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martedì 7 settembre 2010

Le piramidi di Sicilia


 In Sicilia, che è la maggiore isola del Mediterraneo (26000 km2), la presenza umana è molto antica e risale alla fine del Pleistocene. Nelle grotte dell’isola, nelle cavrne dell’Addaura, dalle parti di Palermo, e nelle isole Egadi, si trovano disegni risalenti al 6000/8000 a.C. Vi sono anche molte tracce risalenti al Paleolitico superiore. 

Nell’isola furono ambientati anche diversi episodi della mitologia dei Greci e dei Romani. Il patrimonio archeologico è di gran ricchezza e diversità, ma le sue piramidi rimangono poco conosciute. Sono partita in perlustrazione, con la mia équipe.
Comunità agricole dette "primitive" si stabilirono intorno al mare Egeo intorno al 6000 a.C., ma si sostiene che questa regione rimase arretrata rispetto alle punte di progresso che erano costituite dall’Egitto e dalla Mesopotamia. Crediamo che la realtà possa essere più ricca di sfumature. Omero, nell’Odissea, chiamava la Sicilia Sikania (nei testi classici troviamo anche il nome Sikelia) e menziona le montagne sicane. Uno dei tre popoli più antichi dell’isola si chiamava Sicani (Sikanoi) e pare risalire al 3000 – 1600 a.C., considerando anche il periodo proto–sicano, quando diversi influssi provenienti dal Mediterraneo si mescolavano nelle popolazioni durante il Neolitico, nelle parti centrale e occidentale dell’isola.

Molte delle nostre conoscenze sui più antichi abitanti della Sicilia provengono dalla letteratura greca e da scrittori come Diodoro Siculo, ma si sa troppo poco sui Sicani. Di loro parlò lo storico greco Tucidide (460–394 a.C.), padre della storia scientifica e del realismo politico. Egli li descriveva come una tribù proveniente dall’Iberia. Ci sarebbero elementi linguistici a sostegno di tale teoria e c’è un fiume Sicano in Spagna, ma le prove non sono definitive. Il nome deriverebbe dal termine Sika, che indicava il calcedonio, del quale sono ricchi i luoghi da loro abitati, e che era usato per costruire gli attrezzi neolitici. Si sa che vivevano in confederazioni autonome, che mantenevano scambi piuttosto stretti con la cultura cretese minoica (4000 – 1200 a.C.) e con i Micenei (1450 – 1100 a.C.). La civiltà minoica fioriva verso il 2000 a.C. come la principale cultura del Mediterraneo, e c’è una teoria che sostiene che si trattasse d’egiziani che sfuggivano ai disordini, presenti all’epoca nella loro terra, e che portavano le proprie tecniche e mantenevano scambi commerciali con la Mesopotamia. I Minoici inventarono una propria forma di scrittura. Secondo Tucidide, i Sicani sconfissero i giganti Ciclopi e occuparono tutta l’isola, prima dell’arrivo dei Siculi. Verso il 1400 a.C., dalle coste calabresi giunsero i Siculi (Si’keloi) che s’installarono nella Sicilia orientale e respinsero i Sicani verso la parte ovest dell’isola. 

Lo storico greco Filisto di Siracusa (IV sec. a.C.), autore d’una Storia della Sicilia (Sikelikà), racconta che l’invasione giungeva in origine dalla Liguria, guidata da un certo Siculo, figlio del re Italo, il cui popolo era stato respinto dai Sabini e dagli Umbri. Alcuni ricercatori moderni pensano che Siculo e il suo popolo provenissero da più lontano ancora, dall’Oriente. In Sicilia, i prof. Enrico Caltagirone ed Alfredo Rizza stimano che l’attuale lingua siciliana contenga oltre 200 parole che derivano direttamente dal sanscrito. Nell’Età del Bronzo, altri popoli giungono in Sicilia: gli Elimi (Elimoi, Elymi) provenienti dall’Anatolia e derivati dai famosi "Popoli del Mare". Tucidide dice che venivano da un gruppo di Troiani, sfuggiti all’eccidio della loro città, che si sarebbe mescolato ai Sicani. Virgilio scrive che erano condotti dall’eroe Aceste, re di Segesta, che aveva recato aiuto a Priamo ed Enea e aveva sepolto Anchise ad Erice. 

Essi dunque si concentrarono intorno a Segesta e ad Erice. L’interpretazione della loro lingua pone ancora problemi agli specialisti e non credo che l’origine troiana sia immaginaria, come qualcuno pensa. Occorrerebbe poter procedere ad analisi del DNA delle ossa ritrovate. In ogni caso, erano abbastanza forti da resistere all’espansionismo dei Greci di Selinunte, che riuscirono a contenere grazie all’alleanza con i Cartaginesi.
Nel sec. VIII a.C. comincia la colonizzazione della Sicilia da parte dei Fenici (Cartaginesi) alleati ai Cretesi e dei Greci, Corinti, Ioni e Megaresi.  
Vediamo dunque che non è facile distinguere fra i tre popoli antichi della Sicilia, per stabilire chi di loro fossero i costruttori delle piramidi.

Le piramidi intorno all’Etna
La prima cosa da considerare, nello studio delle piramidi siciliane, è che si trovano per la maggior parte raggruppate in arco di cerchio intorno al vulcano Etna.


L’Etna (Aïtné in Greco, Aetna in Latino, Jebel Utalamat in arabo (la mondagna di fuoco) e di conseguenza Mungibeddu (Mongibello, monte + jebel) in siciliano, è il più antico vulcano attivo del mondo. Occupa un’area di 1190 km2 ed ha una circonferenza di 165 km. La sua altitudine varia da 3326m a 3350m, secondo le eruzioni. Il cratere centrale ha una larghezza di 1/2 km. Si tratta d’un vulcano strato–vulcanico, ai piedi del quale sorge la città di Catania. La piana attuale di Catania era un golfo di mare, 700.000 anni fa, quando nacque l’Etna da una serie d’eruzioni sottomarine. Non si dimentichi che la Sicilia subisce gli effetti di spostamento di tre placche tettoniche: quella eurasiatica, quella araba e quella africana. Nel 6000 a.C., uno tsunami causato da un’eruzione dell’Etna lasciò i segni nell’Est del Mediterraneo, e nel 396 a.C. una sua eruzione arrestò i Cartaginesi che avanzavano per attaccare Siracusa. Le sue ceneri ancor oggi raggiungono Roma, a 800 km di distanza. Che fanno tutte queste piccole piramidi intorno al vulcano?

Diverse forme di piramidi, costruite tutte allo stesso modo

Innanzitutto, sapevo che una decina di piramidi erano già state identificate e documentate da fotografi italiani. Decisi di andare a vederle di persona, con le poche informazioni disponibili. Tentai d’identificarle da foto satellitari, ma senza successo, dato il terreno lavico, talvolta coperto da frutteti e vigne. Dopo un soggiorno a Catania, e poi a Giardini Naxos, ci dedicammo a percorrere in auto la zona, con circa 300 soste al giorno, per proseguire a piedi, scalare colline, fotografare e misurare. Ho scattato circa 2000 foto, d’una trentina di piramidi! La cosa non è stata facile, perché molte piramidi sono in proprietà private di difficile accesso, altre sono nascoste dalla vegetazione ed altre ancora sono state quasi interamente distrutte o sono servite da basamenti per la costruzione di case, vista la loro stabilità impeccabile.

Pensavo dapprima di ritrovare le piramidi già fotografate, ma rimasi sorpresa dalla scoperta di decine d’altre. Piramidi perfette, di pietra lavica, che sembravano non essere mai state inventariate.
Ben presto, avvicinandoci, facendone il giro, osservandole a diverse ore del giorno, ci rendemmo conto che tutte le piramidi intorno all’Etna risalivano ad una medesima civiltà, erano fatte con la stessa pietra lavica, la stessa disposizione, lo stesso trattamento degli angoli, e che ne esistevano diversi tipi, ben distribuiti intorno al vulcano. Abbiamo potuto elencare, da Piedimonte Etneo, passando per Linguaglossa, Passopicciaro, Randazzo, Bronte sino ad Adrano, piramidi rettangolari a gradoni, piramidi quadrate a gradoni, piramidi a base rettangolare con gli spigoli arrotondati, con gradoni pure arrotondati, talvolta con altari sommitali, e piramidi coniche, su base rotonda, a gradoni. Abbiamo visto anche un buon numero di percorsi pavimentati di pietre laviche, non utilizzati più d gran tempo e compresi tra muretti di pietre a secco, ricoperti da fichi d’india e da cespugli spinosi, come una rete di sentieri sinuosi che disegnano miriadi di piccoli campi, racchiusi da muri alti 4 m, e talvolta provvisti di porte e finestre... c’erano persino intere colline "lavorate" con sistemi antichi di canali d’irrigazione e stretti terrazzamenti a teatro, sui versanti che guardavano verso l’Etna... ad esempio, a Catena presso Linguaglossa, al di là della strada, a nord d’una stradina moderna che serve delle case, si trova subito a sinistra un percorso sinuoso pavimentato d’antiche pietre nere.  

 (La piramide di Catena)

Stretti tra i due muretti, si raggiunge un ciuffo d’alberi e appare improvvisamente una piccola, perfetta piramide, la piccola piramide di Catena, che qualcuno ha tentato inutilmente di distruggere, e che ha ad ovest una rampa d’accesso, ancora visibile. 
Il tutto è circondato da brandelli di muri in rovina, parti d’un complesso, che si perdono in mezzo alla vegetazione incolta. Se si prosegue per lo stesso cammino, ma andando diritti verso le colline, si trovano muretti d’una fattura particolare, spessi e larghi, che si trovano solo in vicinanza delle piccole piramidi. Esattamente gli stessi muri che avevamo trovano nella plaine Magnien all’isola Mauritius, vicino alle piramidi di quella località! Si vedono poi almeno tre colline lavorate a terrazzamenti ad arco, come un vero e proprio teatro, con un luogo in basso pavimentato di grandi lastre, che fronteggia la maestà dell’Etna.  
I gradoni sono stretti, troppo per coltivare, benché oggi si cerchi di piantarvi vigne e ulivi, con grandi difficoltà. Gli angoli sono perfetti e la lavorazione delle pietre denota maestria: un esempio notevole di quello che poteva essere un antico luogo di culto dedicato al vulcano.

La mitologia dei luoghi
Non si dimentichi che la parola Etna è il nome d’una ninfa siciliana, trasformata in una dea: Aetna (Aitnê, Aitna) che deriva dal greco Aitne, da aithô : "Io brucio". Ella si chiamava anche Thalia.
Aetna era figlia di Gaia, la terra, e d’Urano, il cielo, che erano i genitori dei Giganti, dei Titani, dei Ciclopi (uno dei quali si chiamava Bronte, come una cittadina ad Est dell’Etna) e delle Furie (una delle quali, Megaera, ha dato pure il nome ad una città siciliana). Aetna ebbe due gemelli da Adrano, un dio molto simile a Hephaïstos, che viveva sotto il vulcano, e che certi ricercatori paragonano al fenicio Adar ed anche al persiano Adramelech, tutti personificazioni del sole e del fuoco. Adrano, dio dei Siculi che abitavano intorno al vulcano, era adorato in tutta la Sicilia e in modo particolare nella città d’Adrano, che porta il suo nome, sulle pendici dell’Etna, dove terminano le piramidi. 
Per gelosia, Hera fece in modo che i gemelli di Aetna fossero inghiottiti dalla terra, ma questa li restituì, ed ecco perché questi figli ctonei sono detti "Palici" (dal greco "palin", ancora, e "ikein", venire), "i nati due volte"(v. Ovidio e Virgilio) e divennero i "santi patroni" siciliani dell’agricoltura e della navigazione, ma localmente erano considerati anche le divinità tutelari dei geyser e del mondo sotterraneo del vulcano. È interessante notare che il mito dei due volte nati esiste anche nel vicino Oriente e nel sanscrito (Dvija). Si sa in ogni caso che in un tempio, dedicato ad Adrano, i Siculi mantenevano un fuoco eterno, e secondo l’autore romano Eliano, nel passato, un centinaio di cani sacri era custodito in questo tempio. Si vede quindi che culti molto importanti si svolgevano intorno al vulcano, ancor prima dell’arrivo dei Greci e dei Romani.

Sempre intorno all’Etna
Dall’altro lato di Linguarossa, sul versante Nord Est dell’Etna, si trova su diversi km2, una miriade di sentieri sinuosi fiancheggiati da muri, che chiudono piccoli giardini, alti talvolta sino a 4 m e larghi anche 80 cm, che non si trovano in nessun altro luogo della Sicilia, della stessa fattura delle piramidi di pietra lavica, con la stessa usura e la stessa disposizione. Questi muri sono davvero impressionanti. Oggi i campi racchiusi dai muri contengono talvolta costruzioni e abbiamo visto strutture piramidali usate come zoccolo per piccole case. È difficile vedere che cosa si trovi esattamente nei piccoli campi chiusi, di proprietà privata, ricchi d’alberi e d’orti.
Più in alto, sempre sul versante Nord dell’Etna, a 887 m d’altitudine, dietro i muri d’una proprietà privata, abbiamo visto una piramide a gradoni di pietra lavica assolutamente straordinaria, alta circa 35 m. 


Gli ultimi piani sono in rovina, la base è larga 23 m con scale molto ripide, che salgono ai terrazzamenti superiori. Al piede della piramide, altre terrazze sono disposte in bell’ordine, ricoperte oggi da ulivi e da vigneti. Potevamo constatare che tutte le piramidi avevano scale o rampe per salire sino in cima. Tra Linguaglossa e Randazzo, tra le altre, ce n’è una in un vigneto, perfettamente rettangolare, con sei gradoni ed una scaletta che presenta il fianco verso l’Etna.


Tra Passopisciaro e Francavilla di Sicilia si può vedere una notevole piramide rettangolare, oblunga, da gradino ben diritti, come tirati con la cordicella, che formano all’interno della piramide come un sentiero sinuoso d’accesso, perché gli angoli sono incredibilmente arrotondati e si trova una scaletta che sale sino in cima, a raggiungere la piattaforma sommitale (foto in basso).


Si vedono anche specie di merlature, con doccioni che permettono lo scolo delle acque. È chiaro che si salisse, girando tutt’intorno, sino alla cima, che offre la vista sul vulcano. Lungo la strada, tra Randazzo e Bronte, si trovano diverse piramidi dalla forma classica. Ne abbiamo contate una decina, alcune delle quali molto rovinate, perdute nella vegetazione, tutte con rampe d’accesso. 

Proseguendo verso Adrano, molto in alto, si ritrovano le piramidi su terreni in forte pendenza, anche qui con l’accesso alle terrazze alte. 


Abbiamo visto anche sapienti terrazzamenti, che sembrano della stessa epoca delle piramidi e dovevano servire ad un antico sistema d’irrigazione. Una fonte è captata e piccoli canali scendono dai gradini alti e versano l’acqua. Non sembra che questi terrazzamenti servissero all’agricoltura, perché per la maggior parte sono completamente privi di coltivazioni. 


Abbiamo potuto constatare anche che molte piramidi si trovano vicino a importanti siti megalitici e a pietre erette (in basso, sito megalitico nei pressi delle piramidi).


Osservazioni essenziali
Abbiamo dunque constatato che le piramidi, nonostante le diverse forme, avevano tutte rampe o scale d’accesso alla cima, con vista privilegiata verso le sommità dell’Etna, e che si trovavano tutt’intorno al vulcano, ove vi erano pericoli di colate laviche. Quale non fu la nostra sorpresa nel constatare ripetutamente che gigantesche colate di lava si erano fermate nettamente proprio a pochi passi da quelle piramidi. Si tratta di un’osservazione fatta sul terreno per 27 piramidi.


Alcuni scienziati del nostro gruppo, www.gizaforhumanity.org, hanno cominciato a riflettere ed il nostro fisico ha proposto una teoria che meriterebbe d’essere approfondita e verificata sul terreno. Si tratta di questo: nel creare su una piramide, o un rilievo conico o cilindrico o emisferico, un percorso a elica o spirale dalle proprietà focalizzanti, si materializza il percorso del campo unitario, poiché si crea una cavità risonante, ossia un’antenna. Ciascuna spirale ha una risonanza propria. Questo può alterare nelle vicinanze la struttura spazio–temporale e le regole di comportamento delle masse, ed è un processo che viene attivato tramite la marcia processionale, con una cadenza particolare, che crea risonanza. Forse un’antica tecnica per fermare la lava? In ogni caso, un’ipotesi che merita una verifica. Non dimentichiamo che i soldati, quando passano in marcia ritmata sui ponti, possono farli cedere, e perciò rompono la cadenza, in modo da evitare che il ponte entri in risonanza. È interessante vedere, su un’antica carta della Sicilia, un cerchio che avvolge il vulcano, come un serpente, dove si trovano le piramidi. 

Altre scoperte
Dopo aver visto le piramidi della valle d’Alcantara intorno all’Etna, siamo andati nel cuore della Sicilia per studiare una piramide già nota, quella di Pietraperzia presso Caltanissetta. 
L’accesso a questa piramide è molto difficile, occorre percorrere stretti sentieri sterrati e caotici per decine di chilometri, ma ne vale la pena. Non solo abbiamo trovato in mezzo ai campi di grano una magnifica piramide a gradoni arrotondati, con sulla cima due pietre erette in due piccoli vani privi di tetto ed un percorso a chiocciola che conduce alla cima, ma anche, in distanza, abbiamo visto altre tre piramidi perfettamente simili, mai identificate prima. 

 (Piramide di Pietrapazienza)

Constatammo anche che le piramidi erano allineate in linea perfettamente retta con la Pietra forata, che dà il nome alla località di Pietraperzia. Attraverso questa pietra si osservano i raggi del sole al solstizio. Altre strutture, nella zona, giacciono ancora sotto l’erba, compresa una perfetta piramide triangolare. Gli Antichi avevano scelto questo luogo particolare, al centro dell’isola, per installarvi un centro di culto molto importante. 


Si può osservare che le piramidi rotonde hanno gradoni “a petali” tutt’intorno e sino alla cima e tutto si trova sotto la cifra 2: due stanzette prive di soffitto, separate da una scala, in cui si trovano due pietre erette identiche con il simbolo " Y " intagliato, e più in alto domina un sedile per due… forse in onore dei gemelli Palici , i due volte nati, figli della ninfa Aetna : gli dèi siciliani della navigazione e dell’agricoltura.
Una delle stanzette in cima alla piramide. Una delle due pietre erette. Lungo il muro d’una delle stanzette si può ancora salire. Una poltrona per due, in cima alla piramide, con la traccia d’una finestrella che offre la vista diretta, a distanza, della pietra forata.

Comunque, sopra il “sedile”, si vede la traccia d’una finestrella che offre la vista diretta, a distanza, della pietra forata, il che indica la presenza d’un culto solare sofisticato e solstiziale. All’epoca, quando un raggio luminoso attraversava da parte a parte tutte le strutture al solstizio, doveva essere uno spettacolo magnifico. Si trovano anche altari di pietra disseminati un poco dappertutto, intorno alle piramidi


Possibile origine delle piramidi
I Sicani e i loro predecessori preistorici hanno certamente occupato tutta la Sicilia, all’origine, prima dell’arrivo dei Siculi, perché le loro tracce si trovano un poco dappertutto, come sul monte Kronio presso Sciacca, e potremmo scommettere che fossero loro i costruttori di queste piccole piramidi, tanto più che le piramidi nel cuore della Sicilia, zona specifica d’occupazione dei Sicani, sembrano essere leggermente anteriori a quelle che circondano l’Etna. Non dimentichiamo che una cultura sicana si può identificare propriamente a partire dal 1600 a.C., ma che essi esistevano già prima. Molto si deve ancora scoprire su di loro e la loro storia non è priva di personaggi favolosi, come il re sicano Kokalos che offrì rifugio, contro il re di Creta, al famoso architetto inventore Dedalo, a Inycus presso il fiume Belice. Dedalo costruì in Sicilia fortificazioni, terme, acquedotti, templi e serbatoi, un po’ dappertutto. Un’altra ipotesi possibile è quella dei famosi Popoli del Mare, composti da una dozzina di tribù, tra le quali un gruppo misterioso e poco conosciuto, gli Shekelesh, forse originari della Sicilia del sud est (secondo lo studioso N.K Sandars). Shekelesh, Sikala, Sikil, Siculi sono un popolo che si trova negli anni 1220 e 1186 a.C. negli attacchi contro l’Egitto (Redford 1992 :148) sotto i regni dei faraoni Merneptah e Ramses III. Li troviamo citati negli archivi di Merenptah (1224–1214 a.C.), il quale catturò 222 Shekelesh, e in un’iscrizione della tomba di Ramses III (N°157/Tebe Ovest), nel papiro Harris che fornisce l’elenco dei gruppi che componevano i Popoli del Mare, tra cui gli Shekelesh, e nelle famose iscrizioni del tempio funerario di Medinet Habu, ai piedi della Valle dei Re, a Luxor, dove gli Shekelesh sono descritti come grandi, con un’acconciatura in testa e un medaglione sul petto, due lance ed uno scudo rotondo. Cosa interessante, perché gli archeologi hanno ritrovato villaggi Shekelesh, tra l’altro, anche nel corridoio Siro–Palestinese, a Tell Zeror, e la loro identificazione come Siculi di Sicilia sarebbe provata dalla scoperta di anfore sul monte Dessueri in sicilia, identiche a quelle trovate presso Jaffa, ad Azor. Questo popolo siciliano, che avrebbe navigato un po’ dappertutto sui mari, forgiava tripodi e calderoni di bronzo e conosceva la ruota (frammenti scoperti a Piediluco) e fabbricava ceramiche (a Termitito)... nel sec. XIII a.C. 

(Statuetta di Melkart attribuita ai Fenici, trovata a Sciacca in Sicilia. I Popoli del Mare, raffigurati a Medinet Habu)

Il re ittita Suppiluliuma II avvertì il re d’Ugarit Hammurabi dell’arrivo imminente del popolo Shikalayu, che viveva su navi, e gli storici pensano si trattasse degli stessi Shekelesh/Sicel citati da Merenptah... Essi erano fieri navigatori, e ciò spiegherebbe perché si trovino le stesse piramidi in Sicilia, a Tenerife e persino all’isola Mauritius (cfr. articoli su Mauritius della stessa autrice) e certamente in altri luoghi, ancora da scoprire.

Fonti: 
www.gigalresearch.com
www.gizaforhumanity.org
http://www.liutprand.it/articoliMondo.asp?id=279#top 

Bibliografia:
– La Sicilia e l’arcipelago maltese nell’età del Bronzo Medio, D. Tanasi Pubblicazioni del Progetto Kasa 3 (Officina di Studi Medievali), Palermo 2008.
–"On the Thapsos Culture in the Syracuse Area: the Problem of the Aegean Component" – by the author Gianmarco Alberti, Thesis: 2001–02.
– "Histoire des origines de la Grèce ancienne", Cannop Thirlwall, 1832.– "The Sea Warriors of the Ancient Mediterranean", Sandars, N.K., London.
–"The Sea Peoples", The Cambridge Ancient History, vol II. Barnett, R.D.
–"Medinet Habu Inscriptions and Papyrus Harris” in Pritchard, J.B.1969, Princeton University Press.
–"The Shekelesh", Michele MacLaren, CAMS.
–"Final Bronze Age Transmarine Migrations", Federico Bardanzellu.
–"Best of Sicily",: "Daedalus in Sicily"& "Sicilian People :The Sicanians" di Vincenzo Salerno.
–"Storia degli Etruschi", Mario Torelli, Roma–Bari, 1998.

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A cura di Antoine Gigal

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