Pagine

martedì 11 gennaio 2011

Planck, universo a ingresso libero


Gli astrofisici di tutto il mondo lo attendevano con impazienza. Oggi, finalmente, il momento è arrivato. Con una conferenza stampa in contemporanea a Parigi, a Seattle e, per l’Italia, a Roma, presso la sede dell’Agenzia Spaziale Italiana, la Planck Collaboration ha reso pubblico il primo catalogo di sorgenti compatte, oltre 15mila, individuate da Planck nel suo primo anno d’osservazioni.

Una “rubrica” del cosmo a microonde
Già nel luglio scorso era stata pubblicata la mappa della prima survey dell’intero cielo. Quello che viene distribuito oggi, l’Early Release Compact Source Catalogue (ERCSC), più che una mappa, è invece una sorta di rubrica: l’elenco telefonico di quella enorme “città cosmica” che è l’universo in cui viviamo. L’ERCSC non si limita infatti a mostrare vie e quartieri, bensì ne elenca puntualmente, uno per uno, gli “abitanti”. Con nome, indirizzo e caratteristiche. Anzi, di ognuno c’è persino la foto, proprio come in un catalogo da collezione. E molti di loro sono degli illustri sconosciuti: Planck è il primo a rivelarne l’esistenza.
Ma chi sono questi “abitanti”? E perché sono attesi con tanta impazienza? «Sono i primi risultati pubblici della missione», spiega Reno Mandolesi, associato Inaf e responsabile di Lfi, lo strumento a bassa frequenza a bordo di Planck, «un catalogo di tutte le sorgenti galattiche ed extragalattiche viste da Planck nell’intero cielo. Non solo: è il primo catalogo a tutto cielo a nove frequenze diverse, da 30 GHz a 857 GHz, e costituisce un’assoluta novità. Darà lavoro per anni a tutti i telescopi da Terra e dallo spazio, che potranno fare osservazioni di follow-up».

Le mappe del catalogo ERCSC divise per frequenze. Crediti: ESA/Planck Collaboration

Ottenuto a partire dagli elenchi di sorgenti rilevate separatamente a ciascuna delle nove frequenze sondate da Planck, per compilare l’ERCSC si è adottato un insieme di criteri che permettono di identificare come singole quelle sorgenti che, oltre a condividere la stessa posizione nel cielo, si trovano in elenchi di frequenze adiacenti. Sorgenti che rappresentano un’ampia varietà di oggetti astronomici, sia galattici (caratteristiche del mezzo interstellare, nuclei di nubi molecolari freddi, stelle avvolte nella polvere) che extragalattici (radiogalassie, blazars, galassie che emettono nell’infrarosso e ammassi di galassie). Un insieme di dati corposo e affidabile, dunque, che l’intera comunità astronomica potrà iniziare a utilizzare già da ora senza difficoltà, come dice Andrea Zacchei, dell’INAF-Osservatorio astronomico di Trieste, responsabile del Data Processing Centre (DPC) italiano di Planck: «Per avere accesso ai dati contenuti nel catalogo non è necessaria alcuna expertise tecnica. Sono resi pubblici attraverso un sito web dell’Esa, accessibile a tutti. Si potranno fare ricerche per parole chiave, per zone di cielo e per nome degli oggetti. Di ogni oggetto, sarà anche possibile visualizzarne l’immagine, per studiarne forma e struttura. Un catalogo a tutti gli effetti, totalmente integrato con gli altri cataloghi astronomici già esistenti».


L’Universo, un dramma in tre atti
Volendo ricorrere a una metafora teatrale, l’Universo è un palcoscenico sul quale va in scena un dramma in tre atti. Quello che riescono a cogliere i telescopi ottici, l’arazzo di galassie che ci circonda, è poco più che l’atto finale. Con le sue misure a lunghezze d’onda che vanno dal radio all’infrarosso, Planck è invece in grado di risalire indietro nel tempo, e mostrarci i due atti precedenti. I risultati presentati oggi riguardano l’atto di mezzo, quando le galassie si stavano ancora formando.
Qui Planck ha rilevato l’esistenza di una popolazione di galassie, altrimenti invisibili, a miliardi di anni indietro nel tempo: avvolte nella polvere, in esse si formavano stelle a un ritmo vorticoso, da 10 a 1000 volte più rapido di quello che possiamo osservare oggi nella nostra galassia. Si tratta di misure mai effettuate prima a queste lunghezze d’onda.
Alla fine, Planck sarà in grado di offrirci la migliore visuale che sia mai stata disponibile anche sul primo dei tre atti: la formazione delle prime strutture a grande scala nell’Universo, dalle quali le galassie si sarebbero poi formate. Strutture la cui traccia è impressa nella radiazione di fondo a microonde, risalente ad appena 380mila anni dopo il Big Bang, l’epoca in cui l’Universo cominciava a raffreddarsi. Per vedere nei dettagli il fondo cosmico, però, occorre anzitutto rimuovere le contaminazioni introdotte dalla moltitudine di sorgenti di foregrounds a esso sovrapposte. Fra queste, gli oggetti elencati nell’Early Release Compact Source Catalogue presentato oggi, così come altre sorgenti d’emissione diffusa.

Alcuni risultati in evidenza: la “componente anomala” e gli ammassi in S-Z
Sorgenti come, per esempio, la cosiddetta “emissione anomala a microonde”: un bagliore diffuso, associato a regioni dense e polverose della Via Lattea, la cui origine ha rappresentato per anni un vero e proprio enigma. Enigma che i dati di Planck, grazie all’ampiezza senza precedenti della gamma di lunghezze d’onda alle quali sono sensibili i suoi rivelatori, potrebbero aver definitivamente risolto: a generare l’emissione anomala sono le collisioni di grani di polvere in rapidissima rotazione su se stessi, fino a decine di miliardi di volte al secondo, con atomi o pacchetti di luce ultravioletta.

La variazione su diverse frequenze del segnale proveniente da un ammasso di galassie, così come lo ha osservato Planck attraverso l'effetto Sunyaev-Zel'dovich. Crediti: ESA/Planck Collaboration

Sfruttando un effetto particolare detto Sunyaev-Zel’dovich, Planck è poi riuscito a individuare 189 ammassi di galassie, 20 dei quali ancora sconosciuti. Un’assoluta novità da numerosi punti di vista. È la prima volta, infatti, che nuovi ammassi di galassie vengono scoperti grazie all’effetto Sunyaev-Zel’dovich, e già stanno arrivando conferme della loro esistenza grazie a osservazioni congiunte con un altro satellite Esa, l’osservatorio a raggi X Xmm-Newton. Oltre a consegnarci immagini spettacolari, lo studio di questi enormi e antichissimi cluster ci aiuta ad approfondire le nostre conoscenze sul tipo di universo in cui viviamo, a che velocità si sta espandendo e quanta materia contiene.
«E questa non è che la punta dell’iceberg», osserva David Southwood, direttore della sezione Esa di Scienza ed Esplorazione Robotica. «Grazie all’impegno di tutte le persone coinvolte nel progetto, Planck sta superando ogni aspettativa».
Planck, nel frattempo, continua a osservare l’Universo. Il prossimo rilascio di dati è in programma per il gennaio 2013. Saranno dati in grado di mostrare, a un livello di dettagli senza precedenti, la radiazione del fondo a microonde. L’atto iniziale del dramma cosmico, dunque: l’immagine dell’origine di tutto.

Per chi volesse approfondire, qui troverete un kit multimediale dvvero interessante.

Nessun commento:

Posta un commento