giovedì 26 febbraio 2009

Il misterioso caso degli asteroidi mancanti

La possibilità che la migrazione dei pianeti abbia perturbato gli asteroidi, potrebbe essere la causa di un pesante bombardamento nel Sistema Solare interno.

Nel febbraio del 2009, è stato pubblicato uno studio dell'Università dell'Arizona molto interessante che vale la pena di rileggere nell'adattamento in italiano.
 
(26 febbraio 2009)
I planetologi David A. Minton e Renu Malhotra, analizzando la Fascia Principale, degli asteroidi compresa tra Marte e Giove, hanno calcolato che mancherebbero all'appello un numero assai elevato di oggetti.
Sostengono che questa potrebbe essere la prova, che ai primordi della formazione planetaria del Sistema Solare, sia avvenuto un intenso bombardamento asteroidale verso l'interno.

Il loro studio è partito con l'osservazione della Fascia Principale, analizzando delle aree prive di asteroidi, chiamate "Kirkwood gaps".
Questi vuoti appaioni in distinte regioni della cintura, dove la forte gravità di Giove e Saturno perturba fortemente ed espelle gli asteroidi.
Quello che gli studiosi vogliono scoprire è qualcosa in più sui vuoti come la kirkwood gap.

Minton e Malhotra hanno osservato la distribuzione degli asteroidi con diametro superiore a 50 km.
Tutti gli asteroidi di questa taglia sono rimasti al loro posto nella cintura, da quando essa si è formata 4 miliardi di anni fa.
Hanno effettuato un intenso numero di simulazioni al computer che hanno rivelato la presenza di un numero maggiore di asteroidi rispetto a quelli presenti attualmente.
La situazione, si è verosimilmente avvicinata a quella attuale soltanto dopo aver simulato anche la migrazione dei pianeti nella loro attuale posizione.
La loro interpretazione di questi risultati è che la migrazione di Giove e Saturno, con la loro risonanza orbitale, hanno espulso molti asteroidi dalla loro posizione nella cintura.
Questi corpi sarebbero stati deviati verso il Sole e moltissimi di essi hanno pesantemente bombardato i pianeti interni.
Minton ha detto inoltre che il loro studio non può considerarsi definitvo, ma è sicuramente la prova certa che qualcosa ha destabilizzato la cintura degli asteroidi in un periodo relativamente breve di tempo.

Tutti gli asteroidi, ha detto infine, sono stati lanciati come proiettili verso Marte, la Terra, la Luna, Venere e Mercurio. E' evidente che un pesante bombardamente deve essere avvenuto sui pianeti terrestri miliardi di anni fa. Marte, la Luna e Mercurio sono fortemente craterizzati. Lo sarebbero anche la Terra e Venere, se la loro atmosfera non avesse in parte protetto la superfice e quest'ultima non fosse stata fortemente rimodellata da una intensa tettonica.
Di sicuro, il passato del nostro Sistema Solare, non ci è del tutto chiaro ed è assai probabile che siano avvenuti fenomeni del tutto anomali.


English:
Scientists uncover a curious case of missing asteroids
The possibility that planet migration perturbed asteroids may have contributed to a heavy bombardment of the inner solar system.
Provided by University of Arizona, Tucson

This artist's concept depicts a distant hypothetical solar system, similar to the one recently discovered with the Spitzer Space Telescope. In this artist's rendering, a narrow asteroid belt filled with rocks and dusty debris, orbits a star similar to our own Sun when it was approximately 30 million years old (about the time Earth formed). Within the belt a hypothetical planet also circles the star. NASA/JPL-Caltech/T. Pyle (SSC) [View Larger Image]
February 26, 2009
The main asteroid belt is a zone containing millions of rocky objects between the orbits of Mars and Jupiter. But University of Arizona scientists are now finding that there should be more asteroids in this area of the solar system than what researchers observe. The missing asteroids may be evidence of an event that took place about 4 billion years ago, when the solar system's giant planets migrated to their present locations.

David A. Minton, University of Arizona planetary sciences graduate student, and Renu Malhotra, planetary sciences professor, say missing asteroids are an important piece of evidence to support an idea that the early solar system underwent a violent episode of giant planet migration. This migration could be responsible for a heavy asteroidal bombardment of the inner planets.

Minton and Malhotra began by looking at the distribution of asteroids in the main asteroid belt. Astronomers first discovered a series of gaps in the asteroid belt, now called the Kirkwood gaps, back in the 1860s when only a handful of asteroids were known. The gaps occur at distinct regions of the asteroid belt where Jupiter and Saturn's gravity strongly perturbs and ejects asteroids. The present-day orbits of Jupiter and Saturn explain why these unstable regions are devoid of asteroids.

"What we wanted to know was how much of the structure of the asteroid belt could be explained simply by the gravitational effects of the giant planets, as are the Kirkwood gaps," Minton said.

Minton and Malhotra looked at the distribution of all asteroids with diameters greater than 30 miles (50 kilometers). All asteroids of this size have been found, giving the UA researchers an observationally complete set for their study. Also, almost all asteroids this large have remained intact since the asteroid belt formed more than 4 billion years ago.

"We ran massive sets of simulations with computer planets where we filled up the asteroid belt region with a uniform distribution of computer asteroids," Minton said. The scientists then had the computers simulate the billions of years of solar system history.

Their simulations ultimately ended with far more asteroids remaining than are actually observed in the asteroid belt. When comparing the simulated asteroid belt with the actual asteroid belt, they discovered a peculiar pattern in the differences. The simulated asteroid belt matched the real asteroid belt quite well on the sunward-facing sides of the Kirkwood gaps, but the real asteroid belt seemed to be depleted in asteroids on the Jupiter-facing sides.

"Then we simulated the migration of the giant planets," Minton said. "The perturbing effects of the migrating planets sculpted our simulated asteroid belt. After the migration was over, our simulated asteroid belt looked much more like the observed asteroid belt."

"Our interpretation is that as Jupiter and Saturn migrated, their orbital resonances swept through the asteroid belt, ejecting many more asteroids than is possible with the planets in their current orbits," Malhotra said. "And the particular pattern of missing asteroids is characteristic of the pattern of Jupiter's and Saturn's migration."

"Our work explains why there are fewer asteroids on the Jupiter-facing side of the Kirkwood gaps compared to the Sun-facing side," Minton said. "The patterns of depletion are like the footprints of wandering giant planets preserved in the asteroid belt."

Their results corroborate other lines of evidence indicating that the giant planets — Jupiter, Saturn, Uranus, and Neptune — formed in a more tightly compacted configuration, and Jupiter moved slightly closer to the Sun while the other giant planets moved farther apart from each other and farther away from the Sun.

Minton and Malhotra say that their result has implications for how far and how fast the planets migrated early in solar system history, and the possibility that planet migration perturbed asteroids may have contributed to a heavy bombardment of the inner solar system.

"Our result doesn't directly answer the question of whether the timing of this can be tied to inner solar system heavy bombardment — that's open for debate," Minton said. "But what it does say is that there was an event that destabilized asteroids over a relatively short period of time.

"All the asteroids being kicked out of the asteroid belt had to go somewhere," he added. "The implication of this is that, when all those asteroids were getting kicked out of the main belt, they could have become projectiles impacting Earth, the Moon, Mars, Venus and Mercury."


traduzione a cura di Arthur McPaul

mercoledì 4 febbraio 2009

UN NUOVO METODO PER MISURARE GLI ASTEROIDI


Grazie a una tecnica molto innovativa sviluppata da un team di astronomi italiani e francesi è ora possibile misurare anche da Terra, con un livello di dettaglio mai raggiunto finora, dimensioni e forma di asteroidi piccoli e lontani.  

4 febbraio 2009
Il procedimento utilizza il  Very Large Telescope Interferometer, VLTI, il  sofisticatissimo sistema di 4 telescopi europei da 8 metri sulle Ande cilene. I primi oggetti osservati sono stati gli asteroidi Barbara, di cui si conoscono ora dimensioni e forma con precisione, e Gaspra. Di quest’ultimo  si conoscevano già con precisione le dimensioni e quindi è stato utilizzato come riprova della bontà del metodo sviluppato. Con la nuova tecnica conosceremo  meglio le caratteristiche degli asteroidi di piccola taglia, avendo così preziose informazioni su questi corpi, formatisi miliardi di anni fa, agli albori del Sistema solare.

Barbara e  Gaspra sono asteroidi delle dimensioni di poche decine di chilometri e distanti da noi, al momento delle osservazioni di cui parliamo, ben 180 e 130 milioni di chilometri, rispettivamente.
Ora ne possiamo misurare dimensioni e forma con un dettaglio strabiliante. Queste misure sono state ottenute grazie alla tecnica cosiddetta interferometrica,  sfruttando le caratteristiche del Very Large Telescope Interferometer, VLTI, dell’ESO in Cile.

“Conoscere con precisione dimensioni e forme degli asteroidi è un elemento determinante per capire come, agli albori del nostro Sistema solare, polveri e ciottoli cosmici si sono aggregati per formare corpi celesti di grandi dimensioni e come poi collisioni e altre interazioni li abbiano modellati così come li osserviamo oggi” commenta Marco Delbo, ora dell’Observatoire de la Cote d’Azur ma per anni all’Osservatorio di Torino dell’INAF, che ha guidato il team italo-francese.
I ricercatori hanno collaudato la nuova tecnica osservativa puntando il Very Large Telescope Interferometer su Barbara, segnalato da Alberto Cellino dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Torino.
Le immagini prodotte, di un dettaglio mai raggiunto prima, mettono in evidenza una struttura composta apparentemente da due corpi principali, del diametro di 37 e 21 chilometri, distanti tra loro almeno 24 chilometri. “Le due parti sembrano essere a contatto, rendendo Barbara simile a una gigantesca nocciolina americana, ma potrebbero anche essere tra loro separate” continua Delbo. E se Barbara fosse realmente un asteroide doppio, il risultato ottenuto sarebbe ancora più importante. Combinando infatti queste informazioni con quelle della sua orbita, gli astronomi potrebbero calcolarne la densità, ottenendo preziose informazioni sulla sua composizione.
“Per risolvere completamente il problema della forma di Barbara saranno necessarie ulteriori osservazioni con i telescopi del VLTI: il risultato di questa tecnica è quello di avere un'acutezza visiva equivalente a quella di un singolo telescopio con uno specchio di diametro pari alla distanza che separa i due telescopi, ossia, nel nostro caso, 47 metri” dice Sebastiano Ligori dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Torino, uno degli astronomi che hanno ideato l’innovativa tecnica.

Avendo provato la validità e la potenza della loro tecnica, il team adesso può iniziare un'ampia campagna di osservazione per studiare gli asteroidi più piccoli.

Fonte:
http://www.inaf.it/ufficio-stampa/comunicati-stampa-del-2009/cs_02_040209/


English
Astronomers have devised a new method that uses interferometry to resolve asteroids as small as about 9 miles (14 kilometers) in diameter.
Provided by ESA, Noordwijk, The Netherlands

Artist’s impression of the asteroid (234) Barbara. Thanks to a unique method that uses European Southern Observatory's Very Large Telescope Interferometer, astronomers have been able to measure sizes of small asteroids in the main belt for the first time. Their observations also suggest that Barbara has a complex concave shape, best modeled as two bodies that may possibly be in contact. ESO/L. Calçada [View Larger Image]
February 4, 2009
A new method to measure the size and shape of asteroids that are too small or too far away for traditional techniques increases the number of measurable asteroids by a factor of several hundred. A team of French and Italian astronomers devised this method that takes advantage of the unique capabilities of European Southern Observatory's (ESO) Very Large Telescope Interferometer (VLTI).

"Knowledge of the sizes and shapes of asteroids is crucial to understanding how, in the early days of our solar system, dust and pebbles collected together to form larger bodies and how collisions and re-accumulation have since modified them," said Marco Delbo from the Observatoire de la Côte d'Azur, France, who led the study.

Direct imaging with adaptive optics on the largest ground-based telescopes such as the Very Large Telescope (VLT) in Chile, space telescopes, and radar measurements are currently the favored methods of asteroid measurement. However, direct imaging, even with adaptive optics, is generally limited to the 100 largest asteroids of the main belt, while radar measurements are constrained mostly to observations of near-Earth asteroids.

Delbo and his colleagues have devised a new method that uses interferometry to resolve asteroids as small as about 9 miles (15 kilometers) in diameter located in the main asteroid belt, 120 million miles (200 million kilometers) away. This is equivalent to being able to measure the size of a tennis ball a distance of 620 miles (1,000 kilometers). This technique will not only increase the number of objects that can be measured dramatically, but it brings small asteroids that are different from the well-studied larger ones into reach.

The interferometric technique combines light from two or more telescopes. Astronomers proved their method using VLTI, combining the light of two of the VLT's 26.9-foot (8.2-meter) Unit Telescopes. "This is equivalent to having vision as sharp as that of a telescope with a diameter equal to the separation between the two VLT Unit Telescopes used, in this case 154 feet (47 meters), " said co-author Sebastiano Ligori from INAF-Torino, Italy. The researchers applied their technique to the main belt asteroid (234) Barbara, which was found earlier by co-author Alberto Cellino, to have rather unusual properties. Although it is so far away, the VLTI observations also revealed that this object has a peculiar shape. The best fit model is composed of two bodies each the size of a major city - with diameters of 23 miles (37 kilometers) and 13 miles (21 kilometers) - separated by at least 15 miles (24 kilometers). "The two parts appear to overlap," said Delbo, "so the object could be shaped like a gigantic peanut, or it could be two separate bodies orbiting each other."

If Barbara proves to be a double asteroid, this is even more significant. Astronomers can then compute the density of these objects by combining the diameter measurements with the parameters of the orbits. "Barbara is clearly a high priority target for further observations," said Ligori.

Having proven the validity of their new and powerful technique, the team can now start a large observing campaign to study small asteroids.

Link:
http://www.astronomy.com/asy/default.aspx?c=a&id=7890