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martedì 8 marzo 2011

Le anomalie del pianeta "b Pictoris"

Nuove osservazioni ad alta risoluzione angolare del pianeta gigante in orbita intorno alla stella β Pictoris stanno aiutando gli scienziati a comprendere i meccanismi con cui si formano i pianeti extrasolari.
 
β Pic è una stella molto giovane di circa 12 milioni di anni [1], posta a 63,4 anni luce di diatanza con una massa del 75% più grande di quella del nostro Sole.
β Pic è ben nota agli scienziati perché ospita un esteso disco circumstellare, il primo direttamente ripreso più di 25 anni fa.

Nel 2009, fu scoperto un pianeta gigante all'interno del disco con una distanza orbitale dalle 8 alle 15 unità astronomiche (UA) dalla stella.
β b Pictoris è il più vicino pianeta extrasolare alla sua stella che sia mai stato ripreso. Questo pianeta offre una nuova opportunità per studiare i processi di formazione planetaria, in particolare le interazioni tra i pianeti e i loro dischi nativi.

Un team internazionale di astronomi [2] hanno osservato il sistema β Pic, utilizzando lo strumento da 2,18 micron, sul VLT mentre le precedenti osservazioni erano state fatte vicino ai 4 micron. Il team ha individuato il pianeta e ha confrontato queste nuove osservazioni con quelle precedenti. Combinando insieme tutti i dati, il team è stato poi in grado di misurare la massa del pianeta, dalle 7 alle 11 volte quella di Giove e la sua temperatura effettiva, tra i 1100 e i 1700 ° C [3].

Questi nuovi dati ci dicono qualcosa in più sulla sua formazione. Il pianeta β Pic b è ancora caldo, il che implica che ha mantenuto la maggior parte del calore primordiale acquisito durante la sua formazione. Se si é formato in modo analogo ai pianeti giganti del nostro Sistema Solare [4], la sua massa e la sua temperatura non possono essere spiegate dagli attuali modelli evolutivi che ipotizzano un rilascio della quantità di energia acquisita durante l'accrescimento dei materiali disco, nei primi milioni di anni dalla formazione.

Quindi le prossime osservazioni di β Pictoris b con il Naco sul VLT e i telescopi spaziali di nuova generazione dovranno  fornire maggiori dettagli sulla sua atmosfera e sulle sue proprietà orbitali per comprendere come riesca ad influenzare il disco di materiale circostante.


Nell'immagine sopra le osservazioni dell'esopianeta Pictoris b β. Il pianeta è stato ripreso nel 2003 (immagine a sinistra) a L  (3,8 micron), nel piano del disco circumstellare che circonda la stella (non visto qui). E' stato rilevato ancora una volta nel mese di ottobre del 2009 (al centro) quando si era trasferito verso l'altro lato della stella. Le nuove osservazioni effettuate nel marzo 2010 a 2,18 micron, sono mostrate nel pannello di destra. Il pianeta si è spostato ancora una volta dalla sua posizione misurata nel 2009. (Credit: Immagine gentilmente concessa da Astronomy & Astrophysics)
 
NOTE:
[1] Il sistema β Pictoris è molto più giovane del nostro Sistema Solare che si è formato circa 4,5 miliardi anni fa.

[2] Il team di astronomi comprende M. Bonnefoy, A.-M. Lagrange, Chauvin G., D. Ehrenreich, D. Mouillet (IPAG, Grenoble, Francia), Boccaletti A., D. Rouan, D. Gratadour (LESIA-Observatoire de Paris, Meudon, Francia), D. Apai (Space Telescope Institute, Baltimore, USA), F. Allard (CRAL-ENS, Lione, Francia), Girard JHV (ESO, Santiago, Cile), M. Kasper (ESO, Garching, Germania).

[3] La temperatura effettiva di un pianeta è la temperatura superficiale che si avrebbe se fosse irradiato come un "corpo nero", cioè, se assorbisse tutta la radiazione proveniente dalla sua stella e non fosse riemessa verso lo spazio. Ad esempio, la temperatura effettiva terrestre è di circa -18 ° C, mentre la sua temperatura superficiale effettiva è di 14 ° C in media.

[4] I pianeti giganti del nostro Sistema Solare (Giove, Saturno, Urano e Nettuno) si sono molto probabilmente formati all'interno del disco circumstellare che circonda il Sole a partire da embrioni di materiale solido (ghiaccio, silicati) che hanno inghiottito i gss circostanti dal disco circumstellare.

CONSIDERAZIONI:
Osservare un altro pianeta in un altro sistema planetario, in una fase primordiale della sua esistenza, è come andare indietro nel tempo e capire come si svilupparono i pianeti del nostro Sistema Solare.

Solo dopo aver acquisito una conoscenza piena della formazione planetaria, sarà possibile realizzare un modello scientifico esatto. Ogni stella, in base alla sua massa e al materiale eventualmente avanzato dalla combustione nucleare, ha la possibilità di dar vita ad un sistema planetario.
Riducendo i dati di analisi in un modello esatto, cosa non facile, potrà essere più facile per gli scienziati in futuro, individuare sistemi planetari con pianeti di tipo terrestre  idonei ad ospitare la vita come noi la conosciamo.

Quando una seconda Terra sarà scoperta e sarà realizzato un modello matematico, allora analizzando le stelle con dischi di formazione o esopianeti noti, potrà essere avviata in modo sistematico anche la caccia a tappeto di pianeti abitabili.
Per gli organismi di ricerca come il SETI, sarà allora più facile scandagliare le eventuali presenze di segnali radio artificiali e di vita intelligente.

Traduzione e considerazioni finali a cura di Arthur McPaul (dal Centro Ufologico Ionico)


Fonte

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