Due immagini reali di Pallade (a destra) ed il modello digitale corrispondente. Il cerchio fa notare il grande cratere, che si nota bene in vista frontale in alto a destra e si individua appena lungo il bordo ( indicato dalla freccia in basso a destra). Da questo cratere si sono probabilmente formati i frammenti che hanno dato origine alla piccola famiglia del grande asteroide.
(15 ottobre 2009)
Gli asteroidi hanno avuto una vita davvero complicata e violenta. Mentre stavano tranquillamente seguendo le regole del Sistema Solare per formare un pianeta di grandi dimensioni, più o meno come la nostra Terra, furono fermati e stravolti dalle perturbazioni dinamiche dei giganteschi planetesimi che stavano unendosi per formare il gigante assoluto: Giove. I proto-asteroidi videro le loro orbite allungarsi e inclinarsi fino a raggiungere velocità di collisione dell’ordine di qualche chilometro al secondo.
Ricordiamo che per formare un pianeta queste velocità devono essere molto più basse, in modo che gli scontri tra i vari planetesimi costruiscano sempre qualcosa di via via più grande e non distruggano completamente i corpi che si urtano. Nella fascia degli asteroidi si assistette ad un vero “massacro” ed a una fuga disperata. Le collisioni divennero distruttive, disintegrando ciò che si era lentamente costruito. La maggior parte dei frammenti furono immessi su orbite tali da farli finire sul Sole o abbandonare il Sistema Solare. Quel poco che rimase era un insieme di rovine. Pezzi di roccia, a volte mista a ghiaccio, che vagavano disperati tra Marte e Giove. Qualcuno riuscì a rimettere insieme alcuni frammenti ed assunse forme di equilibrio abbastanza regolari; frammenti di media grandezza mantennero su orbite molto simili alla loro numerosi pezzi più piccoli formatisi nella loro distruzione (le famiglie dinamiche); pochissimi rimasero intatti, al più con qualche segno di collisioni non veramente catastrofiche. Ovviamente per resistere agli urti, dovevano essere abbastanza grandi.
Ed allora ecco che il numero uno, Cerere, con i suoi quasi 1000 km di diametro e Vesta (circa 500) ci sono pervenuti quasi intatti, mostrandoci come dovevano essere i proto pianeti miliardi di anni fa, prima che la rivoluzione collisionale fermasse l’evoluzione verso un vero pianeta. Vesta ha sì un enorme cratere che gli ha portato via un bel numero di piccoli frammenti, che oggi formano la sua famiglia e che di tanto in tanto arrivano anche sulla Terra sottoforma di meteoriti, con il nome di Eucriti. Ma l’aspetto generale è quasi lo stesso di quello originario. Ancor più intatto è Cerere.
Oggi possiamo aggiungere anche Pallade al piccolo gruppo dei sopravvissuti. Le prove di ciò ci sono giunte tutte attraverso le immagini ad alta risoluzione dello Space Telescope, che ci ha mostrato forme molto regolari e tipiche dei planetesimi originari. Qui di seguito riporto le immagini riprese dal telescopio e un modello generale dell’asteroide Pallade.
Asteroide tra i più luminosi, scoperto nel 1802, ha un periodo di rotazione di 10,1 ore, un diametro di 600 km, dista dal Sole 2,77 unità astronomiche e ha un periodo di rivoluzione di 4,61 anni.
Anche Pallade ha forse una piccola famiglia ed il cratere che si vede nelle immagini può esserne la causa. Non voglio nemmeno riferirmi alla nomenclatura di “pianeta nano”, che in fondo serve solo a schematizzare in modo freddo e poco scientifico ciò che in realtà rappresentano gli oggetti planetari. Cerere, Vesta, ed ora Pallade, rappresentano dei fossili quasi perfetti e quindi la loro importanza è eccezionale qualunque sia il nome che si voglia dare.
Tutti gli appassionati di archeologia misteriosa e Ufo, probabilmente hanno avuto l’occasione di leggere almeno uno dei libri dello studioso Zecharia Sitchin. Celebre per essere stato uno dei primi eruditi a decifrare l'antica scrittura sumera, egli ha cercato di gettare le basi per una nuova interpretazione della storia antica.
Le sue pubblicazioni, utilizzate come fonte, sono le seguenti:
The 12th Planet (Earth Chronicles, No. 1), 1976 - Titolo italiano: Il dodicesimo pianeta (Mediterranee); Il pianeta degli dei (Piemme)
The Stairway to Heaven (Earth Chronicles, No. 2), 1980 - Titolo italiano: La via dell'immortalità (Armenia); Le Astronavi del Sinai (Piemme)
The Wars of Gods and Men (Earth Chronicles, No. 3), 1985 - Titolo italiano: Guerre atomiche al tempo degli dei (Piemme)
The Lost Realms (Earth Chronicles, No. 4), 1990 - Titolo italiano: Gli dei dalle lacrime d'oro (Piemme)
Genesis Revisited: Is Modern Science Catching Up With Ancient Knowledge?, 1991 - Titolo italiano: La Genesi (Gruppo Futura); L'altra Genesi (Piemme)
When Time Began (Earth Chronicles, No. 5), 1993 - Titolo italiano: Gli architetti del tempo (Piemme)
Divine Encounters: A Guide to Visions, Angels and Other Emissaries, 1995 - Titolo italiano: Dio, angeli, extraterrestri ed esseri multidimensionali (Gruppo Futura); La Bibbia degli Dei (Piemme)
The Cosmic Code (Earth Chronicles, No. 6), 1998 - Titolo italiano: Il codice del cosmo (Piemme)
The Lost Book of Enki: Memoirs and Prophecies of an Extraterrestrial god, 2002 - Titolo italiano: Il libro perduto del Dio Enki (Piemme) (Macro Edizioni)
The Earth Chronicles Expeditions, 2004 - Titolo italiano: Spedizioni nell'Altro Passato (Piemme)
Journeys to the Mythical Past, 2007 - Titolo italiano: L'ultima profezia (Piemme)
Genesis Revisited, 2006 - Titolo italiano: L'altra Genesi (Piemme)
The End of Days: Armageddon and Prophecies of the Return, 2007 - Titolo italiano: Il Giorno degli Dei. Il passato è il nostro futuro (Piemme)
There Where Giants upon the Earth, 2010 - Titolo Italiano Quando i giganti abitavano la terra (Macro Edizioni)
The Earth Chronicles handbook, 2009 - Titolo italiano: Le cronache terrestri rivelate - I segreti del passato sono la chiave del futuro (Piemme)
I suoi testi, affrontano la storia, la religione e la mitologia sumera, assiro-babilonese, egiziana, ellenica e inca, spaziando ad altre civiltà in argomentazioni correlate, con arricchimenti tratti dalla Bibbia ebraica, e da nozioni scientifiche di matrice sostanzialmente giornalistica, da fonti Nasa e da riviste scientifiche.
La linea guida del suo ragionamento si e' sempre sostanzialmente mantenuta costante in tutte le opere e parte sempre da interpretazioni simbolico letterarie dei sigilli sumeri per poi giungere alle sue teorie sul Sistema Solare e sulla storia antica.
Sitchin può essere definito un ateo creazionista, in quanto non crede ad un dio in particolare o ad un protocollo di fede, ma allo stesso tempo, in maniera non convenzionale, affida alle divinità sumere l'opera di genesi della creazione del cosmo e in particolare dell’uomo.
Da un punto di vista culturale e letterario permettono di scoprire la civiltà sumera a lungo sepolta sotto le sabbie dell'Iraq e di decifrare e conoscere aspetti significativi della loro fede e società.
Se lo scrittore si fosse soffermato qui, avremmo tra le mani, le più belle traduzioni su una civiltà antica e il maggior studio organico mai fatto sulla religione di una civiltà mesopotamica.
Il suo metodo di indagine però, e' andato oltre, compiendo forse il grave errore di affidare alle epopee letterarie sumere, il valore di dogma imprescindibile e di scienza pura ricavato dal mito.
Sitchin, come curioso ricercatore di fenomeni esotici, appartiene senza alcun dubbio, forse inconsciamente alla categoria degli anti negazionisti e per certi versi di “complottista”.
Dall'analisi meticolosa dei suoi scritti si evince che provi molto astio per l'accademismo degli studiosi ufficiali che spesso evitano di indagare a fondo sulle verità tramandateci dagli antichi, unicamente per pigrizia e mantenimento dello "status quo".
La lettura di molti dei suoi libri, in primis "Il dodicesimo pianeta", risulta nella traduzione italiana così fluida e ben legata da tenere il lettore incollato alle pagine per ore ed ore. Aggiungo anche che, all'occhio del lettore comune, di media cultura e buona apertura mentale, l'effetto rivelazione che egli riesce ad iniettare, risulta così ben fatto da creare un subdolo stato di trance culturale che crea emozioni fortissime.
L'astuta associazione di elementi storici e documentazione scientifica, vengono intessuti a braccetto uno con l'altro cosi finemente, da creare dubbi fortissimi persino in lettori che hanno solide basi scientifiche e ferrea fede religiosa.
Probabilmente, lo stesso Sitchin, in buona fede, spinto dal desiderio insito in ogni mente curiosa, di scoprire la verità, si deve essere lasciato trasportare senza freni, traendo conclusioni spesso a dir poco surreali e fantascientifiche.
Col passare degli anni il successo editoriale, lo ha invogliato a continuare in questa enciclopedia infinita di saggi (le cosiddette “Cronache della Terra), finendo più volte per dire e ridire praticamente sempre le stesse cose, con la religione sumera ovviamente sempre al centro dell'attenzione analitica.
La grande sua fortuna nacque principalmente dal fatto che nel bene o nel male, e' stato uno dei primi a riuscire a decifrare il cuneiforme sumero e a sfruttare in modo esatto le prime dettagliate informazioni scientifiche che giungevano dalle sonde automatiche dal Sistema Solare, mescolando il tutto in un cocktail altamente esplosivo, ispirato probabilmente dalle opere di altri saggisti come Hancock e Kolosimi.
Prima di addentrarci nell'immensa dottrina sitchiana è d’obbligo, passo per passo, rispolverare un po' la storia sumera e dei popoli mesopotamici affidandoci al metodo analitico su base storico archeologica, antropologica e per certi versi psicologica.
Cenni sulla cultura sumera:
I Sumeri, sono stati il primo popolo ad usare segni grafici per esprimere un concetto di senso compiuto, secondo le fonti, almeno settanta anni prima dei più antichi papiri egiziani ritrovati.
Il metodo di analisi delle datazioni e' sempre affidato al decadimento dell'isotopo di carbonio C14, che per quanto sia in fase di rianalisi e revisione, e' tutt'ora il metodo più preciso ed affidabile utilizzato dalla scienza ufficiale.
Le loro prime applicazioni pratiche avvennero sulle "cretule", una sorta di contenitori sferici di argilla, per lo più per fini commerciali, essendo essi commercianti.
Intorno al 3100 a.C. circa, furono introdotte per gli stessi usi le più pratiche e famose tavolette di argilla.
Già a partire dal 3000 a.C. vennero utilizzati segni di tipo numerico e nuovi simboli per fini religiosi.
L'uso di queste tavolette impose l'utilizzazione di stili appuntiti per incidere i segni, utilizzando una grafia fortemente stilizzata e geometrica. Dapprima vennero create solo pochissime parole dall'agglutinazione di altre parole-sillaba più corte e poi solo nel periodo accadico, nel 2000 a.C. circa, si giunse ad una nuova lingua scritta, più articolata e complessa che utilizzava le componenti principali della sintassi e dell'analisi grammaticale, fino sostituire il vecchio sumero negli usi comuni ma non da subito in quelli sacri.
I primi testi che possono essere considerati letterari furono a contenuto mitologico e vennero trovati ad Abu Salabikh (Iraq), con una datazione approssimativa del 2600 a.C. La grande maggioranza dei testi letterari sumerici pervenutici appartiene tuttavia al periodo di Isin-Larsa tra il 2000 e il 1900 a.C.
Tra i testi di natura mitico letteraria presi in esame da Sitchin annoveriamo quello detto del "Diluvio sumerico" in cui si descrive il dono di una divinità (En.ki) di donare agli uomini la regalità e l'agricoltura con la conseguente decisione di En.lil di distruggere l'umanità con il Diluvio.
Il re Ziusudra, viene avvertito in tempo dal dio En.Ki, che riuscirà a salvare se stesso e le sue genti.
In altri due testi invece, si narra della dea Inanna che si impadronisce del cielo, derubandolo al dio An (o Anu), mentre nell'altra composizione, "Discesa di Inanna agli inferi", descrive il suo tentativo non riuscito di impadronirsi del Kur (l'Oltretomba).
Grande rilievo hanno poi i poemi epici che pur parlando sempre degli dei, il ruolo di protagonisti e' affidato agli uomini. Gli argomenti trattati nel "Ciclo di Gilgamesh" saranno poi ripresi nella più tarda Epopea di Gilgamesh, riscritti in epoca babilonese, e pervenuteci in buone condizioni.
Le conoscenze sulle leggi, la cultura e la religione sumera ci furono tramandate indirettamente anche dall'opera di raccolta dell'imperatore babilonese Hammurabi a partire dal 1700 a.C.
Assurbanipal, l'ultimo re degli Assiri (668-631 a.C.), menzionato nei testi biblici come Asenappar o Osnapper, fu infine il sovrano colto e illuminato che ordinò la raccolta' di
tutte le tavolette di terracotta comprendenti trattati di astronomia, racconti epici tra cui l'epopea di Gilgamesh e testi sacri di epoca sumera e accadica ed e' grazie alla sua opera se oggi e' possibile ancora leggerli.
Il sumero fu sostanzialmente creazione e lingua elitaria, usata da una ristretta casta della popolazione, come i sacerdoti e i nobili e non fu mai utilizzata del popolo.
Sitchin ha prevalentemente interpretato alla lettera il cuneiforme sumero nelle sue traduzioni.
Gli dei sumerici erano chiamati Anunnaki, "Coloro che dal Cielo sono venuti sulla Terra" e vennero sulla Terra dal pianeta Nibiru, loro dimora.
Per Sitchin essi erano in realtà esseri antropomorfi di statura gigantesca che apparvero “divini” grazie alle loro avanzatissime conoscenze tecnologiche e non per il fatto di essere spiriti trascendenti come invece esposto in tutti i testi sacri di ogni religione antica.
Affidandosi poi alla sua fantasiosa immaginazione, per conquistare i lettori cristiani e per dare maggiore fondamento alle sue idee, tira in ballo anche alcuni passi della Genesi ebraica, dove si parla dei Nefilim, esseri sovrumani dalle gigantesche sembianze e scomoda il profeta Ezechiele, la scala ascendente dal cielo del sogno di Giacobbe e il carro di fuoco di Elia, solo per citare alcuni esempi. Tutto questo per dimostrare che gli Anunnaki altro non erano che astronauti dalle enormi sembianze atterrati con navi discoidali.
Nel libro "La Genesi rivisitata" affronta quindi il racconto della creazione dell'uomo, presente in tutte le culture antiche, trasformandola in una operazione genetica in cui gli Anunnaki avrebbero dato vita alla nostra razza modificando geneticamente l'homo Erectus, al fine di utilizzare la specie creata in miniera come schiavi per l'estrazione dell'oro.
A dimostrazione del fatto che gli Anunnaki abbiano sfruttato gli uomini primitivi per l’estrazione mineraria, ne “La Genesi rivisitata” cita degli studi al C14 eseguiti in varie miniere africane tra cui quella del Regno dello Swaziland (Ngwana).
Leggendo le fonti ufficiali, lo Swaziland è una piccola nazione dell'Africa del Sud, le cui miniere sono le più antiche mai ritrovate risalenti a circa 43.000 anni fa per l’estrazione dell’ematite, utilizzata per produrre l’ocra, un pigmento rosso.
Niente oro quindi, ma soprattutto la datazione è assai inferiore ai 230.000 anni citata da Sitchin come creazione umana per l’inizio dello sfruttamento minerario.
Ma per dare un fondamento ancor più “scientifico” egli basa la veridicità delle sue affermazioni citando le leggende degli zulù del Monotapa nello Zimbabwe del Sud, che in tempi remotissimi dovettero condurre delle battaglie contro gli “uomini scimmia”.
L’atterraggio degli Anunnaki, ricavata dal computo degli dei regnati, risalirebbe a circa 450.000 anni prima della nascita di Cristo, mentre la nostra razza (in sumero “LU.LU “colui che è stato rimescolato”) sarebbe stata creata 220.000 anni dopo per volontà del Dio regnante En.ki (“Signore della Terra”), della sorellastra Nin.har.sag (“Signora della montagna principale” venerata anche come la “dea madre”) e del fratello En.lil (“Signore del vento o del comando”).
Questi dei erano grottescamente, scienziati sopraffini che grazie alle manipolazioni genetiche riuscirono a fecondare l'utero di una Anunnaki (presumibilmente la stessa Nin.har.sag) e ottenere l'uomo Sapiens dopo aver creato alcuni esseri di scarsa longevità e qualità (probabilmente Sitchin pensava ai Neanderthal).
Sfortunatamente le traduzioni vengono falsate puntualmente da queste imprecise e grossolane interpretazioni senza fondamento scientifico.
La moderna genetica ha assodato che i Sapiens e i Neanderthal furono due categorie
differenti di sottospecie umane, la cui diversità è avvenuta da un progenitore comune circa mezzo milione di anni prima, pur condividendo dal 99.5% al 99.9% il patrimonio genetico.
Le due sottospecie sono il frutto riuscitissimo dell'evoluzione di Erectus differenti, ed entrambi hanno dominato la Terra per pari capacità intellettive e biologiche per un ampio lasso di tempo, come vedremo in seguito.
Gli Anunnaki, erano rappresentati nei sigilli Sumeri come uomini giganti vestiti in modo sontuoso e con lunghi copri capi o secondo altri ritrovamenti, alcuni di essi, come esseri antropomorfi dal viso di rettili.
La ricostruzione di Sitchin prosegue nei millenni successivi con gli dei che diedero agli uomini ampi poteri fino a quando gli concedettero persino il regno di alcune città stato, come quelle egiziane e fenici, dominate in gran parte dal culto di Marduk, il figlio del dio En.ki.
Ne "Il dodicesimo pianeta" partendo dalle bellissime decorazioni a bassorilievo
tramandateci e dai testi, lo studioso arzebo, affronta la cosmogonia sumera.
Con lo stesso metodo d’analisi, egli afferma che i sumeri conoscessero tutti i pianeti del nostro Sistema Solare con impressionante precisione chimica e planetologica e persino il tanto ipotizzato "Planet X" con la sua disposizione orbitale:
APSU, il Sole, "che esiste fin dal principio"
MUMMU, Mercurio, consigliere di APSU
LAHAMU, Venere, "signora delle battaglie"
KINGU (la Luna),
LAHMU, Marte, "dio della guerra",
TIAMAT, "la vergine che dà la vita",
KI.SHAR, Giove, "primo delle terreferme",
AN.SHAR, Saturno, "primo dei cieli",
GAGA, Plutone, consigliere e messaggero di AN.SHAR,
ANU, Urano, "quello dei cieli",
EA, Nettuno, "abile creatore"
Ni.Bi.Ru, “il pianeta del passaggio”.
I sumeri, in realtà, come ogni civiltà precristiana, riconoscevano nella natura la forza generatrice della vita, che si poteva ammirare, soprattutto volgendo lo sguardo al cielo, nel moto scintillante e misterioso del Sole, della Luna e di alcune strane stelle che non
rimanevano fisse, i cinque pianeti visibili ad occhio nudo (Mercurio, Venere, Marte, Giove, Saturno). Quando sorse in loro il desiderio di dare una spiegazione al creato, gli astri devono essere stati, come lo furono per tutte le altre civiltà, la prima onnipotente e misteriosa forma di ispirazione e di dogma divino.
Da numerose e accreditate fonti consultate, Sitchin sembra l'unico a dire che essi conoscessero anche i pianeti non visibili ad occhio nudo, sulla base unicamente dell'errata interpretazione del sigillo VA 243 custodito nella sezione “Medio Oriente” del Museo di Stato di Berlino come vedremo tra breve.
Quando Sitchin scrisse il suo primo libro "Il Dodicesimo Pianeta" (1976) l'avventura umana nel Sistema Solare era appena iniziata e poco dopo grazie alle sonde automatiche Mariner, Viking e Pioneer giunsero le prime foto a colori dei pianeti.
Lo studioso cercò di dimostrare la veridicità dei documenti sumerici, addentrandosi con apparente senno e audacia nella meccanica celeste, cercando di spiegare che i pianeti esterni avevano delle discrepanze orbitali a causa dell'influenza di Nibiru, che con un'orbita retrograda di 3600 anni, li perturbava durante il suo passaggio ravvicinato tra Marte e Giove.
Nibiru in sumerico sta a significare proprio "pianeta dell'attraversamento o del passaggio" sarebbe stato il responsabile della frantumazione di Tiamat, sempre tra Marte e Giove,sgretolandolo e dando vita a quella che oggi e' la fascia degli Asteroidi principali, che orbita proprio tra i due pianeti.
La formazione della fascia Principale degli asteroidi in realtà e' ancora in fase di accesa disputa scientifica, ma la massa totale corrisponderebbe a circa 2,3×1021 kg (di cui più di un terzo è fornito dal solo Cerere, il primo pianeta nano),cioè meno della massa di Plutone e le ultime teorie dicono che non si sia mai potuto formare un pianeta di tali
dimensioni a causa della forze gi gravità di Giove.
Inoltre sarebbe stato sempre l'intruso Nibiru a causare i bruschi e periodici cataclismi che avvenivano periodicamente sulla Terra, tra cui il famoso Diluvio Universale presente nella genesi e mitologia di quasi tutte le antiche civiltà.
Sitchin afferma in vari testi che anche Marte è stato vittima del passaggio di Nibiru e che abbia perso la sua atmosfera e tutta l’acqua allo stato liquido.
Se tale affermazione può trovare anche un certo fondamento scientifico, totalmente false sono le dimostrazioni che porta per dimostrare che il Pianeta Rosso fosse già una vecchia colonia Anunnaki. A far da padrone sono le ormai celeberrime foto della sonda Viking che riprende l’arcinota valle di Cydonia e le sue strutture ritenute artificiali.
Secondo Sitchin, la Cydonia Valley è stata la prima base marziana degli anunnaki e il volto, la tomba del dio Alalu, il primo astronauta partito da Nibiru alla volta del nostro Sistema Solare.
Da anni, però le nuove missioni automatiche, in particolare quelle di Mars Express dell’ESA, hanno fotografato più volte tutte le aree sospette smentendo clamorosamente ogni ipotesi aliena di tali strutture.
Il famoso “volto” marziano, è soltanto un gigantesco altopiano e probabilmente un tempo era un’isola, come mostrato nella nostra ricostruzione artistica:
Stessa identica cosa per le pseudo piramidi non distanti e i “fortini” che invece sono formazioni montuose e probabilmente erano antichissimi vulcani.
Quello che lascia maggiormente perplessi, sono le interpretazioni di Sitchin riguardo a narrazioni sumere in cui gli Anunnaki, (ne “Il Libro perduto del dio En.ki” edizioni Piemme, dicembre 2003) da “buoni padri” quasi misericordiosi, provarono dolore e sconcerto per la desertificazione del loro amato pianeta “Marte” e per il Diluvio che stava per spazzare via la civiltà terrestre.
In alcuni passi si sofferma sulle scritture sumere che vogliono l’acqua presente come fonte di vita in tutto l’universo e anche in questo caso per dimostrare la veridicità delle antiche scrittura cita gli studi Nasa sulla presenza di acqua su Marte, Tritone, sulla Luna e la ipotizza in ogni angolo più remoto sotto forma si ghiaccio.
Queste considerazioni sono esatte e lo si sospettava già da decenni, infatti lo stesso Mars Express ha dimostrato scientificamente la presenza su Marte di ghiaccio di acqua, ma non è questa prova tangibile che i sumeri lo abbiano saputo da una civiltà antica, piuttosto a mio avviso fa parte della strategia di Sitchin di fornire a testimonianza delle sue interpretazioni, dati esatti mescolati a supposizioni tutt’altro che certe e pura immaginazione fantascientifica.
Alla luce poi, delle recenti scoperte dei pianeti trans plutoniani, si capisce come l'interpretazione del sigillo VA243 fatta dallo studioso, sia del tutto errata, in quanto Eris, pare che abbia un diametro e una massa ben superiore a quella di Plutone (circa 2400 km) e sembra alquanto strano che una civiltà avanzata come gli Anunnaki non l'avesse scoperto e annoverato nelle conoscenze tramandate agli uomini.
Ovviamente poi, anche lo stesso Sedna, altro pianeta nano con forma sferoidale e orbita di ben 12000 anni, sarebbe da citare, come eventuale porta di ingresso nel nostro sistema planetario, seppur il suo diametro sia inferiore allo stesso Plutone.
Questo è quindi il Sistema Solare attualmente conosciuto:
a cui bisogna aggiungere, oltre a centinaia di asteroidi e comete in orbite stabili, i cosiddetti pianeti nani:
Nel sigillo poi, Saturno non viene indicato con gli anelli. Seppur anche Giove e Urano hanno dei flebili anelli, Saturno resta uno dei corpi celesti più rari e meravigliosi del Sistema Solare e sembra assai strano che nei non venga mai rappresentato con i meravigliosi anelli.
Si capisce in modo chiaro e inappellabile che qualcosa scricchiola nella teoria di Sitchin e nella sua interpretazione del testo mesopotamico K.3558 e nel sigillo denominato "VA 243".
Inoltre, visto l'immenso spazio ancora vacante che separa lo stesso Sedna e la nube di Oort ( distante circa 2,0 anni luce dalla Terra) e' addirittura possibile se non matematico, che esistano diversi altri pianeti, di cui alcuni anche di massa e diametro probabilmente ben superiori ai pianeti nani. A suggerire questa ipotesi suggestiva e' proprio la forte inclinazione sul piano orbitale di Sedna e degli altri trans plutoniani, ma giustamente come anche diceva Sitchin, le perturbazioni degli stessi Urano e Nettuno. Purtroppo Sitchin, non ha fece i conti, con le rigide leggi della gravitazione di Newton, sviluppando magari un modello teorico che potesse realmente reggere. Supporre l'esistenza di un corpo, che attraversi il nostro Sistema Solare interno, tanto da essere visibile addirittura come un secondo Sole, e' una possibilità alquanto improbabile perché, stravolgerebbe le orbite di tutti i pianeti e farebbe schizzare via verso l'esterno i satelliti di Giove, la Luna e porterebbe a immani catastrofi gravitazionali che avrebbero fatto già estinguere la vita sul nostro pianeta. Inoltre, un tale passaggio, come sostenuto, comporterebbe un movimento convulso di tutti gli asteroidi delle fascia Principale e di Kupier che inizierebbero a bombardare i pianeti interno in modo massiccio e non ruoterebbero nelle orbite ormai stabili e periodiche come li osserviamo oggi.
Per verificare in modo molto semplice questa affermazione e' necessario disporre di un simulatore gravitazionale come Astrograv (http://www.astrograv.co.uk/) e dopo aver programmato l'evento, basta osservare le catastrofiche conseguenze dell'arrivo di un corpo di tale portata.
Le sperimentazioni genetiche degli Anunnaki:
Torniamo ad esaminare l'altra grossa discrepanza dell'interpretazione di Sitchin sulla presunta creazione umana fatta in provetta dagli scienziati Anunnaki. Su questo punto, cui egli si sofferma in quasi tutti i suoi libri, l'unica arma a suo favore e' stata in origine, la mancanza dell'anello mancante nell'evoluzione tra Erectus e i discendenti Sapiens e Neanderthal. Ma gli ultimi studi antropologici portano ad un nuovo concetto di evoluzione, in cui e' facile invece capire che, con l'aumento delle temperature, soprattutto in Africa centrale, in un lasso di tempo assai breve, probabilmente nacquero dagli Erectus i primi ibridi Sapiens, come oggi capita che da una coppia di caucasici nasca un albino o un figlio negroide. I giovani sapiens, che potevano sembrare agli occhi dei genitori esseri deformi e malaticci, devono aver mostrato invece delle capacità di adattamento e sopravvivenza straordinarie tanto giungere in età adulta senza problemi e con delle doti che li devono aver fatto spiccare nel branco come oggi spiccano nella nostra società i geni.
La maggiore duttilità fisica, dettata da una muscolatura più leggera e da una scatola cranica ridotta del 10%, li rese maggiormente resistenti.
Meno volume celebrale comportò meno consumo consumi di zuccheri e quindi meno spreco di energie, ma più connessioni sinspsiali e una più 'ampia disponibilità mnemonica che deve aver reso capaci di comunicare meglio e tramandare le conoscenze ai loro figli in modo dettagliatissimo, tanto da annullare di generazione in generazione il
gap di apprendimento che invece pagavano le altre specie di Neanderthal o i progenitori Erectus.
Quando poi i maschi incontravano altri sapiens di sesso opposto, grazie al riconoscimento dei ferormoni, venne favorito l'accoppiamento selettivo solo verso di esse, anche molti studiosi sostengono che Neanderthal e Sapiens si siano accoppiati producendo però progenie sterili.
E' facile supporre che in poche centinaia di anni si siano sviluppare già le prime tribù organizzate unicamente composte da sapiens, in cui l'evoluzione culturale si e' ingigantita grazie soprattutto ad una maggiore capacità comunicativa e allo sviluppo del
linguaggio. Una colonia di Sapiens, agli occhi degli cugini Neanderthal, doveva apparire come una terribile macchina organizzativa capace di risolvere in gruppo molti più problemi derivanti da cambiamenti climatici e scarsità di cibo.
I giovani Sapiens divennero sopraffini cacciatori, con la caccia di gruppo e armi più tecnologiche. Gli anziani, non più abili alla caccia, trascorrevano il tempo costruendo attrezzi e armi, e nei momenti di ozio, alcuni di essi curiosando nell'ambiente scoprirono le
proprietà di erbe, minerali e metalli che integrarono per usi pratici. Le femmine invece si dedicavano allo svezzamento dei piccoli e alla preparazione dei cibi cotti (come confermano alcuni studi sui resti di cibo e analisi della dentatura) e forse anche ad una primitiva agricoltura. In poche migliaia di anni, i Sapiens si spostarono facendo tabula rasa al loro passaggio e si insediarono stabilmente in Mesopotamia e Asia. Molte tribù popolarono persino le terre più remote, fino all'Oceania e tramite lo stretto di Bering persino le Americhe scendendo dall'Alaska fino al Peru’.
I floridi e selvaggi boschi Europei erano popolati dai Neanderthal. Ma a concludere in modo
determinate la selezione naturale fu l'ultima terribile glaciazione circa 30.000/24.000 anni fa. I sapiens riuscirono a sopravvivere grazie alla loro organizzazione, duttilità e
sopraffina struttura fisica, scacciando sempre più a nord i Neanderthal, che perirono tra i ghiacci, impotenti nel fronteggiare l'emergenza climatica con la conservazione del cibo e una ampia alimentazione di fronte all'allarmante scarsità di risorse.
L'avvento dell'Homo Sapiens fu una rivoluzione genetica, in termini evolutivi, rapidissima e prorompente che travolse tutte le altre specie ed e' per questo semplice motivo che non ci sono anelli mancanti. I Sapiens, sono stati un esperimento vincente dalla selezione naturale e non dell'abile biogenetica di scienziati alieni di cui non esiste alcuna traccia.
Per quanto la nostra ricostruzione dei fatti possa essere imprecisa, è evidente l’insensatezza di quella sitchiana.
Nessuna traccia archeologica degli Anunnaki e di Nibiru:
Egli parla di una razza superiore, che tuttavia non sembra aver lasciato nemmeno un reperto.
Una civiltà in grado di viaggiare nel cosmo con astronavi tecnologiche sicuramente avrebbe dovuto costruire porti spaziali, come anche lo stesso Sitchin afferma citando per esempio Jericho, Baalbek (Libano), o Eridu. Ma delle loro basi e strutture che dovevano essere alimentate ad energia atomica o solare visto che non ci sono tracce dell'utilizzazione di petrolio e idrocarburi, non vi e' alcuna traccia, nemmeno la più piccola e indiretta. Inoltre i loro tanto acclamati discendenti, i Sumeri e gli Egizi, non ci hanno lasciato che città di pietra e monumentali piramidi, che senza nulla togliere alla loro magnificenza sono ben poca cosa rispetto a quello che avrebbero dovuto costruire i figli di
Anu, venuti da un mondo avanzatissimo. Non ci sono strutture termo energetiche, non sono state ritrovate macchine elettriche o torri di controllo e nemmeno astronavi. Non c'e traccia di strade di collegamento tra le loro miniere e le basi astro portuali, non ci sono reperti sotto i fondali di sommergibili e navi per facilitare gli spostamenti, non c'e' l'ombra di quelle grandiose città, che avrebbero dovuto essere illuminate ad energia solare, con accumulatori energetici e impianti di smaltimento dei rifiuti organici. Se analizziamo le città dell'Impero Romano, appaiono fantascienza rispetto a quelle egizie e sumero-babilonesi, per livelli di urbanizzazione e tecnologia.
Gli Anunnaki dunque non hanno lasciato traccia sul nostro pianeta in 450.000 mila anni di dominazione.
Il tutto sembra assai strano e dare ragione a Sitchin e' una forzatura tanto impegnativa da essere davvero impossibile anche per le menti più aperte.
Un fattore che Sitchin ha ingenuamente tralasciato per spiegare i fenomeni naturali che subisce periodicamente la Terra, e' senza dubbio il ciclo di funzionamento della nostra Stella. Se solo avesse fatto riferimento, come hanno fatto altri studiosi, tra cui Richard A.
Muller, alle Grandi Ere Glaciali, si sarebbe accorto che le fasi alterne dell'evoluzione della vita sono strettamente dipendenti al clima e non al diretto passaggio di un pianeta nel Sistema Solare Interno. Lo stesso Muller, non ha mai parlato di passaggi interni tra Marte e Giove ma anzi ha supposto che a provocare le grandi estinzioni di massa fosse l’influenza gravitazionale di Nemesis, in un’orbita temporale che va oltre i sessanta milioni di anni.
Il Sole, attraversa abbastanza periodicamente delle fasi di “minimo” che portano a cascata sulla Terra un abbassamento delle temperature, favorendo quelle che vengono chiamate Piccole Ere Glaciali, o in concomitanza con fenomeni astrali ben più ampi alle
Grandi Ere Glaciali. Discutere sulle cause di questi fenomeni, è banco di dibattito assai complesso.
Molti sostengono che la termodinamica del Sole basti da sola a giustificare questi fenomeni, mentre altri studiosi, tra cui lo stesso Muller, tirano in ballo l’influenza gravitazionale di una stella lontanissima che periodicamente influirebbe sul funzionamento del Sole e inclinerebbe l’asse terrestre accentuando gli sbalzi climatici.
Timo Niroma, un noto studioso finlandese, recentemente scomparso, chiamava in causa invece gli allineamenti planetari di Giove, Saturno e Urano per giustificare le PEG e la scomparsa di macchie solari come sta avvenendo in questi mesi.
Molti fattori dunque possono incidere sul cambiamento climatico e sull’evoluzione degli animali sul nostro pianeta, fenomeni a volte assai discutibili, ma che nel complesso escludono di per se esperimenti genetici di alieni e passaggi ravvicinati di corpi
interplanetari in epoche astronomicamente recente.
Sitchin, dunque, ha interpretato gli scritti religiosi dei sumeri alla lettera, fuorviando il significato di molti termini.
D’altronde, la civiltà sumera è stata all’alba della storia umana, la prima organizzata in città stato, capace di costruire una società multi governativa e mantenere il controllo e la pace in territori assai ampi ha sicuramente obbligato i suoi eruditi sacerdoti all’elaborazione di una forte gerarchia divina, per spiegare i fenomeni fisici e naturali che per la loro complessità andavano ben oltre le conoscenze del tempo.
Come in tutte le civiltà antiche, gli dei erano spesso pianeti o fenomeni naturali, meccanismo antropologico assai noto, chiamato “mitopoiesi” messo in atto anche per tenere la popolazione sotto il controllo delle caste governative. Non dimentichiamoci che la religione nasce come risposta alla massa per spiegare l’ignoto e l’incomprensibile.
Gli antichi filosofi greci, ad esempio, che avevano ben chiare le idee sul funzionamento del nostro Sistema Solare, non parlarono mai di pianeti esterni, seppur fossero a conoscenza della teoria eliocentrica e il loro pensiero tramandato oralmente, fu del tutto nascosto ai posteri, quando la religione cristiana assimilò la cultura pagana dell’Impero Romano e prese potere.
Fu l’Imperatore Costantino a rendere il Cristianesimo religione di stato, per tanti motivi, non solo di fede, attuando forse a discapito della filosofia pitagorica il più grande e reale “cover-up” di tutti i tempi.
Solo con Galileo Galilei la teoria eliocentrica riprese pieno vigore e riavviò quella rivoluzione scientifica che aveva avviato il geocentrismo di Aristotele e in particolare i cenni all’eliocentrismo da parte del suo allievo Eraclide Pontico già nel 350 a.C.
Dando merito alle grandi conoscenze scientifiche delle civiltà sumeriche e egizie, è soluzione molto conforme all’evoluzione culturale umana, assimilare i loro scritti delle origini, come una normale risposta ad un problema troppo grande da spiegare senza le
conoscenze genetiche di cui per esempio disponiamo oggi.
I falsi giganti:
Molti studiosi hanno cercato di giustificare la presenza degli Anunnaki con la ricerca archeologica dei giganti, che sono presenti nei miti di tantissime culture antiche.
Osservando le tavole sumeriche infatti, questi esseri alieni, dovevano essere molto simili a noi umani ma molto più longevi e alti. Nonostante anche i testi sacri della Bibbia ebraica ne parlino, non risulta in nessun testo di biologia umana o di archeologia che siano
realmente stati ritrovate ossa di esseri alti dai 3, 5 ai 5 metri. Con l’era di internet girano da tempo immagini di presunti scavi archeologici che hanno portato alla luce scheletri enormi di esseri umanoidi. Basta fare una breve ricerca e comparare le fonti per rendersi conto che si tratta di fotomontaggi e di clamorosi falsi.
Tuttavia non è escluso che siano nati nel corso dell’evoluzione umana uomini dalla statura eccezionale, ma da qui a parlare di stirpe di giganti veri e propri, la strada da percorrere è assai lunga e priva di fonti storiche.
I Greci, presumibilmente diedero vita alla leggenda di Polifemo, dopo aver trovano dei crani di Mammut ed elefanti nani, soprattutto in Sicilia, che hanno sulla zona frontale un ampio foro per la proboscide, mentre altre civiltà hanno probabilmente semplicemente umanizzato la figura degli dei, ingigantendoli per accentuare il loro essere sovraumani.
Lo stesso Empedocle da Agrigento (492-432 a.C.) ci dice che in molte caverne dell’isola furono trovate testimonianze fossili di una stirpe di uomini giganteschi oggi scomparsa. Anche molti storici, poeti e scrittori, quali il Valguarnera, il Mongitore e il Boccaccio, ci parlano di misteriose grotte dove furono ritrovate ossa gigantesche o “ossa di Polifemo”, come diceva Boccaccio parlando di una grotta presso Trapani”.
Erano i resti di animali arcaici, ritrovati e studiati anche ai giorni nostri!
Le guerre atomiche degli dei:
La lucida follia di Sitchin va oltre l’impensabile, fino cioè a parlare di guerre atomiche sulla Terra nell’antichità precristiana. Questo è quanto afferma in sintesi nel suo libro “Guerre atomiche al tempo degli dei” (Piemme, 1985).
Ecco un passo tradotto dalle tavolette:
“Con l'Arma Potente
con cui Marduk proclamava i suoi trionfi,
l'eroe [Hammurabi] sbaragliò in battaglia
le armate di Eshnuna, Subartu, Turukku, Kamu. ...
Con la Forza Possente che Anu ed Enlil gli avevano dato
egli sconfisse tutti i suoi nemici
fino al paese di Subartu”.
Basta una coppia di parole, “Arma suprema” per innescare nella sua fantasia le armi nucleari. Ma le congetture su questa falsariga continuano senza interruzione. In ogni battaglia, che in realtà sono quelle delle guerre accadico-babilonesi, sono citati armi tecnologiche per semplici metafore come “lance divine”.
Ma la malafede nella sua traduzione la si evince poco dopo in merito alla guerra tra Horus e Seth del secondo capitolo:
"Allora Ra, il Santo, il Falco dell'orizzonte, disse a Horus, il Misuratore Alato: «Somma creatura di Ra, mia progenie: va', affrettati, sconfiggi il nemico che hai veduto».
Horus partì dunque con il Disco Alato per cercare il nemico venuto dal cielo:
Così Horus, il Misuratore Alato, volò verso l'orizzonte nel Disco Ala¬to di Ra; per questo da quel giorno è chiamato "Grande Dio, Signore dei Cieli".
Dal cielo, a bordo del Disco Alato, Horus avvistò le forze del nemico e scatenò su di loro una «tempesta» che non si poteva né vedere né sentire, ma che procurava una morte istantanea:
Nell'alto dei cieli, dal Disco Alato, egli vide i nemici e piombò loro addosso da dietro. Sul davanti, invece, scatenò contro di loro una tempesta che essi non potevano né vedere con gli occhi né udire con le orecchie. In un solo momento la morte li colse tutti; non se ne salvò neppure uno.
Quindi Horus tornò in volo alla barca di Ra sul Disco Alato «che brillava di molti colori» e assistette all’ufficializzazione del¬la sua vittoria per opera di Thoth, il dio delle arti magiche:
Poi Horus, il Misuratore Alato, riapparve nel Disco Alato, che brillava di molti colori; e tornò alla barca di Ra, il Falco dell'orizzonte. E Thoth disse: «O Signore degli dèi! Il Misuratore Alato è ritornato nel grande Disco Alato, che brilla di molti colori» ... Per questo è chiamato da quel giorno "il Misuratore Alato". E dal no¬me di Horus, il Misuratore Alato, venne tratto quello della città di Hut, che da quel giorno fu chiamata "Behutet".
Come viene tradotto e commentato, si capisce senza dubbio alcuno, che Horus partì alla volta di Ra con un disco volante. Gli dei Anunnaki erano quindi capaci di volare con quelli che oggi consideriamo i mezzi per antonomasia della presunta tecnologia aliena. Ma le cose non stanno così, in quanto il disco alato è riferito a Ra, perché egli era il dio del Sole di Eliopoli nell’Antico Egitto. Sitchin ha cambiato volutamente una congiunzione per avvalorare la sua tesi.
Horus in un passo successivo continua sempre a combattere “dal disco alato di Ra” (o sul disco alato Ra, cioè sul Sole…?) contro Seth lanciando un “arpione” che gli strappò i testicoli. Ovviamente Sitchin qui ci propone la sua personale interpretazione dell’arpione di Horus:
L’immagine si commenta da sola, ed è messa a confronto con un missile simile a quello prodotto dagli Stati Uniti dalla McDonnell Douglas di St. Louis che fu chiamato proprio l’arpione. Una coincidenza davvero incredibile per giustificare un’altra trovata davvero grottesca.
In questo antico frammento shumer, invece, Sitchin desume l’atterraggio di En.Ki sulla Terra.
“Quando mi avvicinai alla Terra
vi era acqua dovunque.
Quando mi avvicinai ai verdi campi,
per mio ordine vennero innalzati tumuli e colline.
Ho costruito la mia casa in un luogo puro ...
La mia casa - la sua ombra si allunga sulla Palude del
Serpente”.
Ovviamente non si sta parlando della discesa di un dio ma di un astronauta, scienziato e ingegnere! Non vengono riportate fonti su dove abbia letto o desunto queste costatazioni.
Nel brano successivo invece Marduk, figlio di En.ki racconta la sua discesa a terra, e viene aggiunto che egli ha avuto numerosi problemi tecnici in quanto stava per essere deviato, con la sua astronave, da un pianeta, probabilmente un satellite. Ancora fantasia estrema per travisare invece un brano della cosmogonia sumera, in cui il “Supremo Satellite” volante probabilmente era riferito al dio APSU, il Sole, che veniva raffigurato come un disco alato, anche in altre culture, tra cui quella greca.
“E stato creato come un'arma;
si è lanciato in avanti come morte ...
Ha colpito gli Anunnaki, che sono cinquanta...
Il Supremo Satellite Volante, simile a un uccello,
ha colpito al petto”
In questo sigillo cilindrico infine verrebbe rappresentato il dio Marduk che lascia Marte per giungere sulla Terra e sembra che i personaggi siano in tuta spaziale.
Gli architetti del tempo:
Nel suo libro "Gli architetti del Tempo" (ed. Piemme, 1994), ha affrontato uno studio sistematico delle più celebri ed enigmatiche costruzioni ciclopiche dell'antichità, facendole risalire sempre e comunque alla cultura sumera.
La trattazione inizia con una riflessione di carattere astronomico, in particolare sulla reale possibilità che anche le stelle possano avere sistemi planetari. Cita come fonte di riferimento uno dei primi pianeti extrasolari scoperti dall'uomo nell'anno 1991 attorno ad una Pulsar. In effetti, se oggi la presenza di pianeti extrasolari è una certezza, non lo era in passato, in quanto non c’era ancora alcuna prova diretta, seppur teoricamente ampiamente prevista.
Si passa dunque alla cosmogonia celeste dei sumeri basandosi sulle tavolette del periodo babilonese. Gli dei vengono associati ai pianeti del Sistema Solare e i loro conflitti per il controllo del cielo, narrati nel mito cosmogonico, sarebbero la prova indiretta della primordiale formazione del Sistema Solare, avvenuta diversi miliardi di anni fa.
Poi accenna per l’ennesima volta in una sua pubblicazione, al sistema di numerazione sessagesimale utilizzato dai sumeri e ci illustra il “sar”, unità di tempo utilizzata dagli antichi sacerdoti, che corrispondeva a 3600 anni terrestri e che secondo le sue traduzioni
dovrebbe essere l'anno nibiruano e il relativo periodo di rotazione del pianeta attorno al Sole.
Essendo ormai alle porte del fatidico 2012, vorremmo spendere una riflessione in merito all'associazione di tale evento con la "prosa" sitchiana.
Molto si è detto e molto si sta ancora continuando a dire, tuttavia i dati di fatto sono che le previsioni fatte da sedicenti astronomi e studiosi, circa il passaggio del "dodicesimo
pianeta", sono del tutto inattendibili.
La smania dell'attesa per questo evento sta creando soltanto un grande business, ingiustificato, per pubblicazioni pseudo scientifiche che raccontano soltanto il falso. Abbiamo già dimostrato nella prima parte di questo articolo e lo ribadiamo ancora fermamente, che il transito di un corpo planetario nel nostro Sistema Solare è una ipotesi fantascientifica, impossibile scientificamente e infondata. Si sta ripetendo, in altri termini,
quello che era già successo nel 2003 con Hercolobus, altro appellativo di "Nibiru", quando bastò far circolare sul web un articolo ben strutturato di un ragazzo di 17 anni, (Pasquale Borriello) per creare un falso mito.
Questa volta il discorso si è arricchito grazie a diversi fattori concomitanti, tra cui terremoti, tsunami, il minimo solare in corso e la fine della "Quinta Era Maya", che secondo alcuni studiosi di difficile identificazione, dovrebbe cadere il 21 dicembre
2012. La fine di ogni era per i Maya significava tra l'altro, catastrofi e rinnovamento e la profezia spaventa in quanto sappiamo come avessero già previsto e calcolato numerose eclissi di Sole che puntualmente si sono verificate. Il discorso Maya, per quanto sia
affascinante si fonderebbe alle teorie sumere di Sitchin, grazie all'idea che entrambe le civiltà siano state fondate dagli antichi dei astronauti: gli anunnaki.
Sitchin tuttavia non ha mai fornito date precise riguardo al nuovo passaggio di Nibiru e pertanto ulteriori collegamenti tra Maya, Sumeri e 2012 sono soltanto illazioni create sul web, da blogger bramosi di popolarità per vendere i propri libri e fare successo.
Il castello di carta è andato ingigantendosi grazie a internet e ad alcuni popolari conduttori televisivi e giornalisti che hanno fiutato la possibilità di lucrare sfruttando la creduloneria e l’interesse popolare, soprattutto degli adolescenti.
In fine il cinema ha dato l'input finale, iniziando a produrre numerosi film catastrofici sul 2012, come "Segnali dal futuro" e "District 9" e il capostipite per antonomasia "2012", che dovrebbe uscire in mondo visione a novembre nel 2009.
Dobbiamo dunque buttare ogni cosa sull'argomento e attendere che i blog e siti svaniscano come sono svaniti quelli su Hercolobus?
Precessione e Egiziani secondo Sitchin:
Precessioni e moti lunari, sarebbero conoscenze insegnate dagli Anunnaki ai Sumeri che poi essi hanno tramandato alle civiltà assiro babilonesi e via di seguito sono giunte fino ai giorni nostri.
“La precessione degli equinozi è un movimento della Terra che fa cambiare in modo lento ma continuo l'orientamento del suo asse di rotazione rispetto alla sfera ideale delle stelle fisse.”
A causare la precessione è la forza di gravita del Sole e della Luna che influiscono sul nostro pianeta, che essendo uno sferoide oblato, tendono a farlo muovere come una trottola. Per un moto processionale completo, la Terra impiega circa 25800 anni, dando vita a quello che viene chiamato anno processionale o “platonico”.
La precessione comporta che le caselle immaginarie dello zodiaco, le costellazione dove i pianeti e il Sole compiono il loro moto apparente sulla volta celeste, subisce una lenta ma costante variazione di 1° ogni 72 anni.
In realtà non abbiamo fonti storiche che attestino la conoscenza dei sumeri, egiziani e babilonesi della precessione, ma tuttavia l’allineamento dei loro edifici di culto alle stelle, come sostengono diversi archeologi, lascerebbe intendere che la avessero compreso.
Le piramidi di Giza sembrerebbero infatti allineate, secondo la teoria di Bauval, alla cintura di Orione, come appariva in cielo nel 10450 a.C.
Questa data così remota nel tempo ha ovviamente scatenato le fantasie non solo di Sitchin ma di tutti coloro che credono in una storia alternativa a quella accademica.
Sempre secondo Bauval, però le Piramidi risalirebbero all’epoca attestata anche dalle analisi al c14, cioè tra il 2475-2450 a.C., confermando che i condotti interni della Grande piramide sarebbero perfettamente allineati con Orione in quel periodo.
Altri esami, come quelli effettuati dall’Egittologo Mark Lehner, docente presso l’Università di Chicago, affermano che possa esistere un ampio scarto di secoli giungendo anche al 3800 a.C. e oltre.
Nonostante l’esame al c14 sia abbastanza preciso, gli scarti di epoca sono plausibili a causa dei tanti ritocchi e restauri che le piramidi devono aver subito durante la loro storia su pietre di diversa datazione e origine edilizia.
Molti sono i misteri che accerchiano le Piramidi di Giza, primo fra tutti quella della sua costruzione.
Gli egittologi e gli architetti contemporanei non sono ancora riusciti a fornire una spiegazione plausibile e accettata da tutto l’ambiente scientifico sulle tecniche utilizzate.
Il giornalista inglese Graham Hancock, che l'ha scalata e misurata, ci ha riportato queste misure:
- LATO NORD metri 230 e 25.05 cm
- LATO SUD metri 230 e 45.35 cm
- LATO EST metri 230 e 39.05 cm
- LATO OVEST metri 230 e 35.65 cm
E con zelante maniacalità i suo angoli misurano:
- NORD EST: 90 gradi, 3 primi e 2 secondi.
- SUD-EST : 89 gradi, 56 primi e 27 secondi.
- NORD OVEST: 89 gradi, 59 primi e 58 secondi.
- SUD OVEST: 90 gradi e 33 secondi.
Ogni misura differisce dall'altra con un margine d'errore dello 0,1 per cento, un risultato da far invidia ad un edificio di piccole dimensioni dei nostri giorni.
Il suo peso consta in 6 milioni e mezzo di tonnellate di blocchi di granito del peso di circa 20 tonnellate ciascuno; in alcuni casi superano le 100 tonnellate.
Troppi sarebbero, secondo il giornalista su cui spesso anche Sitchin si basa nelle sue teorie, gli anni necessari e gli ostacoli tecnici da superare per ottenere la precisione necessaria alla realizzazione dei monumenti, in particolare quello della Grande Piramide.
L’antica civiltà egizia possedeva già le capacità tecniche per poter costruirla?
Questo interrogativo ha scatenato la fantasia di numerosi studiosi alternativi, che hanno postulato teorie poco scientifiche, come quella aliena o pre diluviana, per mano dei giganti ritenuti esistenti in epoche antichissime.
Sitchin affronta l’argomento Piramidi di Giza in vari punti delle sue “Cronache”, ma lo approfondisce in modo sostanziale nel “Libro perduto del dio En.ki” (edizioni Piemme, 2002), in cui afferma che le Piramidi furono fatte costruire per volere del dio anunnaki Enki dopo il Diluvio, come fari per segnalare l’ascesa e l’atterraggio delle astronavi aliene, sfruttando dei cristalli luminescenti (la pietra Apicale).
Gli studi in corso sulle piramidi di Giza, forse sveleranno il mistero sulle sue origini e sulla sua complessa costruzione.
Vorrei citare, per dare un senso logico e scientifico a queste stupende opere dell’uomo e non degli dei, la traduzione, in merito alla loro realizzazione, del più grande storiografo dell’antichità:
"Fu ordinato di prendere le pietre trasportate con imbarcazioni
attraverso il fiume e di trascinarle verso il monte detto Libico.
Lavorarono a centomila uomini per volta continuamente,
ciascun gruppo per tre mesi.
Per la piramide di Cheope dicono che passarono venti anni finché non
fu costruita; ogni faccia da ogni lato misura otto pletri, ed e'
quadrangolare e di uguale altezza, di pietra levigata e connessa nel
modo più perfetto; nessuna delle pietre e' più piccola di trenta piedi.
Questa piramide fu costruita a gradinate che alcuni chiamano ripiani,
altri gradini: dopo che l'ebbero costruita in tal forma, elevarono le
pietre rimanenti con macchine formate da travi corte, alzandole da
terra sul primo ordine dei gradini.
Dopo che la pietra era stata portata sopra questo, veniva collocata
sopra un'altra macchina e da questa era tratta sul secondo ordine e
posta su un'altra macchina: infatti quanti erano gli ordini di
gradini, altrettante erano anche le macchine.
Furono quindi ultimate prima di tutto le parti più alte della
piramide, poi completarono quelle più vicine a queste, ed infine per
ultime le parti vicine al suolo e più basse.
E' indicato in lettere egiziane sulla piramide quanto fu speso in
rafani, cipolle e agli per gli Egiziani; e, a ben ricordare ciò che l'
interprete mi diceva leggendo l' iscrizione, furono spesi 1600
talenti.".
Erotodo
La descrizione che ci lascia Erodoto è chiara, eppure molti pseudo scienziati, si ostinano a tutti i costi a voler dare spiegazioni fantascientifiche.
Per fortuna, pur rimanendo ancora nel campo delle ipotesi, diversi
archeologi, grazie alle nuove tecnologie computerizzate, stanno
cercando di risolvere il mistero evitando illazioni del genere.
Alcuni recentissimi studi del prof. Jean-Pierre Houdin sfruttando il sistema 3D Virtools di Dassault Systèmes ha rilanciato una nuova possibilità per la costruzione della Grande piramide di Giza, mediante queste tecniche di base:
• l'utilizzo di una scala esterna per l'erezione dei primi 43 metri della piramide;
• l'impiego di una scala interna a spirale, che si snodava dietro le facce della grande piramide, per completare la costruzione;
• un ingegnoso sistema di contrappesi nella grande galleria, per sollevare a mo' di carrucola i blocchi, pesanti fino a 60 tonnellate, per la parte finale.
Secondo l'architetto transalpino la piramide non è orientata in base alla costellazione d'Orione, né come questa si presentava nel 2550 a. C., nel 10.500 a. C., data di una presunta costruzione ipotizzata da millenaristi privi di credibilità scientifica; i lati sono invece effettivamente orientati secondo i 4 punti cardinali.
Nella prima fase si costruì la piramide fino alla base della camera del re posta a quota 43 metri, portando i blocchi con una rampa: "Ma nel farlo - dice Houdin - si fecero due camere temporanee, destinate ad accogliere Cheope in caso di morte prematura: la camera sotterranea, durante i primi 10 anni di costruzione e la camera della regina, attiva nei 7 successivi. Poi rimasero inutilizzate". Man mano che la costruzione proseguiva, la rampa diventava sempre più ripida e
più lunga: per raggiungere quota 146 metri, l'altezza finale, sarebbe stata necessaria una pendenza proibitiva, sviluppata su una distanza troppo lunga!
La geniale idea degli architetti fu erigere prima la definitiva camera del re (da 43 a 76 metri), portando i blocchi necessari con una carrucola azionata da un sistema di contrappesi; e poi mantenere la struttura ricavata aperta su un lato per poterla usare, come base
d'appoggio, per la salita dei blocchi per la parte superiore: in questo modo si arrivò a 140 metri su tre lati e in seguito si chiuse progressivamente il lato aperto, che mostrava lo spaccato della
costruzione da quota 43 a quota 140 metri. Anche il “Pyramidion” (la piccola piramide interamente d’oro posta sulla base in cima alla Grande piramide con lati 10x10m) fu costruito con carrucole a contrappeso, sostenute questa volta da impalcature in mattoni crudi: la più celebre tra le 7 meraviglie del mondo era pronta e toccava, dopo più di trent'anni di lavoro, 146 metri.
"Gli egizi avevano formidabili conoscenze di geometria, matematica, geologia e dunque solo un architetto può illuminarci sulle tecniche impiegate", scrive l'egittologo Zahi Hawass nella prefazione al libro di Houdin (“Les secrets de la construction de la Grande Pyramide”, Farid
Atiya Press), mostrandosi convinto della validità del metodo impiegato
e del fondamento dei risultati raggiunti.
Ma non finisce qui:
Secondo la ricostruzione del professore Giorgio Faraggiana e Osvaldo Falesiedi, dipendente di Iveco con la passione per l’archeologia, La «macchina di corti bastoni» che Erodoto cita nelle Storie è dunque esistita davvero, ed è stata ricostruita a grandezza naturale e utilizzata per la prima volta in una simulazione nel dipartimento di ingegneria strutturale e geotecnica, in collaborazione con Iveco che ha finanziato parte dell’esperimento.
Trasportare enormi blocchi di granito, pesanti fino a dieci tonnellate, attraverso una lunga galleria in salita era stato possibile grazie a una simulazione con un macchinario del Politecnico, la prima simulazione al mondo. E non solo, con la tecnica dell’argano spagnolo e dell’attorcigliamento delle funi, è sufficiente la forza di un solo uomo per il trasporto di ogni enorme blocco lungo la
galleria.
Secondo le tavolette cuneiformi sumere la Grande Piramide di Giza sarebbe stata costruita con la funzione di radiofaro dagli Anunnaki nel 10.500 a.C., assieme alla Sfinge, che sarebbe un monumento commemorativo dell’impresa. Il volto della Sfinge in origine era quello dell’architetto progettista delle piramidi (Ningishzidda), ma dopo venne rimodellato per assomigliare a Marduk, nuovo re dell’Egitto e dio unico, dopo "la guerra delle piramidi". La Sfinge venne scolpita col corpo leonino per celebrare l'era astrologica del
Leone.
Gli dei Egiziani:
I primi insediamenti lungo le fertili sponde del Nilo si perdono nelle nebbie del tempo ma di sicuro il grano veniva coltivato già intorno al 6000 a.C.
La religione egiziana ha avuto probabilmente origine in epoca preistorica, quando il zoomorfismo era una peculiarità molto diffusa.
Gli dei, adorati in modo indipendente nei singoli centri urbani, nel periodo predinastico erano rappresentati con le sembianze di animali e solo nel periodo dinastico vennero gradualmente antropomorfizzati.
Le città in cui si svilupparono i maggiori centri di culto furono Eliopoli (capitale del XIII distretto nel Basso Egitto, di epoca predinastica), Ermopoli (Khnum, capitale del XV distretto nell'Alto
Egitto), Menphi (capitale dell'Antico Regno dalla fondazione nel 2700 a.C. fino al 2200 a.C. e in seguito Capitale del I distretto e devota al dio Ptah) e Tebe (Uasit, nota già ai tempi della IV dinastia e devota al dio Amon-Ra).
Ognuna di queste grandi città sacerdotali sviluppò una differente cosmogonia. Grazie al documento noto come "Testi delle Piramidi" ci è possibile conoscere la cosmogonia di Heliopolis, che vede in Atun (Ra) il padre di tutti gli dei. Probabilmente da questo documento nasce l'idea di Sitchin per il culto della città votata a Ptah, padre di Ra.
Secondo quanto ci dice lo studioso, il dio non era altro che uno scienziato architetto, che aveva ripulito dal fango le sponde del Nilo dopo il Diluvio e fondato la città di An chiamata appunto
Eliopoli dagli antichi greci.
Sitchin ci racconta che il dio Ptah diede al figlio Ra la reggenza del'Egitto e si ritirò
successivamente alla fonte del Nilo per controllarne i flussi. Ra fece quindi costruire la città di An
(Heliopolis) e in un tempio custodì un segreto chiamato "Ben-Ben". Ra divise il Regno in Alto e Basso Egitto e lo donò ai suoi fratelli Seth e Osiride. Come racconta la famosa leggenda, Seth uccise Osiride e lo tagliò a pezzi, ma la dea Iside, moglie della vittima, lo ricompose riunendo tutti i pezzi tranne il fallo e lo fece rivivere nell'Aldilà assieme agli dei celesti.
A prendere il posto di Osiride fu il figlio Horus, anch'egli resuscitato dopo la puntura di uno scorpione per intercessione della dea madre Iside.
Horus volle vendicare suo padre Osiride attaccando la regalità di Seth, utilizzando i "Nar", letteralmente "colonna ardente di fuoco" che nell'immaginario di Sitchin diventano missili a lunga gittata.
Durante il lungo scontro Horus perse un occhio e a quel punto intervennero le divinità celesti riconoscendogli l'intero regno e la discendenza diretta con Ptah.
A questo punto, Sitchin si ricollega furbescamente alle fonti storiche e senza giustificazioni e continuità con il discorso fatto, ci parla di Menes realmente vissuto intorno al 3200 a.C. e primo dei trenta faraoni dinastici.
La maggior parte delle nozioni conosciute sull'immortalità del Faraone sono state tradotte leggendo i geroglifici nelle piramidi di Unas, Teti, Pepi I, Merenra e Pepi II, sovrani che regnarono dal 2350 al 2180 a.C.
Questi frammenti, in base ad ulteriori studi, sono stati ricondotti tutti al "Libro dei Morti", che secondo Sitchin probabilmente racconta qualcosa di più profondo rispetto al semplice mito.
Dopo una lunga ricostruzione del viaggio che l'anima del faraone defunto compie per raggiungere l'immortalità, viene supposta l'ipotesi che sia in realtà il ritorno degli scienziati Anunnaki su Nibiru.
Le prove di questi viaggi interplanetari compiuti dagli dei egiziani sono raccolte sempre basandosi su supposizioni prive di alcun fondamento scientifico. Ad essere preso di mira è il già citato "Ben-
Ben", partendo da una iscrizione sulla stele del faraone Pi-Ankhi. Il Ben-Ben era venerato come una santa reliquia e in molti a tal scopo si recavano appositamente a Heliopolis. Seppur non sia stato mai ritrovato dagli archeologi (alcuni ritengono che sia "la pietra sacra de La Mecca), abbiamo alcune riproduzioni e modelli in scala che lo raffigurano come una piramide, mentre “all'infallibile” sguardo di Sitchin appare somigliante al modulo di comando dell'Apollo15;
(il Ben-Ben in una riproduzione)
(figura 27 – Le Astronavi del Sinai)
“Una raffigurazione ancora più strabiliante è stata trovata sulla
tomba di Huy, viceré di Nubia e della penisola del Sinai durante il
regno del famoso faraone Tut-Ankh-Amon. Decorata con scene di
ambienti, oggetti e persone dei due tenitori di cui era viceré, la sua
tomba ha tramandato fino a noi la vivida e realistica
rappresentazione di una navicella spaziale: il corpo del veicolo è
racchiuso in un silo sotterraneo, mentre la parte superiore, con il
modulo di comando, è sopra il livello del terreno”
(figura 29 – Le Astronavi del Sinai)
Egli cita poi altri reperti che sono dal suo punto di vista testimonianze dirette delle astronavi Anunnaki, come quello circolare di figura 31a, ritrovano nella tomba del principe Sabu, figlio del re
Adjid della prima dinastia (3100 a.C.)
Per Sitchin sarebbe una copia in rame fatta dall'originale che rappresenta il volano di un mezzo aerospaziale, del tutto simile a quello a quello realizzato dall’Airsearch Manufacturing Company.
In figura 49 invece, viene riprodotto un geroglifico (la cui fonte non è citata) in cui è rappresentato il Sole nell'atto di emettere i suoi raggi benefici (in questo caso, sulla dea Hat-Hor, "Signora delle miniere" della penisola del Sinai), accanto ad un altro disco, che sicuramente è la Luna, ma che invece per Sitchin sarebbe la prova certa di Nibiru e quindi del secondo sole.
La similitudine della scrittura e dell’arte nei popoli antichi:
L’analogia viene poi riscontrata nella somiglianza della scrittura cuneiforme presente su tantissimi monoliti inca e sumeri e tra le decorazioni su ceramica.
Sitchin si sofferma in particolare sulla identica stilizzazione dei guerrieri, affermando che sono così forti da apparire tali anche agli occhi dei non esperti.
Riguardo alla similitudine della scrittura primordiale in molti popoli della terra, dislocati in luoghi distanti, è associabile ad una serie di fattori che richiamano le condizioni sociali degli individui e le identiche basi cognitive relative all’apprendimento.
Cerchiamo di chiarire meglio questa questione, come avrebbe dovuto fare Sitchin.
Prima della scrittura, i nostri lontanissimi antenati hanno sperimentato l’ideogramma, con semplicissimi segni dipinti con asticelle di Ocra, circa 130 mila anni fa, in Africa centrale.
Man mano che le migrazioni hanno spostato gruppi di uomini in ogni angolo del pianeta, le condizioni locali hanno accelerato o ritardato lo sviluppo della scrittura e dell’arte.
La psicologia cognitiva ha studiato la creazione artistica nei bambini, osservando che, in ogni parte del mondo, avviene in maniera pressappoco identica e può essere paragonato a quello dell’arte preistorica per affini evidenze grafiche e stilistiche (come proposto da Luquet, 1927).
L’approfondimento di questa analogia ha richiamato soprattutto l’attenzione di psicologi e antropologi che nel secolo scorso hanno studiato dettagliatamente il problema.
Alla base vi sono fattori culturali e tecnici.
Alcuni studi effettuati nel 2001 per comparare lo stile grafico avvenuto in Brasile, ha posto
in comparazione bambini della città con quelli delle favelas.
I risultati, hanno evidenziato che i primi, hanno sviluppato più precocemente uno stile maturo e più verosimile.
I popoli dell’antichità, che si trovarono meglio di altri, in condizioni socio economiche privilegiate, svilupparono prima il bisogno di arte e scrittura, sia per fini pratici (commercio) che
puramente decorativi.
I sumeri, popolarono la celebre mezzaluna fertile ed essendo abili commercianti, (come già spiegato nella prima parte dell’articolo), sentirono la necessità di utilizzare segni grafici prima di altre popolazioni, che ad esempio, non avevano ancora sviluppato il commercio.
Ma la precisione stilistica, sia nella scrittura che nell’arte è andata affinandosi, nelle popolazioni antiche, come nello sviluppo celebrale dei bambini, in base all’aumento delle capacità cognitive,
che tradotto in termini pratici significa “aumento delle
conoscenze”.
Dai segni grafici, si passò a segni geometrici molto più complessi che sintetizzavano concetti sempre più complicati.
A Ur, intorno al 2700 a.C. i primi scriba seppellivano nelle tomba degli aristocratici le prime tavolette con inciso il loro nome. Si passò poi alle preghiere e quando i segni iniziarono a esprimere in modo ottimale il pensiero, nacque la scrittura epica, capace di tramandare ai posteri le gesta eroica dei sovrani.
Lo sviluppo sumero della scrittura non è stato cronologicamente contemporaneo in tutte le civiltà esistenti. Gli egiziani, si presume dai primi papiri ritrovati, ebbero uno scarto inferiore di circa 70
anni, ma in altre parti si era ancora molto lontani. In Grecia ad esempio, i primi ritrovamenti sono datati intorno al 1000 a.C. ma si ritiene che le informazioni fossero giunte dai mercanti fenici che
colonizzarono le coste dell’Egeo e del Mar Mediterraneo.
I Maya, svilupparono una scrittura di tipo ideografico, strutturata a rebus. Ogni simbolo, esprimeva un concetto più ampio. La civilizzazione spagnola ha spazzato lo sviluppo della loro cultura e
anche delle forme espressive. Le origini, vengono fatte risalire al massimo al II secolo d.C. e in parte è sta decifrata.
Le iscrizioni Maya composte da file di segni (glifi) disposti in colonne verticali andavano lette dall'alto in basso o con un sistema di alternanze tra una fila e l'altra che variava secondo che le linee di segni presenti sullo stesso monumento fossero in numero pari o dispari.
Ciascuno dei glifi poteva essere composto da un elemento principale e da una serie di affissi a lui collegati in modo da formare un complesso disegno generalmente iscrivibile in una sagoma quadrangolare od ovale. Una regola grafica che rese le iscrizioni Maya particolarmente eleganti e ordinate. Le diverse possibili soluzioni hanno creato notevoli difficoltà agli studiosi ma, in alcuni casi si sono dimostrate addirittura utili. E' noto infatti che un elemento
pittografico della loro scrittura poteva sostituire una sillaba e grazie a ciò è stato possibile identificare i simboli fonetici che accompagnavano la figura conosciuta. Ci sono poi i glifi che hanno significati diversi secondo il contesto in cui sono inseriti ed altri che avevano la medesima pronuncia, ma diverso significato.
Ecco un esempio di arte sumera:
(mosaico trovato nella città di Ur)
Il mosaico risalirebbe al 3000 a.C., quando le costruzioni delle città sumere di Ur e Uruk venivano decorate con figure geometriche ottenute mediante coni di argilla smaltati alla base e inseriti nei mattoni crudi che componevano il muro.
Questo invece due esempi di architettura sumera:
Le città sumere nella maggioranza dei casi erano costruite con mattoni cotti, protette da due potenti mura con torri, muri a scarpa e contrafforti.
All'interno della prima cerchia muraria si sviluppano, strade, piazze, abitazioni (spesso costruite con materiali altamente deperibili) e botteghe, per lo svolgimento delle attività produttive e commerciali. Di queste non è rimasto quasi nulla, tranne qualche traccia nel terreno.
Ogni città apparteneva a una divinità e al suo interno vi era un’area sacra interamente dedicata al suo culto. Le ziggurat, per gli antichi Sumeri, erano i giganteschi monumenti chiamati "montagne di dio".
Attorno ad esse sempre nel quartiere sacro, sorgevano palazzi ed edifici amministrativi, piazze, strade, zone attrezzate e predisposte al culto e cerimonie religiose, altri edifici religiosi.
lI quartiere sacro offre le testimonianze e i reperti meglio conservati perché erano costruiti con mattoni e grossi blocchi di pietra non facilmente deperibili.
Confrontiamo adesso queste considerazioni frutto di ricerche e studi archeologici con alcuni brevissimi esempi dell’arte inca.
L'archeologo statunitense John Howland Rowe classificò l'edilizia inca in due tipi:
- semplice, con l’utilizzo di pietre rettangolari;
- poligonale, con pietre di forma irregolare.
Lo studioso peruviano Santiago Agurto definì invece quattro sottotipi le categorie create da Rowe:
- edilizia semplice rivestita: in cui le pietre non sono allineate
- edilizia semplice sedimentaria: in le pietre sono disposte su righe orizzontali
- edilizia poligonale cellulare: con piccoli blocchi
- edilizia poligonale ciclopica: con pietre molto grandi.
Secondo Graziano Gasparini e Luise Margolies, l'edilizia inca di pietra si ispirò dall'architettura di Tiahuanaco, un sito archeologico dell'attuale Bolivia costruito molti secoli prima della nascita dell'impero inca.
La costruzione avveniva sovrapponendo i blocchi di granito o calcare solitamente reperibili nelle immediate vicinanze, lavorandoli in modo che combaciassero perfettamente e che potessero così resistere alle innumerevoli scosse sismiche che affliggevano l’area.
La tecnica, dispendiosa in termini di tempo e di uomini al lavoro, era necessaria per poter offrire durata e resistenza alle mura e ai monumenti.
Un'altra tecnica di costruzione era chiamata: con "facciate a guanciale". Questi edifici erano eretti con mattoni adobe cotti e malta fangosa. Gli Inca avrebbero poi sabbiato le grandi pietre ricoperte di fango e argilla. Quindi le accostavano usando la malta tra di loro (Machu Picchu e Kuellap sulla cima del monte Utcubamba):
Le analogie nell’arte decorativa e architettonica nelle civiltà arcaiche, è evidente, ma è riconducibile, in taluni casi, come nel confronto tra quella sumera del 3000 a.C. e quella Inca, sicuramente dopo Cristo, soltanto a fenomeni di natura tecnica, che richiamano identici procedimenti edilizi e psicologica, che richiamano la identica cognizione umana ideografica.
Contatti tra le due civiltà, in epoche antecedenti o contemporanea a quella sumera, è soltanto pura e semplice fantascienza e siamo certi che, nessuna ulteriore scoperta archeologica potrà, su questo punto, ribaltare quanto già studiato e appreso dalla moderna archeologia.
Viaggi oltre oceano:
Continuando nel discorso, egli arriva ad ipotizzare che molti popoli antichi si siano in spinti persino in America ben prima di Cristofolo Colombo. A tal riguardo cita, il racconto epico di Odisseo che secondo alcuni possa essere giunto oltre le Colonne d'Ercole, ma riprendendo un passo dell'Eanna, parla anche del sacerdote/Re Meskiaggasher, che nei suoi viaggi si spinse molto a Ovest, probabilmente portando l'arte e la cultura sumera fino in America.
Altro possibile esploratore del continente americano sarebbe stato lo stesso Gilgamesh, avvalendosi della fabbricazione di possenti transatlantici e strumenti cartografici e nautici dalla tecnologia aliena.
A dimostrazione di tali pesantissime affermazioni, cita lo strano ritrovamento effettuato da alcuni palombari nel 1901 nei pressi dei fondali dell'isola di Antikythera, a metà strada tra il Peloponneso e Creta.
Dall'analisi scientifica, si tratta di un astrolabio in bronzo meccanico, custodito presso il Museo Nazionale Archeologico di Atene con numero di catalogo X. 15087, presumibilmente risalente al I a.C. e utilizzato per la navigazione sfruttando i movimenti del Sole e della Luna.
Il primo a studiarlo in modo rigoroso fu Derek J. de Solla Price (1938-1983), professore di Storia della Scienza all'Università di Yale, tra gli anni '50 al '70, ipotizzando correttamente che si
trattasse di complesso orologio astronomico.
Mike Edmunds, della scuola di Fisica ed Astronomia dell'Università di Cardiff (UK) ha pubblicato invece su Nature, un'approfondita ricostruzione del suo funzionamento, ottenuta grazie all'applicazione di sofisticate tecniche di Tomografia a raggi X ad alta risoluzione.
I ricercatori hanno trovato le evidenze di un meccanismo in grado di calcolare le eclissi solari e lunari secondo le conoscenze astronomiche babilonesi ed una sorprendente realizzazione meccanica della teoria di Ipparco di Nicea che spiegava le irregolarità del movimento della luna nella sua orbita ellittica
La sua tecnologia, composta da leve e ingranaggi e' ritenuta persino superiore agli astrolabi medievali e presupporrebbe conoscenze tanto elevate da non essere possibili per i tempi in cui venne realizzato.
In effetti Cicerone parla di un meccanismo simile, nel 212 a.C. attribuito ad Archimede. Tuttavia sembra assai strano che sia stato l’unico reperto del genere ad essere stato ritrovato e non abbia
fatto scuola e sia stato così riprodotto. Le sue origine sono forse arabe, dove si sa con certezza che le tecniche erano molto avanzate, anche se il primo astrolabio ritrovato di simile fattura risale al 1223 d.C.
Si tratta dunque di un ritrovamento eccezionale, fuori dal tempo, unico nel suo genere.
Tuttavia, la fattura, i materiali e la tecnica, sono “umani”, almeno per escludere fantasiose
possibilità aliene come Sitchin lascia intendere.
Questo mistero speriamo che sia svelato con nuovi studi nei prossimi anni.
Per testimoniare che gli antichi conoscessero benissimo la dislocazione del continente americano, cita un altro "ooparts", la famosa cartografia nautica di Piri Re'is risalente al 1513, che rappresenta in maniera evidente il Sud America e l'Antartide, cosa
ritenuta non possibile per quell'anno dalle critiche di Hancock.
Nonostante Cristofolo Colombo avesse già toccato terra oltre Oceano già nel 1492, Sitchin ipotizza che questo documento e' una copia fatta dalle mappe nautiche dall'antica Biblioteca di Alessandria risalente al IV sec. a.C. trafugata dagli invasori arabi prima di incendiarla nel 642 a.C.
La carta di Piri Re’is è in effetti il frutto di documenti nautici portoghesi e di quelli in possesso da Cristofolo Colombo, inoltre numerosi viaggi nel sud del continente americano erano stati già effettuati da Amerigo Vespucci fino al 50° parallelo e Binnot Paulmier de Gonneville che rimase in Brasile per diversi anni.
Da un semplice confronto, si desume facilmente che la parte meridionale, ritenuta da Sitchin l’Antartide, non è nient’altro che una deformazione dell’America del sud secondo le conoscenze approssimative dell’epoca:
Ritengo che anche in questo caso Sitchin abbia esagerato e tratto conclusioni del tutto affrettate, fuorviando la logica interpretazione dei fatti al solito di fine di testimoniare indirettamente la presenza di conoscenze extraterrestri tramandateci dagli dei sumeri.
Stonehenge:
Sitchin affronta anche l'affascinate mistero legato al celeberrimo tempio di Stonehenge, un sito del neolitico che si trova in Inghilterra, vicino ad Amesbury nello Wiltshire.
La struttura è composta da un insieme di grosse pietre azzurrine allineate ai punti di solstizio ed equinozio e probabilmente fungeva da "antico osservatorio astronomico".
Stonehenge significa letteralmente "pietre sospese" ed e' da decenni simbolo delle antiche conoscenze magiche dei druidi ( i sacerdoti legati al culto del “sacro ordine naturale” presso le popolazioni celtiche) e punto di riferimento per tutte quelle moderne correnti filosofiche spirituali legate alle nuove religioni millenariste della "New Age".
La sua struttura, il fascino e l'imponenza dei blocchi di pietra, ha da sempre alimentato sia studi archeologici che fantasie degli appassionati di antiche culture. La parte esterna comprende grossi blocchi di arenaria prelevati in una cava a circa 30 km di distanza presso Malborought Downs, mentre quella interna, presenta pietre più piccole di origine vulcanica dal peso di circa quattro tonnellate prelevate dalle Montagne Preseli nel Galles.
Le origini sarebbero datate tra il 2500 e il 2100 a.C. e la civiltà che l’ha eretto resta tutt'ora un enigma per mancanza di prove scritte. Ipotizzando che la funzione del tempio fosse di natura
religiosa e astronomica, Sitchin ritiene, che le uniche civiltà capaci di costruirlo in quella datazione, possono essere state soltanto gli egiziani e i sumeri, ma la mancanza di reperti che ne testimoniano la loro presenza ne suggerisce altre, come quella fenicia, grazie ad alcuni reperti di vasellame ritrovati in siti vicini. I reperti di origine fenicia potrebbero essere tuttavia giunti in loco per via indiretta, grazie cioè agli scambi commerciali che avvenivano tramite
l’Italia, che era piena di “empori” fenici lungo che coste.
Tuttavia, non riuscendo a fornire spiegazioni attendibili, Sitchin, conclude ipotizzando che siano stati gli dei in persona a costruirlo e per sostenere questa tesi si affida unicamente alle sue traduzioni dei sigilli sumeri.
L'argomento, ripreso più volte durante il libro "Architetti del tempo", giunge nei paragrafi finali alla conclusione che fu il dio Toth in persona a progettarlo durante la fuga dall'Egitto al tempo
delle “Guerre delle Piramidi”, episodi non documentati nati dalle sue fantasiose interpretazioni dei sigilli accadici.
Anche questo monumento dell’antichità, per quanto misteriosa sia la sua reale origine e funzionalità, appare, del tutto differente dallo stile architettonico ed edilizio tipico dei popoli che secondo Sitchin erano figli degli dei (sumeri). La sua struttura è invece esempio stupefacente di edilizia monumentale preistorica e come Stonehenge, ci sono in tutto il mondo centinaia di altri templi circolari, segno della profonda religiosità e conoscenza astronomica dei nostri antichi
progenitori, piuttosto che della mano forte e dalla mente sapiente di giganti astronauti venuti da Nibiru.
Diluvio Universale:
Si passa poi al mitico Diluvio Universale, altro argomento chiave del libro e di tutta la prosa sitchiana.
Il mito del Diluvio è presente storicamente in molti scritti sumeri, accadici e assiri in caratteri cuneiformi e si suppone che sia stato assimilato successivamente negli scritti biblici, sistemato nel settimo e ottavo capitolo della Genesi.
“Ecco, io sto per far venire il diluvio delle acque sulla terra, per distruggere sotto il cielo ogni essere in cui è alito di vita; tutto quello che è sulla terra perirà” (Genesi 6:17) «E avvenne, al settimo giorno, che le acque del diluvio furono sopra la terra; nell’anno seicento della vita di Noè, nel secondo mese, nel diciassettesimo giorno del mese, proprio in quel giorno, eruppero tutte le sorgenti del grande oceano, e le cataratte del cielo si aprirono» (Genesi 7:10-11)
Ma leggende che parlano di apocalittiche inondazioni, sono presenti nelle tradizioni di quasi tutte le popolazioni antiche, dal Messico al Brasile, dalla Cina alle antiche leggende celtiche.
Molti studiosi si sono chiesti se effettivamente possa davvero essere accaduta una grandissima inondazione del pianeta in epoca relativamente recente.
Nel 1992, gli studiosi Edith Kristian Tollmann e Alexander Tollmann, professori di geologia all' università di Vienna, pubblicarono uno studio sulle memorie della Società Geologia Austriaca affermando che a determinare la catastrofe fu l' impatto di un' enorme cometa all'inizio dell'
Olocene, 9.545 anni fa. Composta per l’80% di ghiaccio acqua si frantumò in sette parti nel passaggio ravvicinato col Sole tutti i sette "blocchi" finirono negli oceani: a sud dell' Australia
(nel Mare di Tasman), nel Mar Cinese meridionale, nella parte occidentale dell' Oceano Indiano, nel nord dell' Atlantico, a sud delle Azzorre, nel Pacifico al largo del Guatemala e probabilmente a
ovest della Terra del Fuoco, in America Meridionale.
Sarebbe stato dunque effetto di queste enormi masse finite negli oceani l' innalzamento delle acque registrato dagli antichi e ampiamente descritto nell' Antico Testamento.
Le prove degli impatti sono state raccolte datando le "tectiti" (frammenti di natura vetrosa, la cui origine non e' ne' terrestre ne' lunare) rinvenute in aree prossime ai punti di impatto,
come nel sud dell' Australia, sul fondo dell' Oceano Indiano e in Vietnam. Altre prove scientifiche a favore dell' ipotesi della cometa, secondo gli studiosi austriaci, sono il ritrovamento di cristalli
eccessivamente acidi in sequenze di ghiaccio ben datate in Groenlandia, riferibili all' epoca dell' impatto; l'età degli ultimi mammut di Yurybey, in Siberia, scomparsi proprio intorno a 9.500 anni
fa, e la sovrapproduzione di radiocarbonio osservabile nel legno degli alberi di quell' epoca.
Altra ipotesi molto attendibile che proverebbe l’avvenuto Diluvio, è la fine della glaciazione Würm. Secondo gli studiosi intorno all’11000 a.C. si sarebbero iniziati a sciogliere i ghiacci di quel
lungo periodo glaciale iniziato intorno al 110.000 a.C. causando un’alluvione di molte zone costiere e pianeggianti almeno fino al 9500 a.C.
(Nella figura in alto vediamo in bianco le zone completamente coperte dai ghiacci)
Non meno suggestiva è la possibile esplosione della supernova Vela F, che sarebbe avvenuta in un lasso di tempo che va dal 14000 all’11000 a.C., scagliando frammenti fino al nostro Sistema Solare. Secondo Brennan, sarebbe stato uno di questi a inclinare l’asse di Nettuno e
sbriciolare con la pressione gravitazionale alcuni satelliti di Urano e Saturno che poi sarebbero rimasti in orbita regalando al gigante gassoso lo splendido anello. Ma il passaggio di questo frammento avrebbe poi continuato la sua marcia devastante fino a scontrarsi e
infrangersi con il pianeta presente tra Marte e Giove, dove oggi
giacerebbero i resti della collisione, cioè gli asteroidi della Fascia Principale.
La Terra e lo stesso Marte sarebbero stati bombardati da centinaia di frammenti meteorici, ma mentre il Pianeta Rosso avrebbe subito danni irreversibili, il nostro pianeta schermato dalla Luna sarebbe invece riuscito a resistere nonostante un repentino e devastante cataclisma che avrebbe dato termine all’era glaciale.
Secondo lo studioso Kingsley che ha elaborato le ricerche di un altro archeologo, l’israeliano Ehud Galili, il quale ha diretto il recupero del sito di Atlit-Yam, uno dei sei villaggi neolitici, il più grande
mai ritrovato nell’area mediterranea: “Non c’è nessuna prova che queste case siano state abbandonate per un evento catastrofico.
Nemmeno prove che ci sia mai stata un’onda assassina, nel Mediterraneo. Ci fu un lento innalzamento del livello del mare, sì, come dappertutto. È dallo tsunami che dura questa moda archeologica d’andare a caccia di megadisastri dell’antichità. Piovve quaranta giorni e quaranta notti, narra la Genesi. Un altro archeologo, Shimon Gibson dell’Università del North Carolina, afferma invece che: “Non sappiamo niente. È dimostrato solo che inondazioni massicce avvennero in questa parte di mondo. E quando le acque si ritirarono, rimase una
paura millenaria. Mai dimenticata”.
Non trattandosi dunque di pura suggestione e mito, possiamo affermare che sicuramente qualcosa deve essere accaduto tra i 14000 e i 9500 anni prima della nascita di Cristo. Forse solo una di queste ipotesi o tutte assieme contemporaneamente, assieme ad altre più stravaganti,
potrebbero aver realmente lasciato il segno nella memoria di chi ha assistito all’immane cambiamento climatico del nostro pianeta.
Sitchin interpreta il mito sumero in modo fantascientifico, per dare a tali memorie una inconsistenza degna di un romanzo piuttosto che di un saggio archeologico scientifico.
Frequenti sono le citazioni di alcuni passi della Sacra Bibbia per evidenziare attinenze con la genesi sumera del poema di Gilgamesh.
Gli Anunnaki, gli dei astronauti più volte citati, dopo migliaia di anni trascorsi sul nostro pianeta iniziarono ad accoppiarsi con le loro stesse creature, le figlie degli uomini, generando semidei che governarono numerose città fino a quando un nuovo, ravvicinato passaggio di Nibiru, avrebbe creato cataclismi tali da spazzare l'intera civiltà creata.
Il dio supremo, Anu, venne in visita sul nostro pianeta più volte durante i 450.000 anni di dominazione e si lamentò dell'eccessiva promiscuità creatasi dagli accoppiamenti e dal grande disordine in cui vivevano gli uomini e decise che nessuno doveva essere tratto in
salvo dall'imminente disastro.
Questa decisione crudele non piacque a uno dei due governanti della Terra, lo scienziato genetista En.ki, che quindi cercò un erede per affidare le sorti del genere umano dopo che la devastazione del Diluvio fosse terminata.
A questo punto Sitchin crea un ulteriore e incredibile anello di congiunzione con la Bibbia, affidando le sorti della ricostruzione a un sacerdote: Atra-Hasis (Noé).
En.ki apparve in un monitor, sotto le sembianze di un serpente, come secondo Sitchin riporta il sigillo (figura 40) e chiede al suo servo di costruire un sommergibile per salvare gli uomini dall'imminente disastro.
(figura 40) Mi chiedo dove sia il monitor nella figura in alto
Quando le acque si ritirarono e le terre si asciugarono, gli dei riunitisi in consiglio, vollero ricostruire le città nella medesima posizione delle precedenti, tranne Kish che fu una nuova città.
Questo antichissimo centro abitato, il secondo fondato dai sumeri dopo Eridu', risalirebbe invece al V-IV secolo a.C. e non al 10.000 a.C.
ipotizzato dallo stesso Sitchin come datazione approssimativa del Diluvio.
Inoltre appare assai strano che gli dei abbiano voluto ricostruire la civiltà di Sumer dopo aver nascosto loro l'immane catastrofe.
Incongruenze e imprecisioni storiche imperversano ovunque, gettando l'ombra anche su alcuni interessanti passaggi di storia, mitologia e archeologia.
Quando egli parla di En.lil, di En.ki e dei loro figli Ninurta e Ra/Marduk, viene dato per certo che questi abbiano governato le terre dei padri dopo il diluvio e che siano stati gli artefici delle guerre
delle piramidi conclusesi col disastroso conflitto atomico.
Sodoma e Gomorra:
“… guardò verso Sodoma e Gomorra e verso tutta la regione della
pianura, ed ecco vide un fumo che saliva dalla terra, come il fumo di
una fornace.” (genesi 19:28)
Sitchin afferma che a distruggere le città di Sodoma e Gomorra, sotto la sfera di influenza di Marduk e En.ki sia stato un missile caricato con testate nucleari. Nessuna analisi scientifica e nessuna prova sulla radiazione del suolo del Mar Morto viene esposta per avvalorare
la sua tesi, ma solo interpretazioni e autosuggestioni.
Nel 2008 uno studio condotto da Allan Bold della Bristol University, interpretando in modo esatto grazie ad una decodificazione computerizzata del sigillo sumero ritrovato nell'800 a Ninive (Iraq),
ha dimostrato che nel 3128 a.C. un gigantesco asteroide di centinaia di metri distrusse le due città causando migliaia di morti con la sua scia distruttiva, fino a infrangersi sulle Alpi austriache.
Altri luoghi sacri e ooparts Sempre riguardo alla biblioteca di Ninive, Sitchin afferma di aver
interpretato un sigillo (in figura 103) per spiegare il significato della divisione dell'anno in settimane. I sumeri avrebbero voluto ricordare i sette pianeti visitati dagli Anunnaki prima di giungere sulla Terra, passando per Plutone, Nettuno, Urano, Saturno, Giove, Marte e la Terra (anche se personalmente aggiungerei la Luna). Anche in questo caso vorrei ricordare che se l'idea di associare i giorni ai pianeti visibili e' in parte vera (lo si desume intuitivamente dalla
stessa desinenza delle parole) e' assolutamente incredibile come la celebrazione Anunnaki della settimana non avesse compreso come primo pianeta Eris (ben più grande di Plutone) o Sedna, considerando che disponevano di astronavi interstellari all'avanguardia e strumenti per
la loro individuazione.
(figura 103)
Alcuni sostenitori di Sitchin, sfogliando sul web, affermano che in verità la tecnologia a disposizione degli Anunnaki fosse di poco superiore alla nostra. A tali persone vorrei chiedere su quali basi riescono ad affermare che, una civiltà, già di per sé inesistente e
frutto della fantasia, disponga di questa o di quella tecnologia.
Affermazioni del genere, sembrano piuttosto delle "toppe" a colore cucite per coprire gli strappi sulle centinaia di gaffe e trovate fantasiose per dare credito a teorie che in alcuni punti chiave e' anche difficile inventare spiegazioni plausibili.
L'analisi sulle grandi opere architettoniche dell'antichità' non risparmia nemmeno le strutture in Sud America di Machu Piccu, Sacsahuaman e Cuzco, fatte risalire alle prime colonizzazioni del Lago Titicaca ad opera degli onnipresenti Anunnaki sumeri.
Considerata la maggior civiltà precolombiana, le loro origini sono ancora molto incerte, ma sicuramente si tratta di una etnia sviluppatasi nel territorio andino dell’odierno Perù dopo una
migrazione avvenuta da nord. Con la conquista spagnola ebbe termine lo spendente impero Inca.
Sitchin ritiene che in seguito all'allagamento della gran parte delle terre emerse, gli dei notarono le Ande, ricche miniere di oro, costruendo la "Città degli Dei" presso Tiahuanacu come avamposto.
Secondo gli studi dell'archeologo Posnansky e del dot. Müller, i monoliti e la struttura ad arco chiamata la "Porta degli Dei", presso Kalasasaya, risalirebbero ad un periodo intorno al 4000 a.C. e che secondo Sitchin sarebbero state ordinate in costruzione dal Dio Anu
in persona venuto a visitare la Terra, atterrando nella stazione di Puma Punku.
Le prove fornite per attestare questo collegamento culturale tra le due civiltà, sarebbero le gigantesche ganasce di ferro a "T" utilizzate per tenere legati i ciclopici blocchi di pietra anche nel
tempio "Eninnu" a Lagash dedicato a Ninurta, figlio di Enlil, oppure le leggende locali che parlano del Diluvio e parte della simbologia presente sui reperti archeologici: l'immagine del serpente e' segno della presenza di En.ki e del suo clan biogenetico in Sud America e lo stesso nome "Brazil" sarebbe derivante dal termine accadico "barzul" che invece indica il ferro, in quanto il Brasile è ricca di miniere di ferro.
Troppo poco davvero, per confermare tali affermazioni.
Conclusioni:
Come anticipato nell’introduzione, siamo certi che esaurire tutte le argomentazioni poste in ballo dalla gigantesca opera letteraria di Sitchin, in questa sede, è assurdo, per la vastità dei dati da decodificare e decifrare correttamente.
Tuttavia siamo certi che, il lavoro di ricerca su quegli aspetti salienti e inconfutabilmente falsi, sia stata esposto almeno sommariamente.
Se la sua mano di studioso, si fosse fermata con maggior prudenza all’evidenza dei fatti, senza sconfinare in deduzioni fantascientifiche, avremmo avuto un’opera documentale eccezionale.
La sua smania di cercare per forza, la verità, lo ha purtroppo portato a commiserare tutto che di buono ha fatto dal punto di vista scientifico.
In attesa che alcuni misteri, che oggigiorno non è possibile smontare, speriamo che vengano presto risolti, dando alle nostre conoscenze, nuove basi di ricerca, anche opposti a quelli attuali, ma pur sempre logici e scientifici.
Che i sumeri siano stati una grandiosa civiltà, è indubbio, come lo è il fatto che abbiano dato alle future conoscenze umane, in tutti i campi, una accelerazione formidabile.
Dalle nostre analisi, non è emerso alcuna prova che conoscessero il “dodicesimo pianeta”, che abbiano navigato oltre oceano e che fossero a conoscenza di cognizioni astronomiche superiori a quelle attuali.
E’ emersa una grande cultura, che per certi aspetti era all’avanguardia nel suo tempo e anche nelle vicine epoche posteriori.
Lo studio dovrà andare avanti, senza timore e irriverenze, su basi archeologiche, per comprendere ancora meglio il loro passato, che è, anche il nostro.
Riguardo a Nibiru e al pianeta dell’attraversamento, tutti coloro che temono nei prossimi anni, un passaggio ravvicinato di questo corpo celeste, possono stare tranquilli e guardare con fiducia al futuro. I sumeri non ci hanno mai parlato del 2012 e di una imminente catastrofe in questa data.
I sumeri, adoravano i loro dei, li rispettavano e li ritenevano, come tutte le civiltà antiche, portatori di grandi conoscenze e di grandi poteri, ma quegli dei erano solo parte del mito e non mistificazione di esseri sovrumani o alieni realmente esistiti.