nello spazio, come quelle che i nostri antenati costruirono con la pietra oltre duemila anni fa, pptrebbero davvero esistere, con un pò di immaginazione. Chi può negare l'affascinante ipotesi che noi stessi, presto, potremmo farlo nello spazio, o che qualcuno lo stia già facendo da millenni o addirittura da milioni di anni?

a cura di Arthur McPaul

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Antikythera, il primo computer

 Un misterioso meccanismo, affascina da anni l'archeologia, essendo un vero e prorio computer, risalente ai tempi dell'antica Grecia. Il mistero adesso potrebbe essere stato definitivamente svelato.

La macchina di Anticitera, nota anche come "meccanismo di Antikythera", è considerato il più antico calcolatore meccanico conosciuto, databile intorno al 150-100 a.C. Ritrovato nel 1900 grazie alla segnalazione di un gruppo di pescatori di spugne al largo dell'isola di Antikythera, alla profondità di circa 43 metri, in un'enorme nave affondata, risalente all'87 a.C. e adibita al trasporto di statue in bronzo e marmo.

Il 17 maggio 1902 l'archeologo Spyridon Stais, esaminando i reperti recuperati dal relitto, notò l'ingranaggio inglobato in quella che era sembrata inizialmente una pietra ma che era in realtà un meccanismo fortemente incrostato e corroso, composto da un'intera serie di ruote dentate, ricoperte di iscrizioni.

Dalle dimensioni di circa 30 cm per 15 cm, dello spessore di un libro, era costruita in bronzo e originariamente montata in una cornice in legno. Era ricoperta da oltre 2.000 caratteri di scrittura, dei quali circa il 95% è stato decifrato (il testo completo dell'iscrizione non è ancora stato pubblicato).

Ciò che oggi si conosce riguardo a questo Calcolatore si deve, invece, all'archeologo e ricercatore Derek John De Solla Price (1922-1983), professore di Storia della scienza presso la Yale University (Connecticut - USA), che nel 1951 cominciò a studiare il meccanismo e dopo circa 20 anni di ricerche riuscì a capire come funzionava. 

Derek J. De Solla Price,  si dedicò al restauro del congegno, ripulendolo dalle incrostazioni e cercando di sanare le evidenti corrosioni, poi effettuò la traduzione e decifrazione delle iscrizioni. Questa fase fu molto proficua perché svelò, al di là di ogni dubbio, la funzione astronomica del Calcolatore. Nelle iscrizioni ritrovate e tradotte, il Sole è nominato parecchie volte, Venere almeno una volta ed è nominata l'eclittica. Un'iscrizione interessante fu quella che riportava "76 anni, 19 anni", un chiaro riferimento  ai cicli astronomici di grande importanza (callippico e metonico). 

La riga sottostante a questa appena menzionata, riporta il numero 223, che con elevata probabilità si riferisce al ciclo delle eclissi, costituito - appunto - da 223 mesi lunari.
Infine,cercò svelare il funzionamento e  la meccanica dello strano reperto. Con l'ausilio dei raggi X e gamma, in grado di penetrare il blocco calcareo in cui gli ingranaggi sono stati incastonati, Derek De Solla Price riuscì ad ottenere fotografie interne dell'oggetto svelandone particolari importanti. 

 (Il meccanismo ai raggi gamma)

Alcuni archeologi sostennero che il meccanismo era troppo complesso per appartenere al relitto ed alcuni esperti dissero che i resti del meccanismo potevano essere fatti risalire ad un planetario o a un astrolabio. Le polemiche si susseguirono per lungo tempo ma la questione rimase irrisolta.

(Derek John De Solla Price (1922-1983) con un suo modello ricostruito del meccanismo)

L'estrema complessità del congegno era inoltre dovuta al fatto che tale rapporto veniva riprodotto tramite l'utilizzo di una ventina di ruote dentate e di un differenziale, un meccanismo che permetteva di ottenere una rotazione di velocità pari alla somma o alla differenza di due rotazioni date. Il suo scopo era quello di mostrare, oltre ai mesi lunari siderali, anche le lunazioni, ottenute dalla sottrazione del moto solare al moto lunare siderale.
Sulla base della sua ricerca, Price concluse che, contrariamente a quanto si era creduto in precedenza, nella Grecia del II secolo a.C. esisteva effettivamente una tradizione di altissima tecnologia.

Il meccanismo di Anticitera, nonostante non trovi pari sino alla realizzazione dei primi calendari meccanici successivi al 1050, rimane comunque perfettamente integrato nelle conoscenze del periodo tardo ellenistico: vi sono rappresentati solo i cinque pianeti visibili ad occhio nudo ed il materiale usato è un metallo facilmente lavorabile.
Ad Alessandria d'Egitto infatti durante l'ellenismo operarono molti studiosi che si dedicarono anche ad aspetti tecnologici realizzando macchine come quella a vapore di Erone. A Siracusa inoltre già dal 213 a.C. Cicerone cita la presenza di una macchina circolare costruita da Archimede con la quale si rappresentavano i movimenti del Sole, dei pianeti e della Luna, nonché delle sue fasi e delle eclissi. Tuttavia l'unicità del meccanismo di Anticitera risiede nel fatto che è l'unico congegno progettato in quel periodo arrivato sino ai giorni nostri e non rimasto nel limbo delle semplici "curiosità".

 (schema del meccanismo)

La scoperta del Calcolatore di Antikythera fa presumere che gli antichi avessero individuato due la natura eliocentrica e non geocentrica del sistema solare e la formazione del Sistema Solare basata su quella che molti secoli dopo è stata denominata la “Teoria dei vortici”.

Il valore scientifico di questo meccanismo ad ingranaggi è indiscutibile in quanto l'inventore del Calcolatore di Antikythera potrebbe aver anticipato di 19 secoli i risultati della legge della gravitazione universale formulata da Isaac Newton nel 1687 (Philosophiae Naturalis Principia Mathematica), ha precorso ed utilizzato la teoria eliocentrica proposta da Niccolò Copernico nel 1543 (De revolutionibus orbium coelestium), ed ha anticipato lo studio cinematico dei rotismi epicicloidali pubblicato da Robert Willis nel 1841 (Principles of mechanism).


Sul numero 498 di febbraio 2010 della rivista "Le Scienze", un articolo a firma di Tony Freeth afferma che Il meccanismo di Antikythera è un calcolatore meccanico unico nel suo genere, costruito in Grecia e risalente al II secolo a.C. Avanzati strumenti di imaging hanno finalmente permesso di ricostruire il modo in cui il congegno permetteva di prevedere le eclissi lunari e solari e il moto della Luna nel cielo. Le iscrizioni sul meccanismo suggeriscono che potrebbe essere stato costruito nella città, allora greca, di Siracusa, forse in seno a una tradizione risalente ad Archimede.

Link:
- Le scienze febbraio 2010 (http://lescienze.espresso.repubblica.it/articolo/Decifrare_un_antico_calcolatore/1341875)
- http://www.lswn.it/archeologia/articoli/alla_ricerca_del_tempo_perduto_decifrato_il_meccanismo_della_macchina_di_antikythera

Su Encelado forse acqua liquida nelle fratture

Sono state appena rilasciate le immagini del fly-by di Cassini dello scorso novembre su Encelado, che rivelano importanti fratture che attraversano la regione sud polare da cui fuoriescono i getti di materia dal sottosuolo. Importanti implicazioni per la presenza di acqua liquida e di vita in merito. ( un particolare di encelado dove si vedono chiaramente i getti dalle fratture) (foto: ingrandimento della Bagdad Solcus)

Le nuove immagini inviate da Cassini con lo spettrometro infrarosso ci forniscono i migliori 3-D mai ottenuti di striscia "Tiger", di una fenditura che spruzza particelle di ghiaccio, vapore acqueo e di composti organici da Encelado. Sono state riprese anche viste delle regioni non ben mappata in precedenza , tra cui una zona a sud, con modelli tettonici circolari. "Encelado continua a stupire", ha dichiarato Bob Pappalardo, scienziato del progetto Cassini del NASA's Jet Propulsion Laboratory. "Ad ogni passaggio ravvicinato di Cassini, impariamo di più sulla sua attività estrema e ciò che rende questa luna sempre più interessante."

Gli scienziati pianificarono questo flyby per cercare nuove bocchette più piccole, non visibili nelle immagini precedenti. Il flyby del 21 novembre è stato l'ottavo incontro programmato con Encelado. La sonda è giunta a circa 1.600 km (1.000 miglia) della superficie della luna, a circa 82 gradi di latitudine sud.
In un mosaico di foto, sono stati contati più di 30 geyser individuali, di cui 20 mai visti in precedenza. Almeno un getto ben visibile anche nelle immagini precedenti ora appare meno potente. "Quest'ultimo flyby conferma i nostri sospetti", ha detto Carolyn Porco, dello Space Science Institute di Boulder, Colorado "Il vigore di getti individuali possono variare nel tempo e i getti grandi e piccoli possono eruttare tutti insieme dalle strisce di tigre ".

(Nel riquadro la zona chiamata Bagdad Solcus)

Una nuova mappa che combina i dati di calore con le immagini visibili alla luce mostrano 40 km (25 miglia) del segmento della striscia tigrata più lunga, nota come Baghdad Solcus. La mappa illustra la correlazione, alla massima risoluzione possibile, tra le fratture geologicamente giovani della superficie e le temperature insolitamente calde che sono state registrate nella regione sud polare. La gamma di calore in precedenza rilevato dallo spettrometro a infrarossi sembra essere limitata ad una stretta regione non più ampia di un chilometro (mezzo miglio) di larghezza lungo la frattura.

In queste misurazioni, le temperature di picco lungo il Baghdad Sulcus superano i 180 Kelvin (-135 gradi Fahrenheit) e possono essere superiori a 200 Kelvin (-100 gradi Fahrenheit). Queste temperature calde probabilmente derivato dal riscaldamento dei fianchi della frattura con il caldo vapore acqueo che risale e spinge il getto di particelle di ghiaccio visto dalle telecamere di Cassini. Gli scienziati proveranno questa ipotesi indagando sui punti caldi corrispondenti alle fonti dei jet.
(I getti di materia dal sottosuolo di Encelado)

"Le fratture sono fredde per gli standard della Terra, ma sono un oasi accogliente rispetto ai -50 Kelvin (-370 gradi Fahrenheit), del loro ambiente, ha dichiarato John Spencer, un membro del team. "L'enorme quantità di calore della striscia di tigre fratture può essere sufficiente a sciogliere il ghiaccio sotterraneo. Risultati come questo, fanno di Encelado uno dei luoghi più emozionanti che abbiamo analizzato nel Sistema Solare".

Alcuni degli scienziati del team di Cassini deducono che più le temperature sono calde in superficie, maggiore è la probabilità che i jet eruttino acqua liquida. "E se fosse vero, questo rende Encelado ricco di elementi organici liquidi, diventando la superficie extraterrestre più idonea ad ospitare acqua liquida nel Sistema Solare", ha detto Porco.

adattamento a cura di Arthur McPaul

mercoledì 24 febbraio 2010

WASP-12b aumenta di dimensioni

Il pianeta extrasolare WASP-12B è stato ingrandito dalla sua stella e sembra destinato ad essere divorato.


WASP-12b è stato scoperto dal "SuperWASP Planetary Transit Survey" il 1 aprile del 2008, ed è un pianeta extrasolare che transita attorno alla stella WASP-12, in circa 26 ore.

Pianeta del tipo gigante gassoso, al momento della scoperta era circa 1,4 volte la massa di Giove, ma ora si è gonfiato fino a circa 1,8 volte.

Queata interessante variazione è stata scoperta dall'astronomo Shu-Lin Li e i colleghi dell'Istituto Kavli di Pechino, affermando che questo ingrossamento è stato causato dalla gravità della stella, che influisce all''interno del nucleo del pianeta, generando calore che espande la sua atmosfera gassosa.

WASP-12B riesce a malapena a trattenere la sua atmosfera esterna. Ciò dovrebbe consentire alla stella di rubare sua la materia consumandolo completamente, secondo la previsione stimata dal team di Shun-Li Lin n circa 10 milioni di anni,. "Questa data che potrebbe sembrare molto lontana, in termini astronomici è poco più di un battito di ciglia, se confrontata con l'età della Terra che è maggiore di 4,5 miliardi di anni.

Adattamento a cura di Arthur McPaul



English
A JUPITER-LIKE exoplanet is being fattened up by its star, which looks set to devour it.

WASP-12b is an extrasolar planet, discovered by the SuperWASP planetary transit survey orbiting the star WASP-12. Its discovery was announced on April 1, 2008. Due to its extremely close orbit to its star, its radius is 79% larger than Jupiter's and its mass 41% larger. The planet takes only a little over a day to orbit the star, in contrast to 365 days for the Earth to orbit the Sun. Its distance from the star is only 1/44 the Earth’s distance from the Sun with the eccentricity the same as Jupiter.

Discovered in 2008, WASP-12b is a gas giant that is 1.4 times as massive as Jupiter, but is puffed up to about 1.8 times Jupiter's size. It orbits the host star in 26 hours.

Shu-lin Li of the Kavli Institute for Astronomy and Astrophysics in Beijing, China, and colleagues say that this bloat is caused by the star's gravity, which stirs up the planet's interior, generating heat that expands its gases (Nature, DOI: 10.1038/nature08715).

WASP-12b's bloated state means it can barely hold onto its outer atmosphere. This should allow the star to steal matter from the planet, consuming it completely in about 10 million years, the team estimates. "This may sound like a long time, but for astronomers it's nothing," says Li. Earth has been around for more than 4.5 billion years.

Link:
-http://www.newscientist.com/article/mg20527494.500-star-fattens-planet-and-then-devours-it.html
-Nature, DOI: 10,1038 / nature08715




martedì 23 febbraio 2010

Nuovi metodi di ricerca per la vita extraterrestre

La ricerca scientifica dell'intelligenza extraterrestre si è focalizzata sull'ascolto dei segnali radio volontariamente inviati lontano nello spazio. Ma se le civiltà aliene non stessero prestando attenzione o non fossimo in grado di ascoltarli, la loro attività biologica potrebbe ugualmente produrre degli indizi rintracciabili, come suggerisce in un recente articolo, Richard Carrigan del Fermi National Accelerator Laboratory di Batavia in Illinois


La ricerca su scala cosmica di reperti archeologici, come le sfere di Dyson o le civiltà di Kardashev, è una interessante alternativa al convenzionale progetto SETI. Scoprire un tale manufatto non richiede la trasmissione intenzionale di un segnale da parte delle civiltà aliene.
Questo tipo di ricerca è chiamata archeologia interstellare o archeologia cosmica. L'individuazione di vita intelligente in altre parti dell'Universo con l'archeologia interstellare avrebbe vaste implicazioni per la scienza. Ad esempio, i vincoli del principio antropico dovrebbero essere rivisti se fosse scoperta una diversa intelligenza nel cosmo.

Vengono analizzate una moltitudine di ricerche archeologiche di tipo interstellare assieme alla possibile presenza di composti artificiali immessi nell'atmosfera planetaria, come il doping stellare con isotopi di rifiuti nucleari e le sfere di Dyson, immense opere di ingegneria su scala stellare e galattica. Viene anche introdotto il concetto di "bolla di Fermi" dovuta alla migrazione interstellare, come ulteriore indizio di civiltà galattica. Questi potenziali reperti archeologici cosmici sono classificati con la scala di Kardashev. Mentre un'equazione di Drake modificata viene utilizzata per valutare le probabilità relative di trovare varie civiltà. Tuttavia, tranne poche eccezioni, queste tracce archeologiche interstellari sarebbero difficili da rilevare per le nostre attuali capacità tecnologiche.

Possibilità n.1




Le città terrestri sono visibili di notte dallo spazio a causa della luce artificiale, così anche gli esopianeti potrebbero essere illuminati di notte se popolati da civiltà evolute come la nostra. Se l'elettricità fosse utilizzata per produrre luce artificiale, potrebbe riflettere migliaia di volte più intensamente di come riflette la Terra la luce dal Sole.


Possibilità n.2




Si potrebbero cercare anche le prove dell'inquinamento chimico nelle atmosfere di pianeti extrasolari. Composti artificiali come il clorofluorocarbonio, o CFC, potrebbero lasciare tracce osservabili dallo spazio. Assorbendo fortemente la luce negli infrarossi a certe lunghezze d'onda, il CFC potrebbe essere rilevabile, se presente, in una concentrazione di poche parti per trilioni. Ma, per rilevare queste emissioni, si necessiterebbe di un telescopio particolarmente sensibile che va al di fuori delle ordierne capacità disponibili.


Possibilità n.3




La dispersione di rifiuti nucleari in una stella potrebbe lasciare una grande abbondanza di elementi rari prodotti dalla fissione nucleare, come ad esempio il tecnezio o il neodimio, individuabile nello spettro della luce stellare. Ma una traccia riconoscibile dallo spazio potrebbe richiedere una quantità colossale di materiale, per esempio circa 100,000 tonnellate di tecnenzio, secondo le stime Guillermo Lemarchand della National University di Quilmes in Argentina. Di contro, i reattori terrestri hanno prodotto solo 100 tonnellate di tecnenzio nel secolo scorso, dice Richard Carrigan. Pertando potrebbero essere individuate civiltà che fanno un pesantissimo uso di energia nucleare, forse su una super-Terra.

Possibilità n.4




Una civiltà extraterrestre potrebbe anche rivelarsi attraverso colossali opere di ingegneria chiamate sfere Dyson, cioè ipotetiche strutture utilizzate per raccogliere l'energia solare. Una sfera di Dyson sarebbe parzialmente o completamente in grado di bloccare la luce visibile di una stella. Ma poichè la sfera sarebbe riscaldata da essa, emetterebbe la luce agli infrarossi in modo tale da poter essere rilevabile dalla Terra. Gli astronomi hanno trovato alcuni candidati a sfere di Dyson, ma tuttavia potrebbero essere facilmente soltanto nubi gassose di idrogeno, antiche polvere di stelle o addirittura asteroidi.

Possibilità n.5




Piuttosto che bloccare la luce di una sola stella, una civiltà extraterrestre potrebbe costruire sfere di Dyson tentacolari intorno a molte stelle, creando una macchia scura visibile nella sua galassia chiamata bolla di Fermi. Come singole sfere di Dyson, le bolle di Fermi sarebbero ancora irradiate di calore, rendendosi visibili agli infrarossi. Ma trovarle potrebbe essere ancora molto difficile. Le galassie a spirale, come la galassia Girandola , sono piene di polveri e di lacune buie. Le galassie che sono naturalmente più uniformi in luminosità, come le ellittiche, potrebbero essere ottimi candidati per la caccia agli ET.

Possibilità n.6




Una civiltà avanzata potrebbe modificare la sua stella madre per mantenere il suo pianeta abitabile. Con il tempo, sappiamo che le stelle finiscono di bruciare l'idrogeno e iniziano ad utilizzare l'elio del nucleo, gonfiandosi fino a diventare giganti rosse che possono inghiottire i pianeti che li circondano mettendo in pericolo la vita. Una civiltà avanzatissima potrebbe scongiurare il disastro trovando un modo per prolungare la vita di una stella. Così facendo saebbe richiesto uno sforzo straordinario per modificare le condizioni all'interno della stella, per esempio, con la miscelazione dell'idrogeno non utilizzato dalla parte esterna della stella, oppure rimuovendo alcune parti di materia della stella, o regolando il tasso di rotazione per modificare la pressione all'interno. La manomissione darebbe alle stelle proprietà anomale e fornirebbe la prova dell'esistenza di potenti civiltà aliene.


Link: http://arxiv.org/abs/1001.5455
http://www.newscientist.com/gallery/six-unconventional-ways-to-hunt-for-et




Il ghiaccio amorfo fece esplodere la cometa Holmes [ita-eng]

17P/Holmes, o Cometa Holmes, è una cometa periodica del Sistema Solare, appartenente alla famiglia cometaria di Giove. È stata scoperta dall'astrofilo Edwin Holmes il 6 novembre 1892. Dopo l'esplosione del 2007, una nuova ricerca ne spiega le cause.

La prima orbita ellittica della cometa Holmes fu calcolata in modo indipendente da Heinrich Kreutz e da George Mary Searle. Ne fu quindi determinata la data del perielio, il 13 giugno, ed il periodo orbitale, 6,9 anni. Questi calcoli dimostrarono definitivamente che non si trattava del ritorno della cometa 3D/Biela. Furono osservati i successivi due passaggi, nel 1899 e nel 1906, dopo i quali la cometa andò perduta finché non fu riscoperta il 6 luglio 1964 da Elizabeth Roemer dello US Naval Observatory (Osservatorio navale degli Stati Uniti). Grazie alle predizioni computerizzate di Brian G. Marsden, la cometa è stata osservata in tutti i passaggi successivi.

Nell'ottobre del 2007, in sole 42 ore, la cometa ha subito un incremento di luminosità che l'ha portata da una magnitudine apparente di 17 (praticamente fuori dalla portata della maggior parte dei telescopi amatoriali), ad una magnitudine di 2,8 (visibile ad occhio nudo) anche nei cieli luminosamente inquinati delle città. Durante questa fase di incremento della luminosità, sono stati osservati dei frammenti separarsi dal nucleo cometario abbinati al rilascio di un gran quantitativo di polveri. L'evento principale è avvenuto intorno al 24 ottobre. Il nucleo cometario ha manifestato l'incremento nell'attività mentre si trovava in prossimità dell'opposizione, e la coda, che punta in direzione opposta al Sole, è rimasta nascosta agli osservatori da Terra dal nucleo stesso. La cometa è quindi apparsa come una sfera luminosa.

Sulla base di calcoli orbitali e delle misurazioni della luminosità mostrata in precedenza dell' outbust del 2007, il diametro del nucleo cometario è stato stimato in 3,4 km. Nel tardo ottobre 2007 il diametro della chioma è aumentato da 3,3 minuti d'arco a più di 13 minuti d'arco, circa la metà del diametro che la Luna sottende in cielo. Ad una distanza di 2 UA, tale dimensione apparente corrisponde ad un diametro reale di un milione di chilometri, o circa il 70% del diametro del Sole. Per confronto, la Luna dista 380.000 km dalla Terra. Quindi, la chioma della cometa Holmes era una sfera dal diametro maggiore di quello dell'orbita della Luna intorno alla Terra. A metà novembre, per il materiale della chioma è stato stimata una velocità di espansione di 500 m/s, ed un diametro di 1,4 milioni di chilometri, pari a quello del Sole. Per un brevissimo periodo, la cometa ha poseduto l'atmosfera più estesa del Sistema solare.

È interessante osservare alcune similitudini tra gli eventi del 1892 e quelli del 2007. In entrambi i casi, la cometa è entrata in outbusrt 5-6 mesi prima di raggiungere il perielio, ed entrambi gli eventi hanno mostrato simili evoluzioni in apparenza della chioma e della coda. Inoltre, sebbene la cometa abbia effettuato numerosi transiti al perielio nel periodo compreso tra le due date, non sono stati osservati eventi simili.Nel marzo del 2008, la cometa è stata fotografata tramite il Telescopio spaziale Spitzer rivelando caratteristiche morfologiche che non erano mai state osservate su una cometa. Sono stati osservati un guscio esterno, composto da polveri sottili, il nucleo (il punto brillante al centro dell'immagine) e le particelle espulse dalla cometa durante l'esplosione.


Una nuova ricerca di William Reach del California Institute of Technology di Pasadena e dei suoi colleghi, ha appurato che che il responsabile dell'esplosione del 2007 potrebbe essere una forma esotica e instabile di ghiaccio d'acqua al centro della cometa.

Quando l'acqua gela naturalmente sulla Terra, si forma una struttura altamente regolare di cristallo. Si crea a temperature molto più basse del sistema solare esterno, dove le comete condensa il gas primordiale e le polveri. Le molecole d'acqua avrebbero formando il cosiddetto ghiaccio amorfo. Quando il ghiaccio è riscaldato a -133 ° C, ritorna alla comune forma cristallina. Ciò spreme il gas intrappolato nel ghiaccio amorfo rilasciando anche calore che può essere la causa dell'esplosione luminosa.

Il calore del Sole potrebbe aver innescato una tale conversione nella cometa 17P/Holmes,con il rilascio a pressione dei gas da una cavità, dice team di REACH (Icarus, DOI: 10.1016/j.icarus.2010.01.020). La dimensione della nube di detriti creatasi dall'esplosione 2007 suggerisce che l'esplosione era potente come la detonazione di 31 kiloton di TNT o una piccola bomba nucleare.
Per rilasciare questa energia sarebbe necessario un milione di tonnellate di ghiaccio amorfo, cioè solo una piccola frazione della massa di 3-4 km del nucleo cometario.
Ma David Jewitt della University of California di Los Angeles, avverte che il gas potrebbe semplicemente fuoriuscire attraverso le fessure del ghiaccio amorfo, piuttosto che ruttare ad alta pressione. "Ci sono prove che la resistenza alla trazione di nuclei di comete sono molto basse", dice. Questo suggerisce che i nuclei delle comete potrebbero non essere in grado di contenere i gas abbastanza a lungo per evitare che si verifichi un'esplosione.

Adattamento a cura di Arthur McPaul



English story
Sun's warmth blows comet's icy heart apart
THREE years ago, the comet 17P/Holmes exploded with a blast comparable to a small nuclear bomb. Would you believe that an exotic form of ice was responsible?
Comet 17P/Holmes became a million times brighter when it erupted in 2007. A freak collision with an asteroid could have explained that blast, had it been a one-off. But the same comet also exploded in 1892, suggesting something else might be triggering the outbursts. Now William Reach of the California Institute of Technology in Pasadena and his colleagues think the culprit may be an exotic and unstable form of water ice at the comet's heart.

When water freezes naturally on Earth, it forms a highly regular crystal structure. It's a different story at the much lower temperatures of the outer solar system, where comets condensed from primordial gas and dust. The water molecules would have stuck together much more haphazardly, forming so-called amorphous ice. When such ice is warmed to -133 °C, it reverts to the familiar crystalline form. This would squeeze out any gases trapped within the amorphous ice during the comet's formation. Heat would also be released, perhaps prompting a runaway conversion of any nearby amorphous ice.

The sun's heat may have triggered such a conversion in comet 17P/Holmes, with pressure from the released gases blasting a hole in its side, says Reach's team (Icarus, DOI: 10.1016/j.icarus.2010.01.020). The size of the debris cloud created by the 2007 blast suggests that the explosion was as powerful as the detonation of 31 kilotonnes of TNT or a small nuclear bomb.
The comet's debris cloud suggests that the explosion was as powerful as a nuclear bomb
To release this much energy would require the transformation of a million tonnes of amorphous ice, just a fraction of the mass of the comet's 3.4-kilometre nucleus.

But David Jewitt of the University of California, Los Angeles, cautions that gas might simply leak out through cracks in amorphous ice, rather than build to the high pressures needed for a violent eruption. "There is evidence that the tensile strengths of comet nuclei are very low," he says. This suggests that the nuclei of comets may not be able to contain the gases long enough for an explosion to occur.


Fonti:






lunedì 22 febbraio 2010

DOSSIER UFO: INTRODUZIONE (PARTE 1)



Introduzione:
Scopo di questo dossier è raccogliere tutto il materiale valido, inerente alla casistica UFO, per creare un quadro organico al fine di ricavare un giudizio scientifico sulle reali cause del fenomeno.
Grazie all'imponente archivio di foto e documenti video sparsi sul web, il lavoro di raccolta viene estremamente semplificato rispetto agli anni passati, ma al contrario l'analisi si complica per la maggior parte di essi a causa della loro dubbia validità.

Questo aumento di materiale non è indice di una intensificazione del fenomeno avvistamenti, ma è principalmente dovuto ad aumento di dispositivi elettronici capaci di riprendere immagini e video, come i cellulari, le macchine digitali e le videocamere di nuova generazione.

Il termine popolare "UFO" deriva dall'inglese "Unidentified Flying Object" o "Unknown Flying Object", cioè oggetto volante non identificato (in italiano OVNI). Tecnicamente il termine UFO è valido per qualsivoglia oggetto volante di cui da terra o dal cielo non è possibile identificare per le cause che vedremo in seguito.

La parola è largamente utilizzata dalle torri di controllo quando un oggetto volante entra nei radar, prima che ci sia una comunicazione di identificazione. Ma il concetto è stato largamente assimilato dalla cultura popolare per identificare mezzi e tecnologie volanti dalle presunte origini non terrestri o non convenzionali.

Gli UFO sono diventati nel '900 fenomeno di massa, soprattutto grazie ad alcuni episodi chiave che analizzeremo in dettaglio successivamente e alla fantasia di scrittori romanzeschi e registi, che hanno realizzato migliaia di trasposizioni letterarie e cinematografiche, alcune di grandissimo successo.

La documentazione, in aumento progressivo soprattutto dal secondo dopoguerra in poi, ha provocato grazie a decine di studiosi che hanno preso a cuore l'analisi scientifica del problema, un ampliamento dei campi di indagine, sfociando nei settori più disparati, di cui ne citiamo i principali: l'intelligence (spionaggio militare, civile e industriale), la politica, il militarismo, la parapsicologia, l'antropologia, l'esobiologia, l'aeronautica, la planetologia, la fisica, l'iconologia, la storia, l'archeoastronomia, la religione e l'astronautica.
In realtà, gli avvistamenti di UFO, sembrerebbero presenti fin dall'antichità, ma i documenti a nostra disposizione sono scarsi e di dubbia genuinità, in quanto spesso sono dei falsi, o frutto di rappresentazioni mitologiche, letterarie, pittoriche o religiose che trascendono altre cause.


(Una popolare foto di UFO realizzata da George Adamsk, celebre "contattista")

Cercheremo quindi di analizzare i casi principali partendo dalle origini, diramando progressivamente lo studio nelle varie discipline umanistiche e scientifiche che sono state interessate e coinvolte.
In questa analisi, selezioneremo principalmente quegli avvistamenti che si presume siano di origine extraterrestre, ponendoli a confronto con quelli che invece sono oggetti terrestri identificati.
Un incontro ravvicinato in ufologia, è un evento nel quale una persona testimonia di essere venuta in contatto con un oggetto volante non identificato (UFO).

La terminologia e il sistema di classificazione degli avvistamenti di UFO furono inaugurati dall'astrofisico e ricercatore ufologico J. Allen Hynek, che li suggerì per la prima volta nel suo libro del 1972 "The UFO Experience: A Scientific Inquiry".
Hynek introdusse i primi tre tipi di incontro; in seguito furono aggiunti da altri due ulteriori sottotipi di incontri ravvicinati, ma questa classificazione non è universalmente accettata da tutti gli studiosi del fenomeno.

Gli avvistamenti ad oltre 160 metri (500 piedi) di distanza dal testimone sono classificati come "dischi alla luce del giorno" ("Daylight Discs"), "luci notturne" o "resoconti radar/visivi".
Gli avvistamenti entro i 500 piedi all'incirca sono sotto classificati sotto vari tipi di "incontro ravvicinato". Hynek e altri hanno sostenuto che per essere tale un incontro ravvicinato deve avvenire entro circa 500 piedi, per ridurre notevolmente o eliminare la possibilità di identificare erroneamente degli aeromobili convenzionali o altri fenomeni noti.
A questa classificazione si aggiunge quella di Valleè, molto usata dagli ufologi, perchè più tecnica e descrittiva e pertanto, spesso preferita alla precedente:

- Tipo I (a, b, c, d): osservazione di un oggetto insolito, discoidale, sferico, o di altra geometria, sopra o nelle vicinanze del suolo (ad altezza degli alberi, o più in basso), che possono essere associate con tracce, effetti luminosi e o meccanici:

a - al suolo o in prossimità del suolo;
b - sopra o nelle vicinanze di uno specchio d'acqua;
c - Gli occupanti sembrano mostrare interesse nei testimoni dell'avvistamento per via di gesti o di segnali luminosi;
d - l'oggetto sembra "esplorare" un veicolo terrestre.


- Tipo II (a, b, c): osservazione di un oggetto insolito, di forma cilindrica verticale nel cielo, associato con una formazione nebulosa estesa. A questo fenomeno sono stati dati i vari nomi quali "nube-sigaro" o "nube-sfera":

a - muovendosi irregolarmente attraverso il cielo;
b - l'oggetto è stazionario e alcuni oggetti secondari (a volte citati come "oggetti satelliti") si muovono intorno ad esso;
c - L'oggetto è circondato da molti oggetti secondari.

- Tipo III (a, b, c, d, e): osservazione di un oggetto insolito, di figura sferica, discoidale o ellittica, stazionaria nel cielo.

a - librandosi fra due periodi di movimento con la discesa "a foglia morta", su e giù, o con movimenti "pendolari";
b - interruzione del volo continuo con fasi di stazionamento;
c - Modifica la sua forma mentre si libra nel cielo - per esempio, cambiamento della luminosità, generazione di oggetto secondari, ecc.
d - "duello" o sciamìo fra parecchi oggetti;
e - la traiettoria si è alterata bruscamente durante il volo continuo per librarsi lentamente sopra una particolare zona.

- Tipo IV (a, b, c, d): osservazione di un oggetto insolito in volo continuo.

a - volo continuo;
b - traiettoria influenzata da un altro velivolo convenzionale;
c - Volo di formazione;
d - ondulato o traiettoria di zigzag.
- Tipo V (a, b, c): osservazione di un oggetto insolito dell'apparenza indistinta, cioè, sembrante essere non completamente materiale o solido in struttura.

a - oggetti luminosi "sfocati" dal diametro esteso;
b - oggetti luminosi dall'apparenza "stellare" priva di movimento per lunghi periodi;
c - oggetti luminosi dall'apparenza "stellare" che velocemente attraversano il cielo, possibilmente con "peculiari" cambi di traiettoria.

(celebre imagine di un disco volante)

Secondo la nostra interpretazione, che definiremmo "sintetica" gli avvistamenti potrebbero essere classificati più semplicemente in cinque diverse tipologie:
- Tipo 0 oggetto luminoso indefinito a notevole distanza che compie spostamenti irregolari non conformi alle leggi dell'avionica;
- Tipo 1 oggetto luminoso a distanza ampia ma che mostra alcuni segni della sua struttura fisica;
- Tipo 2 oggetto a distanza ravvicinata cui si notano chiaramente tratti della sua struttura;
- Tipo 3 oggetto non convenzionale, al suolo o in volo, nelle immediate vicinanze con la compresenza di entità viventi o cibernetiche chiaramente visibili;
- Tipo 4 (adbuction): testimonianze o documenti da parte di persone che sostengono di essere state rapite da entità aliene o essere entrate in stretto contatto e condotti su mezzi extraterrestri.

La frequenza documentata di avvistamenti è presente in maggior numero percentuale nel tipo 0 e scende vertiginosamente fino a poche rare testimonianze nel tipo 4.

L'indagine di questi fenomeni, condotta prevalentemente secondo i canoni del metodo sperimentale scientifico, prende il nome di "ufologia" e gli studiosi sono chiamati "ufologi". Questa disciplina tuttavia non è di tipo accademico e non è ancora ufficialmente riconosciuta come campo di indagine interdisciplinare, perciò non detiene cattedre di insegnamento universitario e laboratori di ricerca. La scienza ufficiale che studia la presenza di vita nell'universo tuttavia esiste è viene chiamata esobiologia, affidandosi a metodi del tutto differenti di indagine.

I motivi principali per cui l'ufologia non è ancora entrata fra gli studi accademici sono almeno tre:

- L'inaffidabilità delle fonti che non sono ritenute, dagli studiosi, attendibili;
- La non sperimentabilità del fenomeno secondo il metodo scientifico
- I soggetti d'analisi, cioè il velivolo e le entità extraterrestre, sono ritenute inesistenti per la mancanza di prove certe e per le conseguenze psicologiche e sociali che determinerebbero sull'opinione pubblica mondiale.

A ciò si aggiungono da parte degli scienziati: la diffidenza, la chiusura mentale e l'attaccamento radicale ai postulati della fisica e dell'astronomia contemporanea che ritengono del tutto improbabile, viste le enormi distanze astrali, un eventuale contatto con altre entità viventi ("paradosso di Fermi").

Pochissime sono state le personalità del mondo scientifico che hanno appoggiato l'Ufologia, tra cui il celebre astrofisico Josef Allen Hynek che prese parte al progetto Blue Book statunitense e il celeberrimo discepolo di Freud, lo psicoterapeuta Carl Jung che lo analizzò in chiave psicoanalitica.

La presenza degli UFO secondo uno dei primi quattro tipi di avvistamenti è documentata fin dalle origini dell'umanità e non mancano a tal riguardo studiosi che ritengono associate al medesimo fenomeno, persino citazioni presenti nella Sacra Bibbia ebrea e in altri testi religiosi.

Del fenomeno, a partire dal dopoguerra, se ne sono occupati anche autorità militari e civili, constatando una percentuale minima ma non trascurabile di avvistamenti senza una apparente spiegazione:
- Il 22% del totale per il GEIPAN francese;
- 1100 casi su 11000 esaminati per il Ministero della Difesa britannico;
- 701 (5,56 % del totale) dal progetto Blue Book dell'USAF (USA).

Le relazioni, tenute per decenni nascoste, all'opinione pubblica, non hanno tuttavia giustificato i casi anomali come presenze da parte di mezzi tecnologici extraterrestri, ma trascurabili e irrilevanti errori di rilevazione da parti degli apparati di registrazione radar e visivi o fenomeni naturali come fulmini globulari.

Una buona parte degli ufologi, chiamati "cospirativisti o complottisti, sostiene infatti che gli oggetti non identificati siano in effetti mezzi sperimentali di origine militare e segreta prodotta inizialmente dalle superpotenze, durante la sfrenata rincorsa agli armamenti nel periodo della "guerra fredda

Documenti dal lontano passato 
Le presunte testimonianze della presenza UFO, sono attestate sin dalla preistoria, con graffiti, geroglifici e oggetti da ogni parte del mondo, alcuni davvero significativi e per certi aspetti inquietanti.

Tale campo di indagine è anche detto dagli ufologi clipeologia (dal latino clipëus, disco), o paleoufologia o archeologia spaziale. Anche questo tipo di teorie non sono riconosciute dalla comunità scientifico-accademica.

A portare alla ribalta questo tipo di analisi di tipo pseudo-scientifica, sono stati alcuni ricercatori e scrittori a partire dalgi anni '60, tra cui Erich von Däniken, Peter Kolosimo e Zecharia Sitchin, con diverse pubblicazioni che hanno avuto successo e hanno fortemente suggestionato l'opinione pubblica.

I riferimenti storici circa gli oggetti volanti non identificati ci vengono tramandati sotto forma di dipinti o testi. Già nell'antica Roma si siano verificati diversi avvistamenti commentati da Plinio il Vecchio (23 – 79 d.C.) nelle Historiae Naturales, in cui descrive come clipei ardentes (scudi infuocati, da qui il termine clipeologia) certe strane apparizioni nei cieli. Riferimenti di questo tipo si trovano anche nelle opere di Plutarco (45 – 125 d.C.), Eschilo (525 a.C. – 456 a. C.) e Valerio Massimo (I sec. d. C.). Anche nella Bibbia, secondo questi studiosi, pare che ci siano riferimenti ad avvistamenti di UFO, principalmente più nel libro di Ezechiele:

«Io guardavo, ed ecco un vento tempestoso avanzarsi dal settentrione, una grande nube che splendeva tutt'intorno, un fuoco da cui guizzavano bagliori, e nel centro come lo splendore dell'elettro in mezzo al fuoco.” (Ez.1, 4). “…Le ruote avevano l’aspetto e la struttura come di topazio e tutt'e quattro avevano forma identica: apparivano, nella loro struttura, come se una ruota fosse in mezzo ad un’altra. (Ez. 1,16) Così movendosi potevano andare verso quattro direzioni, senza voltarsi nei loro movimenti. (Ez.1,17) La loro circonferenza era assai grande e i cerchi di tutt'e quattro erano pieni di occhi tutto all'intorno ...» ( Ez. l , 18).
Altre testimonianze giungono da Senofonte nella sua opera Anabasi (risalente al IV secolo a. C.) in cui redige una classifica degli oggetti volanti avvistati in base alla loro forma; li descrive nelle forme a conchiglia, piatti, a campana, triangolari. Alessandro Magno descrive una flotta di “grandi scudi di argento scintillante” che sorprese l’esercito greco mentre attraversava il fiume Jaxartes, in India.

Cicerone, nel suo De Divinatione, racconta: «...il sole splendette nella notte, con grandi rumori nel cielo e il cielo sembrava esplodere e stupefacenti sfere vi apparvero...».

Tito Livio, (59 a. C. al 17 d.C) , nella "Storia di Roma", cita i famosi clipea ardentes, oggetti a forma di scudi circolari che volano nel cielo. Tali prodigi vengono avvistati sopra molte città dell'Impero; inoltre, lo storico, aggiunge anche che il secondo re di Roma, Numa Pompilio, fu personalmente testimone della caduta dal cielo di uno di questi "scudi volanti". Pare che il monarca lo annoverò tra gli oggetti di culto delle pratiche religiose che promosse.

Le incisioni di Val Camonica
Le incisioni della Valcamonica, furono scoperte nel 1909 da Walther Laeng, un geografo bresciano, su due massi al Pian del Greppe presso Cemmo tra le cime della Concarena e il Pizzo Badile Camuno. Le figure furono incise su arenaria permiana in quattro epoche: dal Paleolitico superiore (8000 a. C.) al Eneolitico (3000-2000 a.C.).

Venivano prevalentemente incise, scene di caccia, momenti di vita rurale e i primi riti di iniziazione femminile. Dopo il 1000 a.C. divennero frequenti scene di battaglia o raffigurazioni di capanne messi e armi. Le ultime espressioni dell'arte rupestre dei Camuni si arrestarono definitivamente in epoca Paleocristiana.
A stimolare la fantasia degli artisti furono prevalentemente il Sole e il cervo, elementi distanti ma onnipresenti e fondamentali per la loro sopravvivenza: Il Sole fonte misteriosa di luce, di calore, di vita; il cervo, fonte di nutrimento. Ma non mancano rappresentazioni assai strane come queste, in cui appaiono uomini fluttuanti e dotati di casco.


(Figure umanoidi fluttuanti con caschi e uomini coronati in graffiti rupestri in Val Camonica)

Il deserto del Tassili
Il Tassili n'Ajjer è un massiccio montuoso che si erge nel Sahara tra Libia ed Algeria e si estende in un'area di 500 kilometri quadrati.
Nella lingua dei nomadi Tuareg, "Tassili n'Ajjer" significa "Altopiano dei fiumi", infatti Mostra ancora i letti asciutti di antichi corsi d'acqua (oued) e i profondi canyon, ricordandoci il Sahara era ben diverso da come lo vediamo oggi. I segni di quello che era un tempo la zona li ritroviamo nei fossili di animali e piante e negli oltre 80000 disegni delle grotte preistoriche, studiati per la prima volta da Henri Lothe nel 1956. I graffiti e le pitture rupestri nel Tassili, ci ricordano che la vita prosperava dove ora c'è solo sterile deserto.

Acune di queste opere preistoriche, secondo ricercatori come Peter Kolosimi, mostrano esseri con scafandri e strane maschere (talora sono raffigurati con tubi sulle terga e che escono dalla bocca), forse astronauti extraterrestri. Nel sito di Jabarren, ("I Giganti") sono riprodotti con dovizia di particolari e con linee piuttosto nette, questi esseri a quattro dita per mano.
Celebre è il cosiddetto "grande dio di Sefar": è un essere dipinto ad affresco in modo bidimensionale, lungo circa 3,20 m, con una testa bitorzoluta, quasi crestata e il torso sproporzionato rispetto al resto del corpo. Porta un bracciale al polso ed un altro al braccio in corrispondenza di una strana protuberanza che si protende nell'incavo tra braccio ed avambraccio. Sullo sfondo donne e gazzelle.

Secondo l'antropologo Lewis-Williams, non rappresenta un essere alieno, ma è il frutto delle percezioni entottiche, le entità che si mostrano agli occhi della mente, negli stati alterati di coscienza, durante l'assunzione di sostanze stupefacenti.


(Deserto del Tassili graffito del Dio Marte o un extraterrestre)

(Deserto del Tassili graffito)

(pitture rappresentanti i Wandjina australiani (molto rassomiglianti ai Grigi)



(pitture di esseri umanoidi scafandrati in Australia)

I maya e i sumeri
La civiltà Maya, popolazione pre colombiana dell'America Centrale, è in questi anni, oggetto di studio da parte di filosofie New Age, ricercatori indipendenti e ufologi a causa di un riferimento epigrafico sul Monumento 6 di Tortuguero in cui si parla di un evento apocalittico alla fine della Quinta Era, che cadrebbe il 21 dicembre 2012 (secondo la conversione nel calendario gregoriano). A nulla sono valse le testimonianze di sacerdoti maya contemporanei per screditare questa ingiustificata apocalisse, che ormai sembra aver assunto, soprattutto sul web, toni da isterismo e delirio di massa.

Da qui, sono sorte illazioni di ogni tipo, come presunti contatti tra gli antenati dei maya e gli antichi dei anunnaki dei sumeri; non mancano poi bassorilievi in cui si intravedono rappresentazioni di astronauti di un lontano passato.

(Incisione Maya "testa scafandrata con respiratore)

Zecharia Sitchin, arcinoto studioso, uno tra i primi a decodificare l'intricata scrittura cuneiforme sumera, è tra i più acerrimi sostenitori dell'origine extraterrestre dell'intera umanità. A prova della sua teoria, si è basato soprattutto sui "sigilli sumeri", i bassorilievi in cui venivano rappresentate scene di vita quotidiane o riti sacerdotali sacri. In particolare, in alcuni di questi, Sitchin, è certo che siano rappresentati gli Anunnaki, cioè gli extraterrestri scesi dal pianeta Nibiru per estrarre oro dalla Terra.

(Sigillo Sumero in cui Oannes (a sinistra) erudisce gli uomini, controllato da tre esseri "Annunaki" a bordo di un vascello volante)

Uno dei sigilli sumeri più celebri e discusso è il VA243, in cui sarebbe rappresentato il Sistema Solare con il dodicesimo pianeta Nibiru. In realtà, in questo bassorilievo, nel cuneiforme ai lati non è citato alcun pianeta Nibiru, ma il nome di colui che ne ha ordinato la rappresentazione. La simbologia del presunto Sole non è attinente a quella di centinaia di altri sigilli, ma sembrerebbe invece una stella molto luminosa, presumibilmente nelle Pleiadi.

(Lastra tombale di Palenque detta tomba dell'astronauta)

(Staua equadoregna di un astronauta ante-litteram?)

(Manufatto rappresentante un astronave pilotata? Turchia Navicella di Tropakkale)

La tomba di Ptahhotep
Nella Tomba di Ptahhotep, fra la V e VI dinastia in antico Egitto, gran visir al tempo del Faraone Ises, alcuni ufologi sul web sembrano aver intravisto un vero e proprio alieno (un grigio), che sarebbe raffigurato in quel dipinto.




A prima vista, in effetti la somiglianza con lo stereotipo dell'alieno "grigio" sembra sorprendente. Solo il parere esperto di uno studioso serio e degli egittologi poteva smascherare questa credenza popolare. Osserviamo meglio l'immagine in basso, schiarita e pulita dallo shape.


Si tratta di un vaso che contiene una pianta particolare che veniva offerta agli dei assieme a frutta e animali (il fiore del Loto). Anche in altri punti della tomba di Ptahhotep troviamo raffigurata la stessa pianta. Un portatore ha addirittura in mano un piccolo vaso della stessa forma di quello "alieno".


Nella figura in alto, si vede la stessa pianta, in tre vasi. Se poi gli egiziani avessero realmente il bisogno di rappresentare un alieno "grigio", lo avrebbero fatto come per tutte le figure viventi, di profilo, secono il loro stile rappresentativo.

Gerogrifici dell'osireion di Abydos


 

Nel 1989, la psicologa MUFON Ruth Hover, ritrovò in modo del tutto casuale su una travatura orizzontale del tempio di Abido, (conosciuto come "Osireion" di Abydos) alcubi geroglifici che rappresentano almeno all'apparenza, aerei, elicotteri, un sommergibile, un disco volante a campana e un altro velivolo che ricorda un sigaro volante. Qual è il loro significato? Secondo gli studiosi Bauval, Hancock e West, l'Osireion di Abido sarebbe databile intorno al 10.000 a. C. da una civiltà antecedente a quella egiziana che lo restauro soltanto. La versione ufficiale, confermata anche da testate web autorevoli, come egittologia.net, affermano invece, che gli strani oggetti siano soltanto una coincidenza dovuta alla rimozione di uno o più strati di intonaco che coprivano la travatura. Gli antichi egiziani erano infatti soliti coprire la parete con intonaco fresco per realizzare nuove iscrizioni, che in questo caso scrostandosi in modo non uniforme, hanno assunto il profilo di vevivoli militari della nostra epoca o extraterrestri.

IL PAPIRO TULLI
Uno dei più antichi documenti scritti che narrano l'apparizione in cielo di oggetti volanti è il "Papiro Tulli", un documento apocrifo in forma di antico papiro scritto in ieratico apparso alla cronaca nel 1934 in Egitto, il quale conterrebbe la descrizione di strani avvistamenti di luci e oggetti nel cielo.




Questa è la traduzione:
"...il ventiduesimo giorno del terzo mese d'inverno, alla sesta ora del giorno gli Scribi, gli Archivisti e gli Annalisti della Casa della Vita si accorsero che un cerchio di fuoco ... (lacuna). Dalla bocca emetteva un soffio pestifero, ma non aveva "testa", il suo corpo misurava una pertica per una pertica ed era silenzioso. Ed i cuori degli Scribi, degli Archivisti tutti furono atterriti e confusi ed essi si gettarono nella polvere col ventre a terra.... (lacuna) essi riferirono allora la cosa al Faraone. Sua Maestà ordinò di … (lacuna) è stato esaminato … (lacuna) ed egli stava meditando su ciò che era accaduto, che era registrato dai papiri della Casa della Vita. Ora, dopo che fu trascorso qualche giorno, ecco che queste cose divennero sempre più numerose nei cieli d'Egitto. Il loro splendore superava quello del sole ed essi andavano e venivano liberamente per i quattro angoli del cielo . (lacuna). Alta e sovrastante nel cielo era la stazione da cui andavano e venivano questi cerchi di fuoco. L'esercito del Faraone la osservò a lungo con lo stesso Re. Ciò accadde dopo cena. Di poi questi cerchi di fuoco salirono più che mai alti nel cielo e si diressero verso il Sud. Pesci ed uccelli caddero allora dal cielo. Grande fenomeno che mai a memoria d'uomo fu in questa terra osservato... (lacuna) ed il Faraone fece portare dell'incenso per rimettersi in pace con la Terra … (lacuna) e quanto accadde il Faraone diede ordine di scriverlo e di conservarlo negli Annali della Casa della Vita, affinché fosse ricordato per sempre dai posteri..."

Il papiro sarebbe fu ritrovato al Cairo sulla bancarella di un antiquario da parte di Alberto Tulli, allora direttore del Pontificio Museo Egizio del Vaticano che credette di riconoscere nel papiro un prezioso documento. Per via dell'alto valore non potette acquistarlo subito, ma ottenne l'autorizzazione a copiarlo per un'analisi approfondita.
Da questi, fu dapprima tradotto in geroglifici grazie alla preziosa collaborazione dell'abate Etienne Drioton, direttore del Museo egizio del Cairo. Il papiro descriveva un avvistamento effettuato dal faraone Thutmosis III, anche se molte parti del testo risultarono essere danneggiate o mancanti. Il documento probabilmente entrò alla morte di Tulli in possesso del Vaticano, anche se non risulta ufficialmente donato.
La prima testimonianza diretta dell'esistenza del papiro apparve sulla rivista britannica di studi fortiani "Doubt" nel 1953 con un articolo del principe sudtirolese Boris de Rachewiltz, egittologo e appassionato di esoterismo.
Nell'articolo si trova anche una illustrazione del papiro, riprodotta in ogni pubblicazione successiva. Egli scrisse di aver esaminato un papiro originale in pessime condizioni, mancante dell'inizio e della fine, nonché sbiadito. Nel 1956 H. T. Wilkins lo riprese nel saggio "Flying Saucer Uncensored" per poi diffondersi grazie ad altre pubblicazioni del settore.
L'italiano Solas Boncompagni, "clipeologo" (studioso degli UFO nell'antichità) pubblicò sulla rivista Clypeus una diversa traduzione del testo in italiano, per poi dare in una successiva interpretazione anche delle parte mancanti in una pubblicazioni del 1995.
Intanto la notorietà del papiro aveva fatto il giro del mondo e tutti gli ufologi lo consideravano a priori, la testimonianza storica definitiva della presenza extraterrestre, ma contemporaneamente giungevano le prime importanti dichiarazioni che fosse un clamoroso falso, come quella di Gianfranco Nolli, direttore della sezione egizia del Vaticano.
Nel 2006 la comunità virtuale di "egittologia.net" decise di porre fine alla vicenda analizzando nuovamente il documento partendo dall'originale di Rachewiltz. Franco Brussino, esperto di egittologia, notò la similarità tra alcuni passi del papiro e delle frasi provenienti dall'Egyptian Grammar di sir Alan H. Gardiner, pubblicato nel 1927 e quindi antecedente alla scoperta del papiro.
Il testo fasullo sarebbe stato composto copiando dalla Grammar, singole frasi appartenenti a nove diversi papiri. Le lacune nel testo furono quindi volutamente lasciate per collegare frasi che altrimenti sarebbero apparse insensate, mentre nel papiro sono presenti errori presenti anche nella Grammar di Gardiner, dovuti a cattiva trascrizione.
Il papiro è dunque risultato essere una complessa ed ottimamente realizzata burla, se non addirittura una truffa, tanto sofisticata da aver tratto in inganno gli ufologi e gli egittologi.


Arte e UFO
Tantissime sono le citazioni, da parte dei clipeologi, di rappresentazaioni pittoriche medievali in cui apparirebbero dei dischi volanti o degli oggetti non identificati. In tutti i casi analizzati, si tratta di rappresentazioni simboliche attigue all'arte sacra, che spesso, erano assai comuni e stilizzati in modo simile in numerosi altri dipinti sfuggiti alle analisi.
Per un debunking efficace di questi casi, occorre una minima conoscenza di iconologia e simbologia sacra e di storia dell'arte medievale e moderna, requisiti che impediscono di incappare in fragorose bufale, come spesso molti blog o siti ufologici hanno fatto.

Il cappello di San gerolamo



Questo in alto è uno dei particoli più diffusi in internet, che desta dubbi per la presenza in basso di un presunto disco volante dalla forma a cappello. Il particolare è tratto da "La Tebaide", di Paolo Uccello:



Il particolare appare al centro del dipinto, sotto all'arco bianco.
Il dipinto rappresenta diverse scene di vita monastica: in basso a sinistra la Vergine appare a San Bernardo; sopra un gruppo di monaci si flagellano davanti al crocifisso; al centro, in una grande grotta, è raffigurato San Gerolamo in preghiera davanti a un altro crocifisso, mentre in alto san Francesco inginocchiato riceve le stimmate. Nella zona in basso a destra forse è raffigurata la predicazione di San Romualdo.Chiunque conosca un minimo la storia dell'arte riconoscerà in quell'oggetto un cappello da cardinale (si vedono benissimo i cordoni con i fiocchi), infatti il personaggio inginocchiato è San Gerolamo (o Girolamo) che, si racconta, divenne eremita dopo aver rinunciato alla carica ecclesiastica.
L'oggetto è presente in molti altri dipinti, come nel San Gerolamo del Perugino o nel Saint Jerome di Albrecht Bouts:


Ecco un altro dipinto, del Gozzoli, in cui San Gerolamo, sempre con il famoso cappello a terra:



Nessun mistero dunque, il particolare in questione, non è un disco volante ma il cappello vescovile che richiama la santità di San Gerolamo.

L'Annunciazione del Crivelli



Anche in questo caso, gli ufologi e i blogger sul web, sembrano vedere in cielo un oggetto volante non identificato che appare in cielo con tanto di raggio laser che colpisce la Madonna. Osserviamo il particolare nel dettaglio:

Il raggio che colpisce la Madonna è in realtà viene da un doppio cerchio di angeli, che appare in moltissime altre annunciazioni, come in quella dell'Alamanno:



Anche in questo caso nessun disco volante e nessun riferimento dell'arte cristiana ai presunti alieni, ma soltanto una rappresentazione simbolica di angeli che irradiano di grazia la Madonna, emblema cristiano della purezza e della verginità di corpo e di spirito.

Lo "sputnik" del Ventura Salimbeni
 
Da tempo girano articoli e citazioni su questa bellissima opera pittorica del Salimbeni, in cui il "globo" al centro sarebbe la rappresentazione, vista la somiglianza, dello "Sputnik" russo, la prima sonda automatica inviata nello spazio dall'uomo:


Il globo al centro è in relatà un simbolo sacro molto ricorrente anche in altre analoghe rappresentazioni, tra cui la più somigliante è quella della Trinità, esposto nella basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme:


In realtà non si tratta di una premonizione fatta dal pittore sulle future missioni spaziali dei russi, ma semplicemente, anche in questo caso è un simbolo, che raffigura il "Globo del Creato" o "Sfera Celeste", e in particolare in questo caso contiene la raffigurazione del Sole e della Luna, che sono l'oggetto bianco e nero in basso e il Sole giallo, in alto.
Ecco un'immagine dello Sputnik russo:



La somiglianza è un presupposto altamente ridicolo.

CROCIFISSIONE ( Monastero di Visoki Decani, Kosovo)

Analizziamo adesso, uno dei dipinti più discussi dagli ufologi, dove apparirebbero esplicitamente degli uomini volanti, su astronavi a razzo:


Come si può analizzare in questo particolare in basso, sembrano effettivamente dei razzi, con tanto di pilota all'interno:



I particolari, sono presenti nell'affresco dipinto nei primi decenni del XIV secolo che si trova nel terzo livello della cupola nel Monastero di Visoki Decani in Kosovo. Tantissime sono state le pubblicazioni che hanno affermato che questa splendida opera sacra sia in realtà la rappresentazione di capsule spaziali, associati alla sacralità di Cristo, lasciando intendere la natura extraterrestre del Salvatore e di Dio.
In realtà, per ha un minimo di dimestichezza con l'arte medievale, saprà benissimo, che questi due simboli rappresentano l'antropofizzazione del Sole e della Luna, tant'è che appaiono, in forme simili in decine di altri dipinti:

Come potete osservare, anche in questa rilegatura di un antico Evangelario (Tesoro di San Clemente d'Ochrida, sec XIV), abbiamo in alto il Sole e la Luna, rappresentati simbolicamente come nella Crocifissione di Visoki Decani.
Ecco quanto dice in merito, il Dizionario dei soggetti e dei simboli nell'arte" di James Hall:
"...Negli esempi medievali, il sole e la luna possono essere rappresentati secondo la tipologia antica: il sole come figura maschile che guida una quadriga, la luna come figura femminile che conduce un carro di buoi, ciascuno all'interno di un disco circolare. Oppure il sole è rappresentato semplicemente da un busto maschile con un alone luminoso, e la luna da un busto femminile con il crescente lunare che contraddistingue Diana. Più tardi si riducono a due semplici dischi (in quello della luna può essere inscritto il crescente lunare) e a volte sono sorretti da angeli. Il sole compare alla destra di Cristo, la luna alla sua sinistra."
Questo particolare è altresì illuminante per esplicare in modo più chiaro il concetto simbolico di rappresentazione del Sole, sempre nello stesso monastero di Decani, in una cupola inferiore:


Anche questo esempio è assimilabile dunque alla rappresentazione simbolica dei soggetti nell'arte sacra e non si tratta assolutamente di oggetti volanti artificiali. 
Analogo come concetto simbolico, è la rappresentazione nella Crocifissione su uno dei lati del monumento funebre alla martire Sidonia nella cattedrale Svetitskhoveli di Mtskheta in Georgia, di due presunti oggetto volante a "medusa".


Uno è di colore rosso-arancio e l'altro bianco trasparente. In molti hanno visto l'ennesima rappresentazione di due dischi volanti in procinto di prendere quota. Se si osserva bene, all'interno di essi abbiamo due volti rappresentati di profilo, Anche in questo caso, si tratta della simbolizzazione della Luna a destra e del Sole a sinistra. Questa rappresentazione iconica può esplicare ancora meglio cosa è rappresnetato nel discosso quadro in alto:


Stessi colori, stessa stilizzazione. Sono semplicemente il Sole e la Luna. Nien'altro.

"BATTESIMO DI CRISTO" di Aert De Gelder


Famosissimo per i clipeologi, questo "Battesimo"di Aert de Gelder, in cui un disco luminoso irradia con un raggio lumino il piccolo Cristo. Non è nemmeno in questo caso un disco volante alieno, ma bensì un'altra simbolizzazione artistica di elementi sacri. In questo caso l'elemento discoidale, ha all'interno una colomba, come notiamo chiaramente nel particolare:


E una stessa citazione del Vangelo di Marco a chiarire di cosa si tratta in realtà:
«E, uscendo dall`acqua, vide aprirsi i cieli e lo Spirito discendere su di lui come una colomba. E si sentì una voce dal cielo: "Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto"» (Mc, 1,10)
Infatti in altre rappresentazioni del Battesimo, come quello del Veronese, il soggetto discoidale appare in alto nel cielo, negli stessi termini. Si tratta in realtà dello Spirito Santo, una colomba circodata da una nube:





"MADONNA CON BAMBINO E SAN GIOVANNINO"
Attribuita a Sebastiano Mainardi o a Jacopo del Sellaio
(Firenze, Musei di Palazzo Vecchio, Sala di Ercole);
Arriviamo al caso più discusso ed eclatante, ma per certi versi simile ai pecedenti:
 
 

In alto a destra, appare un piccolo oggetto scuro nel cielo. Anche per questa rappresentazione, gli ufologi poco informati, hanno sbandierato la prova concreta, che in passato siamo stati osservati da dischi volanti alieni tanto da indurre, come in questo caso, l'artista ad impressionare su tela l'oggetto.
Il dipinto chiamato in causa, è innanzitutto "La Madonna con Bambino e San Giovannino", esposta nella Sala di Ercole a Palazzo Vecchio a Firenze, attribuito a Jacopo del Sellaio.
L'oggetto "misterioso" appare anche in altre celebri rappresentazioni, come nel caso della "Natività" del Ghirlandaio:


L'oggetto, in questi casi non è altro che la nube luminosa deriva dal racconto della Natività nell'apocrifo Protovangelo di Giacomo. Essa è sempre accompagnatada stelle luminose, come anche in questi esempi.
Probabilmente l'oggetto era un tempo ricoperto di fregi dorati che si sono staccati nel cosro del tempo, come appare evidente in questo raffrontocon un esempio simile (Monaco):



Osserviamo il particolare del Sellaio in un ingrandimento:


Non è dunque un UFO, ma la nuvola lumisosa della Natività, che ha perso le decorazioni dorate.


L'UFO DI GENOVA DEL 1608 
Sempre grazie al prezioso lavoro di Diego Cuoghi, riportiamo il celebre caso delle sfere non identificate di Genova, apparse su vari articoli dell'epoca. Il caso in questione è descritto dal CUN di Genova in questi termini:


1608, agosto – Genova-Nizza – Nel mare genovese vengono visti affiorare fino all' ombelico esseri con figura umana e braccia coperte di squame con 2 serpenti volanti in mano. Molti colpi di cannone non sortiscono alcun effetto. Avvistati nello stesso periodo a Nizza "strani oggetti nel cielo che gettano sangue sulla terra".
1608, 15 agosto – Genova – Nel porto appaiono 3 carrozze ognuna trainata da 6 figure di fuoco simili a draghi con serpenti che lanciano urla spaventose. Le chiese si riempiono di supplicanti, vengono indetti digiuni e processioni. (http://web.tiscalinet.it/lareteufo/genova1.htm)
La notizia è stata riportata alle cronache odierne dalle riviste ufologiche e online come ennesima schiacciante prova dell'esistenza degli UFO nel passato.
La traduzione del testo in taluni articoli poteva essere stata forzata, per cui era necessario rileggere il documento originale, scritto in francese e pubblicato nel 1608 a Troyes:







Per conosccere la verità era inoltre necessario ricorrere agli archivi storici della città di Genova. Ebbene, l'autore ha potuto verificare che nel 1608 a Genova non è successo nulla riconducibile a fenomeni di questo tipo:

Nella serie "Cerimoniarum", (resoconti delle iniziative pubbliche in presenza del doge) sono registrate le cerimonie religiose, ma anche in questo caso nessuna funzione o processione particolare, a parte quelle canoniche, senza riferimenti a situazioni anomale.
In un decreto del Senato datato domenica 24 agosto si trova la notizia di un fulmine che avrebbe provocato grossi danni a Savona il giorno precedente, nella seconda ora della notte. E' questa l'unica attestazione di un avvenimento contraddistinto da una certa emergenza in quei giorni, secondo i documenti storici.

Dunque l'opuscolo pubblicato a Troyes e intitolato "DISCOURS au vrais des terribles et espouvantables signes apareuus sur la Mer de Genes" sembra essere una specie di storia fantastica, forse parente negli odierni racconti di fantascienza, non certo una vera e propria cronaca di reali avvenimenti.





(Queste immagini riferite al caso di Genova del 1608, non sono originali, ma sono apparse sulla rivista GEOS FRANCE negli anni '70. In quell'occasione, la storia fu tradotta volutamente male, arricchendo il racconto, già di per se "fantastico", con ulteriori farciture fantascientifiche - leggi qui)

Sembra che esistesse un vero e proprio filone narrativo fantascientifico:
- Les signes merveilleux et espouvantables apparus au ciel sur la ville de La Rochelle le 28 jour d'Avril dernier. Ensemble le combat de deux hommes en l'air, Paris , A. Champenois

- Discours espouventable et prodigieux d'une sultanne turquesque : laquelle a faict un monstre, sçavoir la teste d'elephant, les bras et jusques au nombril en corps humain, et depuis le nombril en bas en forme d'un bouc, lequel n'aquit le 27 février 1608, avec la prognostication du grand caliphe de Bandas, predisant la perte et ruyne de la plus part de l'empire turquois

- Description du grand, horrible, et effroyable meteore, et vision prodigieuse de deux armées en l'air au dessus de Chastel Charlon en la France Comté de Bourgogne le jeudy 8 du moys de mars 1590, par le seigneur Guyot Maillard.

- La description d'une merveilleuse horrible et prodigieuse comette, et apparition effroyable d'hommes armes, et combatans en l'air, sur nostre horison de Costentin en Normandie. par M. Jean Brohon (Constances, 28 oct. 1568)

- "Discours merveilleux et espouvantables des signes et prodiges qui sont apparuz au ciel sur la ville de Genefve le 21e jour de décembre 1578" est le titre d'une plaquette publiée par G. Stadius, mathématicien du duc de Savoie et astronome connu de ce temps. Il y décrit des phénomènes étranges qui se seraient produits dans le ciel de Genève. Il s'agit de la description d'une comète surmontée d'une petite croix. "

- ADMIRABLE ET PRODIGIEUSE ARRIVEE DEPUIS UN MOIS AU PAYS DE NORMANDIE De certaine quantité D'OYSEAUX SAUVAGES NON JAMAIS VEUS Qui ont dévoré et corrompu tous les fruicts et infecté plusieurs villes et villages au tres-grand estonnement du peuple

- Histoire memorable et espouvantable, arrivée en chasteau de Bissestre pres de Paris : avec les apparution des esprits et fantosmes qui ont esté veuz aux caves et chambres dudit chas- teau. Paris, 1623. 15 p.


Questo tipo di documento, chiamato "canard", non viene preso in considerazione come veritiero, lo si cataloga alla stessa stregua dei racconti fantastici:

"Discours pitoyable", "Accident espouventable", "Histoire prodigieuse", "Effroyable rencontre", tels sont quelques-uns des titres qu’affectionne aux XVIe et XVIIe siècles le genre du "canard", brève relation imprimée d’un fait divers naturel ou criminel, mais toujours sensationnel. Les naissances monstrueuses occupent une place importante parmi les diffèrentes sortes d’événements relatés et donnent lieu à un discours stéréotypé : préambule rappelant l’ancienneté des prodiges comme instruments par lesquels Dieu avertit les hommes, relation du fait lui-même, courte conclusion revenant sur l’idée d’admonition divine.
http://gallica.bnf.fr/anthologie/notices/01029.htm

Anche Gilles Durand, in "Motif du discrédit du certains rapports d'observations anciennes" (pp. 371-379, in Pinvidic, Thierry (ed.).OVNI. Vers une anthropologie d'un mythe contemporain. [s.l]: Heimda) presenta le ricerche compiute dalla francese Association pour l'Investigation Historique des Phénomènes Insolites (AIHPI), e tra i tanti casi ricorda (p. 373) che un testo uscito nel 1578 su eventi celesti avvenuti nella zona di Wurtenburg il 5 dicembre 1577 fu riprodotto in francese, descrivendo però eventi che sarebbero avvenuti a Ginevra nel 1620. Dunque lo stesso fatto prodigioso poteva essere riciclato cambiando luoghi e date.

Jerome Beau ha di recente pubblicato sul proprio sito una copia dell'opuscolo sui prodigi di Genova del 1608 derivato da una diversa edizione (in questo caso stampata a Parigi nel XIX secolo):  

Anche in questo caso, non si tratta di avvistamenti di UFO ma semplicemente di un racconto fantastico, molto in voga in quel perdiodo sulla costa ligure e provenzale, facente parte del genere detto "canard", cioè notizia inventata priva di fondamento, utilizzata per dare un alone di veridicità a racconti di tipo fantastico.
Ringraziamo ancora sig. Diego Cuoghi per averci tramandato questo eccezionale ricerca storiografica sul caso. Si conclude la prima parte di questo dossier, in cui abbiamo cercato di ripresentare e analizzare alcuni dei casi più dibattutti sul fenomeno UFO nell'antichità.Il "dossier" non termina qui, ma andrà avanti cercando di fare luce sui casi storicamente successivi, fino ai giorni nostri.

A cura di Arthur McPaul

Fonti: 
D. Bergami, A. Bergonzoni, Algeria, Tassili n'Ajjer, 2005
P. Kolosimo, Astronavi sulla preistoria, Milano, ristampa 2004
H. Lothe, The search for the Tassili frescoes: The story of the prehistoric rock-paintings of the Sahara, 1959, 1973
R. Malini, U.F.O. Il dizionario enciclopedico, Firenze-Milano, 2003 s.v. Zanfretta
C. Mesa, M.J. Delgado, La connessione egizia del Tassili, 2009